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Dossier

La «forma Covid» dei contratti bancari e il diritto intertemporale

11 Gennaio 2021

Benedetta Bonfanti e Luca Serafino Lentini

Sommario[*]: 1. La forma dei contratti bancari stipulati durante l’emergenza sanitaria – 2. L’apparente pluralità di criteri di definizione temporale dell’ambito di efficacia – 3. Segue: lo «stato di emergenza» quale criterio di riferimento per l’applicazione della norma – 4. Profili problematici della consegna del contratto al cliente. – 5. Segue: le differenti ricostruzioni del valore della «seconda consegna» – 6. Segue: la difficile individuazione della funzione della «seconda consegna» – 7. Sulla «prima occasione utile» per la «seconda consegna»

1. La forma dei contratti bancari stipulati durante l’emergenza sanitaria

Tra le disposizioni contenute nel c.d. “decreto liquidità” (d.l. 8 aprile 2020, n. 23; conv. con l. 40 del 5 giugno 2020), notevole interesse in letteratura ha suscitato quella di cui all’art. 4, che – con riferimento all’emergenza pandemica in essere – ha aperto la possibilità di stipulare i contratti relativi alle operazioni bancarie anche in forma diversa e semplificata rispetto alla struttura stabilita per l’ordinario dalla norma dell’art. 117 TUB (c.d. «forma COVID», appunto[1]).

Nella sua parte sostantiva questa disposizione consente, con riferimento alla manifestazione del consenso del cliente retail, di sostituire il requisito della sottoscrizione con l’invio di una comunicazione «mediante il proprio indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo», purché la stessa sia accompagnata «dalla copia di un documento in corso di validità» e «faccia riferimento ad un contratto identificabile in modo certo». Consente altresì di soddisfare il requisito della consegna mediante la «messa a disposizione di una copia del testo del contratto su supporto durevole» e che «l’intermediario è tenuto a consegnare al cliente la copia cartacea alla prima occasione utile».

Come subito riscontrato in dottrina, tale disposizione propone una lunga lista di criticità; che attengono, tra le altre, alla limitata estensione soggettiva alla sola clientela al dettaglio e non a tutti i clienti bancari [2]; all’efficacia probatoria del consenso espresso per e-mail; alla tutela informativa del cliente; ai presidi tecnici idonei ad assicurare la certezza e l’immodificabilità del messaggio inviato dal cliente per e-mail e del contratto regolamento contrattuale accettato dalle parti; alla possibile estensione della norma anche alle modifiche sui contratti pendenti[3].

Non tutte le criticità suscitate dall’art. 4, però, sono emerse nell’immediato. Altre ne stanno via via uscendo e sono specificamente legate al fatto che la norma dell’art. 4 ha la natura della norma temporanea: che cioè stabilisce, nel corpo del suo medesimo testo, i confini della sua operatività temporale, così stabilendo il dies in cui la essa cesserà di essere efficace e quindi vigente.

Di queste problematiche, in senso ampio intertemporali, viene qui di seguito abbozzata una prima ricognizione.

2. L’apparente pluralità di criteri di definizione temporale dell’ambito di efficacia

La versione di base, e cioè ideativa della semplificata forma COVID, prevede la possibilità di stipulare contratti bancari in “forma semplificata” con riferimento al periodo «ricompreso tra la data di entrata in vigore del presente decreto ed il termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri»[4].

Nel corso del tempo successivo, peraltro, è sopravvenuto l’art. 72 d.l. 14 agosto 2020, n. 104 (conv. con l. 13 ottobre 2020, n. 126, c.d. “decreto agosto”), che ha stabilito che le prescrizioni dell’art. 4 «continuano ad applicarsi fino al 15 ottobre 2020». Questo termine è stato a sua volta prorogato fino al 31 dicembre 2020[5] (non è noto, in oggi, se siano in cantiere ulteriori «prosecuzioni»).

Come si vede, l’intervento di agosto potrebbe avere mutato (o così può parere, almeno) il criterio di definizione temporale relativo all’ambito di efficacia, e quindi ai termini di vigenza, della «forma COVID». La struttura di temporaneità della norma sulla forma semplificata dei contratti bancari coincideva con la durata dello stato di emergenza (come inizialmente fissato al 31 luglio 2020, poi prorogato al 15 ottobre 2020 e, ancora, al 31 gennaio 2021). Successivamente, il legislatore ha adottato invece lo schema della «data fissa».

È insomma da chiedersi se il criterio di riferimento fissato in agosto abbia effettivamente sostituito quello precedente, ovvero se, invece, sia possibile venire a una lettura coordinata del quadro normativo. Un simile interrogativo non è privo di rilievo pratico posto che la mancata coincidenza fra i due parametri di riferimento temporale parrebbe avere già generato vuoti di applicazione della norma (segnatamente nell’intervallo corso fra il 20 luglio 2020 e il 14 agosto 2020, cfr. amplius la nt. 5) e potrebbe farlo ancora in futuro: sarà possibile stipulare contratti bancari in forma semplificata anche dopo il 31 dicembre 2020?

3. Segue: lo «stato di emergenza» quale criterio di riferimento per l’applicazione della norma

A nostro avviso il mutamento del criterio di definizione temporale dell’art. 4 costituisce soltanto un’apparenza. Non dovrebbero, cioè, sussistere ragionevoli dubbi sul fatto che l’ambito di efficacia, e quindi di vigenza, della norma resti ancora agganciato al perdurare dello stato di emergenza sanitaria.

In questa prospettiva depone, se non altro, una valutazione di ragionevolezza: non sembra infatti sussistere alcun motivo plausibile per cui la stessa norma debba essere regolata nel proprio ambito temporale da due diversi criteri, fra loro scoordinati.

Pure nell’ottica della finalità della disposizione è ragionevole assumere il legislatore intendesse prevederne l’efficacia per tutto il periodo dell’emergenza sanitaria. Da questo lato, sembra infatti che fino a oggi (e nel futuro immediato) non sia possibile individuare fratture e parentesi temporali nello stato di emergenza dovuto al Covid-19; il quale, per contro, ha manifestato, senza soluzione di continuità, un tratto unitario cui dovrebbe corrispondere uniformità sul piano del trattamento normativo[6]. Una simile lettura si manifesta ancora più opportuna nella prospettiva del diritto intertemporale, rispetto a cui l’esigenza di un criterio di riferimento chiaro e univoco risulterebbe funzionale a prevenire tutti quei danni collaterali derivanti dall’incertezza sulla normativa applicabile[7].

Del resto, non si può non constatare che ritenere fissato il parametro ad una data ferma rischierebbe di condurre a possibili applicazioni intermittenti della disposizione, con conseguenti problemi di gestione dei vuoti normativi; come per l’appunto, si ripete, è già accaduto nella parentesi estiva (v. sopra, nel n. 2 e in nt. 5). Un simile criterio, infatti, risulta esposto all’alto rischio di dimenticanze di un legislatore che, in questo frangente, sembra orientato (fors’anche costretto) ad una decretazione d’urgenza e di rincorsa a termini prossimi alla scadenza di una pluralità di norme di contenuto affatto eterogeneo.

In effetti, l’attuale – solo apparente – coesistenza di due diversi criteri di riferimento sembra imputabile, più che a una logica normativa, a un’imperizia del legislatore, il quale, nel prorogare i termini delle varie disposizioni in essere, non si è avveduto che alcune di queste erano autosufficienti recando già al loro interno il rispettivo ambito temporale di applicazione[8].

4. Profili problematici del requisito della consegna del contratto al cliente

Il problema appena segnalato, di individuazione del dies in cui la norma cesserà di essere efficace e vigente, fornisce l’occasione per occuparsi di uno specifico profilo disciplinare della «forma Covid», poco esplorato dai primi commenti. Il riferimento va, in particolare, al requisito della consegna di un esemplare del contratto ex art. 117 TUB, così come declinato nell’art. 4.

In questa prospettiva, infatti, la norma emergenziale ricalca la struttura di base contenuta nell’art. 117, comma 1, TUB adottando per i due requisiti che la compongono – scritto del contratto e consegna dell’esemplare –, una «versione semplificata» in ragione dell’emergenza pandemica. L’attenzione in questa sede va poggiata sulla peculiare (e apparente, a ben vedere) semplificazione in merito al requisito della consegna del regolamento contrattuale al cliente. Nel senso che la norma dell’art. 4 viene, invero, a «raddoppiare» l’onere della traditio del documento contrattuale in due distinte e cumulative fasi: i) «la messa a disposizione del cliente di copia del testo del contratto su supporto durevole», nel tempo dell’emergenza; ii) la consegna della copia cartacea «alla prima occasione utile successiva al termine dello stato di emergenza».

Una simile articolazione del requisito, secondo un’impostazione «bifasica» (: consegna della copia su supporto durevole e successiva consegna cartacea), sembra trovare la propria ragione nella temporaneità che caratterizza (rectius: si opina dovrebbe caratterizzare) l’emergenza pandemica e pure, di conseguenza, la disposizione stessa (v. sopra, n. 1). Questo sembrerebbe il significato della previsione di una consegna «virtuale», attraverso un supporto durevole, per il frangente dell’emergenza sanitaria, e di una «fisica», su base cartacea, per il periodo post-pandemico, nel quale il contatto personale banca-cliente tornerà ragionevolmente a essere privo di potenziali rischi di ordine sanitario.

Questa specifica strutturazione dell’onere in discorso, peraltro, fa sorgere almeno due ordini di interrogativi[9].

Uno, immediato, riguarda il valore da riconoscere alla «seconda consegna»; in specie, se questa attenga alla formazione della fattispecie negoziale, nel senso che si elevi a suo requisito di validità (nessun dubbio, a questo proposito, in merito alla prima trasmissione su supporto durevole); o rappresenti, invece, un elemento destinato a condizionare l’idoneità della fattispecie formatasi nel periodo dell’emergenza COVID a produrre effetti negoziali pure dopo la fine dell’emergenza; o per contro si ponga come un obbligo attinente alla fase meramente esecutiva del rapporto; o altro ancora.

L’altro riguarda, invece, i lineamenti della fattispecie conformata dall’espressione normativa della «prima occasione utile» e il momento del suo avverarsi. Questo, per come fissato dalla lettera della norma, nel periodo «successivo al termine dello stato di emergenza», naturalmente, finisce per seguire le sorti del periodo di efficacia e vigenza dell’art. 4 (v. sopra, in specie il primo capoverso del n. 3).

5. Segue: le differenti ricostruzioni del valore della «seconda consegna»

La prima delle cennate questioni è già stata fatta oggetto di esame in letteratura. Un autore ha osservato, in particolare, che la seconda consegna (i.e.: della copia cartacea) debba essere intesa nei termini di un obbligo di comportamento, che attiene alla mera fase esecutiva del rapporto. Di conseguenza, la mancata consegna della copia cartacea potrebbe fare sorgere unicamente una responsabilità risarcitoria[10].

In sé e per sé, questa prospettiva lascia, per la verità, dei margini di perplessità. Di là da ogni rilievo sulla conformazione della struttura rimediale così individuata (è difficile pensare che la mancata consegna della copia cartacea sia fisiologicamente idonea a produrre un danno diretto e immediato al cliente), in effetti, l’idea del semplice obbligo comportamentale non sembrerebbe coerente con la struttura dell’intervento normativo congegnato nell’art. 4. Che poggia, lo si è appena sopra constatato, su un meccanismo di tipo bifasico: la posizione di una sorta di «consegna virtuale» risultando temporanea e in sé precaria, per il suo dovere essere sostituita – non appena finita l’emergenza, non appena possibile – da una più «solida» forma di consegna. Difficile, allora, che a comporre il paradigma normativo sia un elemento strutturale della fattispecie (la «prima consegna») e un semplice obbligo di comportamento.

Com’è evidente, questa riflessione – nel momento in cui allontana dalla prospettiva dell’obbligo comportamentale – sembra pure orientare verso il ceppo generico delle altre due soluzioni sopra ipotizzate, per cui la consegna del documento cartaceo potrebbe porsi: o come elemento di completamento della fattispecie negoziale, nella logica di una formazione progressiva (con la conseguenza che, nel caso di mancata consegna della copia cartacea, ci si dovrebbe trovare di fronte a una specie di invalidità ex tunc, a travolgere pure gli effetti solo precariamente prodottisi nel periodo COVID); o come elemento del tutto sganciato, in sé stesso, dallo svolto periodo COVID del rapporto bancario e inteso solo a regolare, per così dire, il rientro di tale rapporto nel periodo della piena normalità (alla mancata consegna cartacea seguendo, così, una specie di inefficacia sopravvenuta del contratto, come tale, operante ex nunc.

6. Segue: la difficile individuazione della funzione della «seconda consegna»

Sennonché, a ben vedere, né l’una, né l’altra delle dette eventualità sembra convincere sino in fondo. Le stesse, in effetti, possono risultare congrue con una ratio normativa che dia al punto della seconda consegna una funzione forte, di spessore: a chiusura e completamento dell’intera vicenda, fase COVID e post COVID (se si parla di invalidità); a far rientrare con scioltezza il rapporto in essere nei ranghi della (ritornata) normalità (se si discorre invece di inefficacia ex nunc).

Non è per nulla agevole, tuttavia, individuare quale sia l’ulteriore e autonoma funzione perseguita dalla consegna cartacea rispetto a quanto ha provveduto la prima consegna, del supporto durevole. Quest’ultima, infatti, sembra già assolvere alle tradizionali funzioni a cui risponde la traditio del contratto al cliente. In specie, come ricordato in tempi ancor prossimi dalle SS.UU. nella nota pronuncia 898 del 2018[11], quella dell’informazione circa le regole del rapporto e della disponibilità per il cliente del documento che le contenga, (specie) al fine di un agevole monitoraggio della corretta esecuzione dello stesso.

Escluse queste funzioni, quella propria della «seconda consegna» potrebbe forse essere individuata sul terreno probatorio, se al documento cartaceo potesse essere attribuito un valore di prova diverso – e maggiore – rispetto a quello del documento contrattuale trasmesso su supporto durevole. Purtuttavia, anche questa strada non appare particolarmente concludente, posto che entrambi i documenti consegnati al cliente sembrano qualificabili come delle riproduzioni meccaniche e dotati, pertanto, della medesima efficacia probante.

Una via ulteriore potrebbe forse consistere nel ritenere che la copia cartacea debba essere sottoscritta dal cliente, con ciò venendo ad esistenza un esemplare del contratto e non una mera copia; ma anche questo percorso sembra, per la verità, sbarrato: il testo della norma non richiede alcun tipo di sottoscrizione – né del cliente, né della banca – da apporre al momento della traditio del documento cartaceo.

Col che, per la verità, il discorso sembra procedere, per così dire, all’inverso. Per chiedersi: posta una struttura semplificata (i.e.: la prima consegna), che il legislatore ritiene idonea a coprire una situazione di forte disagio anche sociale e tuttavia (stimata come) temporanea, quale mai potrebbe essere la funzione della seconda funzione? La risposta, forse, è quella più semplice da immaginare: una volta cessata la situazione di emergenza, non v’è più ragione per discriminare i contratti stipulati nel periodo emergenziale dagli altri.

Ora, se questo è vero, non par dubbio che la struttura rimediale idonea a secondare tale funzione è quella della cessazione di efficacia del rapporto (ex nunc, naturalmente). Se il rapporto non viene adeguato alla normalità (cioè, secondo il paradigma dell’art. 4) nella «prima occasione utile», lo stesso non è più idoneo a coprire alcuna ulteriore operazione.

7. L’identificazione della «prima occasione utile» per la consegna della copia cartacea

Transitando alla seconda delle questioni problematiche accennate (v. sopra l’ultimo capoverso del n. 4), è necessario segnalare come la formula della «prima occasione utile» non abbia origine legislativa, ma risponda, piuttosto, a un uso delle Istruzioni della Banca d’Italia, che in più occasioni ha accompagnato l’applicazione di nuove normative con l’indicazione di portarle a conoscenza del cliente alla prima occasione utile[12].

È tuttavia da osservare che un conto è il suo utilizzo in chiave di previsione dell’Autorità di Vigilanza nei termini tendenziali della formazione di una best practice; un altro – fortemente diverso – è quello dell’introduzione di una simile formula nel linguaggio legislativo. In questo contesto il carattere approssimativo della formula dovrebbe facilmente essere conformato da contorni un poco più stringenti.

Che già l’individuazione del contenuto di primo riferimento della formula (: quello generico) non sembra semplice. Così è da chiedersi se l’espressione si sostanzi in un’endiadi o se, invece, rappresenti il cumulo di due profili diversi: «utile», sì. Ma, per dire, per chi? Per il cliente o per la banca?

Anche in relazione a questo profilo la via da seguire è quella della semplificazione (v. sopra in fine del n. 6). Si è detto che la fine della pandemia comporta l’onere per la banca di provvedere alla «seconda consegna», pena l’inefficacia delle operazioni successive[13]. È allora da chiedersi se la «prima occasione utile» non sia nozione che si sovrappone sostanzialmente a quella dell’operare del contratto una volta finita l’emergenza pandemica. Se si assume questa prospettiva la «prima occasione utile» non può che essere quella data dalla prima operazione compiuta dopo la fine della pandemia: in quel momento deve essere consegnata la copia cartacea.

[*] Il presente lavoro è frutto del pensiero comune dei due Autori, tuttavia i parr. 1-3 devono essere attribuiti a L.S. Lentini, i restanti a B. Bonfanti.

[1] Si riporta qui, per una immediata fruibilità, il testo integrale della disposizione (l’espressione «forma COVID» è tratta da A.A. Dolmetta, Operazioni bancarie e sopravvenienze legislative, in I contratti bancari (a cura di) E. Capobianco, agg. in corso di pubblicazione e consultato per la cortesia dell’Autore, passim e spec. § 14,: «ai fini degli articoli 117, 125-bis, 126-quinquies e 126-quinquiesdecies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, ferme restando le previsioni sulle tecniche di conclusione dei contratti mediante strumenti informativi o telematici, i contratti, conclusi con la clientela al dettaglio come definita dalle disposizioni della Banca d’Italia in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del presente decreto ed il termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 soddisfano il requisito ed hanno l’efficacia di cui all’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, anche se il cliente esprime il proprio consenso mediante il proprio indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo, a condizione che questi siano accompagnati da copia di un documento di riconoscimento in corso di validità del contraente, facciano riferimento ad un contratto identificabile in modo certo e siano conservati insieme al contratto medesimo con modalità tali da garantirne la sicurezza, l’integrità e l’immodificabilità. Il requisito della consegna di copia del contratto è soddisfatto mediante la messa a disposizione del cliente di copia del testo del contratto su supporto durevole; l’intermediario consegna copia cartacea del contratto al cliente alla prima occasione utile successiva al termine dello stato di emergenza. Il cliente può usare il medesimo strumento impiegato per esprimere il consenso al contratto anche per esercitare il diritto di recesso previsto dalla legge».

[2] In particolare, è stato constatato come il raffronto con l’art. 33 del d.l. 34/2020, dedicato ai contratti aventi ad oggetto la prestazione di servizi di investimento, di adesione ad OICR ed assicurativi ed esteso a tutte le categorie di clienti, ponga in evidenza l’irragionevolezza della limitazione soggettiva nel contesto bancario, cfr. F. Sartori, Ambito soggettivo di applicazione della disciplina semplificata e spunti in tema di forma vincolata, in U.Malvagna-A.Sciarrone Alibrandi (a cura di), E-book Adde, 2020, 257 ss.

[3] Cfr. B. Bonfanti, La stipulazione dei contratti bancari via e-mail. A proposito dell’art. 4 del «decreto liquidità», in dirittobancario.it; R. Lener e A. Di Ciommo, Primissime riflessioni su moratorie, responsabilità del debitore e sottoscrizione semplificata dei contratti in tempo di pandemia, in dirittobancario.it; C. Robustella, La forma dei contratti bancari al tempo del Covid-19. Le misure introdotte dal decreto “liquidità” e le semplificazione delle procedure di imputabilità della dichiarazione negoziale, in dirittifondamentali.it; S. Guadagno, La conclusione dei contratti bancari all’epoca del Covid-19: tra obblighi di forma e obblighi di comportamento, in giustiziacivile.com; C. Robustella, Emergenza sanitaria e intervento normativo sulla conclusione semplificata dei contratti nel mercato finanziario, A. Tucci, Problemi esegetici delle disposizioni relative alla conclusione dei contratti del mercato finanziario e rinvio all’art. 20, comma 1 CAD; G. Falcone, Profili problematici della sottoscrizione semplificata nei contratti di credito, tutti in Sistema Produttivo e finanziario post covid-19: dall’efficienza alla sostenibilità, U. Malvagna-A. Sciarrone Alibrandi (a cura di), E-book Adde, 2020, 251 e 261 ss.

[4 ]Nel concreto, lo stato di emergenza è stato fissato inizialmente con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 e successivamente prorogato con le ulteriori delibere del 29 luglio 2020 e del 7 ottobre 2020.

[5] In realtà, il “balletto” normativo risulta più complicato: la serie di provvedimenti venuti a sovrapporsi nel tempo mostra la seguente sequenza.

In un primo momento l’art. 1, comma 4 del d.l. n. 83 del 20 luglio 2020 (conv. con l. n. 124 del 25 settembre 2020) dispone che «i termini previsti da disposizioni legislative diverse da quelle individuate nell’allegato 1, connessi o collegati alla cessazione dello stato di emergenza … non sono modificati a seguito della proroga del predetto stato di emergenza, … e la loro scadenza resta riferita al 31 luglio 2020». Il comma 3 del medesimo art. 1 d.l. 83/2020 disponeva, per contro, che «i termini previsti dalle disposizioni legislative di cui all’allegato 1 sono prorogati al 15 ottobre 2020 … e le relative disposizioni vengono attuate nei limiti delle risorse disponibili autorizzate a legislazione vigente». Alla data del 20 luglio 2020 l’art. 4 del d.l. liquidità non figurava nell’elenco di cui all’allegato; il ridetto elenco non lascia peraltro intravedere una ratio precisa, contenendo disposizioni di contenuto affatto eterogeneo che impongono una lettura tassativa (la norma sulla forma dell’art. 4, del resto, resta per sua natura estranea alla chiusura di copertura finanziaria cui si riferisce il comma 3). Un’interpretazione strettamente positiva condurrebbe allora alla conclusione che in quel momento l’art. 4 del “d. liquidità” fosse cessato nei propri effetti.

Successivamente, il 14 agosto 2020 (col d.l. n. 104), viene disposta la continuità (o forse reviviscenza?) fino al 15 ottobre dell’efficacia della norma di cui all’art. 4 (v. nel testo).

Infine, l’ultima proroga della durata della norma sulla forma Covid dei contratti bancari viene disposta in maniera contorta. L’art. 1, comma 3, d.l. n. 125 del 7 ottobre 2020 (conv. con l. 27 novembre 2020 n. 159), infatti: 1) inserisce l’art. 4 del d.l. liquidità nell’elenco di cui all’Allegato 1 di cui sopra; 2) modifica l’art. 1, 3 comma del d.l. n. 83/2020 sostituendo al termine del 15 ottobre 2020 quello del 31 dicembre 2020.

Le ragioni dell’incongruenza (31 dicembre 2020 vs 31 gennaio 2021) rispetto alla durata dello stato di emergenza sono peraltro a noi sconosciute; così come non è agevole comprendere per quale ragione il legislatore abbia prorogato la durata della disposizione con un criterio ancora diverso.

Non sembra proprio possibile attribuire all’ultimo intervento la natura di norma di interpretazione autentica, resterebbe ad oggi quindi formalmente scoperta la parentesi estiva (20 luglio 2020 – 14 agosto 2020), così come il periodo successivo al 31 dicembre 2021.

[6] Una conferma letterale, ove necessaria, può trarsi pure dal testo delle delibere che hanno prorogato lo stato di emergenza: «l’attuale contesto di rischio impone la prosecuzione delle iniziative di carattere straordinario ed urgente intraprese; … la predetta situazione emergenziale persiste…» nonché dei relativi decreti leggi “di attuazione” dello stesso (cfr. ad es. il d.l. n. 125 del 7 ottobre 2020: «Considerato che la curva dei contagi in Italia dimostra una persistente diffusione del virus che provoca anche focolai di dimensioni rilevanti, e che sussistano pertanto le condizioni oggettive per il mantenimento delle disposizioni emergenziali e urgenti dirette a contenere la diffusione del virus»).

[7] Sui problemi di diritto intertemporale nel comparto del diritto bancario e, in particolare, su quello relativo all’art. 4 d.l. liquidità, v. A.A. Dolmetta, Operazioni bancarie e sopravvenienze legislative, in I contratti bancari (a cura di) E. Capobianco, agg. in corso di pubblicazione e consultato per la cortesia dell’Autore, passim e spec. § 14.

[8] A conferma di quanto esposto nel testo, in particolare dell’incertezza generata dalla presenza di una pluralità di criteri temporali, va segnalato che nelle more di pubblicazione del presente scritto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2020 il c.d. “decreto Mille Proroghe” (d.l. n. 183/2020), il cui art. 19 dispone che «i termini previsti dalle disposizioni legislative di cui all’allegato 1 [al cui n. 21 figura l’art. 4 del d.l. liquidità] sono prorogati fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e comunque non oltre il 31 marzo 2021». Anche a prescindere dal dubbio se l’espressione «emergenza epidemiologica da Covid-19» possa nel concreto costituire un parametro diverso da quello contenuto nell’art. 4 (riferito allo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri, oggi in procinto di essere prorogato al 31 luglio 2021 secondo le notizie dei media), resta l’insoddisfazione per il disallineamento temporale al termine ultimo del 31 marzo 2021 e per l’utilizza di una “tecnica” di proroga ancora diversa da quelle precedenti (l’allegato al nuovo d.l. prescinde da quello del d.l. 83/2020).

[9] Cfr. sui problemi aperti dalla disposizione A.A. Dolmetta, cit., § 14, spec. nt. 56.

[10] Cfr. in specie, S. Guadagno, op. cit., 8-9.

[11] Può non essere inutile, seppur breviter, richiamare l’orientamento giurisprudenziale in merito alla ricostruzione del requisito. Le Sezioni Unite, nel decidere della validità del contratto c.d. monofirma (SS.UU. 898 del 2018), hanno chiarito come l’adempimento dell’obbligo di consegna del contratto da parte dell’intermediario non sia relegato alla fase esecutiva del rapporto, ma costituisca, al contrario, un requisito di validità della fattispecie negoziale, conseguentemente protetto dal rimedio della nullità nel suo regime protettivo ex art. 127 TUB.

[12] Cfr. ad esempio Circolare della Banca d’Italia n.229 del 1999 e relativi aggiornamenti, Titolo III, Capitolo 5, in materia di “Cessione di rapporti giuridici a banche” (p. 4), Titolo X, Capitolo 1, in materia di “Comunicazione delle variazioni contrattuali sfavorevoli alla clientela”(p.19); delibera CICR del 9 febbraio 2000, in tema di anatocismo, art. 7, comma 2.

[13] Non pare dubbio che il rimedio operi «a vantaggio del cliente», secondo il vettore espresso dall’art. 127, comma 2, TUB.


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