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Approfondimenti

PMI classificate UTP: interventi agevolativi del Decreto Semplificazioni e del Decreto Crescita

4 Settembre 2019

Avv. Dino Crivellari

Di cosa si parla in questo articolo

1. Riferimenti normativi

L’articolo 1 del Decreto Semplificazioni (DL 14/12/18 n.135, convertito dalla legge 11/2/2019 n.12[1]), ha introdotto nel nostro ordinamento una innovativa formula di sostegno alle imprese in difficoltà creditrici della pubblica amministrazione.

L’art. 7 ter del Decreto Crescita (DL 30/4/ 19 n. 34, convertito dalla legge 28 giugno 19 n. 58[2]), ha opportunamente esteso alle imprese edili (codici Ateco F 41 e F42) la previsione normativa del Decreto Semplificazioni.

In sintesi: è stata istituita una apposita Sezione Speciale del Fondo di Garanzia per le PMI di cui all’articolo 2, comma 100 lettera a) , della legge 23/12/96 n. 662, con una dotazione finanziaria iniziale di euro 50 milioni, dedicata ad interventi di garanzia, a condizioni di mercato, in favore di PMI, classificate UTP prima del 15/12/2018, se titolari di crediti verso la P.A., ovvero prima dell’11/2/2019, su imprese edili.

La Sezione Speciale del Fondo si fa carico dell’eventuale perdita registrata dall’intermediario in caso di default della PMI debitrice che avesse concordato con l’intermediario medesimo un piano di rientro della durata massima di 20 anni. L’impegno di garanzia è limitato ad un importo massimo dell’80% e comunque fino a € 2.500.000.

La speranza è che una quota rilevante di posizioni UTP possano tornare “in bonis” piuttosto che deteriorarsi in sofferenze, ovvero essere cedute a terzi e liquidate.

2. Contesto

Il legislatore ha introdotto questa innovativa forma di garanzia allo scopo di consentire ad imprese, industrialmente ancora in grado di produrre valore, ma in difficoltà finanziaria con il sistema creditizio, di “comprare tempo “ in presenza di opportuni accordi con il creditore.

Il provvedimento nasce dalla consapevolezza che gli effetti della crisi del 2007 / 2008 sono ancora presenti nel nostro sistema economico e che l’introduzione di normative molto rigorose sul regime dei rischi creditizi costringe da tempo le banche a ridurre il sostegno nei confronti di aziende finanziariamente in difficoltà.

Il fenomeno del banco-centrismo, la limitatezza delle dimensioni delle nostre imprese e la loro congenita sottocapitalizzazione hanno fatto sì che le restrizioni del credito bancario abbiano prodotto conseguenze negative più ampie che in altri paesi , inducendo le banche a cedere, con gravi perdite, le loro esposizioni critiche a istituzioni finanziarie liquide , i fondi di investimento , che gestiscono tali crediti in logica essenzialmente liquidatoria , con il rischio, ormai evidente, che quote importanti del nostro sistema produttivo vengano dismesse con distruzione di valore economico e patrimoniale.

3. Ambito di intervento

I comparti interessati dai provvedimenti sono relativamente ampi.

A) il Decreto Semplificazioni prevede che i soggetti beneficiari siano esclusivamente le PMI che:

(i) Siano in difficoltà “nella restituzione di rate di finanziamenti già contratti con banche e intermediari finanziari”.

L’espressione “già contratti” limita l’ambito di applicazione al fine di evitare future scelte opportunistiche sia dei creditori che dei debitori, orientate a fruire della garanzia del Fondo.

L’espressione “rate di finanziamento” induce a ritenere che siano escluse dall’intervento forme tecniche di fido diverse dai finanziamenti rateali, quindi con beneficio del termine a favore del debitore. Si ritiene che siano da escludere le aperture di credito a revoca, le anticipazioni su fatture, i finanziamenti bullet, et similia. Si ha così una significativa limitazione dei soggetti potenzialmente beneficiari, specie se messa in relazione con la le prescrizioni di cui al terzo comma che commenteremo più avanti.

(ii) Siano titolari di crediti “nei confronti della P.A.” come individuata all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30/3/2001, numero 165[3], “certificati” ai sensi dell’articolo 9, comma 3 bis, del decreto-legge 29/11/2008 numero 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009 numero 2[4].

La precisazione esclude una platea di creditori non piccola proprio perché il fenomeno della mancata “certificazione” dei debiti commerciali, specie degli enti locali, è particolarmente diffusa.

(iii) I cui crediti, oggetto del piano di cui al 4^comma dell’art. 1 del decreto-legge 135/18, non siano già coperti da garanzia pubblica per evitare una iper collateralizzazione a carico dello Stato.

(iv) I finanziamenti delle quali siano “anche assistiti da ipoteca sugli immobili aziendali”. Questa precisazione si presta all’equivoco. Ci si chiede se debbano essere assistiti da garanzia ipotecaria ovvero se questa sia considerata una eventualità ammessa. Qualora fosse necessaria la presenza di garanzia ipotecaria sui beni aziendali è da prevedere un restringimento della platea dei fornitori della P.A. beneficiari poiché non potrebbero accedervi tutti coloro che, pur classificati UTP, fruiscano di finanziamenti sul circolante, di norma non assistiti da ipoteche.

Insieme alla non accedibilita’ da parte di debitori con finanziamenti non rateali e supportati da garanzie ipotecarie su beni non aziendali (per esempio beni personali o di terzi), questa previsione fa pensare che il legislatore abbia voluto specificatamente orientarsi a far beneficiare imprese comunque con un livello di patrimonializzazione non irrisorio e con cespiti aziendali comunque, almeno in parte, capienti, tali da limitare, se escussi, l’onere a carico del Fondo garante.

È da ritenere che queste limitazioni producano l’effetto di escludere dalla fruibilità della garanzia gran parte dei fornitori di servizi e di beni di consumo, che normalmente non sono particolarmente patrimonializzati o comunque presentano immobilizzazioni modeste.

(v) Le posizioni creditizie delle quali siano state classificate come “inadempienze probabili (UTP)”[5] alla data di entrata in vigore del decreto-legge, come risultante dalla Centrale rischi della Banca d’Italia: cioè prima del 15/12/2018.

La scelta del legislatore è coerente. Sono infatti escluse le posizioni classificate a “sofferenza” perché si è evidentemente ritenuto che le imprese che ne siano titolari non debbano beneficiare di un intervento di supporto pubblico in quanto, di norma, non più in grado di produrre valore economico neanche se all’impresa viene concesso un lungo tempo per il ripianamento del debito.

Anche se questa considerazione può non essere sempre vera, è chiaro che la limitatezza dei fondi impegnati rispetto all’ampiezza del fenomeno dei crediti deteriorati delle banche ha fatto propendere per interventi a favore di situazioni meno complesse, gli UTP, rispetto a quelle già in sofferenza, e questo anche in termini di economia di lavoro e funzionalità degli uffici del Fondo preposti alle valutazioni delle domande di intervento. Inoltre la classificazione a sofferenza comporta un maggiore rischio di revocatoria ex art. 67 l.f. che avrebbe reso potenzialmente vana la previsione normativa sotto il profilo della sua concreta applicazione.

Un tema da approfondire è quello relativo alla mancata conoscibilità della avvenuta classificazione ad UTP in Centrale rischi sia da parte del debitore che da parte delle altre banche. Sarà utile che la questione venga risolta dal Decreto ministeriale previsto al comma 7.

B) L’estensione operata dal Decreto Crescita a favore delle imprese edili ha peculiarità non trascurabili.

Il legislatore ha inteso qui intervenire non a favore della generalità delle imprese classificate UTP, ma si è specificatamente dedicato a quelle del settore edile di cui ai codici a Ateco F 41 e F 42[6] nella considerazione si tratti di un settore particolarmente colpito dalla crisi, ma anche che possa effettivamente meglio beneficiare della dilatazione dei tempi di ripagamento assistita dalla garanzia del Fondo.

In questo caso però non si fa più riferimento a finanziamenti rateali, ma genericamente a finanziamenti, erogati da banche e intermediari finanziari, assistiti da garanzia ipotecaria di primo grado su beni immobili civili, commerciali e industriali e classificati UTP all’ 11 febbraio 2019, come risultanti dalla Centrale rischi della Banca d’Italia.

La criticità circa la conoscibilità della classificazione in Centrale rischi è la stessa di cui abbiamo già detto.

Con questa previsione è superato invece il limite della necessaria presenza di garanzie ipotecarie su beni aziendali. Ben potranno beneficiare della garanzia le PMI con finanziamenti garantiti da ipoteca di primo grado su immobili anche personali e di terzi datori di ipoteca. La platea si amplia.

Tautologicamente sono esclusi finanziamenti già coperti da altre garanzie pubbliche.

Non si ritiene di leggere in modo restrittivo l’espressione “qualora le medesime imprese” di cui al comma 6-bis. Nel senso che per “medesime “ non sono da intendersi le imprese di cui al primo comma (quelle creditrici della PA) che siano anche codice Ateco F 41 e F 42. Sarebbe controintuitivo: la norma è una chiara estensione, con regole parzialmente differenti, alle imprese edili con posizioni creditizie classificate UTP entro l’11/02/19, anche se non creditrici della P.A.

Se così non fosse, il legislatore avrebbe creato una sottocategoria di beneficiari che debbono essere PMI del settore edile creditrici della P.A. Inverosimile e non giustificato.

Lavori preparatori e schede tecniche parlamentari non alimentano una interpretazione riduttiva.

Contro l’interpretazione estensiva, tuttavia, si porrebbe la lettera del comma 6-ter, dove si afferma che “con il decreto di cui al comma 7 del presente articolo sono stabilite le modalità di attestazione dei crediti nonché le indicazioni sulle modalità di valutazione degli ulteriori requisiti previsti dal comma 6 bis e dal presente comma”.

Se non si tratta di una mera svista, tenuto conto che non dovrebbe esserci alcun nesso tra i “crediti verso la P.A.” e le PMI del comma 6-bis, è da ritenere che, in sede emendamentale, il legislatore abbia così voluto sopperire ad una dimenticanza del Decreto Semplificazioni che non aveva indicato tra i temi demandati alla decretazione ministeriale di cui al settimo comma le “modalità di attestazione dei crediti” relativi agli interventi a favore delle PMI di cui al primo comma (creditrici della PA).

Se l’emendamento fosse stato apportato al settimo comma, non vi sarebbero stati dubbi. Così come è, invece, abbinato al “medesime” del comma 6-bis, potrebbe far prevalere l’interpretazione non estensiva della platea di intervento. C’è da sperare che il decreto ministeriale faccia chiarezza.

D’altra parte, in termini generali, non si capirebbe la necessità dell’introduzione con il Decreto Crescita del comma 7-ter con rubrica “estensione degli interventi agevolativi al settore edile” dato che i requisiti soggettivi previsti al comma 1 del Decreto Semplificazioni già non escludevano affatto le PMI del settore edile purché creditrici della P.A., né giustificherebbe l’emendamento la previsione che si tratti di PMI classificate entro l’11/02/2019 anziché che entro il 15/12/2018.

Affidandosi, oltre che alla sostanza del provvedimento contenuto nel Decreto Crescita, anche agli aspetti formali, sarebbe incomprensibile la modifica introdotta relativamente alla “rubrica” apportata con la lettera c) dell’art. 7-ter del Decreto Crescita che sostituisce la precedente dizione del Decreto Semplificazioni “sostegno alle PMI creditrici delle pubbliche amministrazioni” con “sostegno alle PMI creditrici della PA ed a quelle operanti nel settore edile”.

Nello stesso senso estensivo della platea dei beneficiari va letta la previsione di cui alla lettera b) dell’art. 7-ter che integra il comma 7 dell’articolo 1 del Decreto Semplificazioni prevedendo che il decreto ministeriale dovrà stabilire “i casi di revoca della concessione di garanzia anche con riferimento alle imprese di cui al comma 6 bis”.

Queste prescrizioni avrebbero poco senso se non ci si riferisse a platee di beneficiari differenti.

4. Struttura dell’agevolazione

L’interpretazione estensiva della platea dei beneficiari è suffragata anche dalle parzialmente diverse modalità della struttura dell’agevolazione a seconda che riguardi le PMI di cui al 1’ comma (creditrici della PA) o le PMI del comma 6-bis, introdotto dal Decreto Crescita, operanti nel settore edile.

A) PMI creditrici della PA

  • La garanzia della Sezione speciale del Fondo copre, per non oltre l’80% e per un importo massimo garantito di 2.500.000 euro, il minore tra l’importo del debito residuo non rimborsato alla data della richiesta di garanzia (maggiorato di interessi corrispettivi e di mora) e l’ammontare dei crediti vantati dalla PMI verso la P.A., purché “certificati”[7] e presenti nella Piattaforma di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 8/4/13 n.35, convertito con modificazioni dalla legge 6/6/2013 n.64.

Riferendosi al “minore” tra i due importi, si è voluto limitare significativamente l’intervento. Il rischio è evidente: se l’importo del credito verso la PA è molto inferiore a quello del residuo finanziamento, la banca potrebbe non aderire al piano di rientro proposto dal debitore in riferimento al quarto comma perché resterebbe comunque esposta per un importo troppo elevato.

La preoccupazione circa la limitata diffusione del ricorso all’agevolazione è aggravata dalla prescrizione del quinto comma: “La garanzia della sezione speciale cessa, in ogni caso, la sua efficacia con l’avvenuto pagamento da parte della P.A. “ dei crediti certificati.

Questa impostazione favorirà quindi le PMI con crediti verso la P.A. molto ampi o addirittura maggiori del finanziamento residuo oggetto del piano di rientro concordato con la banca e con rientro più lento dei flussi finanziari destinati al ripianamento di ulteriori esposizioni garantite.

In buona sostanza, l’intervento del Fondo si limita a garantire il debito della PA, il che renderà lo strumento limitatamente incisivo per far superare lo stato di crisi delle PMI classificate UTP e comunque ridurrà il novero dei beneficiari potenziali.

La previsione che il parametro dell’intervento del Fondo sia l’esposizione alla data della domanda rende più elastica l’utilizzazione della norma da parte delle PMI di cui al primo comma rispetto a quanto previsto per quelle del comma 6-bis.

Intermediario e PMI potranno valutare opportunisticamente il momento della richiesta d’intervento al Fondo. Ciò non è dato per le PMI del comma 6-bis che, indipendentemente dalla data della domanda, saranno vincolate alla esposizione all’11/02/2019.

  • il Piano di rientro, della durata massima di 20 anni, deve essere sottoscritto tra banche e PMI prima di presentare la domanda di intervento al Fondo. È evidente che la sottoscrizione si riferisce ad un contratto contenente il “piano”.

La prescrizione della preventiva sottoscrizione comporterà che la validità della delibera della banca ed il relativo accordo formale con il debitore dovranno essere condizionate sospensivamente alle decisioni del Fondo di garanzia.

Considerate le stringenti regole che le banche debbono rispettare nella tempistica di classificazione dei rischi creditizi e nell’avvio di azioni di rigore, l’efficienza degli uffici preposti all’esame delle domande di intervento farà la differenza ai fini dell’efficacia o meno nel tempo del provvedimento agevolativo.

La durata massima ventennale sembra sproporzionata rispetto ad imprese le cui difficoltà finanziarie siano la conseguenza dei ritardi di pagamento delle PA, peraltro negli ultimi anni progressivamente migliorati. Questa previsione sarà più utile per le imprese edili di cui al comma 6-bis.

B) PMI operanti nel settore edile

  • Altro elemento di distinzione con le PMI di cui al precedente punto e che giustifica ancora di più l’esistenza di due differenti platee di beneficiari, è la previsione di cui al comma 6-ter circa il limite massimo della garanzia che, in questo caso, “è concessa” nella misura indicata dal decreto di cui al comma 7, comunque non superiore all’80% dell’esposizione alla data dell’11/2/19 e fino ad un importo massimo di 2.500.000 euro”.

Qui non si fa più alcun riferimento ai crediti vantati verso la PA. Si rinvia però a quanto verrà stabilito dall’ emanando decreto ministeriale (rinvio non esplicitamente indicato per le PMI creditrici della PA) e si indica come parametro l’esposizione all’11/2/19 e non, come previsto per le PMI del primo comma, all’importo non rimborsato alla data della domanda che potrebbe anche essere maggiore o minore di quello alla data di classificazione ad UTP prevista dal secondo comma.

Questo significa che per le PMI del settore edile l’impegno di garanzia è rapportato ad un valore che potrebbe essere molto diverso da quello della data della domanda.

Si potrebbero presentare i casi più disparati.

L’esposizione all’11/2/2019 potrebbe essere di molto inferiore a quella della data della domanda. In tal caso la banca sarebbe restia a condividere il piano di rientro proposto dal debitore ai sensi del quarto comma.

Al contrario, se al momento della domanda l’importo residuo del finanziamento fosse di molto inferiore a quello dell’11 febbraio 2019, la banca sarebbe più propensa a condividere il piano di rientro perché beneficerebbe di una garanzia più ampia.

Per assurdo la garanzia potrebbe essere maggiore del debito residuo stesso. Il che sarebbe però in contrasto con l’intento del legislatore. L’emanando Decreto ministeriale dovrà fornire le necessarie precisazioni.

È forse la consapevolezza di questa variegata possibile casistica limite che ha indotto il legislatore a introdurre un’espressione non contemplata per le PMI creditrici della PA. Al comma 6-ter, si precisa infatti che “il piano di cui al comma 4 deve essere valutato e approvato dal Consiglio di gestione del fondo di cui all’articolo 1, comma 48, lettera a) della legge 27 /12 /2013, numero 147”[8].

Questa affermazione o è del tutto pleonastica, in quanto anche per le PMI creditrici della P.A. di cui al primo comma la garanzia potrà essere concessa solo dopo l’approvazione del Consiglio di gestione del Fondo, oppure, ancorché non esplicitamente scritto, si vuol significare che il Consiglio di gestione del Fondo dovrà valutare ed approvare il piano di cui al quarto comma prima della sottoscrizione tra banca e PMI del piano per il rientro del finanziamento.

Non ostacola questa interpretazione, più logica che letterale, la previsione del quarto comma che “la garanzia della sezione speciale è subordinata alla sottoscrizione” del piano.

La prescrizione del comma 6-ter comporta che il Consiglio di gestione valuterà ed approverà preventivamente l’intervento, ma l’efficacia della garanzia si avrà comunque solo a sottoscrizione del piano avvenuta. E non potrebbe essere altrimenti data la natura accessoria della garanzia rispetto all’obbligazione principale.

Se questa lettura fosse condivisa, avremmo una procedura fortemente innovativa: fino ad oggi infatti il coinvolgimento del Fondo di garanzia delle PMI è sempre stato successivo all’approvazione dell’intervento da parte della banca. Questa storica impostazione ha fatto sì che la banca non subisse alcuna “moral suasion” nella fase di approvazione delle richieste del cliente. Invece, in questo caso, forse, il legislatore ha voluto ribaltare il processo proprio per indurre la banca a fare le sue, sia pur autonome e non formalmente condizionate valutazioni creditizie, potendo contare su una già espressa favorevole decisione del fondo.

Peraltro è difficile pensare anche per questo caso ad una tautologia perché sarebbe tautologica tutta la frase da “ai fini della concessione…” a “… n. 147”. Se non fosse per l’inciso “che ha carattere sussidiario”, assente nella parte relativa alle PMI creditrici della PA.

C) Sussidiarietà o meno della garanzia

La distinzione in due platee differenti destinatarie degli interventi agevolativi sembra testimoniata anche da un altro significativo elemento.

La garanzia a favore delle PMI creditrici della PA appare come una ordinaria garanzia fideiussoria a prima richiesta. Il quinto comma prevede che la garanzia possa essere escussa solo in caso di mancato rispetto del piano da parte della PMI.

Una interpretazione formalista, ma obiettivamente strumentale, potrebbe far agire la banca in modo inappropriato in quanto il mancato rispetto del piano potrebbe non essere elemento tanto grave da coincidere con un sostanziale inadempimento del debitore. Anzi, si potrebbero creare situazioni limite in cui la garanzia venga escussa nonostante il debitore sia ancora solvibile. Insomma il Fondo potrebbe essere chiamato a pagare per un debitore solo ritardatario o artatamente irregolare.

Per evitare questi rischi, le prime ipotesi precisavano esplicitamente che la garanzia potesse essere escussa solo dopo che fossero state esperite tutte le azioni di recupero verso debitore e garanti. Ne derivava una garanzia espressamente sussidiaria.

La formulazione adottata dal legislatore al quinto comma non rende certo il carattere sussidiario della garanzia anche se la prescrizione che “la garanzia comporta in ogni caso un rimborso non superiore all’80% della perdita registrata dalla banca o dall’intermediario” ne disvela l’innovativo intrinseco carattere “assicurativo” piuttosto che di mera obbligazione accessoria di natura personale.

Infatti, ancorché escussa solo in caso di mancato rispetto del piano, perché possa essere assolto l’obbligo del Fondo, la banca dovrà avere necessariamente e di fatto esperito tutte le azioni verso l’obbligato principale e i garanti in modo da giungere alla “registrazione della perdita”, parametro della copertura della Sezione Speciale del Fondo.

Con l’espressione “registrazione non si può infatti far riferimento ad altro che al fatto contabile definitivo della rilevazione della differenza tra credito vantato e iscritto in bilancio e rimborso ottenuto.

Quindi, ancorché a questo punto si possa continuare a discutere sulla sussidiarietà o meno della garanzia[9], resta il fatto che essa si atteggerà a copertura assicurativa del “sinistro” costituito dalla perdita contabile registrata dalla banca.

Gli emendamenti apportati con il Decreto Crescita hanno una particolarità. Non si fa mai riferimento al quinto comma, quindi alla copertura della perdita, ma si afferma la natura esplicitamente sussidiaria della garanzia limitata, questa volta, all’ 80 % dell’esposizione all’11 febbraio 2019 e comunque non oltre € 2.500.000.

Sembra che ci si stia riferendo ad una fattispecie del tutto diversa rispetto a quella prevista per le PMI creditrici della P.A.

Il fatto che l’emendamento introduca i commi 6-bis e 6-ter a seguire il comma 6, potrebbe far sorgere il dubbio che la prescrizione della onerosità di cui al comma 6 sia non applicabile. Ancorché sul piano della struttura formale della norma sarebbe stato più opportuno che l’ estensione fosse inserita come emendamento del primo comma, appositamente riscritto per evitare l’equivoco, non si ritiene che il sesto comma non riguardi anche la garanzia per le PMI del settore edile, sia perché al comma 6 bis si fa esplicito riferimento alla “garanzia della sezione speciale di cui al comma 1”, organicamente collegata al comma 6, , sia perché, elemento ancora più grave , se la garanzia per le PMI edili non fosse erogata “a condizioni di mercato” (vedi primo comma) la norma non resisterebbe al divieto relativo agli aiuti di Stato di fonte europea.

Sgomberato il campo dai dubbi su questo punto, può sembrare assodato che alle garanzie riservate alle PMI del settore edile non si applichi la logica “assicurativa” del ripianamento della perdita registrata dalla banca in caso di mancato rispetto del piano.

Ne deriverebbe che, ancorché esplicitamente sussidiaria, la garanzia per le PMI del settore edile prescinderebbe dalla registrazione della perdita da parte della banca, anche se non potrebbe comunque essere escussa se non in tale limite proprio perché sussidiaria e non a prima richiesta.

Insomma il risultato finale, nella sostanza, a questa prima lettura, sembra essere identico sia per l’intervento a favore delle PMI creditrici della P.A. che per quelle operanti nel settore edile.

Differenza non di poco conto è che per le imprese edili non è prevista ovviamente la cessazione della garanzia di cui all’ultimo periodo del quinto comma (il che conferma la lettura dianzi fatta del comma 6-ter rispetto alla “attestazione dei crediti”) e che il Fondo interverrà, nei limiti anzidetti, in relazione alla esposizione alla data dell’11 febbraio 2019 e non a quella della data della domanda di intervento del Fondo.

5. Esclusione dell’aiuto di stato

La normativa europea sul divieto degli aiuti di Stato esclude che lo Stato possa intervenire in favore di imprese in difficoltà finanziaria[10]. L’ intento è di evitare alterazioni della concorrenza.

Per ovviare a questo rischio, il legislatore ha esplicitamente previsto che gli interventi di garanzia della Sezione Speciale siano effettuati “a condizioni di mercato” (articolo 1, primo comma).

A questo fine ha prescritto quindi che l’intervento del fondo non sia gratuito.

Al sesto comma è statuito che il beneficiario della garanzia (banca o intermediario finanziario) versi al Fondo un “premio in linea con i valori di mercato” prevedendo che tale premio possa essere posto a carico della PMI interessata “in misura non superiore ad un quarto del suo importo” (fine sesto comma). La non gratuita ed il riferimento ai valori di mercato si reputano sufficienti ad escludere il rischio dell’aiuto di Stato. In ossequio comunque alle norme dell’Unione, l’ottavo comma condiziona l’efficacia del provvedimento alla preventiva notificazione alla Commissione europea ai sensi dell’art. 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione[11]. Al momento in cui scriviamo non risulta, salvo errore, che sia stata avviata la relativa procedura.

6. Costo della garanzia

La prescrizione che l’onere sia a carico della banca è corretta in quanto la garanzia è posta a presidio del suo rischio, tant’è che sembra inappropriata l’espressione del sesto comma: “PMI beneficiaria”.

La garanzia è prestata nell’interesse della PMI, ma che la beneficiaria sia la banca non sembra dubbio.

La circostanza che la banca paghi un premio non modifica la sua qualità di beneficiaria e quindi di titolare della pretesa di attivazione della garanzia, sia che questa si atteggi a mera fideiussione, sia che si configuri come “polizza assicurativa” a copertura del sinistro creditizio.

Da approfondire è invece la conseguenza giuridica nella eventualità che il premio sia anche “posto a carico della PMI”.

Non è ovvio che il contributo al premio da parte delle PMI, “possa” essere preteso dalla banca in sede di negoziazione del piano ovvero che l’espressione non apra invece questa possibilità in sede di statuizioni portate dal decreto ministeriale di cui al settimo comma, dove peraltro non è esplicitamente previsto.

Resta tuttavia un elemento di novità apprezzabile, perché costringe opportunamente anche la PMI a valutare l’impatto di questo costo nell’ economia dell’operazione di salvataggio dell’impresa.

È indubbio che il provvedimento assunto dal legislatore risponde ad esigenze di politica economica e sociale nell’interesse complessivo, ma è pur sempre sano che i soggetti direttamente interessati alla vicenda della crisi dell’impresa, la banca e l’impresa stessa, beneficino di un provvedimento senza farne carico alla collettività in termini di oneri economici.

I parametri per la definizione del premio saranno stabiliti nel decreto ministeriale previsto al settimo comma.

Sarà di certo un esercizio complesso.

Al momento, forme di intervento simili sono alquanto rare e, per quanto riguarda l’Italia, alcune previsioni analoghe[12] riguardano imprese non già critiche quindi non incorrono nel divieto europeo di aiuti di Stato.

Più frequenti nei paesi anglosassoni, dove si è più avanti nella consapevolezza di dover superare con strumenti e regole innovative le crescenti difficoltà delle banche nell’ assumere decisioni in ordine all’erogazione del credito in mercati sempre più fluidi ed a veloce evoluzione che rendono meno efficaci le classiche regole di valutazione di rischio basate sui valori economico patrimoniali delle controparti. L’ erraticità di tali valori, fortemente condizionati anche nel breve periodo da fenomeni finanziari di difficile previsione, rende le banche meno sicure nell’assumere le decisioni di erogazione.

Ecco perché sta cominciando ad affiorare una impostazione dove il rischio di credito sembra meglio affrontato in logica di sinistrosità assicurativa.

Ci si aspetta che il diffondersi di coperture assicurative sul rischio di credito , a volumi sufficientemente ampi, consenta, nel tempo, di sostenere meglio le imprese secondo la logica che, se tutti i prenditori ed i creditori pagassero un premio per il rischio, l’incidenza, in logica attuariale, della sinistrosità consentirebbe un’espansione del credito più ampia di quella oggi sostenibile a causa delle restrizioni regolamentari imposte agli intermediari creditizi anche sotto il profilo della loro patrimonializzazione, a costi relativamente contenuti.

Per banalizzare: è la logica della RCA, il cui costo è limitato dalla numerosità degli assicurati pagatori di premi. Se non ci fosse questa diffusione, la valutazione del rischio singolo potrebbe comportare premi insostenibili.

È un fenomeno ancora all’inizio, per cui non sarà facile costruire una struttura parametrica per la determinazione dei premi. Meglio sarebbe stato se la norma avesse previsto che il Fondo potesse attivare forme di coassicurazione o riassicurazione, coinvolgendo il mondo delle compagnie private operanti sul mercato. Era, questa, un’ipotesi presente in alcune versioni iniziali del progetto normativo, poi abbandonata. Si auspica che in futuro la norma apra a questa possibilità.

Allo stato è probabile che in sede applicativa i parametri di fissazione dei premi saranno alquanto articolati e terranno conto della sinistrosità potenziale delle singole PMI sovvenute con un fattore correttivo al ribasso frutto dell’ipotesi di sinistrosità complessiva dei comparti di intervento e dell’andamento generale dell’economia.

I tecnici che saranno coinvolti dovranno ricercare il giusto equilibrio tra la copertura dell’onere a carico del Fondo e la sostenibilità economica dei premi nell’ambito di interventi a salvataggio di PMI.

È pur vero, e questo sembra il motivo principale della sussidiarietà, che gli interventi, sebbene ponderati, potrebbero avere sinistrosità contenute visto che saranno effettuati in favore di PMI con significativi crediti verso la PA (sicuri ancorché non di veloce realizzo) e verso imprese edili i cui finanziamenti sono già garantiti da ipoteca di primo grado, che si immaginano, per quanto possibile, capienti.

Se la garanzia fosse stata “a prima richiesta” (e per le PMI creditrici della P.A. potrebbe essere così), la sinistrosità potenziale sarebbe stata maggiore, se non altro perché la banca avrebbe potuto essere meno rigorosa nella valutazione del piano di rientro proposto e manifestare un più elevato appetito al rischio contando su una pronta escussione del Fondo.

La sussidiarietà e comunque il parametro della copertura ampia, ma parziale, della perdita registrata, farà sì che la banca avrà comportamenti rigorosi sia nella fase di approvazione del piano che in quella, eventuale, della escussione del patrimonio rispondente di debitori e garanti a seguito del malaugurato default.

Queste impostazioni sono elementi opportunamente limitativi dell’ampiezza dell’intervento della Sezione Speciale, ma sono coerenti con il presupposto che obiettivo “politico” è sostenere imprese sostenibili e non impegnare risorse pubbliche per ovviare ad errori manageriali ed imprenditoriali di banche e imprenditori ovvero tenere in vita artificiosamente aziende marginalizzate dall’evoluzione del mercato.

Non sfugge che i criteri Credit Rink Mitigation[13] non aiuteranno le banche ad essere di larghe vedute nell’aderire a piani di rientro di UTP supportati da queste norme, se non altro perché benefici in ordine del risparmio di capitale regolamentare riguarderanno prevalentemente gli intermediari con IRB ADVANCED[14], cioè le maggiori.

Diverso sarebbe stato se la garanzia fosse stata “a prima richiesta” come quella assicurata in generale dal Fondo PMI.

Ma è anche vero che siamo di fronte ad un provvedimento straordinario, orientato ad intervenire su un perimetro storicamente definito, allo scopo di evitare, fin dove possibile, il trasferimento a sofferenza, quindi la logica liquidatoria, per imprese ancora in grado di operare a condizione che sia dato loro il tempo necessario per il realizzare turnaround fattibili e non meramente dilatori.

Non è da escludere, peraltro, che le regole del CRM possano essere riviste alla luce del fatto, estremamente concreto, che in ogni caso l’intervento della sezione speciale assicura una inusitata copertura dell’80% della perdita registrata dall’intermediario.



[1] Testo D.L. 135/18

[2] Testo D.L. 34/19 coordinato con legge di conversione 58/19

[3] Comma 2 art. 1 D.lgs. 165/2001. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle P.A. (ARAN) e le agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999. N. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad applicarsi anche al CONI.

[4] D.L. 185/2008 – art. 3-bis. Per l’anno 2009, su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, le regioni e gli enti locali, nel rispetto dei limiti di cui agli articoli 77-bis e 77-ter del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, possono certificare, entro il termine di venti giorni dalla data di ricezione dell’istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Tale cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto, a far data dalla predetta certificazione, che può essere a tal fine rilasciata anche nel caso in cui il contratto di fornitura o di servizio in essere alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto escluda la cedibilità del credito medesimo. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono disciplinate le modalità di attuazione del presente comma.

[5] Le inadempienze probabili, in inglese “unlikely to pay”, sono crediti per i quali la banca giudica non probabile che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni creditizie. Solitamente si tratta di crediti di aziende finite in difficoltà finanziaria con posizioni che possono ancora essere riportate in bonis.

[6] Ateco. F-Costruzioni

41 – COSTRUZIONE DI EDIFICI

42 – INGEGNERIA CIVILE

43 – LAVORI DI COSTRUZIONE SPECIALIZZATI

Questa sezione comprende l’attività generica e specializzata per la costruzione di edifici e di opere di ingegneria civile. Essa include i nuovi lavori, le riparazioni, le aggiunte, le alterazioni, l’installazione nei cantieri di edifici prefabbricati o di strutture e le costruzioni di natura temporanea. I lavori di costruzione generali riguardano la costruzione di complessi abitativi, fabbricati per uffici, negozi ed altri edifici pubblici e di servizio, fabbricati rurali eccetera, nonché le costruzioni di opere del genio civile come autostrade, strade, ponti, gallerie, ferrovie, campi di aviazione, porti e altre opere idrauliche, la costruzione di sistemi di irrigazione e di fognature, impianti industriali, condotte e linee elettriche, impianti sportivi eccetera. Questi lavori possono essere eseguiti in conto proprio o per conto terzi. Parte dei lavori o il loro complesso possono essere effettuati in subappalto. Sono classificate in questa divisione anche le unità responsabili di un progetto di costruzione nella sua globalità. Sono incluse anche le attività di riparazione di edifici e le opere di ingegneria. Questa sezione include la costruzione di edifici nel loro complesso (divisione 41), le opere di ingegneria civile, nonché i lavori di costruzione specializzati (divisione 43). Il noleggio di attrezzature con manovratore per costruzioni è classificato fra i lavori di costruzione specializzati effettuati con tali attrezzature. Questa sezione comprende anche lo sviluppo di progetti per la costruzione di edifici o di opere di ingegneria civile attraverso il reperimento di mezzi finanziari, tecnici e fisici al fine di realizzare unità immobiliari. Se tali attività non sono finalizzate alla successiva vendita dei manufatti costruiti (o dei progetti realizzati), bensì al loro impiego, l’unità non deve essere classificata in questa sezione, ma in base al tipo di categoria di utilizzo, ossia attività immobiliari, manufatturiero eccetera. In questa sezione è inclusa l’attività delle cooperative finalizzate al reperimento di mezzi finanziari, tecnici e fisici per realizzare progetti immobiliari, residenziali e non residenziali destinati all’utilizzo proprio.

[7] V. nota 4

[8] A) il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all’art. 2 comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662. L’amministrazione del fondo, ai sensi dell’art. 47 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, è affidata a un consiglio di gestione, composto da due rappresentanti del Ministro dello sviluppo economico di cui uno con funzione di presidente, da un rappresentante del ministero dell’economia e delle finanze con funzione di vice presidente, da un rappresentante del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, da un rappresentante indicato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, e le province autonome di Trento e Bolzano, nonché da due esperti in materia creditizia e di finanza di impresa, designati, rispettivamente, dal Ministero dello sviluppo economico e dal Ministero dell’economia e delle finanze su indicazione delle associazioni delle piccole e medie imprese. Ai componenti del consiglio di gestione è riconosciuto un compenso annuo pari a quello stabilito per i componenti del comitato di amministrazione istituito ai sensi dell’art. 15 comma 3, legge 7 agosto 1997, n. 266 e successive modificazioni. Il Ministero dello Sviluppo economico comunica al gestore del Fondo i nominativi dei componenti del consiglio di gestione, che è istituito ai sensi del citato art. 47 del decreto legislativo n. 385 del 1993, affinché provveda alla sua formale costituzione. Con l’adozione del provvedimento di costituzione del consiglio di gestione da parte del gestore decade l’attuale comitato di amministrazione del Fondo.

[9] Tanto più che per quella di cui al comma 6-bis si è sentita la necessità di precisare, al comma 6-ter, “che ha carattere sussidiario”.

[10] CFR. G.U.U.E. C I 55, 20/6/2008 pag. 10 e ss.

[11] 1. La commissione procede con gli Stati membri all’esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in questi Stati. Essa propone a questi ultimi le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato interno. 2. Qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fonti statali, non è compatibile con il mercato interno a norma dell’art. 107, oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato. Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale decisione entro il termine stabilito, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire direttamente la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in deroga con gli articoli 258 – 259. A richiesta di uno Stato membro, il Consiglio, deliberando all’unanimità, può decidere che un aiuto, istituito o da istituirsi da parte di questo Stato, deve considerarsi compatibile con il mercato interno, in deroga alle disposizioni dell’art. 107 o ai regolamenti di cui all’art. 109, quando circostanze eccezionali giustifichino tale decisione. Qualora la Commissione abbia iniziato, nei riguardi di tale aiuto, la procedura prevista dal presente paragrafo, primo comma, la richiesta dello Stato interessato rivolta al Consiglio avrà per effetto di sospendere tale procedura fino a quando il Consiglio non si sia pronunciato al riguardo. Tuttavia, se il Consiglio non si è pronunciato entra tre mesi dalla data della richiesta, la Commissione delibera.

3. Alla commissione sono comunicati, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell’art. 107, la commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente. Lo stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

4. La commissione può adottare regolamenti concernenti le categorie di aiuti di Stato per le quali il Consiglio ha stabilito, conformemente all’art. 109, che possono essere dispensate dalla procedura di cui al paragrafo 3 del presente articolo.

[12] V. Ismea

[13] CRM v. 26° aggiornamento circolare 285 Banca D’Italia

[14] IRB Advanced. Il nuovo Accordo sul Capitale (cd. “Basilea 2”) e la direttiva 2006/48/CE relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio, prevedono che le banche possano avvalersi di tre diversi metodi per il calcolo della copertura patrimoniale minima obbligatoria a fronte del rischio di credito. In particolare, banca d’Italia ha emanato le “Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche” (circolare 263 del 27 dicembre 2006) per il recepimento della direttiva contenuta nelle direttive 2006/48/CE del 14 giugno 2006, in cui tali sistemi vengono regolamentati. Il metodo dei rating interni (cd. Internal rating – based approach, IRB) è una delle opzioni disponibili per le banche. Per le classi di attività diverse dalle esposizioni al dettaglio, il metodo dei rating interni si presenta in due tipologie distinte di calcolo in relazione ai parametri di rischio da stimare: “di base” e metodo “avanzato”. La Banca d’Italia dopo aver verificato il rispetto di un insieme di requisiti organizzativi e quantitativi concede dunque alle banche l’autorizzazione cui è subordinato l’utilizzo dei metodi IRB ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali. A differenza rispetto al metodo standard che si basa principalmente sul rating esterno assegnato alla controparte, nei metodi IRB le banche effettuano internamente delle valutazioni sui debitori e stimano il capitale necessario per coprire la massima perdita che potrebbe registrarsi in un dato periodo di tempo con una certa probabilità. Vengono dunque calcolati i coefficienti di ponderazione tenendo conto dei seguenti elementi qualitativi:

  • L’esposizione al momento del Default (Exposure At Default, EAD): il valore delle attività di rischio per cassa e fuori bilancio (garanzie rilasciate e impegni). Per queste ultime si fa ricorso ad uno specifico fattore di conversione creditizia (Credit Conversion Factor, CCF);
  • La probabilità di Default (Probability of Default, PD): probabilità riferita ad ogni singolo debitore o ai pool (aggregati di attività) che passi allo stato di insolvenza in un orizzonte temporale di un anno;
  • La perdita nel caso di Default (Loss given Default, LGD): valore atteso del rapporto tra la perdita relativa al default e l’importo dell’esposizione al momento del default (EAD). Per perdita si tiene conto dei flussi recuperati e dei costi diretti e indiretti collegati al recupero dei crediti, che devono essere attualizzati utilizzando un opportuno tasso di interesse;
  • La scadenza effettiva (Maturity, M): la media, delle durate residue contrattuali, per una data esposizione, ciascuna ponderata per il relativo importo;
  • La ponderazione dei rischi (Risk Weighting, RW);
  • L’aggiustamento per il grado di frazionamento del portafoglio (Granularity, G): correzione da apportare al totale delle attività ponderate per rischio per includere nel sistema di calcolo il livello di diversificazione dell’attivo.

Nel metodo avanzato le banche possono utilizzare direttamente le proprie stime, oltre che il PD, anche di perdita in caso di default (LGD), il fattore di conversione creditizia CCF o la maturity (M); nel metodo di base, solo la probabilità del default (PD).

Tra i benefici per le banche relativi all’applicazione di tali metodologie in alternativa allo standard approach vi sono il maggior sfruttamento del vantaggio informativo delle banche. Il perfezionamento delle tecniche di gestione del rischio che risultano da precise responsabilità poste in capo al management, la possibilità per i vertici aziendali di gestire in modo più informato la politica creditizia delle banche.

Fonte ASSONEBB

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