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Approfondimenti

I presidi di valutazione e monitoraggio degli investimenti nel quadro di recepimento di Solvency II

24 Ottobre 2016

David Marino, Partner, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

1. Breve premessa

La disciplina dell’attività di valutazione e monitoraggio degli investimenti trova la sua fonte in disposizioni di legge (anche di natura sovranazionale) e regolamenti che compongono un quadro piuttosto articolato che può essere sintetizzato come segue:

Da tale quadro emergono alcune indicazioni fondamentali. Le imprese sono libere di scegliere gli investimenti che ritengono coerenti con il proprio profilo e la propria propensione al rischio seppure nel rispetto del principio della persona prudente. Il principio della persona prudente impone di verificare tanto nella fase di scelta quanto successivamente il rispetto dei requisiti di redditività, sicurezza, liquidità, qualità degli investimenti effettuati. Per fare ciò è necessario che l’impresa si doti di sistemi di valutazione ed analisi dei rischi connessi agli investimenti in grado di fornire informazioni puntuali e di qualità elevata.

Nel nuovo sistema – in cui sono venuti meno (fatte salve alcune eccezioni) i requisiti quantitativi e le categorie di investimenti ammissibili previsti in precedenza dal Regolamento IVASS 36 – la qualità degli investimenti medesimi e delle informazioni per poterne apprezzare la rischiosità costituisce un elemento essenziale.

Quanto più grande sarà la capacità dell’impresa di dotarsi di strumenti per l’analisi puntuale dei rischi connessi agli investimenti, tanto più grande sarà la possibilità di sfruttare la flessibilità offerta dal nuovo contesto normativo.

Ma vediamo nel dettaglio le disposizioni che compongo il quadro sopra delineato.

2. Il quadro normativo e regolamentare di riferimento – Libertà di investimento e principio della persona prudente

L’articolo 133 della direttiva 2009/138 del parlamento europeo e del consiglio del 25 novembre 2009 in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (Solvency II) ha introdotto il principio della libertà di investimento in base al quale “gli Stati membri non impongono alle imprese di assicurazione e di riassicurazione di investire in determinate categorie di attività”.

L’art. 134 della Direttiva prevede altresì che gli “Stati membri non esigono che le attività detenute a copertura delle riserve tecniche …siano localizzate all’interno della Comunità o in un determinato Stato membro”.

Dall’altra parte l’art. 132 della Direttiva ha introdotto il principio della persona prudente, in base al quale “gli Stati membri garantiscono che le imprese di assicurazione e di riassicurazione investano tutte le loro attività conformemente al principio della persona prudente”.

3. Principio della persona prudente e qualità delle informazioni sui rischi connessi agli investimenti

Ma in cosa si concretizza il principio della persona prudente rispetto agli investimenti? Nell’obbligo da parte delle imprese di effettuare investimenti: (a) “…in attività e strumenti dei quali possano

  • identificare,
  • misurare,
  • monitorare,
  • gestire,
  • controllare e
  • segnalare adeguatamente, i rischi,

tenendone opportunamente conto nella valutazione del fabbisogno di solvibilità globale…” (b) “…in modo tale da garantire la sicurezza, la liquidità, la qualità e la redditività del portafoglio nel suo insieme…; (c) “…in modo adeguato alla natura ed alla durata delle passività…nel migliore interesse dei contraenti e dei beneficiari…”.

L’art. 258 (lettera “h”) del Regolamento Delegato (UE) 2015/35 della Commissione del 10 ottobre 2014 (che integra la Direttiva Solvency II) prevede tra l’altro che le imprese “…stabiliscono sistemi… che producono informazioni complete, affidabili, chiare, coerenti e tempestive e pertinenti in merito alle attività, agli impegni assunti dall’impresa e ai rischi ai quali…” sono esposte.

Tali principi sono stati recepiti (per effetto del Decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 74) nei Capi II-bis (Principi generali in materia di investimenti) e III (Attivi a copertura delle riserve tecniche) del Codice delle Assicurazioni.

In particolare, l’art. 37-ter (Principio della persona prudente) prevede che “1. l’impresa investe tutti gli attivi, inclusi quelli che coprono il Requisito Patrimoniale Minimo e il Requisito Patrimoniale di Solvibilità, conformemente al principio della persona prudente…. L’impresa investe tutti gli attivi:

a) in attività e strumenti dei quali possa identificare, misurare, monitorare, gestire, controllare e segnalare adeguatamente i rischi, e ne tiene opportunamente conto nella valutazione del fabbisogno di solvibilità globale…

b) in modo tale da garantire la sicurezza, la qualità, la liquidità e la redditività del portafoglio nel suo complesso;

c) localizzando le attività secondo criteri tali da assicurare la loro disponibilità.

3. L’impresa, in ogni caso, investe gli attivi assicurando che:

a) gli investimenti in strumenti finanziari derivati contribuiscano ad una riduzione dei rischi o agevolino un’efficace gestione del portafoglio;

b) gli investimenti in attività non ammesse alla negoziazione su un mercato regolamentato siano mantenuti in ogni caso a livelli prudenziali;

c) gli investimenti siano adeguatamente diversificati in modo da evitare un’eccessiva dipendenza da una particolare attività, un particolare emittente o gruppo di imprese o una particolare area geografica, nonché l’accumulazione eccessiva di rischi nel portafoglio nel suo insieme;d) gli investimenti in attività di uno stesso emittente o di emittenti appartenenti allo stesso gruppo, non determinino un’eccessiva concentrazione di rischi.

4. L’impresa può localizzare gli attivi anche al di fuori del territorio della Repubblica o degli Stati membri, nel rispetto del principio di cui al comma 2, lettera c).

A sua volta l’art. 38 (Copertura delle riserve tecniche) prevede che: “1. Le riserve tecniche sono coperte con attivi di proprietà dell’impresa; 1-bis. L’impresa investe gli attivi a copertura delle riserve tecniche in modo adeguato alla natura dei rischi e delle obbligazioni assunte e alla durata delle passività e nel migliore interesse dei contraenti, degli assicurati, dei beneficiari e degli aventi diritto a prestazioni assicurative, tenendo conto degli obiettivi strategici resi noti dall’impresa; 1-ter…2. Gli attivi di cui al comma 1-bis possono includere anche i finanziamenti concessi nei confronti di soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese… In tal caso l’IVASS stabilisce condizioni e limiti operativi…”.

4. L’art. 18 del Regolamento IVASS n. 24/2016 – Sistemi informativi e tecniche di analisi per la gestione dei rischi di investimento

Il Regolamento IVASS n. 24 del 6 giugno 2016 ha introdotto le disposizioni di attuazione degli artt. 37-ter e 38 del Codice delle Assicurazioni anche alla luce delle linee guida EIOPA relative al principio della persona prudente e delle disposizioni degli Atti Delegati sopra riportate.

Il Regolamento n. 24 contiene ora tutte le disposizioni in materia di investimenti da parte delle compagnie, ivi inclusi quelli a copertura delle riserve tecniche.

Rispetto al tema della valutazione e del monitoraggio degli investimenti, la disposizione chiave del Regolamento n. 24 appare l’art. 18 (“Sistema di gestione dei rischi di investimento”).

L’articolo 18 prevede infatti che “fermo quanto previsto dalle disposizioni di attuazione emanate dall’IVASS in materia di sistema di governo societario [di cui si dirà tra breve] l’impresa si dota di:

sistemi informativi e di

tecniche di analisi,

che permettono di valutare i rischi di investimento assunti…”.

Il livello di complessità di tali sistemi è commisurato alla portata e alla natura delle esposizioni di ogni singola compagnia.

Specifiche procedure di analisi prospettiche quantitative sono previste per le attività di investimento maggiormente rischiose o di natura occasionale e comunque per i rischi derivanti da:

  1. derivati e strumenti finanziari con caratteristiche o effetti analoghi;
  2. attività di finanziamento diretto ai sensi dell’articolo 38, comma 2 del Codice;
  3. cartolarizzazioni;
  4. altri attivi complessi, con particolare riguardo ai FIA;
  5. garanzie, vincoli e gravami su attività in portafoglio che possano alterarne le caratteristiche e la disponibilità.

Rispetto a tale ultima previsione IVASS (nel documento di pubblica consultazione relativo al Regolamento 24) ha precisato che è richiesto all’impresa di valutare i rischi derivanti da garanzie, vincoli e/o gravami su attività in portafoglio anche in modo prospettico al fine di valutare compiutamente la disponibilità e rischiosità delle relative attività.

L’articolo 18 si occupa anche dei profili inerenti il monitoraggio dei requisiti di sicurezza e liquidità.

In particolare, per valutare il grado di sicurezza dei propri investimenti, oltre al possibile utilizzo di informazioni fornite da soggetti terzi, quali istituzioni finanziarie, gestori di capitali e ECAI (External Credit Assesement Institutions) adotta propri strumenti e tecniche per la valutazione autonoma del rischio, avuto particolare riguardo al rischio di credito inteso come rischio di perdita derivante da oscillazioni del merito creditizio dei soggetti nei confronti dei quali la medesima è esposta. Nell’ambito di tale valutazione l’impresa utilizza i principali indicatori di rischio definiti nella politica degli investimenti.

Per la valutazione del rispetto del principio di liquidità degli investimenti, l’impresa tiene conto, per il complesso degli investimenti e alla luce delle politiche definite per la gestione del rischio, delle relative caratteristiche, della possibilità concreta di negoziare tali investimenti in un mercato, regolamentato o meno, sufficientemente liquido, nonché della loro coerenza con le scadenze dei flussi di cassa attesi in relazione agli impegni derivanti dalle riserve tecniche.

Con specifico riferimento ai finanziamenti diretti, l’impresa dovrà adottare politiche di misurazione e gestione del rischio di credito, nella fase iniziale di erogazione e fino alla scadenza dell’operazione.

5. Il sistema di gestione dei rischi e gli organi societari convolti

In base all’art. 18 del Regolamento n. 20, il sistema di gestione dei rischi di cui si dota l’impresa include le strategie, i processi, le procedure anche di reportistica necessarie per individuare, misurare, valutare, monitorare, gestire e segnalare su base continuativa i rischi attuali e prospettici a livello individuale ed aggregato cui l’impresa è o potrebbe essere esposta e le relative interdipendenze.

In particolare, “la politica di gestione dei rischi considera altresì il rischio derivante dagli investimenti, ivi incluso quello di liquidità, tenuto conto del cd. prudent person principle che… è alla base delle scelte degli investimenti dell’impresa”.

Ma quali sono i soggetti coinvolti nell’attività di valutazione e monitoraggio degli investimenti?

Certamente l’organo amministrativo, l’alta direzione, la funzione di risk management ed infine la funzione di compliance.

In particolare, l’organo amministrativo:

  1. definisce le politiche di investimento e richiede che i sistemi impiegati forniscano accurate e tempestive analisi sulle esposizioni al rischio derivanti dalle scelte di investimento, avuto riguardo, in particolare, a : derivati e strumenti finanziari con caratteristiche o effetti analoghi; finanziamenti diretti, cartolarizzazioni, attività di investimento occasionali qualora comportino un rischio significativo ovvero un cambiamento del profilo di rischio; altri attivi complessi;
  2. richiede di essere informato con cadenza periodica in base alla complessità del portafoglio, sulle esposizioni e sui rischi degli investimenti e che gli siano riferite con tempestività le criticità più significative.

L’alta direzione:

  1. è responsabile dell’attuazione, del mantenimento e del monitoraggio delle politiche di gestione degli investimenti elaborate dall’organo amministrativo;
  2. stabilisce, anche con il contributo della funzione dei rischi, la reportistica su materie attinenti all’area finanza da impiegare per le comunicazioni periodiche all’organo amministrativo e per quelle da inviare alle unità organizzative interessate.

La funzione di risk management “concorre alla definizione della politica di gestione del rischio e definisce i criteri e le metodologie di misurazione” (art. 21, reg. 20)

Infine, la funzione di compliance predispone adeguati flussi informativi diretti agli organi sociali (art. 23, reg. 20).

Come in altre aree coperte dal Solvency II, anche rispetto al tema della valutazione e del monitoraggio degli investimenti siamo di fronte ad un profondo mutamento di prospettiva rispetto al passato. È evidente l’importanza preponderante assegnata alla sostanza (dei processi, dei metodi, dei presidi di organizzazione e controllo etc..) rispetto alla forma e ciò al fine di stimolare e garantire l’adozione di scelte di investimento consapevoli in una prospettiva di gestone dinamica del rischio di impresa.

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