INDICE: 1. Introduzione; 2. La concessione di finanziamenti ai sensi dell’articolo 7.1, comma 2 della Legge 130; 3. I finanziamenti previsti dal comma 3 dell’articolo 7.1 della Legge 130; 3.1. La conversione in equity dei crediti deteriorati della SPV; 3.2. Ulteriori condizioni per l’erogazione del finanziamento ed esenzione dalla postergazione; 4. Le condizioni per l’accesso al beneficio della prededuzione per i crediti derivanti dai finanziamenti concessi dalla SPV a debitori in procedura; 4.1. I Finanziamenti Ponte; 4.2. I Finanziamenti Interinali; 4.3. I finanziamenti in esecuzione dell’accordo di ristrutturazione o del concordato; 5. La prededuzione quale beneficio dell’operazione di cartolarizzazione nel suo complesso.
1. Introduzione
Uno degli aspetti tradizionalmente più critici delle procedure di accordo di ristrutturazione dei crediti e di concordato in continuità aziendale è rappresentato dall’estrema difficoltà, per i soggetti sottoposti a tali procedure, ad ottenere dalle istituzioni creditizie (fortemente disincentivate a concedere finanziamenti ad imprese i cui debiti sono considerati deteriorati) la nuova finanza necessaria per la prosecuzione dell’attività di impresa, considerata strumento attraverso il quale garantire l’effettivo pagamento dei debiti[1].
Proprio al fine di incentivare la concessione di liquidità alle imprese in crisi, l’attuale disciplina in materia fallimentare di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (la “Legge Fallimentare”, profondamente innovata dal D.Lgs 12 gennaio 2019, n. 14 – il “Nuovo Codice della Crisi” – la cui entrata in vigore è stata posticipata al 1° settembre 2021 per effetto dell’articolo 6 del Decreto Liquidità) ha previsto che i crediti derivanti da finanziamenti concessi, a vario titolo, all’impresa in crisi possano essere soddisfatti ancora prima ed indipendentemente da quelli vantati dagli altri creditori (pur se privilegiati) le cui ragioni siano sorte prima della presentazione della domanda di accesso alla procedura (cd. prededuzione): il beneficio della prededuzione permette, in sostanza, di destinare, in via prioritaria[2], il patrimonio del debitore ed anche i proventi della continuità aziendale[3] – se prevista – alla soddisfazione dei crediti sorti in occasione od in funzione della procedura concorsuale, nel rispetto di determinati requisiti sostanziali e procedurali dei quali si dirà in prosieguo[4].
Benché significativa, l’introduzione di tale beneficio non ha, tuttavia, avuto l’impatto sperato. Le banche, infatti – probabilmente in ragione dei vincoli di accantonamento previsti dalle normative di vigilanza – hanno preferito, più che continuare a supportare l’impresa nella fase della ristrutturazione concedendole nuova finanza, procedere ad una “pulizia” dei loro bilanci[5] attraverso operazioni di cessioni in blocco di crediti deteriorati[6], di fatto abbandonando al loro destino le imprese[7].
Nell’ottica di superare le suddette difficoltà di accesso al credito, agevolando la fruizione di canali di finanziamento extra bancari[8], il Legislatore è intervenuto anche modificando la legge 30 aprile 1999, n. 130, contenente disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti (la “Legge 130”), con l’obbiettivo di incentivare, a beneficio dei debitori ceduti, l’erogazione della liquidità funzionale al recupero del loro equilibrio patrimoniale e finanziario e migliorarne le capacità di adempimento. In particolare, l’articolo 7.1[9] della Legge 130, ha previsto la possibilità, nel contesto di operazioni di cartolarizzazione di crediti “deteriorati” ceduti da banche o intermediari finanziari, di concedere specifici finanziamenti.
Scopo del presente lavoro è, pertanto, quello di valutare l’utilizzabilità delle operazioni di cartolarizzazione quali strumenti di facilitazione delle operazioni di ristrutturazione aziendale nell’ambito delle procedure concorsuali analizzando, in particolare, le condizioni nel rispetto delle quali possa essere attribuito, ai crediti derivanti dai finanziamenti concessi dalle società veicolo di cartolarizzazione (le “SPV”), il beneficio della prededuzione[10].
2. La concessione di finanziamenti ai sensi dell’articolo 7.1, comma 2 della Legge 130
Come anticipato, l’articolo 7.1, comma 2 della Legge 130 consente espressamente alle SPV, che si siano rese cessionarie di crediti deteriorati[11] ceduti da banche o intermediari, di concedere finanziamenti finalizzati a migliorare le prospettive di recupero di tali crediti e a favorire il ritorno in bonis del debitore ceduto. L’intervento della società di cartolarizzazione si presenta, pertanto, come surrogatorio rispetto a quello delle banche (evidentemente non più interessate alla sorte del debitore) ed è volto a consentire ad imprese in crisi – ma non immeritevoli di credito – di acquisire finanziamenti.
Orbene, l’ampia formula usata dal Legislatore consente di ritenere che questa forma di finanziamento sia erogabile non solo a favore di imprese che non abbiano fatto ricorso a procedure concorsuali – ma chenon siano in grado di adempiere in tutto o in parte alle proprie obbligazioni contrattuali in ragione di un peggioramento della loro situazione economica e finanziaria – ma anche a beneficio di debitori ceduti che, invece, abbiano fatto ricorso a procedure concorsuali, nel contesto delle quali l’erogazione del finanziamento potrebbe beneficiare della prededuzione. La dichiarata finalità di“favorire il ritorno in bonis del debitore ceduto” impone però,che la procedura non abbia finalità liquidatorie,dovendo la crisi in cui versa l’impresaessere reversibile[12].
La particolare delicatezza della valutazione delle capacità dell’impresa beneficiaria del finanziamento di ripagare i propri debiti ha indotto il Legislatore a prevedere, quali ulteriori condizioni[13] per l’erogazione del finanziamento:
- che i prenditori di tali finanziamenti siano individuati da una banca o da un intermediario finanziario iscritto nell’Albo Unico di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (il “Testo Unico Bancario”);
- che i titoli emessi dalle SPV per finanziare l’erogazione dei finanziamenti siano sottoscrivibili solo da investitori qualificati, come definiti ai sensi dell’articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (il “Testo Unico della Finanza”) (i.e., investitori professionali di diritto o su richiesta ovvero clienti professionali pubblici); e
- che la banca o l’intermediario finanziario di cui alla lettera a) trattenga un “significativo interesse economico” nell’operazione, nel rispetto delle modalità stabilite dalle disposizioni di attuazione della Banca d’Italia (la cd. retention rule[14]).
Il concetto di “individuazione” dei prenditori dei finanziamenti da parte della banca o dell’intermediario finanziario implica la valutazione del loro merito creditizio. Tale fase rappresenta pertanto un momento imprescindibile quanto problematico dell’erogazione del finanziamento: imprescindibile, in quanto l’attività di erogazione di finanziamenti è di norma riservata ex lege[15] solo a banche e intermediari finanziari; problematico, perché le beneficiarie dei finanziamenti (contrariamente alla diversa ipotesi di direct lending contemplata dall’articolo 1, commi 1-ter e 1-quater della Legge 130[16]) non sono imprese sane ma in crisi[17].
L’intervento dell’intermediario risulta, pertanto, fondamentale per valutare se l’imprenditore (i.e. il debitore ceduto) abbia effettivamente l’idoneità di uscire dalla crisi con l’ausilio di nuovi finanziamenti o, viceversa, se si trovi in una condizione di irreversibile insolvenza. L’individuazione del prenditore (rectius, la valutazione del suo merito creditizio) costituisce, quindi, un presidio affinché il finanziamento risultidestinato ad un soggetto effettivamente in grado di recuperare l’economicità dell’impresa per validità dell’iniziativa imprenditoriale e delle prospettive di risanamento esposte.
Ad ulteriore presidio circa la serietà della valutazione del merito di credito è, poi, previsto l’obbligo per la banca o l’intermediario di conservare un significativo interesse economico nell’operazione (secondo una delle modalità previste dalla normativa di vigilanza) e di affidare ad essi la gestione dei crediti ceduti e dei finanziamenti concessi dalla SPV.
La norma[18] – che impone solamente che tali finanziamenti siano teleologicamente indirizzati al ritorno in bonis del debitore ceduto – non esclude che il prenditore effettivo del finanziamento possa essere un soggetto diverso dal debitore. Ci si riferisce, ad esempio, alle imprese che svolgono una funzione di controllo o che esercitano l’attività di direzione od il coordinamento sul debitore ceduto, o perfino ai soci di quest’ultimo, che vogliano destinare le somme ricevute per patrimonializzare maggiormente la loro società; ovviamente, in tali ipotesi sarà (anche) su questo soggetto (oltre che, giocoforza, sul debitore ceduto) che ricadrà l’attività di valutazione della banca o dell’intermediario, prodromica alla concessione del finanziamento da parte della SPV. Argomenti a favore della finanziabilità di soggetti diversi dal debitore ceduto si possono trarre, peraltro, anche da un’interpretazione sistematica della Legge 130 e, in particolare, dalla disposizione dell’articolo 7.1, comma 3 (di cui si dirà in seguito), in cui è previsto espressamente che il finanziamento ivi disciplinato possa essere concesso anche agli assuntori di passività dei debitori ceduti ovvero a soggetti con i quali i medesimi debitori abbiano rapporti di controllo o di collegamento, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.
Non sono, invece, previste dalla Legge 130 specifiche disposizioni in tema di esenzione dalla revocatoria ordinaria. In proposito va ricordato che per la giurisprudenza (Cass. 8 febbraio 2019 n. 3778) l’esclusione dalla revocatoria disposta per i pagamenti e garanzie poste in essere in base ad un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ha riguardo esclusivamente alla revocatoria fallimentare e non anche a quella ordinaria che è regolata dalle norme del codice civile; ed, infatti, la stessa Legge 130 non esclude l’applicabilità dell’articolo 66 che disciplina, nell’ambito della Legge Fallimentare, la revocatoria ordinaria (come non esclude l’applicabilità dell’articolo 165 del Nuovo Codice della Crisi, riproduttivo del disposto dell’articolo 66). Tuttavia, il rischio di revocatoria ordinaria dovrebbe essere ragionevolmente escluso in ogni caso, sia per i pagamenti effettuati in adempimento degli obblighi dipendenti dal debito oggetto di cessione, sia per i pagamenti dei debiti dipendenti dal finanziamento, trattandosi, comunque, di adempimento di obbligazioni scadute, come tali espressamente escluse dalla revocatoria ordinaria ai sensi dell’articolo 2901, comma 3.
3. I finanziamenti previsti dal comma 3 dell’articolo 7.1 della Legge 130
Dall’ipotesi contemplata nel secondo comma si distingue, perché specificamente diretta alle imprese in procedura (ma non solo), la disposizione dell’articolo 7.1, comma 3 della Legge 130. Tale norma, infatti, espressamente consente che le società veicolo di cartolarizzazione che siano cessionarie di crediti monetari deteriorati ai sensi dell’articolo 7.1, primo comma:
- nell’ambito di concordati fallimentari, concordati preventivi o nel caso omologa di accordi per la ristrutturazione dei debiti; e
- qualora abbiano acquisito o sottoscritto azioni, quote e altri titoli e strumenti partecipativi derivanti dalla conversione di parte di tali crediti ceduti,
effettuino finanziamenti alle imprese in procedura (senza limiti dimensionali minimi), sempre al fine di migliorare le prospettive di recupero dei crediti oggetto di cessione e di favorire il ritorno in bonis del debitore ceduto. La stessa disposizione parifica alle indicate procedure di natura certamente concorsuale[19] altri accordi diretti al riequilibrio economico finanziario stipulati dal debitore e dal creditore originario ovvero analoghi accordi o procedure volti al risanamento o alla ristrutturazione previsti da altre disposizioni di legge. Il richiamo, nella sua ampiezza, consente quindi di ricomprendere tanto gli accordi assunti nell’ambito di piani attestati, oggi disciplinati dall’articolo 67 della Legge Fallimentare (e nel Nuovo Codice della Crisi dall’articolo 56), quanto gli accordi (previsti nel solo Nuovo Codice della Crisi) stipulati nell’ambito della composizione assistita della crisi[20]. Stante la circostanza che si debba trattare di accordi o procedure volti al risanamento o alla ristrutturazione “previsti da altre disposizioni di legge”, sarebbero da escludere dall’applicazione della disposizione gli accordi stragiudiziali, non raramente assunti tra debitori e creditori, specie se professionali.
3.1. La conversione in equity dei crediti deteriorati ceduti alla SPV
Condizione prodromica alla concessione di detti finanziamenti (nonché uno degli aspetti più significativi della previsione in commento) è che le società veicolo di cartolarizzazioni acquistino o sottoscrivano strumenti partecipativi nelle società debitrici in procedura per effetto della conversione in equity di parte[21] dei crediti da esse detenuti (operazioni cd. debt to equity swap[22]), se previsto nel relativo piano di risanamento (variamente inteso) stipulato dal debitore ceduto.
Si tratta di un unicum nel panorama della normativa sulle cartolarizzazioni, che conferma – tra l’altro – il generale divieto per le SPV di detenere titoli rappresentativi del capitale sociale dell’impresa, previsto dall’articolo 1, comma 1-bis della Legge 130[23]. Come è stato giustamente fatto notare[24], il Legislatore, escludendo che le SPV possano sottoscrivere titoli rappresentativi del capitale sociale, titoli ibridi o titoli convertibili, ha inteso vietare in generale la partecipazione delle SPV al cd. capitale di rischio, il quale, tautologicamente, è strettamente connesso al rischio d’impresa, proprio a rimarcare la natura di “scatola vuota” delle società veicolo di cartolarizzazione. Tale divieto, invece, viene meno nell’ambito delle operazioni aventi ad oggetto crediti deteriorati – naturalmente solo qualora la sottoscrizione di titoli partecipativi sia conseguenza della conversione in capitale – al fine di consentire alla SPV[25] anche l’esercizio di un controllo effettivo sull’andamento gestionale del debitore durante l’esecuzione del piano (delegato, altrimenti, al solo commissario).
L’importanza della norma risulta più significativa ancora ove si consideri che la conversione dei crediti monetari in partecipazioni (benché, molto spesso, possa essere uno strumento indispensabile per consentire, specialmente nei concordati in continuità aziendale, il mantenimento delle condizioni di patrimonializzazione della società debitrice nel tempo successivo all’omologazione della proposta[26]) non è in genere un’opzione molto apprezzata dalle banche creditrici, poco propense a condividere con il debitore il rischio imprenditoriale anche alla luce dei limiti imposti dalle regole di vigilanza[27].
Considerato, poi, che le somme in qualsiasi modo rivenienti da tali azioni, quote e altri titoli e strumenti partecipativi sono assimilate ai pagamenti effettuati dai debitori ceduti e – pertanto – sono destinate in via esclusiva al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi e al pagamento dei costi dell’operazione, la conversione in equity dei crediti della SPV sarebbe un’opzione ancor più interessante qualora la partecipazione nel capitale dell’impresa avvenisse attraverso titoli ancor più “monetizzabili”[28]. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui la società debitrice emettesse azioni (sottoscritte dalla SPV), suscettibili di riscatto da parte degli originali soci della società debitrice[29], secondo quanto previsto dall’articolo 2437-sexies del codice civile, o con termine di durata[30]. In tal modo, si potrebbero conciliare, da un lato, l’interesse dei soci originari del debitore ceduto al recupero del pieno controllo della società una volta terminata la fase di ristrutturazione, e, dall’altro, l’interesse (economico) dei beneficiari finali dell’operazione di cartolarizzazione (i.e. i sottoscrittori degli ABS) interessati a monetizzare le azioni che fungono da collateral ai titoli.
La Legge 130, ovviamente, non affronta alcune problematiche di tipo societario e concorsuale che dipendono dalla trasformazione dei crediti in partecipazioni; in particolare, la necessità di formazione, nella proposta concordataria, della classe dei creditori in tutto od in parte soddisfatti con la conversione dei crediti in partecipazioni; la natura e la qualità degli strumenti partecipativi; la compatibilità dell’emissione di strumenti partecipativi con le regole sul diritto di opzione in sede di aumento di capitale; gli strumenti ammessi per contestare l’operazione o, infine, i provvedimenti che possono essere emessi in caso di inadempienza del debitore. Si tratta di temi che non verranno neppure in questa sede esaminati, dal momento che esulano dai confini del presente scritto che rimane limitato alla valutazione della possibilità di attribuire ai finanziamenti concessi dalle società di cartolarizzazione le misure agevolative previste dalla legge fallimentare.
3.2. Ulteriori condizioni per l’erogazione del finanziamento ed esenzione dalla postergazione
I finanziamenti diretti a migliorare le prospettive di recupero dei crediti oggetto di cessione e a favorire il ritorno in bonis del debitore, concessi a seguito dell’acquisizione di strumenti partecipativi frutto della parziale conversione di crediti monetari deteriorati, a differenza delle ipotesi di direct lending o dei finanziamenti concessi ai sensi del secondo comma dell’articolo 7.1, non sono subordinati né alla preventiva valutazione del prenditore del finanziamento da parte di un intermediario finanziario o bancario, né alla regola del mantenimento, in capo a quest’ultimo, di un significativo interesse economico nell’operazione. Rimane fermo, invece, ai sensi del combinato disposto dei commi 2-quater e 2-sexies dell’articolo 7 (stante la portata generale che si ritiene di dover attribuire a tali norme) che i titoli emessi in relazione all’operazione di finanziamento siano necessariamente destinati ad investitori qualificati, in ragione del certamente elevato grado di rischio.
La scelta meno garantista di non richiamare le norme di cui all’articolo 1, comma 1-ter, solo in parte può essere giustificata dalla circostanza che le procedure concorsuali cui sono sottoposti i debitori sono sotto il rigido controllo dell’autorità giudiziaria, soprattutto ove si consideri che il giudizio sulla fattibilità economica, attestata dal professionista indipendente, è affidato, sulla base della legislazione attuale, quasi esclusivamente ai creditori e non al tribunale[31]. Semmai giustificazioni più convincenti possono rinvenirsi:
- in primis, nella circostanza che il finanziamento può essere erogato dalla SPV solo a seguito della partecipazione di quest’ultima al capitale di rischio dell’impresa;
- ancora, nel fatto che i finanziamenti soci non sono inusuali e sono eseguiti, normalmente, con il concorso pro-quota di tutti;
- e, infine, nel fatto che tale attività non sconfinerebbe nello svolgimento di una attività di concessione di finanziamento nei confronti del pubblico riservata, come detto, a banche e intermediari finanziari.
Sebbene la disposizione in commento ricomprenda anche l’ipotesi di concordato fallimentare (che, ovviamente, può essere aperto solo nei confronti di imprese in crisi e già dichiarate fallite), la previsione che i finanziamenti debbano essere destinati al ritorno in bonis del debitore induce ancora una volta a sottolineare che essi possano essere concessi esclusivamente nei casi in cui (anche per effetto della cessione di azienda operata nell’ambito di una procedura concorsuale) sia garantita la continuità aziendale e che il finanziamento sia proprio volto a favorire il riequilibrio patrimoniale e finanziario dell’azienda in esercizio.
Ne è prova il fatto che il Legislatore si preoccupa di precisare che il finanziamento può essere concesso anche (i) ad assuntori di passività dei debitori ceduti ovvero (ii) a soggetti con i quali i medesimi debitori abbiano rapporti di controllo o di collegamento, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile[32]. Con riferimento agli “assuntori di passività” si deve intendere ricompreso qualsiasi impegno di un terzo a procedere (nei limiti della proposta) a pagare i creditori; con riferimento, invece, alla possibilità di concedere finanziamenti a soggetti con i quali i debitori abbiano rapporti di controllo o di collegamento, è stato giustamente fatto notare[33] come tale previsione semplifichi le formalità relative all’erogazione di nuova finanza a tutte le società del gruppo, laddove la SPV sia coinvolta in un’operazione di ristrutturazione dell’indebitamento di un gruppo.
Da ultimo (ma, non per rilevanza), va precisato che il beneficio concesso espressamente dalla Legge 130 esclusivamente per quei finanziamenti erogati dalla SPV ai sensi dell’articolo 7.1, comma 3, consiste nell’esenzione completa, per gli stessi, dalla cd. postergazione prevista, in via generale, dagli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile: in forza di tali norme, di regola, il rimborso dei finanziamenti in qualsiasi forma effettuati dai soci (o da chi esercita attività di direzione e coordinamento) a favore della società – che sono stati concessi in un momento in cui risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure una situazione finanziaria nella quale sarebbe stato più ragionevole un conferimento – è postergato, in sede di liquidazione[34] della società, rispetto alla soddisfazione degli altri creditori. I finanziamenti in qualsiasi forma erogati dalla SPV ai sensi dell’articolo 7.1, terzo comma, sono quindi totalmente esenti dalla postergazione (anziché nella sola misura dell’80% prevista per i finanziamenti dei soci dalla Legge Fallimentare, che peraltro attribuisce integralmente la prededuzione se la qualità di socio è acquisita in esecuzione del piano o dell’accordo di ristrutturazione)[35].
4. Le condizioni per l’accesso al beneficio della prededuzione per i crediti derivanti dai finanziamenti concessi dalla SPV a debitori in procedura
Nonostante le usuali garanzie previste, in generale, per tutte le operazioni di cartolarizzazione[36], l’impianto protettivo predisposto dalla sola Legge 130 con riferimento a tali finanziamenti rimane debole. Ciò rende particolarmente utile il ricorso alle ulteriori e molto più significative garanzie offerte dalla Legge Fallimentare e, segnatamente, al beneficio della prededuzione.
Quando si parla di “prededuzione” ci si riferisce, in generale, alla possibilità che i crediti che ne siano muniti siano soddisfatti a preferenza dei crediti sorti antecedentemente all’apertura della procedura; la disciplina è prevista dagli articoli 111 e 111-bis della Legge Fallimentare per le procedure fallimentari ma le regole sono applicabili, mutatis mutandis, anche per le procedure di concordato preventivo e di accordo per la ristrutturazione dei debiti.
Nello specifico, è previsto che i crediti prededucibili vengano soddisfatti (per capitale, spese ed interessi) a preferenza degli altri crediti (privilegiati e chirografari[37]) con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare ed immobiliare del debitore (con esclusione di quanto ricavato dai beni oggetto di pegno ed ipoteca) – tenuto conto dell’eventuale privilegio di cui possono essere assistiti[38]. Tale disciplina trova applicazione, altresì, con riferimento alle procedure di concordato con continuità aziendale e agli accordi di ristrutturazione dei debiti, nelle quali il pagamento dei crediti prededucibili deve avvenire, prevalentemente, non con il ricavato della liquidazione dell’attivo ma con i flussi di cassa derivanti proprio dalla continuità, con preferenza rispetto ai creditori le cui ragioni sono sorte antecedentemente alla domanda di apertura della procedura[39].
È invece certamente da escludere la prededuzione con riferimento ai finanziamenti concessi nell’ambito di piani di risanamento che nonsono procedure concorsuali. Come recentemente precisato[40], infatti, la prededuzione non attribuisce una causa di prelazione ma una precedenza processuale, in ragione della strumentalità che la concessione del credito riveste rispetto agli scopi della procedura al fine di renderla più efficiente. I piani attestati di risanamento (ed in prospettiva anche gli accordi di composizione amichevole previsti dal Nuovo Codice della Crisi nell’ambito delle procedure di allerta) non hanno, dunque, natura concorsuale (come ovviamente gli accordi privatistici) e, quindi, non possono attribuire il beneficio della prededuzione che opera esclusivamente nell’ambito delle procedure concorsuali[41].
Come ricordato in precedenza, i finanziamenti erogati dalla SPV (sia ai sensi del comma secondo dell’articolo 7.1, sia ai sensi del comma terzo) essendo necessariamente finalizzati al ritorno “in bonis” del debitore ceduto, possono essere concessi solo a favore di imprenditori sottoposti a procedure concorsuali con continuità aziendale. Pertanto, perché i relativi crediti possano essere assistiti dalla prededuzione, i finanziamenti concessi dalla SPV dovrebbero inserirsi nel contesto di: (i) procedure di accordo di ristrutturazione dei debiti ex articolo 182-bis Legge Fallimentare o (ii) concordato con continuità aziendale ex articoli 161 e 186-bis Legge Fallimentare.
Nel contesto di dette procedure, le condizioni (di cui si dirà a breve) per la concessione della prededuzione ai crediti derivanti dai finanziamenti erogati sono differenti a seconda della fase della procedura[42] nella quale i finanziamenti intervengono.
In particolare, si distinguono:
- i finanziamenti concessi in funzione della presentazione della domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione o di presentazione della domanda di ammissione al concordato (cd. “Finanziamenti Ponte”), di cui all’articolo 182-quater, comma 2, Legge Fallimentare;
- i finanziamenti interinaliautorizzati in pendenza della procedura di concordato o della domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione (i cd. “Finanziamenti Interinali”), di cui all’articolo 182-quinquies, commi 1, 2, 3 e 4, Legge Fallimentare; e
- i finanziamenti funzionali al risanamento effettuati in esecuzione dell’accordo di ristrutturazione o del concordato di cui all’articolo 182-quater, comma 1 e articolo 111 Legge Fallimentare (i “Finanziamenti per il Risanamento”).
Orbene, benché sia più probabile ipotizzare che l’intervento della società di cartolarizzazione segua (e non preceda) l’omologazione del piano concordatario o l’accordo di ristrutturazione dei debiti, in linea teorica i finanziamenti che una SPV potrebbe concedere al debitore (ai sensi dell’articolo 7.1 della Legge 130), potrebbero intervenire in ogni fase della procedura, nel rispetto però delle condizioni previste dalla Legge 130 per la loro rispettiva erogazione. Pertanto:
- prima dell’omologa del concordato o dell’accordo di ristrutturazione, l’SPV potrà erogare Finanziamenti Ponte e Finanziamenti Interinali solo nel rispetto delle più stringenti condizioni previste dal secondo comma dell’articolo 7.1, ovveropurché una banca o un intermediario finanziario valutino le concrete prospettive di risanamento dell’impresa in crisi – trattenendo nell’operazione un significativo interesse economico – e i titoli emessi dalla SPV siano destinati a investitori qualificati;
- dopo l’omologa, l’SPV potrà erogare i Finanziamenti per il Risanamento anche alla sola condizione che i titoliemessi dalla SPV siano sottoscritti da investitori qualificati, purché naturalmente il piano nel concordato in continuità preveda la conversione in equity di parte dei crediti della società veicolo.
- Non è superfluo in ogni caso sottolineare che i crediti derivanti dalla nuova finanza erogata dalla SPV, per beneficiare del beneficio della prededuzione, debbano necessariamente derivare da finanziamenti concessi solo al debitore ceduto in procedura e non anche agli assuntori di passività di tali debitori ovvero a soggetti con i quali i medesimi abbiano rapporti di controllo o di collegamento.
Ciò detto, è opportuno soffermarsi sulle condizioni previste dalla Legge Fallimentare per l’attribuzione del favor della prededuzione alle summenzionate tipologie di finanziamenti.
4.1. I Finanziamenti Ponte
Ai sensi dell’articolo 182-quater, secondo comma, della Legge Fallimentare sono prededucibili i crediti derivanti da Finanziamenti Ponte erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione qualora:
- il finanziamento sia previsto nell’accordo o nel piano di concordato;
- il finanziamento sia stato effettivamente erogato primadel deposito della domanda[43];
- il finanziamento abbia consentito all’impresa di giungere alla presentazione della domanda di omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o alla presentazione della domanda di concordato[44] (cd. funzionalità del finanziamento); e, infine
- la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui l’accordo sia omologato ovvero con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo.
La verifica del requisito della funzionalità del Finanziamento Ponte rispetto alla presentazione della domanda è oggetto di specifica valutazione da parte del professionista attestatore del piano(in possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 67, comma 3, lett. d) Legge Fallimentare[45]), allo scopo di tutelare i creditori concorsuali da inutili aggravi della situazione debitoria e a fornire adeguate informazioni al tribunale ai fini dell’attribuzione della prededucibilità nel provvedimento di ammissione al concordato preventivo[46].
Nell’ipotesi, pertanto, di Finanziamento Ponte concesso dalla SPV divenuta creditrice del debitore in procinto di presentare la domanda di omologa dell’accordo di ristrutturazione o di concordato preventivo (in continuità), tale attestazione andrebbe ad affiancare (e non a sostituire) l’attività dell’intermediario finanziario o della banca diretta all’individuazione (rectius, valutazione del merito creditizio) del soggetto beneficiario del finanziamento.
4.2. I Finanziamenti Interinali
Ai sensi dell’articolo 182-quinquies della Legge Fallimentare, al debitore, una volta ammesso alla procedura di concordato preventivo ovvero che abbia già depositato il ricorso per l’omologa dell’accordo di ristrutturazione, è consentito di domandare al tribunale l’autorizzazione a contrarre finanziamentiprededucibili, anche individuati soltanto per tipologia ed entità, se un professionista indipendente specificamente ne attesti, verificato il complessivo fabbisogno finanziario sino all’omologazione, la loro funzionalità rispetto “alla migliore soddisfazione dei creditori”.
La valutazione circa la migliore soddisfazione dei creditori dovrà essere compiuta dall’attestatore sulla base di parametri diversi a seconda che si tratti di accordi di ristrutturazione dei debiti o di concordati preventivi. In particolare:
- per ciò che concerne gli accordi di ristrutturazione, se da un lato la dottrina[47] ritiene che la “migliore soddisfazione dei creditori” implichi un aumento di valore del patrimonio (anche sotto forma di impedimento del realizzarsi di una perdita di valore del patrimonio del debitore), dall’altro lato la giurisprudenza[48] la intende quale “generico rafforzamento delle possibilità di riuscita del piano sottostante agli accordi”;
- nelle ipotesi di concordato preventivo, invece, la “migliore soddisfazione dei creditori” coinciderebbe con “la convenienza per i creditori, in termini di prospettive concrete di soddisfacimento, della dilatazione dell’esposizione debitoria (della società in crisi) conseguente dalla contrazione di debiti prededucibili coincidenti con gli importi oggetto dei finanziamenti”che “non può che derivare dall’entità degli utili derivanti dalla prosecuzione dell’impresa (consentita dai finanziamenti) o […] dall’accrescimento del valore dei beni che possono essere ultimati soltanto grazie alla finanza nuova, prima di essere immessi sul mercato”[49].
L’articolo 182-quinquies, comma primo, subordina la concessione della prededuzione in ogni caso all’emanazione di uno specifico provvedimento del Tribunale. È stato osservato[50], in particolare, che il controllo giudiziale sui Finanziamenti Interinali sembrerebbe più vincolato e stringente rispetto a quello esercitato sui Finanziamenti Ponte, potendo il Tribunale estendere la propria valutazione anche a “finanziamenti individuati solo per tipologia ed entità, e non ancora oggetto di trattative” (secondo quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 182-quinquies), nonché “autorizzare il debitore a concedere pegno o ipoteca a garanzia di detti finanziamenti” (secondo quanto previsto dal quarto comma del medesimo articolo).
Nell’ambito dei finanziamenti interinali, che pure godono della prededuzione se autorizzati dal Tribunale, vanno anche ricompresi quelli richiesti in via d’urgenza nel corso della procedura di omologazione della proposta concordataria o di un accordo di ristrutturazione dei debiti, diretti a sostenere l’esercizio dell’attività di impresa fino alla conclusione della procedura, secondo le forme previste dall’articolo 182-quinquies, comma terzo, che non richiedono il rilascio di una specifica attestazione.
4.3. I finanziamenti in esecuzione dell’accordo di ristrutturazione o del concordato
Venendo, infine, ai finanziamenti concessi dopo l’omologa dell’accordo di ristrutturazione o del concordato in esecuzione degli stessi, contrariamente a quelli concessi in funzione della presentazione della domanda di accesso alla procedura o durante la procedura per il mantenimento della continuità aziendale (che, come abbiamo visto, devono essere espressamente autorizzati dal Tribunale), essi possono godere del beneficio della prededuzione semplicemente se sonoprevisti nel piano oggetto di valutazione da parte dei creditori ed omologato dal Tribunale[51]. Il professionista che redige l’attestazione sulla veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità economica ai sensi dell’articolo 161, comma 3, Legge Fallimentare o ai sensi dall’articolo 182-bis Legge Fallimentare deve anche accertarne la funzionalità rispetto alla continuazione dell’attività d’impresa.
Tuttavia, è stato correttamente precisato[52] che la previsione dei finanziamenti nel piano non deve essere così specifica da individuare anche le concrete modalità di esecuzione né l’indicazione del soggetto finanziatore che, quindi, potrà essere identificato anche solo successivamente. Non è quindi necessario che il finanziamento indicato nel piano sia già previsto in un accordo vincolante per il finanziatore, potendo trovare applicazione, ai finanziamenti concessi in esecuzione del piano, la regola di cui all’articolo 182-quinquies Legge Fallimentare, per la quale la prededuzione può essere concessa anche per finanziamenti indicati solo per tipologia ed entità (ma non ancora oggetto di trattative); il piano, comunque, dovrebbe soltanto prevedere ipotesi alternative, se venissero meno i presupposti per la concessione del finanziamento[53].
Quanto alle modalità di erogazione dei finanziamenti, il primo comma dell’articolo 182-quater si premura di specificare che la prededuzione assiste i finanziamenti “in qualsiasi forma effettuati”(quali, ad esempio, aperture di credito, prestiti obbligazionari o ancora mutui di lunga durata).
Il terzo comma dell’articolo 182-quater prevede infine che, alle stesse condizioni, siano prededucibili anche i finanziamenti erogati dai soci, nel limite dell’80%del loro ammontare (i quali sarebbero, altrimenti, postergati ai sensi dell’articolo 2467 c.c.). Come già ricordato, però, qualora la SPV erogasse il finanziamento a seguito di conversione in equity di parte dei suoi crediti, l’esenzione dalla postergazione sarebbe totale (e non solo nella misura dell’80%), in forza della specifica disposizione di cui al comma 3 dell’articolo 7.1 della Legge 130.
5. La prededuzione quale beneficio dell’operazione di cartolarizzazione nel suo complesso
Le disposizioni dell’articolo 7.1 pongono un indiscutibile collegamento tra il finanziamento e l’operazione di cartolarizzazione nel suo complesso.
Il finanziamento risulta funzionale al rimborso dei crediti che la SPV ha in precedenza acquistato nel contesto dell’operazione; pertanto – mutuando espressioni della Legge Fallimentare – il finanziamento è diretto, in primo luogo, al miglior soddisfacimento delle ragioni di credito della SPV nei confronti del debitore e, indirettamente, delle ragioni di credito vantate nei confronti della SPV dai portatori dei titoli emessi dalla stessa per finanziare (in primis) l’acquisto dei crediti e (successivamente) l’erogazione del finanziamento. E’ a favore dei noteholders della SPV, infatti, che sono destinate in via esclusiva le somme corrisposte dal debitore a qualsiasi titolo alla SPV, le quali, in base al disposto dell’articolo 3, comma 2, della Legge 130, confluiscono indistintamente nel suo patrimonio segregato ex lege.
Nell’ipotesi in cui la SPV erogasse un finanziamento beneficiato dalla prededuzione, si realizzerebbe conclusivamente la seguente situazione:
- l’erogazione da parte della società veicolo di nuova finanza al debitore fungerebbe, in primo luogo, quale leva economico-finanziaria per permettere al debitore di continuare proficuamente a svolgere la propria attività imprenditoriale e, quindi, generare flussi di cassa positivi atti a ripagare i propri creditori e rispettare gli impegni assunti nel piano di risanamento;
- i flussi di cassa generati così dalla continuità aziendale garantita al debitore anche grazie all’apporto della nuova finanza prededucibile verrebbero, quindi, destinati dal debitore al pagamento dei propri debiti nel rispetto, ovviamente, degli ordini di prelazione e privilegio attribuiti dalla legge: pertanto, in primis, verrebbero effettuati i pagamenti dei crediti prededucibili e poi i pagamenti di tutti gli altri crediti;
- la SPV si troverebbe, quindi, nei confronti del debitore, a detenere più “posizioni” creditorie: da un lato, creditrice del debitore con riferimento ai crediti prededotti derivanti dal finanziamento dalla stessa erogato; dall’altro, creditrice del debitore (anche in via privilegiata, qualora i crediti fossero assistiti da garanzia ipotecaria) con riferimento ai crediti cartolarizzati ceduti alla SPV dalla banca o dall’intermediario; e, dall’altro lato, ancora creditrice del debitore con riferimento ai diritti patrimoniali incorporati nelle partecipazioni da essa detenute qualora il piano abbia previsto la conversione in equity di parte dei suoi crediti.
Tutti i pagamenti effettuati a vario titolo dal debitore, come descritti sub lettera b) che precede, confluiranno nel patrimonio segregato della SPV; tali somme andranno, pertanto, a formare i cd. issuer available funds che la SPV potrà distribuire ai sottoscrittori dei titoli ABS, nel rispetto della cd. cascata dei pagamenti secondo l’ordine di priority disciplinato dal regolamento dei titoli.
[1] La grande difficoltà di supportare le imprese in concordato si percepisce chiaramente anche dal recente D.L. 23/2020 dell’8 aprile 2020, convertito nella Legge 5 giugno 2020, n. 40 (il cd. “Decreto Liquidità”), emesso per fronteggiare la crisi “economico-sanitaria” dovuta all’epidemia da Covid-19; ai sensi dell’articolo 13 del detto Decreto, viene previsto che la garanzia pubblica sia concessa anche alle imprese che, in data successiva al 31 dicembre 2019, siano state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale (di cui all’articolo 186-bis della Legge Fallimentare), abbiano stipulato accordi di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 182-bis o abbiano presentato un piano attestato di cui all’articolo 67, purché, alla data di entrata in vigore del Decreto, le loro esposizioni “non siano più in una situazione che ne determinerebbe la classificazione come esposizioni deteriorate, non presentino importi in arretrato successivi all’applicazione delle misure di concessione e la banca, sulla base dell’analisi della situazione finanziaria del debitore, possa ragionevolmente presumere il rimborso integrale dell’esposizione alla scadenza”. Sono, in ogni caso, escluse, tuttavia, proprio le imprese che presentano esposizioni classificate come “sofferenze“, ai sensi della disciplina bancaria. Si tratta com’è evidente di condizioni molto difficili da realizzare in concreto.
[2] L’articolo 111 della Legge Fallimentare dispone, infatti, che le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono erogate in primo luogo a pagamento dei crediti prededucibili.
[3] Danilo Galletti, I proventi della continuità, come qualsiasi surplus concordatario, non sono liberamente distribuibili, Il Fallimentarista, Focus del 16 marzo 2020.
[4] In generale, tra i crediti prededucibili vanno annoverati (i) le spese della procedura, (ii) i crediti degli organi della procedura, (iii) i crediti dei professionisti che hanno assistito il debitore nella presentazione della domanda e (iv) le spese per il mantenimento della continuità aziendale.
[5] Si veda, in proposito, I recenti sviluppi sul fronte dei crediti deteriorati, Approfondimento della Banca d’Italia sull’attività di gestione e recupero di crediti deteriorati – Nota illustrativa – 02.03.2020.
[6] Secondo le statistiche fornite dalla Banca d’Italia (Statistiche, Banca e Moneta, serie nazionale, 11 giugno 2019) https://www.bancaditalia.it/…/2019-moneta/statistiche_BAM_), dal dicembre 2016 all’aprile 2019 l’ammontare della cartolarizzazioni del settore bancario è passato da quasi 190 miliardi di euro (di cui 65 miliardi da classificare “in sofferenza”) a 278 miliardi di euro (di cui 154 da classificare “in sofferenza”).
[7] A tal proposito, proprio recentemente, Paolo Carrière è intervenuto (NPL: una emergenza nazionale. Sospendere le cartolarizzazioni, in Diritto Bancario, 29 aprile 2019) per segnalare il pericolo che la cessione incondizionata di crediti da parte del sistema bancario rischi di porre in secondo piano le esigenze dei debitori ceduti privandoli di supporto nella attività di risanamento che la crisi da Coronavirus necessariamente determinerà soprattutto a seguito di ricorso a procedure giudiziali e non di risanamento. Per il prof. Carrière “Oggi più che mai, il sistema economico ha […]bisogno di poter contare sulla presenza di creditori che siano interlocutori ‘empatici’, esperti, pazienti e costruttivi e sulla disponibilità di meccanismi e schemi operativi finalizzati ad agevolare e magari ad imporre – in presenza di una pluralità di creditori bancari esposti verso lo stesso debitore – una concentrazione delle posizioni creditorie (altrimenti polverizzate e rappresentative spesso di interessi disomogenei o talora conflittuali), in un unico interlocutore professionale del debitore, così come avviene con il modello virtuoso di gestione degli UTP rappresentato dai “Fondi di Ristrutturazione”, oggetto del recente intervento di Banca d’Italia-Consob-IVASS”. L’accenno è al Documento Banca d’Italia/Consob/Ivass n. 8, Trattamento in bilancio delle operazioni di vendita pro-soluto di crediti unlikely to pay (“UTP”) in cambio di quote di fondi di investimento, 14 aprile 2020.
[8] Con riguardo al più generale tema del credit crunch, si rimanda a V. Solimeno, L’emissione dei basket bond quale nuova modalità alternativa di finanziamento delle PMI, in Diritto Bancario, Approfondimenti, Aprile 2020 per una dettagliata panoramica sulle modalità di finanziamento alternativo al canale bancario previste a favore delle PMI, con particolare riferimento ai basket bond, al direct lending e al peer to peer lending.
[9] Per maggior completezza non può non segnalarsi come l’articolo 1, comma 445, lett. a) della Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (la Legge di Bilancio 2020), abbia ampliato l’ambito di applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 7.1, prevedendo che tali norme possano trovare applicazione, su istanza del debitore, anche alle cessioni di crediti effettuate nell’ambito di operazioni aventi una cd. “valenza sociale” che prevedono la concessione in locazione al debitore, da parte della società veicolo di appoggio di cui ai commi 4 e seguenti dell’articolo 7.1, dell’immobile costituito in garanzia del credito ceduto. E’ il comma 8-bis dell’articolo 7.1 (introdotto anch’esso dalla Legge di Bilancio 2020) a chiarire che sono operazioni che rivestono una valenza sociale quelle che vedono la “partecipazione di un’associazione di promozione sociale iscritta al registro da almeno cinque anni, ovvero di società o ente dalla stessa istituiti, che assista il futuro conduttore nella stipulazione del contratto di locazione con la società veicolo di appoggio”. Per una disamina più puntuale delle novità in tema di cartolarizzazioni a valenza sociale si veda il Financial Industry Alert – January.22.2020, Cartolarizzazione di crediti deteriorati a valenza sociale, Orrick Herrington & Sutcliffe LLP.
[10] Non è inverosimile ritenere, tra l’altro, che il dissesto economico che ha colpito (e, prospetticamente, colpirà) il tessuto imprenditoriale italiano in conseguenza del totale lock-down delle attività produttive non essenziali in ragione dell’epidemia da Covid-19, avrà quale effetto, non solo, quello di provocare una crisi di liquidità per le imprese “sane”, ma anche – e a maggior ragione – quello di impattare negativamente sulle prospettive di ripresa di quelle imprese che si trovano, attualmente, in fase di attuazione di accordi di ristrutturazione dei crediti o di concordati in continuità. E’ proprio in quest’ottica, quindi, che è opportuno valutare quali strumenti giuridici si rivelano più adatti per incentivare l’afflusso della liquidità necessaria a queste imprese per far fronte agli impegni assunti nei confronti dei rispettivi creditori e, più in generale, dei propri stakeholders.
[11] La definizione di “crediti deteriorati” adottata dalla Banca d’Italia è quella armonizzate a livello europeo e riflette i criteri pubblicati nel 2013 dall’Autorità Bancaria Europea (EBA). Secondo quanto previsto dalla Circolare Bankitalia 272 del 30 luglio 2008 (Matrice dei Conti) i crediti deteriorati sono suddivisi in “sofferenze“, “inadempienze probabili” e “esposizioni scadute e/o sconfinanti“. In particolare: (i) le sofferenze (NPLs) sono esposizioni verso soggetti in stato di insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili; (ii) le inadempienze probabili (UTP) sono esposizioni (diverse da quelle classificate tra le sofferenze) per le quali la banca valuta improbabile, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, che il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni contrattuali; (iii) le esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate sono esposizioni (diverse da quelle classificate tra le sofferenze o le inadempienze probabili) che sono scadute o eccedono i limiti di affidamento da oltre 90 giorni e oltre una predefinita soglia di rilevanza.
[12] Non si ritiene, infatti, di dovere dare un vero e proprio significato tecnico alla previsione normativa del secondo comma per la quale i finanziamenti devono essere diretti al ritorno “in bonis” del debitore ceduto; con tale espressione il Legislatore non ha inteso fare riferimento all’uscita da una situazione di insolvenza ma, genericamente, al rispristino di un riequilibrio dei parametri economico finanziari dell’impresa. Ciò non esclude, per l’appunto, che anche imprenditori sottoposti a procedure concorsuali non liquidatorie possano essere destinatari dei finanziamenti della SPV, purché il finanziamento si possa presentare come utile per favorire il recupero dell’economicità dell’impresa.
[13] L’articolo 7.1, comma 2, infatti, dispone che i finanziamenti concessi dalla SPV debbano rispettare le condizioni previste sub articolo 1, comma 1-ter della Legge 130 il quale (in combinato disposto con il comma 1-quater) disciplina l’ipotesi che le SPV, anche contestualmente e in aggiunta alle operazioni da esse realizzate, possano concedere finanziamenti nei confronti di soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle imprese che presentano un totale di bilancio inferiore a 2 milioni di euro (i.e., le micro-imprese), sia direttamente sia per il tramite di una banca o di un intermediario finanziario che agisca in nome proprio (il cd. “direct lending”). Con riguardo alle modifiche introdotte dal Decreto Legge 162/209 (convertito in legge dalla Legge 8/2020, il Decreto Milleproroghe) in tema di concessione diretta di finanziamenti da parte della SPV e sub-participation, si veda F. Del Monte, Cartolarizzazione con finanziamento e patrimonio destinato ampliato: nuove opportunità di business e garanzie per gli investitori, in Diritto Bancario, Approfondimenti, Finanza, 28 maggio 2020.
[14] Ai sensi della Circolare n. 285/2013 (“Disposizioni di Vigilanza per le Banche”) e della Circolare n. 288/2016 (“Disposizioni di Vigilanza per gli Intermediari Finanziari”) di Bankitalia, banche e intermediari finanziari“che individuano i prenditori dei finanziamenti concessi da una società veicolo, ai sensi dell’articolo 1, comma 1-ter, lettera a), della legge sulla cartolarizzazione dei crediti, rispettano l’obbligo di mantenere nell’operazione un interesse economico non inferiore al 5%. Il requisito è rispettato con le modalità stabilite dalla Parte Cinque del CRR, articolo 405, e dai relativi regolamenti delegati”. Le modalità previste dal Regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (il “CRR”) sono le seguenti: a) il mantenimento di una percentuale non inferiore al 5 % del valore nominale di ciascun segmento ceduto o trasferito agli investitori; b) in caso di cartolarizzazioni di esposizioni rotative, il mantenimento dell’interesse del cedente in percentuale non inferiore al 5 % del valore nominale delle esposizioni cartolarizzate; c) il mantenimento di esposizioni scelte casualmente, equivalenti a una percentuale non inferiore al 5 % del valore nominale delle esposizioni cartolarizzate, quando tali esposizioni sarebbero state altrimenti cartolarizzate, a condizione che il numero delle esposizioni potenzialmente cartolarizzate non sia inferiore a 100 all’origine; d) il mantenimento del segmento prime perdite e, se necessario, di altri segmenti aventi profilo di rischio uguale o maggiore a quelli trasferiti o ceduti agli investitori, e la cui durata non sia inferiore a quelli trasferiti o ceduti agli investitori, in modo che il mantenimento equivalga complessivamente almeno al 5 % del valore nominale delle esposizioni cartolarizzate; e) il mantenimento di un’esposizione che copre le prime perdite non inferiore al 5 % di ciascuna esposizione cartolarizzata nella cartolarizzazione. Tali regole sono state riprodotte nell’articolo 6 del Regolamento (UE) 2017/2402 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, che stabilisce un quadro generale per la cartolarizzazione, instaura un quadro specifico per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate (il “Regolamento Cartolarizzazioni”).
[15] L’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è, infatti, riservato solo a banche e, in base a quanto disposto dall’articolo 106 del Testo Unico Bancario, a intermediari finanziari iscritti nell’Albo Unico di cui al medesimo articolo.
[16] In ambito concorsuale, infatti, lo strumento del direct lending è scarsamente utilizzabile, se non del tutto inutilizzabile: oggettivamente improbabile, infatti, che la scelta del soggetto cui concedere i finanziamenti possa ricadere su imprese in crisi o addirittura in uno stato di insolvenza tale da determinare il ricorso a procedure concorsuali.
[17] Per “crisi”, così come definita dal Nuovo Codice della Crisi (articolo 2, lett. a), come modificato dal decreto correttivo ancora in corso di approvazione, si deve intendere in particolare “lo stato di squilibrio economico finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore e che per le imprese di manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”.
[18] Infatti, la norma non dispone mai espressamente che i finanziamenti della SPV debbano essere concessi ai debitori ceduti prevedendo letteralmente che “società di cartolarizzazione di cui all’articolo 3 che si sono rese cessionarie dei crediti di cui al comma 1 possono concedere finanziamenti finalizzati a migliorare le prospettive di recupero di tali crediti e a favorire il ritorno in bonis del debitore ceduto”.
[19] A quest’ultimo proposito non è inutile ricordare che un recente orientamento della Giurisprudenza di legittimità (Cass. 18 gennaio 2018 n. 1182), superando pregressi contrasti, ha attribuito la natura di procedura concorsuale anche agli accordi di ristrutturazione dei debiti previsti dall’articolo 182-bis della Legge Fallimentare.
[20] Si veda, in proposito, N. Nisivoccia, La composizione assistita della crisi, in Il Fallimentarista, Focus, 8 aprile 2020.
[21] Opportunamente il Legislatore ha previsto che la conversione in equity dei crediti sia solo parziale; qualora, infatti, le ragioni di credito della SPV fossero interamente soddisfatte per mezzo della totale conversione in azioni dei propri crediti, formalmente la società veicolo sarebbe soddisfatta (ancorché il pagamento dei crediti sia avvenuto per datio in solutum); pertanto, non potrebbe perfezionarsi la condizione per la quale i finanziamenti da essa erogati ai sensi del terzo comma debbano essere destinati a migliorare proprio le prospettive di recupero dei crediti (a quel punto già recuperati).
[22] E’ l’articolo 160, comma 1, lett. a), a disciplinare, in ambito concordatario, tale ipotesi, laddove prevede che “L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere: a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito”. Tale operazione può avvenire, di regola, in due modi: (i) mediante il conferimento di parte (o dell’intero) dell’attivo della società in concordato ad una società conferitaria (anche di nuova costituzione) e la successiva assegnazione a titolo di datio in solutum delle partecipazioni di quest’ultima alla SPV (conversione c.d. “indiretta”); oppure (ii) mediante l’aumento di capitale della società in concordato con l’offerta in sottoscrizione delle partecipazioni emesse alla SPV e la conseguente estinzione (parziale o totale) dei relativi crediti (conversione c.d. “diretta”) (si veda, in proposito, Giustino Di Cecco, La conversione concordataria dei debiti in capitale di rischio: tre riflessioni (ed altrettante proposte) sulle peculiarità della disciplina applicabile alle operazioni di debt to equity swap, il Caso.it, 18/10/18).
[23] L’articolo 1, comma 1-bis della Legge 130 (inserito dal D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, come sostituito dalla legge di conversione 21 febbraio 2014, n. 9 e da ultimo modificato dalla Legge di Bilancio 2019) contempla, infatti, l’ipotesi di operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante la sottoscrizione o acquisto, da parte della SPV, di obbligazioni e titoli similari ovvero cambiali finanziarie, esclusi comunque titoli rappresentativi del capitale sociale, titoli ibridi e convertibili: si tratta dell’ipotesi di emissione di cd. basket bond. Per una disamina completa e puntuale dei basket bond si veda V. Solimeno, L’emissione dei basket bond quale nuova modalità alternativa di finanziamento delle PMI, in Diritto Bancario, Approfondimenti, Aprile 2020.
[24] Si veda in proposito V. Solimeno, op. cit., anche con riferimento alla distinzione tra rischio d’impresa e rischio di credito.
[25] È in ogni caso opportuno precisare che (ai sensi dell’articolo 7.1, comma 8), nel caso in cui la SPV acquisti o sottoscriva azioni, quote e altri titoli e strumenti partecipativi, la società veicolo di cartolarizzazione deve individuare un soggetto (dotato di competenza ed autorizzazioni necessarie) cui sono conferiti, nell’interesse dei portatori dei titoli, compiti di gestione o amministrazione e potere di rappresentanza. Qualora tale soggetto sia una banca, un intermediario finanziario iscritto nell’albo i cui all’articolo 106 del Testo Unico Bancario, una società di intermediazione mobiliare o una società di gestione del risparmio, lo stesso soggetto dovrà verificare anche la conformità dell’attività e delle operazioni della società di cartolarizzazione alla legge e al prospetto informativo.
[26] Si pensi, infatti, alle norme di cui all’182-sexies Legge Fallimentare che fanno venir meno, successivamente all’omologazione, l’ombrello protettivo dell’esenzione dell’applicazione delle regole previste sullo scioglimento delle società in caso di riduzione del capitale al di sotto dei minimi di legge. Dopo l’omologazione del piano, non è affatto assicurato il riequilibrio patrimoniale per effetto della falcidia concordataria e ciò può determinare un prolungamento della situazione di scioglimento della società che richiede una nuova patrimonializzazione del debitore mediante la conversione dei crediti in capitale.
[27] Si rimanda, in proposito alla Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013 (Disposizioni di Vigilanza per le Banche), di Bankitalia e, in particolare, con riferimento alle partecipazioni detenibili dalle banche e dai gruppi bancari, la sezione IV par. 3. Sul tema si veda anche E. Bertacchini, La Conversione dei crediti in azioni negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nei piani attestati di risanamento, Il Fallimentarista, Bussola del 4 Giugno 2013 o ancora L. Faccincani, Banche, imprese in crisi e accordi stragiudiziali di risanamento. Le novità introdotte dalla riforma del diritto fallimentare, Giuffrè Editore, Milano, 2007.
[28] Per un esame più completo degli strumenti partecipativi si segnala Benedetto Lonato, Giacomo Tommasi, Gli strumenti finanziari partecipativi, un’alternativa per le S.p.A, per le S.r.l. “innovative” e per le società quotate, in Il Societario, Focus del 29 aprile 2020.
[29] Uno scenario simile è ipotizzabile anche nel caso di sottoscrizione, da parte della SPV, di quote di S.r.l., per le quali, al pari delle azioni, è contemplata l’ipotesi riscatto. Sarebbero legittime, infatti, le clausole statutarie che attribuiscono ai soci di società a responsabilità limitata o ad alcuni di essi il diritto di riscattare in tutto o in parte le partecipazioni di altri soci, al ricorrere di determinati presupposti o durante determinati periodi di tempo, ferma restando l’applicabilità della regola della equa valorizzazione delle partecipazioni sociali prevista nei casi di recesso legale (articolo 2473, comma 3, c.c.). Si vedano, inter alios, M. Tanzi, Articolo 2474, in Società di capitali, Commentario, a cura di G. Niccolini e A. Stagno D’Alcontres, Napoli, 2004, p. 1558, nt. 5; F. Guerrera, Le modificazioni dell’atto costitutivo – Profili generali, in Le decisioni dei soci. Le modificazioni dell’atto costitutivo – Trattato delle società a responsabilità limitata, diretto da C. Ibba e G. Marasà, Padova, 2009, p. 222, nt. 6; E. Malimpensa, I nuovi tipi di circolazione forzata delle partecipazioni sociali: spunti di riflessione, in La struttura finanziaria e i bilanci delle società di capitali. Studi in onore di Giovanni E. Colombo, Milano, 2011, p. 230, nt. 10 e p. 245 e s.; R. Santagata, Articolo 2468, in S.r.l. – Commentario dedicato a G.B. Portale, a cura di A.A. Dolmetta e G. Presti, Milano, 2011, ed ivi p. 287.
[30] Giancarlo Maniglio, Alcune note in materia di partecipazioni sociali riscattande e con termine finale di durata, Il societario Focus del 28 novembre 2018.
[31] Il tribunale potrà svolgere compiutamente il giudizio sulla fattibilità economica solo per le procedure introdotte dopo l’entrata in vigore del Nuovo Codice della Crisi.
[32] Ai sensi dell’Articolo 2359 del Codice Civile, una società detiene il controllo di un’altra in tre differenti ipotesi: 1. se essa dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria (controllo interno di diritto); 2. se essa dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nella assemblea ordinaria (controllo interno di fatto); 3. se esercita una influenza dominante in ragione di particolari vincoli contrattuali (controllo esterno). La definizione di controllo contenuta nell’Articolo 2359 è stata ripresa in toto dall’articolo 93 del Testo Unico della Finanza. In particolare, l’articolo 93 fornisce una definizione di controllo che si fonda sul rinvio all’articolo 2359, co. 1 n. 1-2, c.c., quanto al controllo interno di diritto e di fatto, aggiungendo altre fattispecie di controllo, ossia quello esercitato “in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole” e quello che ricorre ove “un socio, in base ad accordi con altri soci, dispone da solo di voti sufficienti a esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria”. Per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione delle definizioni sopra riportate, è importante sottolineare che, se l’articolo 2359 del codice civile si riferisce esclusivamente alle società globalmente intese, il Tuf prevede che possa essere qualificato come controllante qualsiasi “soggetto”, anche diverso da una “società” e, pertanto, anche un’associazione, una fondazione, un imprenditore individuale, nonché una persona fisica; l’ambito soggettivo di applicazione dell’articolo 93 del Tuf, quindi, risulta essere più ampio. Per quello che riguarda, invece, il soggetto controllato, il Testo Unico della Finanza utilizza la locuzione “imprese controllate”. L’aver individuato nell’ “impresa” il soggetto passivo del rapporto di controllo è stata considerata la soluzione, da un lato, più corretta al fine di includere nel quadro della definizione di controllo anche le organizzazioni imprenditoriali che non hanno la forma giuridica della società e, dall’altro, più efficace al fine di evitare un minor grado di trasparenza dell’informativa societaria. Si vedano, sul tema, G.Mucciarelli, sub articolo 93, in P.Marchetti e L. A. Bianchi (a cura di), La disciplina delle società quotate nel testo unico della finanza d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Milano, 199, I, pag. 33; G.Mollo, D.Montesanto, Il controllo societario nel Testo Unico della Finanza, Problemi e prospettive di riforma, in Quaderni di Finanza Consob n.8, Giugno 2015, p.24; e G. Lo Cascio, sub Articolo 2359, in AA.VV., Società per azioni, a cura di Giovanni Lo cascio, 2003, p.216.
[33] Si veda Modifiche alla Legge sulla Cartolarizzazione introdotte dal Decreto-Legge 30 aprile 2019, n. 34 (“Decreto Crescita”), Legal Update, GOP.
[34] Sebbene una parte della dottrina ritenga che la postergazione sia un istituto che trova applicazione anche durante la vita ordinaria della società (e che pertanto il credito dei soci debba essere soddisfatto dopo quello dei creditori esterni), altra parte della dottrina invece sostiene che l’istituto sia applicabile solo in fase di liquidazione della società, non avendo altrimenti senso la precisazione letterale all’interno dell’articolo 2477 della dichiarazione di fallimento (“Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito”).
[35] Si rimanda in proposito al successivo Capitolo 4.3.
[36] Lasciando in altre sedi una trattazione più puntuale di tali tematiche, si ricordano in particolare (i) l’inammissibilità, sulle somme rinvenienti dalla gestione degli asset cartolarizzati, di azioni da parte di soggetti diversi dai portatori dei titoli (la cd. insolvency remoteness delle società veicolo di cartolarizzazione); (ii) il regime di segregazione patrimoniale dei crediti e degli incassi derivanti da tali crediti; (iii) il regime della pubblicità sulla Gazzetta Ufficiale della cessione, che la rende efficace nei confronti degli aventi causa del cedente che non abbiano reso il loro titolo efficace verso i terzi prima della data di pubblicazione, nonché nei confronti dei creditori del cedente che non abbiano pignorato i crediti prima della stessa data; e (iii) l’inapplicabilità della revocatoria fallimentare di cui agli articoli 65 e 67 ai pagamenti effettuati dai debitori ceduti alla società cessionaria ovvero l’applicazione della stessa nei termini, ridotti, rispettivamente da due anni a sei mesi e da un anno a tre mesi per le operazioni di cartolarizzazione.
[37] Si tratta di una disposizione che tutela particolarmente i creditori garantiti da ipoteca tra i quali vi possono essere anche le società di cartolarizzazione.
[38] Anche nell’ambito dei crediti prededucibili è, infatti, possibile distinguere crediti privilegiati o crediti chirografari.
[39] Va specificato, inoltre, che la prededuzione non opera soltanto nella procedura nel corso della quale è sorta ma anche nelle procedure che eventualmente si aprissero successivamente e che fossero conseguenza della medesima crisi che aveva portato all’apertura della prima (cd. consecuzione). In proposito si veda Cass., 11.6.2019, n. 15724, per la quale la consecuzione è un fenomeno generalissimo consistente nel collegamento fra procedure concorsuali di qualsiasi tipo volte a regolare una coincidente situazione di dissesto dell’impresa, che trova nell’articolo 69-bis Legge Fallimentare una sua particolare disciplina nel caso in cui esso si atteggi a consecuzione fra una o più procedure minori e un fallimento finale; il fenomeno della consecuzione funge da elemento di congiunzione fra procedure distinte e consente di traslare dall’una all’altra procedura la precedenza procedimentale in cui consiste la prededuzione, facendo sì che la stessa valga non solo nell’ambito in cui è maturata ma anche nell’altro che alla prima sia conseguito.
[40] Cass., 11.6.2019, n. 15724.
[41] Va segnalato che nel Nuovo Codice della Crisi i pagamenti e le concessioni di garanzia presi nell’ambito dei piani attestati o nell’ambito di un concordato sono dichiarati esenti dalla revocatoria fallimentare ed anche ordinaria (anche in ragione del fatto che gli accordi raggiunti nell’ambito delle misure di allerta e del concordato minore, destinati ad imprenditori non commerciali, sono equiparati, quanto ad effetti, ai piani attestati ed al concordato preventivo).
[42] Piergiuseppe Spolaore, Finanziamenti nelle procedure concorsuali, Il Societario, Bussola 12 maggio 2020.
[43] Si vedano in proposito Trib. Milano, 23 febbraio 2013, in Fallimento, 2013, 860; Trib. Pistoia, 24 ottobre 2011; eventualmente, anche mediante apertura di credito. Cfr. Linee-guida per il finanziamento alle imprese in crisi, seconda edizione, 2015 a cura dell’Università degli studi di Firenze, Assonime e CNDCEC, https://oldsite.commercialisti.it/Portal/Documenti/Dettaglio.aspx).
[44] Presti-Rescigno, Corso di diritto commerciale, Bologna, 2015; Stanghellini, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, in Fallimento, 2010.
[45] Ai sensi del quale “il professionista è indipendente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo; il piano può essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore”. Va solo sottolineato semmai che l’attestatore, previsto dalla Legge Fallimentare, deve essere indipendente anche rispetto all’intermediario finanziario incaricato della valutazione del merito creditizio del debitore e, naturalmente, alla SPV.
[46] Per l’esame compiuto di tutte le condizioni cui è sottoposta la concessione del beneficio della prededuzione ai finanziamenti funzionali alla presentazione della proposta e dei dibattiti sul tema in dottrina, si rimanda a Piergiuseppe Spolaore, op. cit.
[47] Si veda in proposito la Raccomandazione n. 22, Attestazione del professionista in relazione al finanziamento autorizzato dal giudice nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione, Linee Guida, cit., 58 ss..
[48] In particolare, Trib. Bergamo, 26 giugno 2014, in IlFallimentarista.it.
[49] Si vedano, in particolare, Trib. Bergamo, 26 giugno 2014, cit.; Trib. Milano, 11 dicembre 2012; Trib. Arezzo, 23 novembre 2010.
[50] F. Bracco, La disciplina dei finanziamenti alle imprese in crisi. Il ruolo della “nuova finanza” nelle procedure concorsuali, MBL Pro, 2018/2019.
[51] Linee-guida, cit., pag. 62.
[52] Linee guida, cit, pag. 62.
[53] L’articolo 87 del Nuovo Codice della Crisi, nel disciplinare il contenuto del piano, prevede espressamente alla lettera con gli eventuali apporti di nuova finanza ed alla lettera e) che siano indicate le iniziative da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi pianificati e quelli raggiunti; dalla combinazione delle due previsioni emerge che, se si attribuisce alla nuova finanza una funzione strategica al raggiungimento degli obiettivi, occorre anche valutare le misure alternative ipotizzabili qualora non si possa accedere ai finanziamenti originariamente previsti.