Nella decisione in esame, il Collegio di Coordinamento esamina la questione se l’apertura della successione comporti l’estinzione del conto corrente bancario, oppure la successione degli eredi nel rapporto contrattuale. Si tratta di una questione controversa, che vede il contrapporsi di due diversi orientamenti in seno all’ABF.
Secondo un primo indirizzo interpretativo in caso di morte del soggetto intestatario del conto corrente, le posizioni debitorie dello stesso si traferiscono ipso iure agli eredi dell’originario titolare, con la conseguenza che le operazioni effettuate sul conto corrente, a seguito dell’evento morte, debbano ritenersi legittime.
Contrariamente, un secondo indirizzo interpretativo ritiene la morte del soggetto intestatario del conto corrente comporta l’immediata estinzione del rapporto bancario stesso, sicché tutti gli addebiti effettuati sul conto a seguito della morte del de cuius debbono ritenersi illegittimi.
Questa seconda tesi, sull’assunto del carattere fiduciario del rapporto contrattuale – riconducibile al mandato – considera fatto estintivo del rapporto di conto corrente la morte del correntista, considera applicabile al conto corrente l’art. 1722, comma 1° n. 4), c.c., ciò implicherebbe, però, come precisa il Collegio, l’esigenza di spostare in avanti il dies a quo dell’estinzione, facendolo coincidere con il momento in cui la banca è venuta a conoscenza dell’evento morte. A tal fine è certamente onere degli eredi dare tempestiva notizia alla banca della morte del correntista mediante la consegna (o l’invio con lettera A/R) del certificato di decesso, ovvero una formale comunicazione da parte di istituti previdenziali. Inoltre, l’automatica estinzione del rapporto di conto corrente (dal momento della morte o della conoscenza della morte) determinerebbe la cessazione dei pagamenti che il defunto aveva dato mandato di eseguire, anche qualora questi siano nell’interesse degli eredi.
Pertanto, sottolinea il Collegio, anche qualora si aderisse alla tesi dell’automaticità dell’estinzione, a seconda delle circostanze del caso concreto, potrebbero considerarsi comunque non ripetibili i pagamenti fatti allo scopo di evitare un pregiudizio alle ragioni stesse del patrimonio del de cuius, allorché sussistano gli estremi della negotiorum gestio. Infine, qualora l’erede muoia senza eredi e la banca non abbia conoscenza del decesso, pur se si seguisse la tesi sopra esposta, il conto corrente non sarebbe da considerare estinto, ma entrerebbe in una sorta di quiescenza. In caso, poi, di conto corrente bancario cointestato, la morte di un solo intestatario non potrebbe comportare, di per sé sola, lo scioglimento del rapporto, che proseguirebbe con il correntista superstite, senza possibilità di subentro per gli eredi di quello premorto.
Al contrario, la tesi favorevole all’automatica successione degli eredi nel conto corrente bancario poggia sulla regola della generale trasmissibilità dei rapporti contrattuali in via successoria, salve motivate deroghe, che, secondo il Collegio, non sembrano sussistere con riferimento al conto corrente bancario.
L’accoglimento di detta tesi sopra comporta il soddisfacimento dell’esigenza di protezione degli eredi e della loro libertà di scegliere come amministrare il patrimonio.
Infatti, nel subentrare nella titolarità del rapporto di conto corrente, a essi è attribuito il diritto potestativo di recesso, autonomamente garantito al cliente, per i rapporti a tempo indeterminato, dall’art. 120-bis TUB.
Tuttavia è necessario puntualizzare che, una volta acquisita conoscenza del decesso del correntista, la banca è tenuta ad adottare comportamenti ispirati a prudenza e a buona amministrazione, volti a conservare integre le ragioni dell’eredità, la stessa è dunque tenuta a fornire al successore, al più presto, ogni informazione in suo possesso sullo stato del conto corrente.
Ritenendo preferibile la tesi favorevole alla trasmissibilità del rapporto di conto corrente agli eredi, il Collegio enuncia il seguente principio di diritto: “Il contratto di conto corrente bancario non si estingue automaticamente per effetto della morte del correntista, ma in conseguenza di una espressa manifestazione di volontà da parte degli eredi. Resta fermo che il comportamento della banca debba essere improntato a correttezza e buona fede anche nei confronti degli eredi”.
De ciò ne consegue che l’erede che ha accettato con beneficio di inventario, pur tenendo distinto il suo patrimonio da quello del defunto, è tenuto al pagamento dei debiti contratti in vita dal de cuius nei limiti del valore dei beni a lui pervenuti (art. 490, 1° c. n. 2), c.c.).