Nella decisione in esame, il Collegio di coordinamento risolve alcune questioni interpretative riguardanti l’onere della prova del dolo o della colpa grave dell’utente, poste a carico del prestatore di servizi di pagamento (PSP) a norma dell’art. 10 del decreto legislativo n.11/2010, come modificato dal decreto legislativo n. 218/2017.
La norma richiamata pone, in prima battuta, il rischio di utilizzazione fraudolenta degli strumenti di pagamento a carico dell’intermediario.
Sul punto il Collegio precisa che la prova della regolarità formale di un’operazione contestata non è sufficiente ad attribuirne le conseguenze patrimoniali in capo al titolare dello strumento di pagamento, dovendo l’intermediario provare anche i fatti idonei a integrare il dolo o la colpa grave dell’utilizzatore.
L’art. 10, prevede che il PSP, compreso, se del caso, il prestatore di servizi di disposizione di ordine di pagamento, forniscano gli elementi di prova della frode, del dolo o della colpa grave dell’utente, infatti l’utilizzo di uno strumento di pagamento registrato dal PSP non è di per sé necessariamente sufficiente a dimostrare che l’operazione sia stata autorizzata dall’utente medesimo. Viene così potenziata la tutela dell’utente il quale, nell’utilizzo degli strumenti di pagamento, può restare vittima di attività fraudolente, senza che al suo comportamento possa riconoscersi alcuna efficienza causale (o quanto meno non determinante) nella produzione del fatto illecito.
Pertanto, il Collegio precisa che l’utente può disconoscere un’operazione anche quando il processo di pagamento si sia svolto in modo formalmente regolare. E in effetti, ad esempio, la corretta validazione delle “credenziali utente” non accerta se queste siano state apposte da un hacker o effettivamente dal cliente.
Dunque, l’onere probatorio previsto nei commi 1 e 2 dell’art.10 del decreto deve necessariamente essere assolto dal PSP con riguardo ad ambedue i profili (autenticazione ed esecuzione delle operazioni di pagamento, nonché colpa grave dell’utilizzatore), da ritenersi necessarie complementari.
A tal fine, bisogna ritenere che la semplice produzione in giudizio del “log informatico” relativo all’operazione contestata, senza altra allegazione diretta a comprovare, in via presuntiva, l’apporto causale del ricorrente nel compimento dell’operazione stessa, non è sufficiente perché possa considerarsi assolto l’onere probatorio posto a carico dell’intermediario ai sensi del comma 2 della norma.
Può, tuttavia, ritenersi che, nel caso in cui l’intermediario si sia costituito nel procedimento, fornendo prova dell’autenticazione e della regolarità formale dell’operazione, ma nulla abbia dedotto in merito alla colpa grave dell’utente, il Collegio possa comunque affermarne l’accertamento se palesemente emergente dalle dichiarazioni rese dal ricorrente in sede di denuncia all’autorità giudiziaria e/o nel ricorso.
Viene così enunciato il principio interpretativo secondo cui:
la previsione di cui all’art. 10, comma 2, del d. lgs. n.11/2010 in ordine all’onere posto a carico del PSP della prova della frode, del dolo o della colpa grave dell’utilizzatore, va interpretato nel senso che la produzione documentale volta a provare l’”autenticazione” e la formale regolarità dell’operazione contestata non soddisfa, di per sé, l’onere probatorio, essendo necessario che l’intermediario provveda specificamente a indicare una serie di elementi di fatto che caratterizzano le modalità esecutive dell’operazione dai quali possa trarsi la prova, in via presuntiva, della colpa grave dell’utente.