21.11.2011 – I mercati finanziari internazionali hanno vissuto un’altra settimana all’insegna della tensione, facendo seguito alle precedenti ottave dove il tema del debito europeo governava i principali titoli di tv e giornali. A centro palco, però, nelle ultime sedute non ritroviamo né la Grecia, né l’Italia ma altri Paesi per ora solo sfiorati dalla crisi europea, come la Francia. Se in Grecia e in Italia sembrano infatti concretizzarsi le possibilità di una stabilizzazione del clima politico (con una maggiore incisività delle azioni di governo), la finanza internazionale vede l’ingranaggio francese come il prossimo obiettivo debole della zona Euro. Se infatti a fine settembre il differenziale di rendimento tra i titoli decennali francesi e quelli tedeschi viaggiava attorno agli 80 bps, ci ritroviamo ora con valori che hanno toccato il record dei 200 bps. Sembra la strada seguita da Grecia, Portogallo, Spagna e, da ultima, l’Italia. Le ultime aste di titoli francesi hanno evidenziato rendimenti in netto aumento, a conferma che la crisi si sta allargando, con conseguenze imprevedibili. Su altri fronti le notizie non sono state migliori: l’asta spagnola ha visto aumentare in modo vertiginoso i rendimenti, in netto peggioramento dopo la già terribile fase di agosto. La Spagna è andata al voto nel week end, è probabile che i mercati già nei prossimi giorni diano un giudizio su quanto accadrà alle urne.
Le problematiche della zona Euro sono chiaramente oggetto di dissidio tra i vari governanti europei. Se l’asse Parigi – Berlino, finora, è stato praticamente inossidabile nella gestione della crisi, il coinvolgimento della Francia nelle problematiche del debito (ad un anno dalle elezioni francesi) fa diventare più critiche le relazioni franco tedesche. Ormai, la Germania è rimasta praticamente sola nel rifiutare che la BCE diventi prestatore di ultima istanza e che svolga quindi le funzioni analoghe a quelle delle altre banche centrali mondiali. Questo significa non gestire solo il problema dell’inflazione, ma occuparsi direttamente della gestione del debito europeo, acquistando e garantendo i bond dei paesi membri. Tesi avversata in modo deciso dalla Merkel che non fidandosi delle politiche nazionali non intende buttare la sovranità economica tedesca in una paludosa area comune. La Germania continua a suggerire politiche di rigore, ma si legge anche di intendimenti più radicali come la possibilità che uno speciale fondo monetario creato ad hoc possa sostituirsi, con veri e propri poteri di politica economica, ai governi di quegli stati della zona euro in difficoltà. Un passo, insomma, nella direzione di una Bruxelles che decide al posto dei singoli paesi.
Da un punto di vista tecnico la settimana sui mercati azionari è stata all’insegna della debolezza. L’inclusione della Francia all’interno del perimetro di rischio ha avuto l’effetto di deprimere gli indici di borsa, con correzioni anche marcate. Il movimento è stato generalizzato, sia per gli Usa, sia per l’azionario Europeo. In questo contesto di crisi che avvolge la zona Euro, anche la valuta europea ha evidenziato debolezza verso il Dollaro Usa, confermando il downtrend in atto.
In questo contesto, l’S&P 500 vede, sul breve termine, un pericolo riavvicinamento all’area di supporto chiave a 1200-1220. Una violazione in tal senso può portare all’inversione del trend rialzista iniziato ad ottobre e, con step successivi, ad un retest dei minimi del 2011. Le resistenze rimangono sempre definite in area 1270-1300 e sono sia di natura statica, sia dinamica, in particolare la media mobile a 12 mesi sul frame di lungo periodo. Difficoltà anche per il Dax che si avvicina, in modo parallelo all’S&P 500, ai supporti intermedi in area 5700. Attenzione, quindi, alle quote di supporto indicate, perché il loro test può avere valenza anche nel medio periodo. Tra i settori europei bene ancora i non ciclici, mentre finanziari e settori a beta elevato hanno sofferto maggiormente. Segnali di debolezza da oro e debito dei paesi emergenti, mentre il Bund ritorna vicino ai massimi ma senza sfondarli. Quanto potrà reggere la Germania?
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