In tema di successione transnazionale, per l’individuazione della norma di conflitto operante ed in particolare per la qualificazione preliminare della questione come rientrante nello statuto successorio, e perciò da regolare alla stregua della L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 46 il giudice deve adoperare i canoni propri dell’ordinamento italiano, cui tale norma appartiene.
Allorché la legge nazionale che regola la successione transnazionale, ai sensi dell’art. 46 L. 218/95, sottopone i beni mobili alla legge del domicilio del de cuius e rinvia indietro alla legge italiana, come consentito dall’art. 13 co. 1 lett. b) della L. 218/95, per la disciplina dei beni immobili compresi nell’eredità, si verifica l’apertura di due successioni e la formazione di due distinte masse, ognuna assoggettata a differenti regole di vocazione e di delazione, ovvero a diverse leggi che verificano la validità e l’efficacia del titolo successorio (anche, nella specie, con riguardo ai presupposti, alle cause, ai modi ed agli effetti della revoca del testamento), individuano gli eredi, determinano l’entità delle quote e le modalità di accettazione e di pubblicità ed apprestano l’eventuale tutela dei legittimari.
Con tale principio di diritto si è pronunciata Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza in commento, avente ad oggetto il caso di unde cuius cittadino inglese che deteneva in Italia sia beni mobili che immobili.
La controversia aveva origine dall’azione di petizione dell’eredità e di revoca del testamento, promossa dalla moglie del defunto, alla quale era stato attribuito un solo legato di valore esiguo rispetto alla massa ereditaria, quando il rimanente patrimonio era devoluto a favore di alcuni figli e composto, tra l’altro, da numerosi immobili in Italia.
Detta richiesta di revoca era motivata da quanto prescritto dal Wills Act inglese, secondo cui il testamento deve essere considerato revocato qualora il soggetto che lo aveva precedentemente redatto contragga matrimonio.
Di talché, venuto meno il predetto testamento, nell’ipotesi di successione ab intestato, si sarebbe determinata l’assegnazione alla moglie della totalità dei beni mobili, in aderenza a quanto prescritto in materia dal diritto successorio inglese, oltre ad un terzo dei beni immobili, a fronte della previsione di cui all’art. 581 c.c.
Quanto ai beni immobili, infatti, secondo la prospettazione della ricorrente, trovava applicazione l’articolo 13 della legge 218/1995, con un rinvio “di ritorno” alla disciplina successoria italiana, attesa la non regolamentazione della materia nella disciplina internazionale privatistica del Regno Unito.
Le ragioni attoree erano riconosciute sia in primo che in secondo grado, ed i figli del de cuius proponevano ricorso per cassazione della pronuncia di appello, sia in via principale che incidentale.
Per quanto di interesse, i ricorrenti soccombenti nei precedenti gradi denunciavano la violazione e falsa applicazione dei menzionati articoli 13 e 46 della l. 218/1995 da parte della Corte di Appello, in quanto:
- Una volta riconosciuta l’applicabilità della disciplina italiana “di ritorno” per i beni immobili siti in Italia, la validità del testamento avrebbe dovuto valutarsi secondo la legge interna, che lo avrebbe fatto salvo;
- Mediante l’applicazione della disciplina frazionata tra beni mobili ed immobili, sarebbe venuto meno il principio di unitarietà della successione; se si fosse quindi applicata la sola disciplina inglese, la coniuge non avrebbe vantato diritti sui beni immobili italiani.
Con l’ordinanza di rimessione (Cfr. Cass. n. 18/2020) veniva chiesto alle Sezioni Unite, per quanto di interesse, se fosse possibile applicare la legge straniera “frazionata”, come quella inglese, non violando il menzionato principio di unitarietà della successione, considerando anche gli effetti sulla validità del titolo successorio.
La Corte, quanto alla cornice normativa di riferimento, ricorda che, in materia di successioni transnazionali, ex art. 46 della Legge 218/1995 – ad oggi sostituita dal Regolamento UE 650/2012 – viene disposto che la successione per causa di morte deve essere regolata dalla legge nazionale del soggetto deceduto.
Nondimeno, dalla predetta disposizione si evince il principio di unitarietà della successione, in virtù del quale questa deve essere aperta una sola volta e nel rispetto di un unico ordinamento, ovvero mediante un unitario criterio di allocazione dei beni presenti nel compendio ereditario, non avendo riguardo alle caratteristiche di questi nonché alla qualità dei successibili.
Sul punto, si evidenzia che tale principio di unitarietà non viene prescritto in ordinamenti di common law, quale quello inglese, laddove trova applicazione il criterio dell’ultimo domicilio/cittadinanza per quanto concerne i beni mobili e quello della lex rei sitae per gli immobili, come chiarito dalla stessa Corte di Cassazione.
Le Sezioni Unite, nella pronuncia in commento hanno disposto che, se la successione viene regolata dalla legge estera del soggetto la ricerca della norma di conflitto operante deve essere effettuata secondo i canoni del diritto italiano, cui la predetta norma appartiene.
Conseguentemente, trovando applicazione, nel caso di specie, in combinato sia l’articolo 46 (con applicazione della disciplina inglese) sia l’articolo 13 (con il recupero “ di ritorno” della disciplina italiana per quanto concerne i beni immobili), si formeranno due distinte masse ereditarie e due successioni, che saranno soggette a normative che differiscono sia per quanto riguarda l’individuazione degli eredi, sia per quanto concerne la pubblicità testamentaria, la determinazione di quote, la loro accettazione e la tutela dei soggetti legittimari coinvolti.