Introduzione
Da diversi anni a questa parte i confidi italiani stanno navigando in mari burrascosi. La pesante crisi che ha colpito prima il sistema finanziario e poi l’economia reale dal 2007 in poi, ha fortemente condizionato l’attività e gli equilibri gestionali di questi intermediari creditizi che per loro natura si trovano esposti verso le piccole-medie imprese che faticano ad accedere al credito bancario. In una prima fase della crisi, i confidi sono stati chiamati a intervenire massicciamente per lenire il fenomeno di credit crunch che minacciava il sistema economico italiano. A questo fine hanno anche ricevuto discrete pressioni politiche e istituzionali, nonché un diluvio di fondi pubblici di varia provenienza. Sia il numero delle imprese associate sia lo stock di garanzie erogate sono cresciuti velocemente. Successivamente – in maniera molto prevedibile – l’equilibrio finanziario dei confidi è andato rapidamente peggiorando, a fronte di una mole crescente di sofferenze e incagli sulle posizioni fuori bilancio, nonché di un aumento notevole delle richieste di escussione da parte delle banche. La situazione è stata aggravata dall’inaridirsi progressivo delle iniezioni di fondi pubblici. A fronte dell’evoluzione patologica del portafoglio di garanzie erogate, i confidi hanno messo in atto uno sforzo di contenimento dell’esposizione al rischio, riducendo il flusso di garanzie erogate e ricorrendo in maniera sempre più marcata a forme di controgaranzia e riassicurazione. Queste due strategie hanno peraltro ridotto i margini reddituali dell’attività caratteristica, contribuendo ad aggravare l’equilibrio economico, già messo a dura prova dalla necessità di operare consistenti rettifiche di valore delle garanzie e dei crediti per interventi in garanzia, derivanti dalle escussioni subite.
Nell’ambito del fosco quadro delineato, i confidi maggiori sono quelli che hanno subito in maniera più marcata sia la fase up, caratterizzata dall’incremento dei volumi di operatività e della liquidità a disposizione, sia la fase down, funestata dall’esplosione delle patologie creditizie e dalla necessità di ridurre l’esposizione al rischio. Molti dei confidi più grandi sono stati inoltre oggetto di ispezione da parte della Banca d’Italia, dovendo rivedere alcune delle proprie politiche gestionali in tema di valutazione dei rischi e di dimensionamento dei fondi a copertura delle garanzie prestate[1].
Lo scopo di questo scritto è quello di analizzare da vicino i dieci principali protagonisti del mondo della garanzia mutualistica in Italia e descrivere in maniera comparativa la loro evoluzione nel corso del biennio 2012-2014. La selezione del campione è stata operata sulla base dello stock di garanzie erogate al 31 dicembre 2013. Nel prosieguo commenteremo, in primo luogo, l’andamento delle principali voci dello stato patrimoniale e del conto economico del gruppo di intermediari selezionato. Passeremo poi a valutare la composizione delle fonti di finanziamento, soffermandoci in particolare sul grado di patrimonializzazione e sul coefficiente di solvibilità. Successivamente approfondiremo il tema delle patologie creditizie, sia in bilancio sia fuori bilancio. Infine, commenteremo alcuni indici espressivi dell’equilibrio economico degli intermediari in analisi.
L’andamento dei principali aggregati di bilancio
Cominciando dalla composizione del campione, la tavola 1 dettaglia l’elenco degli intermediari inclusi nel perimetro dell’indagine, unitamente al volume di garanzie in essere nei tre anni presi in considerazione. Una prima osservazione che emerge guardando ai dati della tavola è relativa alla notevole dispersione sul fronte dimensionale del campione. La scelta del numero simbolico di 10 soggetti porta, infatti, ad includere sostanzialmente due macro-gruppi di confidi: da un lato le strutture che superano o sono vicine al miliardo di garanzie erogate, dall’altro una serie di soggetti che – pur con un’operatività decisamente rilevante rispetto alla media degli iscritti all’albo 107 – presentano uno stock di garanzie erogate più ridotto, compreso fra i 150 e i 300 milioni di euro[2].
Una seconda evidenza che emerge con forza osservando la tavola è la notevole contrazione dell’operatività nel corso del biennio in analisi. Lo stock di posizioni in essere è diminuito mediamente del 14% nell’arco di due anni. L’anno 2014 ha segnato, in molti casi, un’accelerazione ulteriore del fenomeno rispetto all’anno precedente. L’unico confidi in parziale controtendenza è Rete Fidi Liguria, ma il dato sconta l’effetto della fusione fra tre strutture preesistenti di notevole dimensione – Fidimpresa Liguria, Mediocom Liguria e Cooperfidi Liguria – andata a regime il primo gennaio 2013. L’anno successivo marca peraltro una contrazione dello stock di garanzie in linea con quella del campione in analisi.
Sempre rimanendo sul fronte dimensionale, la tavola 2 analizza l’andamento del numero di imprese associate. In questo caso emerge una crescita del tasso di penetrazione del tessuto imprenditoriale, seppur a passo ridotto. Il 2014 nella maggior parte dei casi conferma il trend dell’anno precedente. L’unico caso in controtendenza è quello di Sviluppo Artigiano per il quale si evidenzia una contrazione del 23 per cento. Questo peraltro è l’unico confidi che dichiara di aver condotto un’analisi sistematica della propria compagine associativa al fine di verificare la permanenza dei requisiti di partecipazione. Sorge dunque un legittimo dubbio sull’attendibilità del dato fornito dagli altri intermediari del nostro campione, nei quali apparentemente la variazione degli associati è valutata solamente sulla base del saldo fra nuove entrate e uscite, senza però un’opera di verifica sistematica sullo stato di salute e sulla sussistenza delle condizioni di partecipazione delle imprese associate.
Tavola 1: Elenco dei confidi inclusi nel campione ed evoluzione dello stock di garanzie erogate (v. articolo allegato)
Tavola 2: Elenco dei confidi inclusi nel campione ed evoluzione del numero di imprese associate (v. articolo allegato)
Infine, la tavola 3 consente di commentare l’andamento di alcuni importanti aggregati di bilancio. Partendo dall’attivo, si può notare una sostanziale stasi di tutti i valori chiave, fatta eccezione per i crediti netti per interventi in garanzia che risultano invece in forte aumento nel corso del 2014, per effetto del flusso di escussioni subito dai confidi.
Passando al passivo si può notare il continuo aumento del fondo rischi per garanzie prestate che fa da contraltare al deterioramento creditizio del portafoglio garanzie. Confrontando il 2013 con il 2014 emerge però un rallentamento del tasso di crescitadel fondo che, per il complesso dei confidi in analisi, aumenta “solo” di 26 milioni, contro i 121 milioni dell’anno precedente.
Rimanendo sempre sul fronte del passivo, un dato preoccupante è quello relativo all’erosione del patrimonio netto. Nel corso del biennio in analisi sono stati bruciati oltre 50 milioni di dotazione patrimoniale ed in questo caso non si intravede alcun rallentamento del fenomeno nel 2014.
Passando al conto economico, emerge innanzitutto la forte contrazione dei corrispettivi di garanzia incassati nel corso dell’anno 2014. Tale contrazione è sicuramente legata riduzione dell’operatività e del flusso di nuove garanzie erogate, già commentata osservata la tavola 1. La tendenza è stata probabilmente rafforzata dallo spostamento del baricentro verso le garanzie a breve termine che, per loro natura, presentano un tasso commissionale inferiore.
Una notazione finalmente positiva emerge invece dall’osservazione dei costi operativi per i quali si evidenzia una forte contrazione. Il recupero di efficienza operativa è avvenuto in parte sul fronte dei costi del personale dipendente. I maggiori tagli sono stati però apportati alle altre spese amministrative che risultano in calo di oltre 5 milioni (-15,6 per cento). Si tratta di un dato che indubbiamente indica un rilevante sforzo di razionalizzazione delle strutture organizzative.
Continuando a scorrere gli aggregati del conto economico si nota l’impressionante mole di rettifiche di valore su garanzie e su crediti per cassa. Mentre le rettifiche delle posizioni fuori bilancio – sebbene ancora imponenti – risultano in netto calo rispetto al 2013, le svalutazioni delle posizioni in sofferenza per cassa registrano un ulteriore aumento, per effetto del flusso di escussioni subito in corso d’anno. Con una metafora si potrebbe dire che piove ancora forte, ma le nuvole temporalesche all’orizzonte sembrano un po’ meno nere.
Infine, arriviamo alla dolente nota di chiusura relativa al risultato netto d’esercizio. Complessivamente i dieci principali confidi hanno totalizzato, anche nel 2014, un “profondo rosso” di oltre 39 milioni di euro. Per effetto delle minori rettifiche di valore delle garanzie e dei recuperi d’efficienza operativa, il risultato è leggermente meno pesante rispetto a quello segnato nel 2013. Purtroppo però lo squilibrio economico è ancora molto grave. Il grafico 1 mostra inoltre come il fenomeno interessi praticamente tutti i confidi inclusi nel campione. Sette strutture su dieci chiudono infatti l’esercizio 2014 in forte perdita. Inoltre, due dei tre confidi in utile presentano un risultato positivo irrisorio.
Passando infine alla sezione delle posizioni fuori bilancio, emerge innanzitutto la forte contrazione dello stock di garanzie in essere, già commentata in precedenza. Purtroppo tale contrazione non si è accompagnata ad una riduzione delle patologie creditizie. Le posizioni in sofferenza registrano al contrario una forte crescita: +844 milioni nel solo 2014, +1.276 milioni nel biennio in analisi. Si tratta di un dato veramente impressionante. E’ in lieve calo invece il monte di incagli. Evidentemente si è verificato un travaso di posizioni dallo stato di incaglio allo stato di sofferenza, senza però che venisse ulteriormente alimentato l’aggregato patologico di livello inferiore. Anche questo può essere interpretato come un buon segno ovvero come un segnale di esaurimento della potenza di fuoco della crisi in atto.
Infine, vale ancora la pena di commentare il dato relativo alle controgaranzie. Il forte aumento di questo aggregato ha una doppia spiegazione; i confidi sono ricorsi in maggior misura a forme di mitigazione e di condivisione del rischio creditizio per affrontare la mole crescente di patologie creditizie nel proprio portafoglio garanzie. In molti casi, a fronte di una riduzione della dotazione patrimoniale e quindi di una limitata capacità di assunzione di rischio, i confidi hanno quasi completamente subordinato l’erogazione di nuove garanzie all’ottenimento di controgaranzie adeguate. Bisogna però segnalare anche un altro fenomeno. Nel bilancio 2014, grazie a nuove istruzioni impartite dalla Banca d’Italia, il dato relativo alle controgaranzie è molto più leggibile, trasparente ed espresso con criteri comparabili. Una parte dell’aumento dell’aggregato nel 2014 è dunque attribuibile a questa migliore reperibilità dell’informazione in bilancio.
Tavola 3: Evoluzione dei principali aggregati di bilancio (v. articolo allegato)
Grafico 1: Risultano netto dell’esercizio 2014 per i 10 confidi del campione[5] (v. articolo allegato)
Le fonti di finanziamento dell’attività e il grado di patrimonializzazione
Un aspetto molto importante – e che pertanto vale la pena di esaminare in maniera più specifica – riguarda la composizione delle fonti di finanziamento ed, in particolare, l’ammontare di mezzi propri disponibili. Osservando la tavola 4 emerge un notevole processo di erosione della base patrimoniale nel corso del biennio in esame. Mentre a fine 2012 il patrimonio netto costituiva quasi il 42 per cento del passivo, la quota coperta da mezzi propri è scesa sotto il 36 per cento a fine 2014. Da un lato, questo dato non è stupefacente se consideriamo le pesanti perdite subite dai confidi nel biennio in esame. D’altro canto, è evidente che l’erosione dovuta ai risultati economici negativi non è stata compensata né dalla crescita della compagine associativa né da aumenti di capitale di altra provenienza, pubblica o privata.
La riduzione del patrimonio ha riguardato soprattutto le componenti del patrimonio di base, mentre il patrimonio supplementare ha mantenuto qualche margine di crescita. Per effetto di questo andamento divergente, la “purezza” del patrimonio di vigilanza è leggermente diminuita. Il peso del patrimonio di base è infatti sceso dal 97 al 92 per cento. Nonostante questa riduzione, siamo ancora su valori che non destano alcuna preoccupazione e che anzi configurano la possibilità di sfruttare in maniera più consistente la raccolta attraverso strumenti di debito subordinati eligible a fini di vigilanza.
Nonostante la riduzione della base patrimoniale, la percentuale di patrimonio libero e quindi i margini di potenziale espansione dello stock di garanzie sono aumentati per effetto della forte contrazione dell’attivo ponderato per il rischio creditizio.
Analogo fenomeno emerge osservando il total capital ratio che – in media – cresce dal 12,68 al 13,13 per cento. Se questo dato sarebbe di per sé confortante, l’analisi di maggior dettaglio rivela purtroppo un quadro meno roseo. Innanzitutto, la mediana dell’indicatore è molto inferiore rispetto alla media e risulta in diminuzione dal 9,95 al 9,85 per cento. Dal punto di vista statistico, la mediana notevolmente inferiore rispetto alla media indica che la distribuzione dei valori è fortemente asimmetrica e che la maggioranza dei soggetti inclusi nel campione presenta un valore del total capital ratio inferiore rispetto al dato medio. In altre parole, la media è spostata verso l’altro da un numero limitato di confidi che ha un ratio patrimoniale molto elevato. L’andamento della mediana in controtendenza rispetto alla media indica inoltre che il fenomeno è andato acuendosi durante il periodo in esame. Queste considerazioni sono rafforzate dall’osservazione dei valori massimi e minimi. Il massimo è molto alto e in ulteriore crescita, dal 28,66 al 42,30 per cento, mentre il minimo è decisamente contenuto e in ulteriore riduzione dal 7,21 al 6,81 per cento.
Nel complesso la situazione patrimoniale non appare rosea per la maggior parte dei confidi maggiori. Il margine di sicurezza rispetto alla soglia minima del 6 per cento, che determina l’obbligo di sospendere l’attività, è in molti casi piuttosto risicato. Nel complesso, occorrerebbe valutare una soluzione di sistema che consenta ai confidi di riguadagnare margini di operatività. Nelle condizioni descritte, infatti, per molte strutture si configura un ulteriore forte rallentamento dell’attività in assenza di iniezioni di capitale.
Tavola 4: Il grado di patrimonializzazione (valori aggregati in euro e percentuali) (v. articolo allegato)
L’incidenza delle patologie creditizie
Il fattore scatenante alla base di tutte le difficoltà commentate sino a questo punto è la crescita delle patologie creditizie, causata dalla congiuntura economica negativa che ha colpito l’Italia nel periodo in analisi. Vale quindi la pena di approfondire maggiormente questo aspetto.
Un primo dato interessante e preoccupante è quello del tasso di sofferenza lordo, calcolato come rapporto fra le esposizioni fuori bilancio in sofferenza[6] e lo stock di garanzie. Il dato medio presenta un’escursione impressionante, passando da 18 al 36 per cento circa nel biennio in analisi. Anche in questo caso la posizione della mediana ci dice che la maggioranza dei confidi del campione presenta un’incidenza delle sofferenze inferiore rispetto alla media. In questo caso però – a differenza di quanto commentato per il total capital ratio – la divergenza fra le due statistiche è meno marcata e quindi la distribuzione presenta un grado di asimmetria inferiore. Spostando l’attenzione sui valori massimo e minimo, si può notare nuovamente un trend in forte ascesa. Il valore del massimo in particolare lascia piuttosto perplessi e appare inverosimile. Andando ad analizzare più nello specifico il caso, riteniamo che per il confidi in questione – come per un altro all’interno del campione – l’indicatore risulti falsato dal peso non indifferente delle garanzie segregate per il quale il garante copre solo una percentuale delle prime perdite. Peraltro, pur ipotizzando che il dato medio possa essere spostato verso l’alto da questo fenomeno, la mediana presenta comunque un valore preoccupante e un trend di crescita impressionante.
Anche il rapporto fra le sofferenze e i mezzi disponibili per pagare le escussioni (ovvero i titoli e i crediti verso banche) registra un raddoppio, passando dal 125 al 250 per cento. Pur considerando che una parte delle sofferenze risulta assistita da forme di controgaranzia, si configura lo spettro di una crisi di liquidità nel caso in cui una percentuale sostanziale delle sofferenze dovesse dar luogo a richieste di escussione nel corso del prossimo anno.
L’unica nota positiva all’interno di questo quadro estremamente fosco è relativa al tasso di copertura ovvero alla quota di posizioni deteriorate per le quali sono state effettuate specifiche rettifiche di valore, alimentando il fondo rischi per garanzie prestate. Il tasso di copertura risulta in aumento dal 7,63 al 12,36 per cento. Pur in miglioramento, l’indicatore peraltro non appare ottimale. Un analogo aumento del grado di copertura è rilevabile per le sofferenze su crediti per cassa. Si tratta dei crediti, nei confronti di imprese garantite insolventi, sorti in conseguenza dell’escussione. Il grado di svalutazione di tali posizioni è aumentato di 7 punti percentuali, passando da 67 al 74 per cento circa.
Nel complesso è evidente una situazione di grande difficoltà che nuovamente chiama in causa l’opportunità di qualche ragionamento di sistema che possa contribuire ad alleviare la tensione accumulata e a ridurre la massa di posizioni deteriorate, a fronte della quale le risorse dei confidi appaiono, al momento, non adeguate. Anche la Banca d’Italia peraltro sta proponendo riflessioni in tal senso. Nel Rapporto sulla Stabilità 2015 è stata ventilata la possibilità di costituire una società specializzata per l’acquisto delle posizioni in sofferenza delle banche italiane.
Tavola 5: L’incidenza delle patologie creditizie (v. articolo allegato)
L’evoluzione degli indici economico-reddituali
Concludiamo la nostra analisi con uno sguardo ai principali margini ed indici economico-reddituali. Dopo tante note dolenti, finalmente su questo fronte possiamo evidenziare qualche aspetto positivo.
Innanzitutto è possibile osservare un notevole miglioramento del margine della gestione finanziaria che aumenta di quasi 10 milioni di euro. Il risultato positivo è confermato dal rapporto fra tale margine e l’attivo finanziario, che passa dall’1,97 al 2,88 per cento. Gran parte di questo miglioramento è da ricondurre ai proventi da negoziazione titoli. Si tratta quindi di un fenomeno di natura probabilmente congiunturale che però ha efficacemente contribuito a lenire gli squilibri accumulati su altri fronti.
Il margine della gestione caratteristica risulta invece in leggera contrazione. Tale contrazione è però meramente il riflesso della riduzione delle garanzie erogate. Infatti, passando all’osservazione degli indici, possiamo notare un aumento sia del rapporto MGC/Garanzie sia del rapporto Corrispettivi/Garanzie. In altre parole, l’operatività è stata ridotta in termini di volumi, ma è diventata più redditizia. Le garanzie erogate hanno generato un margine di contribuzione più elevato.
Un altro aspetto positivo emerge osservando il cost-to-income ratio che rappresenta l’efficienza tecnico-operativa dell’intermediario. Tale indice – calcolato come rapporto fra le spese amministrative e il margine di intermediazione – registra un calo di 6 punti percentuali fra il 2012 e il 2014. Si tratta di un risultato ragguardevole, se si tiene in debito conto la diminuzione del denominatore del rapporto che avrebbe potuto annullare l’effetto degli sforzi di contenimento dei costi compiuti dai confidi.
A fronte di questi dati positivi, il risultato netto in rosso è conseguenza della mole di rettifiche su garanzie e su crediti per cassa. L’insieme di tali rettifiche ha eroso il 60 per cento del margine di intermediazione nel 2014. Anche su questo fronte peraltro si può osservare in positivo una riduzione del peso delle rettifiche, dopo il picco raggiunto nel 2013.
Nel complesso quindi l’analisi dell’equilibrio economico rivela un quadro in miglioramento, se si prescinde dalle conseguenze della pesante congiuntura in atto. In assenza di contribuzione pubblica, però, il margine commissionale generato dai confidi non appare adeguato rispetto al livello di rischio creditizio assunto.
Tavola 6: I principali margini e indici economico-reddituali (v. articolo allegato)
Conclusioni
L’analisi condotta conferma, anche per il 2014, una situazione di grave tensione finanziaria e patrimoniale del sistema confidi. Sostanzialmente il sistema di garanzia mutualistica appare oberato da una mole di posizioni deteriorate incongrua rispetto alle sue risorse e alla sua capacità di assorbimento. Sul fronte economico, si notano sforzi volti a razionalizzare la gestione e a renderla più redditizia. Non solo i margini delle gestioni finanziaria e caratteristica migliorano, ma si nota una notevole contrazione dei costi operativi. A fronte però della massa di sofferenze, incagli ed escussioni questi sforzi hanno l’effetto di togliere qualche secchio d’acqua dal mare. Sicuramente nel medio termine, una gestione più efficiente e razionale porterà i suoi frutti, ma al momento non è e non può essere risolutiva.
E’ inutile nascondersi dietro un filo d’erba. E’ necessario mettere in campo una soluzione di sistema che possa alleviare la tensione in capo ai confidi, così come in capo agli istituti di credito. D’altro canto fingere che i confidi siano un soggetto puramente di mercato non è realistico, visto il loro diffuso utilizzo – anche in occasione di quest’ultima crisi – come strumento di politica economica.
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[1] Nell’ambito del campione oggetto d’indagine in questo articolo, sono stati sottoposti ad ispezione da parte della Banca d’Italia 8 confidi su 10.
[2] Si consideri che – sulla base dei dati al 31 dicembre 2013 – lo stock medio di garanzie erogate dai confidi iscritti all’Albo 107, ma non appartenenti ai primi 10 posti della classifica stilata sulla base di questo parametro dimensionale, era pari a 113 milioni di euro. Inoltre, 18 confidi presentavano uno stock di garanzie inferiore a 100 milioni.
[3] Lo stock di garanzie di Eurofidi è stato oggetto di ricalcolo, con nuovi criteri, nel 2014. La serie storica quindi non è comparabile. La variazione al ribasso del 28,94% è in parte effettiva e in parte dovuta a ragioni contabili. Il dato del 2013, sulla base dei nuovi criteri, risulta pari a 2,698 miliardi. Il dato ricalcolato per il 2012 invece non è disponibile. Per questo abbiamo deciso di non ritoccare il dato del 31 dicembre 2013 e di lasciare quello che era stato indicato nel relativo bilancio annuale.
[4] Dal momento che non ci è stato possibile reperire nel bilancio 2014 di Artigiancredito Toscano il dato relativo al numero di associati, abbiamo ipotizzato un numero uguale all’anno precedente. Si tratta ovviamente di un’approssimazione e quindi l’informazione relativa al complesso delle imprese associate del nostro campione è approssimativa anch’essa.
[5] Segnaliamo che l’ordine nel quale sono riportati i risultati nel grafico non coincide con quello utilizzato nella tavola 1 e basato sulla classifica per stock di garanzie erogate.
[6] Il dato è tratto dalla tavola 2.1 nella sezione 3 della Nota integrativa (Informativa sui rischi e sulle relative politiche di copertura).