1. Premessa
In data 10 giugno 2019, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo 10 maggio 2019, n. 49, attuativo della direttiva (UE) 2017/828 (Shareholder Rights Directive II, “SHRD 2”), che modifica la direttiva 2007/36/CE (“SHRD”) per quanto riguarda l’incoraggiamento dell’impegno a lungo termine degli azionisti.
Ai sensi dell’art. 7, comma 3, del D.Lgs. n. 49/2019, la Consob è chiamata ad adottare, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. (i.e. entro il 7 dicembre 2019) ([1]), le disposizioni di attuazione in materia, di operazioni con parti correlate, remunerazione e trasparenza dei gestori degli attivi e dei proxy advisors ([2]), in virtù della potestà regolamentare attribuitale rispettivamente dall’art. 2391-bis del codice civile, dall’art. 123-ter del TUF, e dall’art. 124-novies del TUF ([3]), come modificati/introdotti dal D.Lgs. n. 49/2019.
In attuazione di quanto precede, la Consob ha pubblicato, in data 31 ottobre 2019, il Documento per la consultazione sulle “Modifiche al regolamento sulle operazioni con parti correlate, al regolamento mercati e al regolamento emittenti in materia di trasparenza delle remunerazioni, dei gestori degli attivi e dei consulenti in materia di voto in recepimento della direttiva (UE) 2017/828 (Shareholder rights directive 2)” (il “Documento di Consultazione”). Il termine per l’invio di eventuali osservazioni è il 1° dicembre 2019.
Il presente contributo si concentra esclusivamente sulle proposte di modifica del Regolamento Consob sulle operazioni con parti correlate adottato con delibera n. 17221 del 12 marzo 2010 (il “Regolamento n. 17221/2010” o anche il “Regolamento”), soffermandosi su alcuni aspetti di maggior rilievo e su alcuni (possibili) dubbi interpretativi.
2. Le previsioni della SHRD 2 in materia di operazioni con parti correlate e la delega alla Consob
Il quadro normativo e regolamentare italiano in materia di operazioni con parti correlate è già in massima parte allineato con le disposizioni sulla “Trasparenza e approvazione delle operazioni con parti correlate” contenute nel nuovo art. 9-quater della SHRD (come introdotto dalla SHRD 2), che demanda tra l’altro agli Stati membri di:
- definire le operazioni rilevanti, tenendo conto dell’influenza che le informazioni relative all’operazione potrebbero avere sulle decisioni economiche degli azionisti della società e del rischio che scaturisce dall’operazione per la società e per i suoi azionisti non correlati;
- assicurare che le operazioni concluse con la stessa parte correlata nel corso di un qualunque periodo di 12 mesi o nel medesimo esercizio siano aggregate ai fini dei successivi punti (iii), (iv) e (v);
- assicurare che le operazioni rilevanti con parti correlate siano rese note al pubblico dalla società al più tardi al momento della loro conclusione, fornendo informazioni quantomeno sulla natura del rapporto con la parte correlata, sul nominativo di quest’ultima, sulla data e sul controvalore dell’operazione nonché su quant’altro sia necessario per valutare la correttezza e la convenienza dell’operazione dal punto di vista della società e degli azionisti non correlati, compresi gli azionisti di minoranza;
- assicurare che le operazioni rilevanti con parti correlate siano approvate dall’assemblea generale o dall’organo amministrazione o di vigilanza della società, conformemente a procedure che impediscano alla parte correlata di trarre vantaggio dalla sua posizione e che tutelino in modo adeguato gli interessi della società e degli azionisti non correlati, compresi gli azionisti di minoranza;
- prevedere che, qualora l’operazione con parti correlate coinvolga un amministratore o un azionista, l’amministratore o l’azionista sia escluso dall’approvazione o dalla votazione, ferma restando la facoltà per gli Stati membri di consentire all’azionista correlato di partecipare alla votazione, prevedendo adeguate misure di salvaguardia che trovino applicazione prima o in occasione della procedura di votazione e che tutelino gli interessi della società e degli azionisti non correlati, inclusi gli azionisti di minoranza, impedendo alla parte correlata l’approvazione dell’operazione nonostante il parere contrario della maggioranza degli azionisti non correlati o nonostante il parere contrario della maggioranza degli amministratori indipendenti.
Fermo quanto precede, il medesimo art. 9-quater prevede che:
- le previsioni di cui ai precedenti punti (iii), (iv) e (v) non si applichino alle operazioni concluse nell’ordinaria attività e a normali condizioni di mercato e che, per tali operazioni, l’organo di amministrazione o di vigilanza della società debba istituire una procedura interna per valutare periodicamente il rispetto di tali condizioni, escludendo che le parti correlate partecipino a tale valutazione;
- gli Stati membri possano esentare o possano consentire alle società di esentare dagli obblighi di cui ai precedenti punti (iii), (iv) e (v) le seguenti operazioni:
(b.1) operazioni concluse tra la società e le sue controllate, a condizione che queste ultime siano interamente partecipate dalla società o che nessun’altra parte correlata della società detenga un interesse nella controllata o a condizione che il diritto nazionale preveda un’adeguata tutela degli interessi della società, della controllata e dei rispettivi azionisti non correlati, compresi gli azionisti di minoranza, in dette operazioni;
(b.2) tipologie di operazioni chiaramente definite per le quali il diritto nazionale richiede l’approvazione dell’assemblea generale degli azionisti, a condizione che tali disposizioni normative prevedano e tutelino in modo specifico il trattamento equo di tutti gli azionisti e gli interessi della società e degli azionisti non correlati, inclusi gli azionisti di minoranza;
(b.3) operazioni relative alla remunerazione degli amministratori o taluni elementi della remunerazione degli amministratori riconosciuta o dovuta in conformità con quanto previsto dalla politica di remunerazione di cui all’art. 9-bis della medesima SHRD (come introdotto dalla SHRD 2);
(b.4) operazioni concluse da enti creditizi sulla base di misure volte a salvaguardare la loro stabilità, adottate dalle autorità competenti responsabili della vigilanza prudenziale ai sensi del diritto dell’Unione europea;
(b.5) operazioni offerte a tutti gli azionisti alle medesime condizioni, assicurando la parità di trattamento di tutti gli azionisti e la tutela degli interessi della società.
In attuazione di quanto precede, il nuovo comma 3 dell’art. 2391-bis c.c., come introdotto dal D.Lgs. n. 49/2019, richiede alla Consob di individuare:
- le soglie di rilevanza delle operazioni con parti correlate tenendo conto di indici quantitativi legati al controvalore dell’operazione o al suo impatto su uno o più parametri dimensionali della società, con facoltà di individuare anche criteri di rilevanza che tengano conto della natura dell’operazione e della tipologia di parte correlata;
- regole procedurali e di trasparenza proporzionate rispetto alla rilevanza e alle caratteristiche delle operazioni, alle dimensioni della società ovvero alla tipologia di società che fa ricorso al mercato del capitale di rischio, nonché i casi di esenzione dall’applicazione, in tutto o in parte, delle predette regole;
- i casi in cui gli amministratori, fermo restando quanto previsto dall’art. 2391 c.c., e gli azionisti coinvolti nell’operazione sono tenuti ad astenersi dalla votazione sulla stessa ovvero misure di salvaguardia a tutela dell’interesse della società che consentono ai predetti azionisti di prendere parte alla votazione sull’operazione.
3. Il Documento di Consultazione
I predetti ambiti di intervento, come si è avuto modo di ricordare in precedenza, sono per lo più già disciplinati all’interno del Regolamento n. 17221/2010, fatto salvo per i casi di astensione dalla votazione da parte degli amministratori e/o dei soci “coinvolti” nell’operazione, che costituiscono senz’altro – almeno con riferimento ai primi – una delle novità più rilevanti in materia (cfr. infra).
Fermo quanto precede, l’intervento di revisione del Regolamento proposto dalla Consob nel Documento di Consultazione, come era ragionevole attendersi, tiene conto anche delle esperienze applicative e sanzionatorie maturate dal 2011 e dunque si estende anche ad aspetti non direttamente (o quantomeno non necessariamente) interessati dalle recenti modifiche normative di “derivazione” europea.
Si riportano di seguito le principali proposte di modifica del Regolamento, suddivise per argomento, in relazione alle quali si cercherà di evidenziare gli elementi di maggiore attenzione.
3.1 Definizione di “parte correlata” e di “operazioni con parti correlate”
Come noto, in occasione dell’emanazione del Regolamento n. 17221/2010, la Consob – facendo seguito alle consultazioni pubbliche avviate in materia – aveva optato per cristallizzare all’interno del Regolamento medesimo la definizione di “parte correlata”, così come contenuta nel principio contabile internazionale IAS 24 a quel tempo vigente; ciò al dichiarato scopo di evitare che il perimetro delle parti correlate rilevante ai fini dell’applicazione delle regole procedurali e di trasparenza attuative dell’art. 2391-bis c.c. variasse automaticamente in caso di modifica della definizione contenuta nei principi contabili internazionali.
Diversamente, per la SHRD 2 “parte correlata” ha “lo stesso significato che nei principi contabili internazionali adottati a norma del regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio”.
In considerazione di quanto precede, sia lo Schema di D.Lgs. originariamente posto in consultazione ([4]) che lo Schema di D.Lgs. approvato in esame preliminare in data 7 febbraio 2019 e successivamente sottoposto all’esame delle Commissioni parlamentari, delegavano espressamente la Consob ad individuare “la definizione di parte correlata in linea con i principi contabili internazionali”. Nella Relazione illustrativa al predetto Schema di D.Lgs. si precisava che il richiamo ai principi contabili internazionali doveva intendersi quale “rinvio “mobile” alla versione pro tempore vigente”.
La suddetta delega è stata tuttavia eliminata dal testo definitivo del D.Lgs. n. 49/2019, ed infatti il nuovo comma 3 dell’art. 2391-bis c.c. non contiene alcun riferimento alla definizione di parte correlata.
Fermo quanto precede, la Consob – al fine di allinearsi con la definizione di rango europeo – prevede di modificare le definizioni di parte correlata e di operazioni con parti correlate attualmente contenute nell’Allegato 1 al Regolamento n. 17221/2010, inserendo un rinvio mobile alle definizioni contenute nei principi contabili internazionali, che per facilità di lettura vengono riportate in appendice al Regolamento.
Si tratta di una modifica che, dal punto di vista degli emittenti, ha senza dubbio il pregio di uniformare la definizione di parte correlata rilevante a fini Consob con quella già utilizzata ai fini contabili ([5]), ma che verosimilmente potrà comportare un ampliamento del perimetro di applicazione delle procedure aziendali in materia di operazioni con parti correlate includendo anche operazioni con soggetti attualmente non rientranti (se non su base volontaria) nella definizione di parte correlata rilevante per il Regolamento n. 17221/2010 ([6]).
3.2 Soglie di rilevanza, cumulo di operazioni e operazioni di importo esiguo
Con riguardo agli indici di rilevanza, non si prevedono particolari modifiche rispetto a quanto già previsto dall’Allegato 3 del Regolamento, che risulta già sostanzialmente allineato a quanto richiesto dalla SHRD 2 e dal nuovo comma 3, lett. a), dell’art. 2391-bis, stabilendo che siano da considerarsi operazioni di maggiore rilevanza quelle operazioni in cui almeno uno dei seguenti indici di rilevanza, applicabili a seconda della specifica operazione, risulti superiore alla soglia del 5% (ovvero del 2,5% per le operazioni con la società controllante quotata o con soggetti a quest’ultima correlati che risultino correlati anche alla società): (i) indice di rilevanza del controvalore, (ii) indice di rilevanza dell’attivo e (iii) indice di rilevanza delle passività.
Fermo quanto precede, alla luce delle esperienze applicative maturate in questi anni, la Consob intende precisare che, ai fini del calcolo dell’indice del controvalore, se il valore massimo (ricevibile o pagabile) dell’operazione non è determinabile, quest’ultima si considera di maggiore rilevanza, salvo che le società motivino che tale qualificazione risulta manifestamente ingiustificata in considerazione di specifiche circostanze. Tale valutazione deve essere effettuata dagli amministratori indipendenti chiamati a rendere il proprio parere (i.e. dal comitato per le operazioni con parti correlate) e deve essere riportata nei verbali di approvazione dell’operazione ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. e), del Regolamento (ove applicabile) nonché nei verbali dei comitati stessi ([7]).
Ad avviso dell’Autorità, tale precisazione consente di superare, con una presunzione che comunque ha natura relativa e non assoluta (e che dunque è suscettibile di – motivata – prova contraria), una prassi interpretativa che, in situazioni in cui il controvalore massimo di un’operazione non era determinabile, ha “condotto in concreto alla sottovalutazione della rilevanza di operazioni che si sarebbero poi rilevate di importo molto significativo”.
Ai fini dell’individuazione delle operazioni di maggiore rilevanza, rimane invece invariata la disciplina del “cumulo di operazioni” prevista dall’art. 5 del Regolamento n. 17221/2010, ai sensi del quale si ha riguardo alle operazioni tra loro omogenee e realizzate in esecuzione di un disegno unitario concluse nel corso dell’esercizio ([8])dalla società, direttamente o per il tramite di società controllate, con una stessa parte correlata o con soggetti correlati sia a quest’ultima che alla società medesima.
Sul fronte opposto, e cioè con riferimento alle operazioni di importo esiguo che vengono sottratte all’ambito di applicazione del Regolamento, la Consob intende invece (i) rendere obbligatoria l’individuazione, da parte delle società, di una soglia di esiguità (allo stato, lo si rammenta, si tratta solo di una facoltà consentita dal Regolamento, che tuttavia lascia libere le società di individuarla o meno), prevedendo al contempo (ii) che le soglie di esiguità siano fissate applicando criteri differenziati in considerazione almeno della natura della controparte, e cioè distinguendo almeno a seconda che si tratti di persone fisiche o persone giuridiche ([9]). Ciò non toglie, ovviamente, che le singole società possano prevede all’interno delle proprie procedure ulteriori elementi di differenziazione che tengano ad esempio conto, oltre che delle particolari caratteristiche della parte correlata (i.e. amministratore, socio-persona fisica di controllo, consulente; etc.), anche della tipologia di operazione (es. contratto di consulenza, remunerazione, etc.), in linea con quanto raccomandato dalla Comunicazione Consob n. DEM/10078683 del 24 settembre 2010 ([10]).
3.3 Obbligo di astensione degli amministratori “coinvolti” nell’operazione e whitewash
Una delle principali novità introdotte nell’art. 2391-bis c.c. in sede di recepimento della SHRD 2 riguarda, come anticipato, l’individuazione dei casi in cui gli amministratori “coinvolti nell’operazione” sono tenuti ad astenersi dalla votazione sull’operazione medesima, fermo in ogni caso restando quanto previsto dall’articolo 2391 del codice civile.
Ai fini di quanto precede, nel Documento di Consultazione la Consob si concentra sull’individuazione della definizione di amministratori “coinvolti nell’operazione”, prospettando cinque possibili opzioni e fornendo un esempio applicativo degli effetti delle diverse definizioni ipotizzate in riferimento ad una ipotetica operazione conclusa tra l’emittente e la sua società controllante ([11]).
Rinviando, per la lettura delle altre possibili opzioni formulate dalla Consob, al Documento di Consultazione, ci si concentra qui sull’opzione (allo stato) prescelta dall’Autorità e recepita nell’articolato posto in consultazione (i.e. l’opzione n. 3), ai sensi della quale per amministratori e consiglieri “coinvolti nell’operazione” devono intendersi “gli amministratori, i consiglieri di gestione o di sorveglianza che sono la controparte di una determinata operazione o una delle parti correlate della controparte”, da individuarsi secondo la definizione contenuta nei principi contabili internazionali (cfr. nuova lett. i-bis) del comma 1, dell’art. 3, del Regolamento).
Ai sensi dei novellati artt. 7 e 8 del Regolamento (secondo la formulazione adottata nell’articolato posto in consultazione), le procedure adottate dagli emittenti devono prevedere che i predetti amministratori coinvolti nell’operazione si astengano dalla votazione stessa sia per le operazioni di minore rilevanza che per le operazioni di maggiore rilevanza.
Ciò significa, a mero titolo esemplificativo, che rispetto ad un’operazione infragruppo – come quella ipotizzata nel citato esempio riportato nel Documento di Consultazione – che veda quali controparti l’emittente e la sua controllante, dovrebbero astenersi dalla votazione sull’operazione medesima:
- gli eventuali amministratori dell’emittente che siano (anche) i soci di controllo diretti o, come più spesso accade, indiretti dell’emittente (si pensi, ad es., al caso delle società “padronali” all’interno dei cui consigli di amministrazione siede normalmente anche il c.d. ultimate beneficial owner);
- gli amministratori dell’emittente che siano correlati alla società controllante, in quanto ad esempio amministratori o dirigenti con responsabilità strategiche di quest’ultima (risalendo lungo tutta la catena di controllo), ovvero stretti familiari di questi ultimi o dell’ultimate beneficial owner.
Fermo quanto precede, rispetto al suddetto obbligo di astensione sembrano ravvisabili, quantomeno ad una prima analisi, alcuni ambiti di riflessione.
Ci si riferisce, innanzitutto, agli effetti dell’astensione dal voto da parte degli amministratori coinvolti nell’operazione ai fini della validità delle riunioni del coniglio di amministrazione e del raggiungimento delle maggioranze richieste dalla legge e/o dallo statuto per l’approvazione delle relative delibere. Nonostante il Documento di Consultazione non contenga esplicite precisazioni al riguardo, si ritiene che il riferimento all’astensione dalla votazione (e non dalla partecipazione alla riunione) vada inteso nel senso che gli amministratori coinvolti nell’operazione debbano essere computati ai fini del quorum costitutivo, ma non ai fini del quorum deliberativo ([12]). Se così fosse, e potrebbe essere utile un chiarimento espresso da parte della Consob, tali amministratori potrebbero dunque partecipare alla discussione insieme agli altri amministratori, astenendosi poi dalla votazione propriamente detta. In termini pratici, si pensi, ad esempio, al caso dell’amministratore delegato “coinvolto nell’operazione” che abbia condotto le trattative relative all’operazione sottoposta al consiglio; questi potrebbe partecipare alla riunione, durante la quale sarebbe verosimilmente chiamato ad illustrare tutti i dettagli dell’operazione, le relative motivazioni e l’interesse per la società al compimento della stessa, e, ad esito della discussione, sarebbe chiamato ad astenersi dal voto, senza tuttavia doversi (necessariamente) allontanare dalla riunione.. La partecipazione alla riunione da parte dell’amministratore delegato rileverebbe ai fini del quorum costitutivo, ma non ai fini del quorum deliberativo.
Un ulteriore profilo di attenzione riguarda l’applicazione dell’obbligo di astensione con riferimento alle operazioni di minore rilevanza. Per queste ultime, come è noto, non è infatti prevista una riserva di competenza in favore del consiglio di amministrazione e, pertanto, non è detto che quest’ultimo sia coinvolto nel relativo iter decisionale, fermo ovviamente il coinvolgimento degli amministratori indipendenti (non correlati) per il rilascio del relativo parere non vincolante. Ci si potrebbe dunque chiedere cosa accada qualora l’operazione sia di competenza dell’amministratore delegato e questi sia “coinvolto nell’operazione” ovvero qualora l’operazione sia di competenza di un dirigente che, a sua volta, possa essere considerato “coinvolto nell’operazione” o che comunque sia gerarchicamente e funzionalmente subordinato all’amministratore delegato coinvolto nell’operazione. Il primo caso potrebbe trovare una soluzione con l’applicazione dell’art. 2391 c.c., nella parte in cui dispone che l’amministratore delegato “interessato” debba astenersi dal compiere l’operazione investendo della stessa l’organo collegiale, ciò ovviamente ammesso (ma non concesso) che tutte le ipotesi di astensione previste dal Regolamento parti correlate siano rilevanti anche ai fini dell’art. 2391 del codice civile. In questa prospettiva, con riferimento all’astensione, il secondo caso non sembra invece trovare una disciplina normativa né nella SHRD 2, né nell’art. 2391-bis c.c. (o in altre disposizioni del codice civile), né nell’articolato proposto nel Documento di Consultazione.
Alla luce di quanto sopra, si potrebbe forse valutare l’opportunità di limitare i casi di astensione dal voto degli amministratori coinvolti nell’operazione in riferimento alle sole operazioni di maggiore rilevanza, soluzione che sembrerebbe consentita sia dal nuovo comma 3 dell’art. 2391-bis c.c. che, soprattutto, dal citato art. 9-quater della SHRD (come introdotto dalla SHRD 2), il quale riferisce l’esclusione dell’amministratore dall’approvazione o dalla votazione delle sole “operazioni rilevanti” ([13]).
Fermo quanto precede, per quanto riguarda gli azionisti coinvolti nell’operazione la Consob non intende invece prevedere casi di astensione, ritenendo già adeguatamente tutelante, ai fini della salvaguardia dell’interesse della società (e degli azionisti non correlati), il mantenimento del meccanismo di whitewash attualmente previsto dall’art. 11, comma 3, del Regolamento n. 17221/2010.
Da ultimo, in assenza di precisazioni, occorre chiedersi se il dovere di astensione debba considerarsi già applicabile dalla entrata in vigore del Regolamento così come modificato ad esito della consultazione, ovvero solo a seguito del conseguente adeguamento delle procedure da parte degli emittenti.
3.4 Casi di disapplicazione ed esenzione
Rispetto ai casi di disapplicazione ed esenzione previsti dalla SHRD 2 (cfr. par. 2, lett. (a) e (b), supra), il Documento di Consultazione mantiene sostanzialmente invariato l’assetto attualmente previsto dagli artt. 13 e 14 del Regolamento n. 17221/2010 ([14]), proponendo tuttavia l’inserimento di alcune precisazioni di non poco momento.
Innanzitutto, si prevede l’obbligo per le società di stabilire all’interno delle proprie procedure aziendali “le modalità e i tempi con i quali gli amministratori o consiglieri indipendenti che esprimono pareri sulle operazioni con parti correlate valutano almeno annualmente la corretta applicazione dei casi di esenzione” previsti dagli artt. 13 e 14 del Regolamento ([15]), fermo restando che “per le operazioni di maggiore rilevanza, la predetta valutazione è effettuata in via preventiva” (cfr. la proposta di modifica della lett. b) dell’art. 4, del Regolamento).
Come sottolineato dalla stessa Consob, si tratta di una estensione volontaria dell’obbligo previsto dalla SHRD 2 – che, come visto (cfr. par. 2, lett. (a), supra), si riferisce alle sole operazioni (rilevanti) “concluse nell’ordinaria attività e a normali condizioni di mercato” – motivata dall’”[…] dell’esperienza applicativa maturata dalla Consob dal 2011 che ha mostrato come concreti siano i rischi di un’errata classificazione delle operazioni come rientranti in un caso di esenzione. Ciò non solo con riguardo alle operazioni ordinarie e a condizioni di mercato o standard ma anche per altri casi di esenzione, quali le operazioni di importo esiguo (ad esempio, in presenza di contratti pluriennali il cui controvalore è stato erroneamente considerato come quello di una sola annualità), le attribuzioni di compensi coerenti con la politica in materia di remunerazione adottata dalla società (in caso di scostamenti da tale politica), le operazioni con società controllate o collegate (in presenza di interessi qualificabili come significativi non adeguatamente rilevati)” ([16]).
A prescindere da quanto emergerà in sede di consultazione, e di quel che sarà l’articolato finale del novellato Regolamento n. 17221/2010, è questo un tema particolarmente caro all’Autorità, che già in passato aveva richiamato l’attenzione su tali aspetti, di cui dunque le società dovranno in ogni caso tener conto.
A tal fine, potrà essere ad esempio necessario o quantomeno opportuno prevedere tra l’altro all’interno delle procedure (i) un adeguato iter di valutazione della ricorrenza dei casi di esenzione; (ii) appositi meccanismi di conservazione delle predette valutazioni, nonché (iii) adeguati flussi informativi periodici in favore del comitato parti correlate.
Con riferimento alle operazioni di maggiore rilevanza ritenute esenti, si dovrà invece prevedere che la relativa valutazione (e la conseguente decisione in ordine all’applicabilità dell’esenzione) sia effettuata in via preventiva dal comitato medesimo.
A tal proposito, si consideri altresì che, con riferimento alle operazioni ordinarie che siano concluse a condizioni equivalenti a quelle di mercato o standard che superino le soglie di maggiore rilevanza, il Documento di Consultazione prevede di modificare l’attuale art. 13, comma 3, lett. c), del Regolamento, disponendo che la comunicazione alla Consob di cui al punto i) debba includere anche “le motivazioni per le quali si ritiene che l’operazione sia ordinaria e conclusa a condizioni equivalenti a quelle di mercato o standard, fornendo oggettivi elementi di riscontro”.
Un’ulteriore modifica di particolare interesse riguarda l’esenzione di cui al comma 3, lett. b), del Regolamento n. 17221/2010, relativa alle deliberazioni, diverse da quelle di cui al comma 1 del medesimo art. 13, in materia di remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche nonché degli altri dirigenti con responsabilità strategiche.
Secondo la nuova formulazione posta in consultazione, la predetta esenzione troverà infatti applicazione a condizione: (i) che la società abbia adottato una politica di remunerazione approvata dall’assemblea; (ii) che, nella definizione della politica di remunerazione, sia stato coinvolto un comitato costituito esclusivamente da amministratori non esecutivi in maggioranza indipendenti ([17]); e (iii) che la remunerazione assegnata sia individuata “in conformità” – e non più “in coerenza” come è oggi – con tale politica “e quantificata sulla base di criteri che non comportino valutazioni discrezionali”.
Come sottolinea la stessa Autorità ([18]), tale ultima modifica è suggerita anche “[…] dall’esperienza applicativa maturata dalla Consob sulla verifica della corretta applicazione del caso di esenzione in esame. Infatti, nei casi in cui le formulazioni della politica di remunerazione siano generiche ([19]) o meramente facoltative ([20])ovvero dove intervengano modifiche rispetto alla politica, l’assegnazione del compenso deve essere sottoposta alle procedure per operazioni con parti correlate applicabili in ragione del relativo importo”.
Si tratta, evidentemente, di un’importante precisazione di cui le società dovranno tener conto anche ai fini della predisposizione della politica di remunerazione ai sensi del novellato art. 123-ter del TUF.
3.5 Compiti del comitato parti correlate ed esperti indipendenti
Alla luce dell’esperienza applicativa maturata dall’Autorità nell’esercizio della propria attività di vigilanza, la Consob intende apportare al Regolamento anche alcune modiche alle disposizioni relative al ruolo e ai compiti affidati agli amministratori indipendenti (i.e. al comitato parti correlate), che potrebbero coinvolgere, più in generale, l’iter di approvazione delle operazioni con parti correlate di maggiore e di minore rilevanza da parte delle società.
L’intervento più significativo riguarda l’approvazione dei “termini essenziali dell’operazione”, in relazione alla quale si prevede di modificare l’art. 7, comma 1, lett. a), e l’art. 8, comma 1, lett. c), del Regolamento, al fine di stabilire ([21]) rispettivamente:
- per le operazioni di minore rilevanza, che “prima dell’approvazione dei termini essenziali dell’operazione, qualora quest’ultimi siano approvati preventivamente, e prima dell’approvazione in via definitiva dell’operazione” sia rilasciato il parere motivato non vincolante del comitato parti correlate e che tale parere sia “allegato al verbale della riunione del comitato”; e analogamente
- per le operazioni di maggiore rilevanza, che “il consiglio di amministrazione approvi i termini essenziali dell’operazione, qualora quest’ultimi siano approvati preventivamente, nonché l’operazione in via definitiva” previo motivato parere favorevole del comitato parti correlate e che tale parere sia “allegato al verbale della riunione del comitato”.
Al riguardo, la Consob osserva che il Regolamento n. 17221/2010 (già) richiede il rilascio del parere del comitato degli amministratori indipendenti prima dell’approvazione dell’operazione. Secondo l’Autorità ([22]), “[t]ale previsione intende includere anche le fattispecie in cui vi sia un’approvazione progressiva dei termini e delle condizioni dell’operazione. Una diversa lettura della previsione vanificherebbe del tutto la finalità del coinvolgimento preventivo del comitato, volto a far esprimere gli amministratori indipendenti prima che le decisioni essenziali sull’operazione siano state assunte”. Tuttavia, continua la Consob, “[…] l’esperienza applicativa ha mostrato casi in cui, prima della definitiva approvazione dell’operazione nel suo complesso, sia intervenuta un’approvazione preliminare di alcuni dei termini essenziali della stessa (tra cui, ad esempio, lo stesso corrispettivo) senza il preventivo parere del comitato di amministratori indipendenti. In considerazione di tali casi, si è ritenuto di chiarire che il parere degli amministratori indipendenti debba essere fornito anche prima della eventuale definizione con la controparte dei termini essenziali dell’operazione”.
Si tratta di integrazioni/precisazioni che, quantomeno ad un primo esame, sembrano suscettibili di produrre un certo un impatto sull’operatività e sull’iter decisionale dei singoli emittenti (e dei rispettivi gruppi), in particolare con riferimento alle operazioni di minore rilevanza, per le quali, non essendo prevista una riserva di competenza in seno al consiglio di amministrazione dell’emittente, (i) il momento di approvazione dei “termini essenziali” dell’operazione potrebbe non esser sempre di facile individuazione e (ii) l’intervento del comitato parti correlate è normalmente collocato nella fase finale delle trattative o a conclusione delle stesse, prima dell’approvazione dell’operazione. Laddove tali integrazioni/precisazioni venissero mantenute anche ad esito delle consultazioni, potrebbe essere utile che la Consob fornisse ulteriori chiarimenti al riguardo, ad esempio precisando cosa debba intendersi per “termini essenziali dell’operazione” e per relativa approvazione preventiva, eventualmente fornendo anche qualche esempio concreto ([23]).
Il secondo intervento di modifica riguarda il ruolo del comitato parti correlate con riferimento alle operazioni di maggiore rilevanza, in relazione al quale si precisa che il comitato deve essere coinvolto “dalla fase iniziale”delle trattative e nella fase istruttoria. Questo per esplicitare con maggior chiarezza, nell’intento della Consob, un obbligo già esistente nel Regolamento, a fronte di “[…] casi concreti di tardivo coinvolgimento degli amministratori indipendenti, avvenuto nella fase conclusiva delle trattative in merito all’operazione, con conseguente limitazione del loro potere di partecipare alla fase negoziale e fornire il proprio contributo anche formulando eventuali osservazioni”.
Anche in questo caso, occorre chiedersi cosa debba intendersi per “fase iniziale” delle trattative. Si pensi ad esempio al caso, piuttosto frequente, in cui l’amministratore delegato, unitamente ai competenti uffici aziendali, inizia lo studio di una possibile operazione, magari prendendo preliminari contatti con la possibile controparte correlata, per valutarne la fattibilità. Occorre chiedersi se ci si trovi già qui nella “fase iniziale delle trattative”. Il coinvolgimento del comitato parti correlate in questo momento potrebbe risultare troppo anticipato, anche in considerazione di un generale principio di economia degli atti e dei processi interni che sembrerebbe far propendere per un coinvolgimento del comitato solo dal momento in cui le trattative siano già avviate e lascino ragionevolmente pensare che possano proseguire e condurre al buon esito dell’operazione.
Un ulteriore ambito di intervento riguarda il contenuto del parere del comitato in relazione alle operazioni con parti correlate influenzate dell’attività di direzione e coordinamento cui la società sia soggetta. L’attuale art. 14 del Regolamento prevede che, in tali casi, i pareri resi dal comitato ai sensi degli artt. 7 e 8 del Regolamento medesimo debbano recare puntuale indicazione delle ragioni e della convenienza dell’operazione, se del caso anche alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero di operazioni dirette a eliminare integralmente il danno derivante dalla singola operazione con parte correlata.
Questa previsione rimane immutata, ma viene previsto che i predetti pareri debbano indicare anche se l’operazione è stata o meno influenzata da tale attività fornendo, in caso positivo, le ulteriori informazioni sopra ricordate. La previsione appare di un certo interesse nella misura in cui l’introduzione di questo specifico statement valorizza, formalizzandolo, il compito del comitato – a prescindere da quanto ad esso rappresentato e da quanto comunque compete al consiglio – di valutare se l’operazione in effetti sia o meno influenzata dal soggetto che esercita direzione e coordinamento. Ciò tralasciando i possibili riflessi sia sull’inquadramento contenutistico di tale parere (merito; merito c.d. “funzionale”, etc.([24])) nonché sull’eventuale disaccordo manifestato, sotto questo specifico profilo, dal comitato, alla luce di quanto previsto in particolare dall’art. 8, comma 2, del Regolamento.
Un ultimo e non meno importante aspetto riguarda la nomina degli esperti indipendenti eventualmente chiamati ad assistere il comitato parti correlate, a spese della società, come previsto dall’art. 7, comma 1, lett. b), del Regolamento n. 17221/2010. Quest’ultima disposizione viene integrata al fine di precisare che il comitato deve preventivamente verificare l’indipendenza degli esperti tenendo conto delle relazioni indicate nel paragrafo 2.4 dell’Allegato 4 del Regolamento medesimo. Tali relazioni, che sono esse stesse oggetto di alcune proposte di modifica, includono le eventuali relazioni economiche, patrimoniali e finanziarie tra gli esperti indipendenti e (i) la parte correlata ([25]), (ii) la società, (iii) le società da questa controllate, (iv) i soggetti che controllano la società, (v) le società sottoposte a comune controllo, nonché (vi) gli amministratori delle predette società.
Nell’ambito del Documento di Consultazione, la Consob precisa che tale intervento intende chiarire un obbligo già esistente nel Regolamento n. 17221/2010, sottolineando come tale chiarimento sia “[…] tuttavia preferibile alla luce dell’esperienza di vigilanza ed enforcement della Consob che ha mostrato casi di mancato o inadeguato svolgimento da parte del comitato di verifiche circa i rapporti tra l’advisor e la società ovvero i suoi azionisti di controllo” ([26]).
Conseguentemente, viene proposta anche la modifica dello schema di documento informativo contenuto nel predetto Allegato 4 del Regolamento, prevedendo che siano fornite informazioni sulle verifiche effettuate sull’indipendenza degli esperti classificati come tali.
Nell’art. 5, comma 5, del Regolamento si prevede inoltre che debbano essere messi a disposizione del pubblico, in allegato al documento informativo sulle operazioni di maggiore rilevanza, gli eventuali pareri del comitato o di esperti indipendenti di cui il comitato medesimo o l’organo di amministrazione si siano avvalsi. La modifica è volta a precisare che “anche le opinion di esperti indipendenti di cui si sia eventualmente avvalso l’organo di amministrazione per valutare l’interesse della società al compimento dell’operazione e la convenienza e correttezza sostanziale delle relative condizioni devono essere pubblicate in allegato al documento informativo”. In tal caso, precisa il Documento di Consultazione, “il documento dovrà riportare le informazioni richieste dal – citato – punto 2.4 dell’Allegato 4 sulle valutazioni effettuate per selezionare gli esperti indipendenti e verificarne l’indipendenza”. Non è invece previsto un obbligo di pubblicazione per eventuali pareri di esperti non qualificati come indipendenti. Ferme eventuali indicazioni sul punto, non sembrerebbe quindi esclusa la possibilità per la società di non qualificare come “esperto indipendente” un soggetto che in realtà lo sarebbe e, conseguentemente, di non pubblicare il parere di quest’ultimo, pur potendolo utilizzare ai fini della valutazione dell’operazione e della predisposizione del documento informativo.
3.6 Obblighi informativi
Fermo quanto indicato nei precedenti paragrafi, gli obblighi informativi previsti dal Regolamento n. 17221/2010 rimangono sostanzialmente invariati.
Per quanto riguarda il contenuto dell’informativa da rendere in caso di comunicazione al pubblico di operazioni con parti correlate, alla luce dell’esperienza applicativa maturata dalla Consob in questi anni si prevede di modificare l’art. 6 del Regolamento al fine di precisare che, a prescindere dalla natura price sensitive dell’informazione relativa all’operazione con parte correlata (e quindi a prescindere dall’applicabilità o meno dell’art. 17 del Regolamento (UE) n. 596/2014), nel caso in cui l’emittente diffonda un comunicato stampa con le modalità previste dagli artt. 65-bis e ss. del Regolamento Emittenti, il comunicato debba contenere le informazioni (già) previste dal predetto art. 6 ([27]), oltre che una “descrizione dell’operazione”.
3.7 Regime agevolato per società quotate di minori dimensioni, società di recente quotazione e società con azioni diffuse
L’art. 10 del Regolamento n. 17221/2010, come noto, prevede un regime agevolato per le società quotate di minori dimensioni ([28]), le società di recente quotazione ([29]) e le società con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante, ai sensi del quale tali società – fermi gli obblighi informativi di cui all’art. 5 del Regolamento – possono applicare alle operazioni di maggiore rilevanza una procedura individuata ai sensi dell’art. 7 del Regolamento (i.e. la stessa procedura prevista per le operazioni di minore rilevanza).
Tale regime agevolato rimane confermato, ma viene introdotta una riserva di competenza in favore del consiglio di amministrazione per l’approvazione delle operazioni di maggiore rilevanza, in linea con quanto previsto dalla SHRD 2, che richiede agli Stati membri di assicurare che le operazioni rilevanti con parti correlate siano approvare dall’assemblea generale o dall’organo amministrazione (cfr. par. 2, punto (iv), supra).
In aggiunta a quanto precede, si prevedono alcune modifiche del regime transitorio dettato dal secondo comma dell’art. 10 del Regolamento, che attualmente stabilisce che le procedure debbano essere adeguate al regime “ordinario” entro novanta giorni “dal primo rinnovo del consiglio di amministrazione o del consiglio di gestione successivo alla chiusura dell’esercizio in cui la società non possa più qualificarsi come società di minori dimensioni”.
Obiettivo di tale regime transitorio – ricorda la Consob – è “garantire alle società un tempo congruo per apportare alla propria struttura di governance gli adattamenti necessari per la transizione verso i più stringenti regimi procedurali o di composizione degli organi, in ottica di contenimento dei costi di compliance”. Nell’esperienza applicativa, tuttavia, l’Autorità ha osservato come “il passaggio ai più stringenti regimi si è talvolta verificato per emittenti già caratterizzati da una struttura di governance idonea a supportare l’applicazione di tali nuovi regimi (i.e. presenza di un numero adeguato di amministratori indipendenti). In questi casi, i regimi transitori sopra richiamati, nel far decorrere l’obbligo di adeguamento ai nuovi regimi solo a seguito del rinnovo dell’organo amministrativo, pospongono immotivatamente nel tempo l’applicazione delle norme connesse al nuovo status della società, talvolta fino a un triennio […]”.
Di conseguenza, il predetto art. 10, comma 2, del Regolamento n. 17221/2010 viene integrato prevedendo che le procedure debbano essere adeguate entro “novanta giorni dalla chiusura dell’esercizio in cui la società non possa più qualificarsi come società di minori dimensioni, nel caso disponga di un numero sufficiente di amministratori o consiglieri indipendenti, ovvero dal primo rinnovo del consiglio di amministrazione o del consiglio di gestione successivo alla chiusura del medesimo esercizio negli altri casi”.
3.8 La Comunicazione n. DEM/10078683del 24 settembre 2010
Come noto, i contenuti del Regolamento n. 17221/2010 sono allo stato declinati, a livello interpretativo, all’interno della citata Comunicazione Consob n. DEM/10078683 del 24 settembre 2010, con la quale l’Autorità ha fornito indicazioni e orientamenti per l’applicazione del Regolamento n. 17221/2010, precisando il punto di vista della Commissione “sulle modalità applicative ritenute più idonee a realizzare gli obiettivi di trasparenza e correttezza sostanziale e procedurale individuati dal legislatore, ferma la necessità di valutare caso per caso i comportamenti concreti delle società sia con riguardo alla definizione delle procedure sia nella loro effettiva applicazione”.
Con riferimento a tale Comunicazione, la Consob ha annunciato nel Documento di Consultazione che, ad esito dell’adozione delle modifiche al Regolamento n. 17221/2010, procederà al suo aggiornamento, previa consultazione pubblica del mercato, “al fine di apportare gli adeguamenti conseguenti alle modifiche normative e alcuni chiarimenti suggeriti dall’osservazione della prassi applicativa della società” ([30]).
Uno di tali adeguamenti riguarderà, ad esempio, la nuova di definizione di parte correlata, in relazione alla quale la Consob ha già anticipato che “[…] valuterà come fornire chiarimenti su alcuni aspetti applicativi delle definizioni la cui interpretazione del mercato si è rivelata talvolta critica nell’esperienza di vigilanza” ([31]).
[1] Si tratta, tuttavia, di un termine di natura ordinatoria.
[2] L’emanazione della disciplina regolamentare attuativa degli obblighi di trasparenza previsti per gli investitori istituzionali dagli artt. 124-quinquies e 124-sexies è demandata all’IVASS e alla COVIP, secondo le rispettive attribuzioni di vigilanza e con riferimento ai soggetti vigilati dalle medesime Autorità.
[3] Sentite Banca d’Italia, IVASS e COVIP, per quanto riguarda gli obblighi di trasparenza dei gestori di attivi previsti dall’art. 124-septies TUF e sentita Banca d’Italia per quanto riguarda la politica di impegno dei gestori degli attivi di cui all’art. 124-quinquies TUF.
[4] Ci si riferisce allo schema di decreto legislativo oggetto della consultazione pubblica avviata dal Dipartimento del Tesoro in data 22 novembre 2018.
[5] Cfr. sul punto Assonime, Il recepimento della direttiva shareholders rights II nell’ordinamento italiano, Circolaren. 21 del 4 novembre 2019, p. 18.
[6] A mero titolo esemplificativo, si consideri che per lo IAS 24 un’entità è correlata a un’entità che redige il bilancio se si applica, inter alia, una delle seguenti condizioni:(i) “un’entità è una collegata […]dell’altra entità (o una collegata […]facente parte di un gruppo di cui fa parte l’altra entità)”, con la conseguenza che, nell’ambito di un gruppo (es. A che controlla B e C), la collegata di una delle componenti del gruppo si considera parte correlata anche delle altre componenti del gruppo stesso; ovvero (ii) “entrambe le entità sono joint venture di una stessa terza controparte”; ovvero ancora (iii) “un’entità è una joint venture di una terza entità e l’altra entità è una collegata della terza entità”.
[7] Il riferimento ai verbali del comitato è contenuto nella parte illustrativa del Documento di Consultazione (cfr. in particolare par. 1.3.1, p. 16) anche se non è riportato nella proposta di articolato (cfr. p. 57).
[8] Nonostante la SHRD 2 consenta (anche) di fare riferimento ai 12 mesi precedenti (cfr. par. 2., punto (ii), supra), la Consob preferisce mantenere il riferimento all’esercizio, ritenendo che ciò renda meno complesso il calcolo della rilevanza “rispetto all’adozione di un meccanismo rolling che imporrebbe alle società verifiche nel continuo sulla propria operatività nei dodici mesi precedenti qualsiasi operazione” (v. Documento di Consultazione, par. 1.2.1, p. 7).
[9] Cfr. in particolare la proposta di modifica dell’art. 4, lett. a), del Regolamento n. 17221/2010.
[10] Tale Comunicazione, lo si rammenta, raccomanda altresì che “Nell’identificare la “soglia di esiguità” le società tengono conto del fatto che l’esenzione è dettata nella logica di escludere operazioni che non comportano prima facie alcun apprezzabile rischio per la tutela degli investitori, pur essendo concluse con una parte correlata. Seppure tale giudizio non possa prescindere dalle dimensioni dell’impresa, è opportuno che nel definire le soglie dimensionali per le operazioni di importo esiguo le società facciano ricorso, laddove possibile, a valori assoluti anziché a grandezze di tipo percentuale”. In tema di operazioni di importo esiguo, si v. anche l’analisi contenuta nel Quaderno di finanza Consob n. 75 del gennaio 2014 int. “Regulation and self-regulation of related parties transactions in Italy. An empirical analysis”, realizzato da M. Bianchi, A. Ciavarella, L. Enriques, V. Novembre, R. Signoretti.
[11] Cfr. Documento di Consultazione, par. 1.2.2.1, pp. 8-9.
[12] In questo senso si è espressa anche Assonime nella citata Circolare n. 21/2019 (cfr. in particolare pp. 31-33).
[13] Locuzione che, secondo Assonime, dovrebbe coincidere con le sole “operazioni di maggiore rilevanza” (cfr. Circolare n. 21/2019, cit., pp. 16-17).
[14] In linea con quanto previsto dal nuovo art. 9-quater della SHRD (cfr. par. 2, lett. (b.5), supra), si propone di inserire all’interno dell’art. 13 del Regolamento n. 17221/2010 un nuovo comma 1-bis,ai sensi del quale si prevede che il Regolamento medesimo non trovi applicazione alle seguenti operazioni deliberate dalla società e rivolte indistintamente a tutti gli azionisti a parità di condizioni: a) aumenti di capitale in opzione e aumenti di capitale gratuiti previsti dall’art. 2442 del codice civile; b) scissioni in senso stretto, totali o parziali, con criterio di attribuzione delle azioni proporzionale; c) riduzioni del capitale sociale mediante rimborso ai soci previste dall’art. 2445 del codice civile. Si tratta, nella sostanza, delle medesime operazioni che già erano (rectius, sono) considerate esenti, in via interpretativa, sulla base della citata Comunicazione Consob del 24 settembre 2010.
[15] Non è chiaro se tale obbligo si riferisca anche alle operazioni di importo esiguo – per cui il nuovo comma 2 dell’art. 13 del Regolamento proposto in sede di consultazione prevede la “disapplicazione” automatica del Regolamento – così come agli altri casi di disapplicazione ex lege del Regolamento (cfr. comma 1 e nuovo comma 1-bis del medesimo art. 13).
[16] Cfr. Documento di Consultazione, par. 1.2.3.1, p. 12, dove le operazioni di importo esiguo sembrano ricondotte nella categoria delle “esenti” (v. tuttavia nota precedente).
[17] E sin qui nulla cambia rispetto all’attuale formulazione della norma, se non per il riferimento all’”approvazione” della politica da parte della assemblea, in linea con quanto previsto dal nuovo comma 3-ter dell’art. 123-ter del TUF, come modificato dal D.Lgs. n. 49/2019.
[18] Cfr. Documento di Consultazione, par. 1.2.3.1, pp. 13-14.
[19] Come ad esempio “[…] quando si prevede in caso di cessazione dalla carica è previsto un trattamento a titolo di buonuscita “da una a cinque annualità”, “fino a 36 mensilità”, etc.” (cfr. Documento di Consultazione, par. 1.2.3.1, p. 13, nt. 17).
[20] Come ad esempio “[…] quando si prevede che “la società può attribuire” bonus straordinari, indennità in caso di cessazione dalla carica, etc” (cfr. Documento di Consultazione, par. 1.2.3.1, p. 13, nt. 18).
[21] Secondo la Consob, si tratta in realtà di una precisazione di quanto già attualmente previsto dal Regolamento n. 17221/2010 (cfr. infra nel testo).
[22] Cfr. Documento di Consultazione, par. 1.3.4, p. 18.
[23] Un conto, ad esempio, è che per approvazione dei termini essenziali dell’operazione si intenda far riferimento all’approvazione di un contratto preliminare o, comunque, di un contratto che produca effetti obbligatori tra le parti, altro è che si intenda far riferimento anche ad altri documenti di natura negoziale particolarmente utilizzati nella prassi di operazioni di compravendita, di finanziamento, etc., quali i termsheet dell’operazione, che normalmente contengono, in modo più o meno dettagliato, i termini essenziali dell’operazione medesima, in taluni casi anche con riferimento ai termini economici della stessa (ad es, prevedendo range di prezzo e/o criteri di determinazione dello stesso). Non è chiaro se, alla luce della modifica che Consob intende introdurre, il parere del comitato parti correlate sia richiesto anche in relazione a tali ultimi documenti, che spesso vengono scambiati/concordati tra le parti ben prima della conclusione delle trattative e dell’approvazione finale del contratto (anche preliminare) che disciplina l’operazione. Ove così fosse, si osserva peraltro come, mentre con riferimento alle operazioni di maggiore rilevanza il parere del comitato potrebbe in qualche modo essere ricondotto nell’ambito delle attività funzionali a garantire l’effettivo coinvolgimento del comitato medesimo nella fase delle trattative e nella fase istruttoria dell’operazione (coinvolgimento che è già richiesto dal Regolamento), per le operazioni di minore rilevanza l’inquadramento di tale parere “preliminare” nell’ambito dei compiti del comitato risulterebbe più difficoltoso. In ogni caso, anche con riferimento alle operazioni di maggiore rilevanza occorrerebbe comprendere cosa succederebbe, quantomeno in via astratta, in caso di parere negativo del comitato sui termini essenziali dell’operazione. Ferma la possibilità che tale parere possa esprimersi in senso favorevole solo a condizione del (successivo) inserimento/modifica di uno o più elementi, ci si potrebbe chiedere – in via astratta – se l’eventuale scelta di disattenderne i rilievi debba essere accompagnata, sin da subito, dal ricorso al whitewash assembleare.
[24] Sul punto sia consentito rinviare agli approfondimenti in P. Valensise, Conflitti di interesse e parti correlate, in Aa.VV., Il Testo Unico Finanziario, II, Mercati ed emittenti, diretto da Mario Cera e Gaetano Presti, ed. Zanichelli, in corso di pubblicazione.
[25] Il riferimento alle relazioni economiche, patrimoniali e finanziarie con la parte correlata non è presente nell’attuale versione dell’Allegato 4 del Regolamento.
[26] Documento di Consultazione, par. 1.3.5, p. 19.
[27] E cioè: (i) l’indicazione che la controparte dell’operazione è una parte correlata e la descrizione della natura della correlazione; (ii) la denominazione o il nominativo della controparte dell’operazione; (iii) se l’operazione supera o meno le soglie di rilevanza identificate ai sensi dell’art. 4, comma 1, lettera a), del Regolamento e l’indicazione circa l’eventuale successiva pubblicazione di un documento informativo ai sensi dell’art. 5 del Regolamento medesimo; (iv) la procedura che è stata o sarà seguita per l’approvazione dell’operazione e, in particolare, se la società si è avvalsa di un caso di esclusione previsto dagli artt. 13 e 14 del Regolamento; (v) l’eventuale approvazione dell’operazione nonostante l’avviso contrario degli amministratori indipendenti.
[28] Per tali intendendosi “le società per le quali né l’attivo dello stato patrimoniale né i ricavi, come risultanti dall’ultimo bilancio consolidato approvato, superino i 500 milioni di euro. Le società di minori dimensioni non possono più qualificarsi tali nel caso in cui per due esercizi consecutivi non soddisfino congiuntamente i predetti requisiti” (cfr. art. 3, comma 1, lett. f), del Regolamento).
[29] Per tali intendendosi “le società con azioni quotate nel periodo compreso tra la data di inizio delle negoziazioni e la data di approvazione del bilancio relativo al secondo esercizio successivo a quello di quotazione. Non possono definirsi società di recente quotazione le società risultanti dalla fusione o dalla scissione di una o più società con azioni quotate che non siano a loro volta di recente quotazione” (cfr. art. 3, comma 1, lett. g), del Regolamento).
[30] Cfr. Documento di Consultazione, par. 1, p. 4.
[31] Cfr. Documento di Consultazione, par. 1.1, p. 5.