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La nuova disciplina degli intermediari finanziari non bancari. La riforma del Titolo V TUB

15 Giugno 2015

Avv. Andrea Conso e Avv. Antonio Di Giorgio, Annunziata & Conso Studio Associato

Di cosa si parla in questo articolo

Sommario: Premessa; 1. L’evoluzione della disciplina. Cenni; 1.1 L’attuale disciplina del Titolo V del TUB; 2. I destinatari della riforma del Titolo V; 3. Le principali novità del Titolo V del TUB e delle regolamentazione secondaria attuativa; 4. Il regime transitorio; 5. Considerazioni conclusive.

Premessa

Con la recente pubblicazione della Circolare n. 288 della Banca d’Italia – “Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari” – e del Decreto del Ministero della Economia e Finanze del 2 aprile 2015, n. 53, che costituiscono la normativa di attuazione degli artt. 106 e ss. del D.lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario – TUB), si può considerare sostanzialmente concluso per gli intermediari finanziari non bancari (i.e. intermediari finanziari ex art. 106, 107 del TUB, confidi, agenzie di prestito su pegno e società fiduciarie) il lungo iter legislativo di riforma del Titolo V del TUB, avviato nel 2010.

Nel prosieguo della trattazione si intende dare una prima e sintetica evidenza dei principali tratti della disciplina primaria e secondaria del Titolo V del TUB, ripercorrendone preliminarmente l’evoluzione normativa e in seguito soffermandosi sui tempi (piuttosto stretti) di adeguamento previsti dal legislatore nella disciplina transitoria.

1. L’evoluzione della disciplina. Cenni

La disciplina degli intermediari finanziari non bancari ha radici profonde, che affondano nella Costituzione, dove l’art. 47 dispone che l’ordinamento italiano “incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme”; precisando al contempo che l’ esercizio del credito” – comunque svolto – costituisce attività che deve essere disciplinata, coordinata e controllata.

Il tessuto normativo che regola l’attività di detta categoria di operatori – piuttosto vasta e cresciuta dal dopoguerra in forme piuttosto disomogenee – è frutto di un’evoluzione normativa più recente che si è stratificata, consolidandosi come oggi la conosciamo, in particolare nel corso degli ultimi venticinque anni. Un periodo nel quale si è assistito alla progressiva evoluzione di una autonoma disciplina dedicata ai diversi soggetti che, nel loro complesso, concorrono allo sviluppo del credito in ambiti alternativi e all’ombra di quello bancario.

Un sistema, quello composto da soggetti operanti nell’intermediazione finanziaria non bancaria, sottoposto sino agli anni 90 solo a limitate e frammentate forme di controllo (cfr. ad es. la L. 21 febbraio 1991 n. 52 – disciplina della cessione dei crediti d’impresa -) da parte dell’Autorità di Vigilanza, con altrettanto limitata capacità di verificarne la sana e prudente gestione[1].

In tale contesto si afferma progressivamente il convincimento che non solo le banche, ma anche gli altri attori del mercato bancario e finanziario possano essere causa di rischi sistemici, in grado di incrinare potenzialmente la fiducia del pubblico nel sistema bancario e dei mercati finanziari.

Con la normativa in materia di antiriciclaggio (D.L. 3 maggio 1991, n. 143, convertito con modificazioni con la L. 5 luglio 1991, n. 197) e la successiva emanazione della legge bancaria del 1993 (D.lgs. n. 385/1993, c.d. Testo Unico Bancario), si definisce un primo chiaro inquadramento normativo e un articolato alveo di controlli (modulati sulla dimensione patrimoniale e operativa), anche per la citata categoria degli intermediari non bancari del Titolo V[2].

Il TUB, all’epoca vigente, intercetta uno spettro di operatori più ampio, rispetto a quello interessato dalla L. n. 52/1991, statuendo, in particolare, che “la vigilanza si esercita nei confronti delle banche, dei gruppi bancari e degli intermediari finanziari”. In tale ultima categoria si collocano gli operatori che abbracciano differenti aree di attività; tra le principali, segnatamente: assunzione di partecipazioni, concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi[3].

1.1 L’attuale disciplina del Titolo V del TUB

La disciplina del Titolo V del TUB, nel testo oggi vigente, ha preso forma con le modifiche introdotte dal D.lgs. n. 141/2010, come successivamente aggiornato e modificato[4]. E’ stata, in particolare, la L. 7 luglio 2009, n. 88 – cd. Legge Comunitaria 2008 – ad individuare i principi e i criteri direttivi per la predisposizione dei decreti legislativi in attuazione della Direttiva 2008/48/CE e per la riformulazione del Titolo V del TUB[5].

All’atto del recepimento della Direttiva 2008/48/CE, in materia di credito ai consumatori, infatti, il legislatore ha colto l’opportunità di procedere a regolamentare l’universo degli operatori finanziari che si approvvigionano dal settore bancario, pur esulando dai controlli a cui è soggetto quest’ultimo (cd. “shadow banking system[6]), modificando il Titolo V del TUB al fine di:

i) ridefinire l’insieme delle attività oggetto di riserva di legge[7];

ii) consentire l’esercizio delle attività riservate ai soli soggetti in grado di assicurare affidabilità e correttezza;

iii) prevedere più efficaci strumenti di controllo, modulati sulla base delle attività prestate dall’intermediario finanziario non bancario;

iv) introdurre sanzioni amministrative e forme di intervento effettive e proporzionate, attribuendone la competenza alla Banca d’Italia[8].

In tale quadro normativo primario, si colloca la recente pubblicazione della regolamentazione secondaria, che completa il perimetro di operatività degli intermediari finanziari non bancari. In particolare, il riferimento è:

– al provvedimento della Banca d’Italia del 12 maggio 2015, Circolare n. 288 del 3 aprile 2015 recante “Disposizioni di Vigilanza per gli intermediari finanziari”, in vigore dal 11 luglio p.v.[9];

– al Decreto del Ministero delle Economia e Finanze del 2 aprile 2015, n. 53, recante norme in materia di intermediari finanziari in attuazione degli artt. 106, c. 3, 112, c. 3, e 114 del TUB, nonché dell’art. 7-ter, c. 1 bis, L. 130/1999 – disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti – in vigore dal 23 maggio 2015[10].

Ciascun intermediario finanziario non bancario che intende proseguire la propria attività nel settore della concessione di finanziamenti o della concessione di garanzie collettive di fidi deve quindi riorganizzarsi secondo i dettami di cui all’art. 10 del D.lgs. n. 141/2010 (cfr. infra paragrafo 4), nonché strutturarsi nel rispetto delle disposizioni attuative del Ministero della Economia e delle Finanze e della Banca d’Italia.

2. I destinatari della riforma del Titolo V

Con la riforma del 2010 (i.e. il citato D.lgs. n. 141/2010) si pongono le basi per una più estesa attività di vigilanza sugli intermediari finanziari non bancari, definendo al contempo il perimetro dei soggetti interessati, partitamente identificati; prevedendo, inoltre, deroghe e esenzioni o quantomeno un regime semplificato per altri operatori del settore finanziario non bancario[11]. Alcuni dei quali destinatari di una regolamentazione dedicata[12].

La riforma rappresenta un intervento necessario, utile a concentrare il controllo su alcune categorie di operatori – più esposti ai rischi anche per il sistema -, mettendo ordine in un contesto come detto connotato da forte eterogeneità.

Il Titolo V del TUB ridisegna dunque un perimetro, a cui sono tenuti ad adeguarsi:

Ø Intermediari Finanziari ex art. 106 e 107 TUB;

Ø Consorzi di garanzia collettiva dei fidi[13] (confidi maggiori e minori[14]);

Ø Agenzie di Prestito su pegno.

A vigilare su tali operatori del mercato sarà la Banca d’Italia, in ragione della propria attività istituzionale. In particolare, esso sarà l’organo preposto all’attività di vigilanza informativa, ispettiva e regolamentare, sugli intermediari finanziari non bancari (che si iscriveranno all’albo ex art. 106 TUB), in ordine al rispetto delle disposizioni in materia di sana e prudente gestione, stabilità patrimoniale e correttezza dei rapporti con la clientela[15].

Anche le Società fiduciarie (ex art. 199, c. 2, D.lgs. n. 58/1998) sono toccate dalla riforma (iscrizione alla sezione separata dell’albo 106 TUB e vigilanza della Banca d’Italia), con la (prevalente) finalità di assicurare il rispetto delle disposizioni in materia di antiriciclaggio contenute nel D.lgs n. 231/2007. Fermo restando l’applicazione delle norme previste dal D.M. del 16 gennaio 1995, in materia di autorizzazione all’esercizio delle attività riservate alle società fiduciarie e di esercizio dei poteri di vigilanza sulle stesse da parte del Ministero dello Sviluppo economico.

3. Le principali novità del Titolo V del TUB e delle regolamentazione secondaria attuativa

Il Titolo V del TUB supera la distinzione tra intermediari iscritti nell’elenco speciale ex art. 107 TUB, già sottoposti alla vigilanza della Banca d’Italia, e gli altri intermediari iscritti nell’elenco generale ex art. 106 TUB. Basti al riguardo ricordare che la disciplina contenuta nel Titolo V del TUB (previgente al D.lgs. n. 141/2010), prevedeva un regime regolamentare articolato su due livelli: (i) l’uno per gli intermediari finanziari non bancari iscritti nell’elenco “generale” di cui agli artt. 106 (operanti nei confronti del pubblico) e 113 (operanti non nei confronti del pubblico) del TUB; (ii) l’altro per gli operatori iscritti anche nell’elenco “speciale” di cui all’art. 107.

Oggi è previsto, invece, un unico albo per gli intermediari finanziari: l’albo ex art. 106 TUB.

Per i soggetti iscritti a tale nuovo albo unico[16] il processo autorizzativo e dei controlli è più rigoroso: nell’accesso al mercato (autorizzazione e non mera iscrizione), nel continuo (con controlli preventivi sugli assetti proprietari e forme di vigilanza consolidata), nella fase di uscita dal mercato (attraverso l’applicazione di procedure di gestione amministrata delle crisi).

La disciplina di secondo livello (Ministero dell’Economia e Finanze e Banca d’Italia), attuativa del Titolo V del TUB, definisce, per gli intermediari finanziari non bancari, un sistema di regole in linea generale mutuato da quello applicato alle banche (cd. “vigilanza equivalente”), perseguendo un regime di vigilanza:

1. neutro rispetto ai soggetti vigilati e graduato sulla complessità operativa, dimensionale, e organizzativa;

2. finalizzato alla salvaguardia della stabilità finanziaria attraverso la verifica della sana e prudente gestione[17].

Di seguito, si propone una sommaria e preliminare disamina delle principali novità introdotte dalla regolamentazione secondaria emanata dal Ministero della Economia e delle Finanze e dalla Banca d’Italia:

A. Decreto del Ministero delle Economia e Finanze del 2 aprile 2015, n. 53, di attuazione degli articolo 106, c. 3, 112 c. 3 e 114 del TUB, nonché dell’art. 7-ter, c. 1 bis, L. 130/1999 – disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti -.

Il decreto approfondisce e specifica il contenuto:

i) dell’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, intendendosi per tale la concessione di crediti, il rilascio di garanzie e, in generale, ogni tipo di finanziamento connesso con operazioni di locazione finanziaria, credito al consumo, credito ipotecario, prestito su pegno, etc.

ii) dell’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti, considerata tale quando svolta nei confronti di terzi con professionalità;

iii) dei criteri per cui i confidi cd. maggiori sono tenuti a richiedere l’autorizzazione alla Banca d’Italia per l’iscrizione all’albo ex art. 106 TUB (i.e. attività finanziarie pari o superiori a 150 milioni di euro);

(iv) delle condizioni per l’esercizio dell’attività da parte di intermediari finanziari comunitari.

B. Circolare n. 288 del 3 aprile 2015 recante “Disposizioni di Vigilanza per gli intermediari finanziari”.

Le disposizioni emanate dalla Banca d’Italia seguono un approccio che vede la regolamentazione incentrata sulla disciplina degli intermediari finanziari con specificazione dei regimi particolari applicabili agli altri soggetti vigilati (es. confidi, società fiduciarie) contenuti in capitoli dedicati.

Ø Autorizzazione (Titolo I – Capitolo 1).

Gli intermediari finanziari per svolgere l’attività di concessione di finanziamenti devono essere autorizzati dalla Banca d’Italia. L’autorizzazione è diretta alla verifica dell’esistenza delle condizioni che assicurino la sana e prudente gestione dell’intermediario attraverso la valutazione nello specifico: (i) dell’esistenza di un capitale minimo versato; (ii) della qualità dei partecipanti e degli esponenti aziendali; (iii) del programma di attività e dell’assetto organizzativo.

Il capitale minino iniziale richiesto è pari a 2 milioni di euro. Diversamente, per gli intermediari che intendono prestare garanzie (in forma esclusiva o insieme ad altre forme di finanziamento per cassa), tale ammontare è pari ad almeno 3 milioni di euro. Ancora, nel caso in cui gli intermediari finanziari adottino la forma giuridica della società cooperativa a mutualità prevalente e esercitano esclusivamente l’attività di concessione di finanziamenti senza il rilascio di garanzie, è prevista una soglia più bassa di capitale minimo (euro 1,2 mln).

Alcune specifiche disposizioni sono poi dettate in merito al rilascio dell’autorizzazione per la prestazione di servizi di investimento e per gli intermediari finanziari comunitari non ammessi al mutuo riconoscimento.

Ø Gruppo finanziario (Titolo I – Capitolo 2).

Una delle maggiori novità concerne per gli intermediari finanziari non bancari l’introduzione della nozione di gruppo (art. 109 del TUB). Nel perimetro del gruppo sono inclusi gli intermediari finanziari, le società finanziarie (di cui all’art. 59 c. 2, lett. b), TUB) e le banche extracomunitarie controllate dalla capogruppo, nonché le società di gestione dei mercati regolamentati, le società che esercitano esclusivamente l’agenzia in attività finanziaria e altri organismi societari che svolgono attività nell’interesse del gruppo. La società capogruppo può essere un intermediario finanziario o una società finanziaria.

La capogruppo svolge un ruolo di rilievo ai fini della vigilanza in quanto, da un lato, rappresenta il referente della Banca d’Italia in materia di vigilanza consolidata e, dall’altro, nell’ambito dei suoi poteri di direzione e coordinamento, emana disposizioni alle componenti del gruppo per l’esecuzione delle istruzioni impartite dalla Autorità di Vigilanza nell’interesse della stabilità del gruppo medesimo.

Ø Attività esercitabili e partecipazioni detenibili (Titolo I – Capitolo 3).

In coerenza con il nuovo perimetro di operatività degli intermediari finanziari disegnato dalla riforma, questi ultimi svolgono, come attività tipica, l’attività di concessione di finanziamenti o di servicing (cfr. art. 2 della legge n. 130/99). Essi possono inoltre prestare:

i) i servizi di pagamento ed emettere moneta elettronica, se autorizzati ai sensi del TUB (per svolgere tali attività, gli intermediari costituiscono un patrimonio destinato);

ii) i servizi di investimento;

iii) le attività connesse e strumentali;

iv) le altre attività che la legge consente di esercitare a condizione che siano svolte in via subordinata (ad es. promozione e conclusione di contratti relativi alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma e alla prestazione di servizi di pagamento; gestione di fondi pubblici; distribuzione di prodotti assicurativi).

Per sviluppare la loro attività, coerentemente con il proprio oggetto sociale, gli intermediari finanziari possono detenere partecipazioni. Al fine di presidiare i relativi rischi, sono introdotte specifiche disposizioni in materia di partecipazioni detenibili (previsti, in particolare, limiti prudenziali similari a quanto prescritto per le banche).

Ø Assetti proprietari ed esponenti aziendali (Titolo II).

La regolamentazione detta le condizioni dell’autorizzazione all’acquisizione di partecipazioni qualificate e gli obblighi di comunicazione dei partecipanti alla Banca d’Italia. Ai fini dell’autorizzazione, la Banca d’Italia valuta la sussistenza di una pluralità di condizioni atte a garantire la sana e prudente gestione dell’intermediario, tra cui il possesso da parte del candidato acquirente dei requisiti di onorabilità, la sua reputazione e la solidità finanziaria del progetto di acquisizione (la disciplina è stata così allineata a quanto previsto dalla direttiva 2007/44/CE ed a quanto disposto dalle linee guida applicative delle autorità di regolamentazione europee, EBA, ESMA, EIOPA).

Ø Organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni (Titolo III).

L’assetto di governo, organizzativo e di controllo costituisce un elemento fondamentale per assicurare una gestione aziendale sana e prudente. I principi e le linee guida a cui il sistema di governo e di controllo degli intermediari si deve uniformare tengono conto: del principio di proporzionalità e delle disposizioni applicabili agli altri intermediari vigilati (banche, SIM, SGR, istituti di pagamento e istituti di moneta elettronica). In particolare, è stata riconosciuta agli “intermediari minori[18] la possibilità che il presidente dell’organo con funzione di supervisione strategica svolga funzioni esecutive (in presenza di determinate condizioni come, ad esempio, la presenza di presidi idonei a prevenire ed identificare eventuali conflitti di interesse).

Sono state, inoltre, introdotte regole di governo societario, ispirate a quelle delle banche, che mirano ad assicurare che i sistemi di amministrazione e controllo adottati dagli intermediari siano in grado di assicurare l’efficienza e la correttezza della gestione e l’efficacia dei controlli. Con particolare riferimento all’assetto delle funzioni di controllo:

– è stata estesa a tutti gli intermediari finanziari la possibilità di affidare lo svolgimento della funzione di conformità alle norme e della funzione di controllo dei rischi a un’unica funzione, in base a criteri di proporzionalità;

– è consentito agli “intermediari minori” di affidare tutti i controlli, diversi da quelli di linea, a un’unica funzione. In tale caso non è tuttavia ammessa l’esternalizzazione delle funzioni di controllo (eccezione fatta per l’esternalizzazione all’interno del gruppo finanziario).

Ø Disciplina prudenziale (Titolo IV).

Pur in presenza dell’introduzione del nuovo pacchetto di normativa europea (Regolamento UE n. 575/2013 e Direttiva 2013/36/UE[19]), la disciplina conferma l’applicazione della cd. vigilanza equivalente (i.e. nel caso di specie lo stesso regime prudenziale delle banche) con alcune attenuazioni (es. il requisito per il rischio di credito e di controparte per gli intermediari che non raccolgono il risparmio presso il pubblico è pari al 6% degli RWA) ed esenzioni dall’applicazione alcuni istituti previsti dal Regolamento n. 575/2013, quali le regole in materia di: (i) liquidità e leva finanziaria; (ii) riserva di conservazione del capitale e riserva di capitale anticiclica.

Ø Vigilanza informativa e operazioni rilevanti (Titolo V).

Sorge l’obbligo per gli intermediari di fornire alla Banca d’Italia un’informativa preventiva sui principali eventi della vita aziendale (ad es., fusioni, scissioni, aumenti o riduzioni del capitale sociale, assunzione di partecipazioni qualificate in banche, società finanziarie e strumentali). Diversamente, sono assoggettate ad autorizzazione le operazioni di cessione di azienda, rami d’azienda e rapporti giuridici individuabili in blocco (ex art. 58 TUB).

Ø Altri intermediari (Titolo VII).

Per quanto concerne i confidi, la regolamentazione rinvia, in generale, alle disposizioni applicabili agli intermediari finanziari, con alcune integrazioni e modifiche che tengono conto delle specificità di tali operatori. Gli aspetti distintivi più significativi riguardano:

 Autorizzazione: il capitale minimo dei confidi è fissato in 2 milioni di euro.

 Partecipazioni detenibili: come per gli intermediari finanziari è consentito anche ai confidi l’assunzione di partecipazioni in altre imprese, con dei vincoli rispetto alle disposizioni ordinarie (ad es.: divieto di assunzione di partecipazioni di controllo in banche o altre imprese finanziarie o assicurative).

E’ elaborata ex novo la disciplina in materia di:

a. Società fiduciarie.

E’ stata disciplinata la procedura di autorizzazione e le regole sugli assetti proprietari, entrambe disegnate sul modello previsto per la generalità degli intermediari ex art. 106 TUB, così come per quanto concerne la materia relativa agli assetti di governo e controllo (fatte salve ovviamente talune specificità).

b. Agenzie di prestito su pegno.

E’ prevista l’applicazione a tali agenzie della disciplina ordinaria degli intermediari finanziari, con alcune specificazioni ed esenzioni, tra cui: (i) la previsione di una soglia minima di capitale pari a 600 mila euro; (ii) l’esenzione dalla normativa in materia di ICAAP e di informativa al pubblico.

Ø Procedura sanzionatoria (Titolo VI).

Per le procedure relative all’applicazione delle sanzioni amministrative agli intermediari finanziari, si rinvia al Provvedimento della Banca d’Italia del 27 giugno 2011 che disciplina la procedura sanzionatoria amministrativa e alle Disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa del 18 dicembre 2012.

Con l’entrata in vigore delle disposizioni di cui alle precedenti Sezioni A e B, si segnala in particolare che le Istruzioni di Vigilanza per gli Intermediari Finanziari iscritti nell’Elenco Speciale (Circolare Banca d’Italia n. 216 del 5 agosto 1996) e il Decreto del Ministro dell’Economia e Finanze del 17 febbraio 2009, n. 29, sono abrogati.

4. Il regime transitorio

Definita l’evoluzione storica della disciplina, i destinatari della medesima e una breve trattazione degli interventi principali della regolamentazione, può essere utile declinare le modalità e i tempi di adeguamento alla nuova normativa. Ciò per una duplice ragione, evitare da un lato che gli operatori interessati perdano i requisiti per il mantenimento dell’iscrizione all’albo e dall’altro che l’attività economica di alcuni soggetti, prima esclusi dall’ambito applicativo delle disposizioni normative, possa sfociare in forme di abusivismo[20].

L’art. 10 del D.lgs. n. 141/2010 giunge in soccorso dell’operatore declinando le regole della disciplina transitoria[21].

Si premette che gli intermediari finanziari e i confidi, che attualmente risultano iscritti nell’elenco generale dell’art. 106, nell’elenco speciale dell’art. 107 o nella sezione prevista dall’art. 155, c. 4, TUB, nonché le società fiduciarie previste dall’art. 199, c. 2 del D.lgs. n. 58/1998 possono continuare a operare per un periodo di 12 mesi successivo all’emanazione delle disposizioni attuative del Titolo V del TUB (i.e. fino al 12 maggio 2016).

Per quanto concerne, invece, le modalità e i tempi di adeguamento alla nuova normativa si precisa che:

1) entro il termine di dodici mesi dall’emanazione delle disposizioni di vigilanza[22], gli intermediari finanziari che esercitano nei confronti del pubblico l’attività di assunzione di partecipazioni, ivi compresi quelli di cui all’art. 155, c. 2, del TUB (abrogato ai sensi dell’art. 8 del D.lgs. n. 141/2010), se non lo hanno già fatto, chiedono alla Banca d’Italia la cancellazione dagli elenchi generale o speciale, attestando di non esercitare attività riservate ai sensi di legge;

2) entro tre mesi dall’entrata in vigore delle disposizioni di vigilanza[23], gli intermediari iscritti nell’elenco di cui all’art. 107 del TUB o inclusi nella vigilanza consolidata bancaria, che alla data di entrata in vigore del D.lgs. n. 141/2010 esercitano l’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, presentano istanza di autorizzazione ai fini dell’iscrizione all’albo di cui all’art. 106 del TUB[24];

3) almeno sei mesi prima della scadenza del termine di dodici mesi dall’emanazione della disciplina secondaria, gli intermediari iscritti nell’elenco di cui all’art. 106 o in quello di cui all’art. 107 del TUB (vigenti alla data del 4 settembre 2010), che esercitano attività di intermediazione in cambi, se non lo hanno già fatto, chiedono alla Banca d’Italia la cancellazione dagli elenchi, attestando di non esercitare attività riservate ai sensi di legge;

4) almeno tre mesi prima della scadenza del termine di dodici mesi dall’emanazione della disciplina secondaria, le società fiduciarie previste all’art. 199, c. 2, del D.lgs. n. 58/1998 presentano istanza di autorizzazione ai fini dell’iscrizione alla sezione separata dell’albo di cui all’art. 106 TUB. In pendenza dell’istanza di autorizzazione, esse possono continuare ad operare anche oltre il termine di dodici mesi;

5) almeno tre mesi prima della scadenza del termine di dodici mesi dall’emanazione della disciplina secondaria, gli intermediari ex art. 106 del TUB (non inclusi nella vigilanza bancaria) presentano istanza di autorizzazione ai fini dell’iscrizione al nuovo albo ex art. 106 TUB[25].

Si precisa ancora che, nel caso di:

– mancato accoglimento delle istanze di cui ai punti precedenti 2), 3) e 5), gli intermediari finanziari e i confidi maggiori deliberano la liquidazione della società ovvero modificano il proprio oggetto sociale, eliminando il riferimento ad attività riservate ai sensi di legge. Per le società fiduciarie il mancato accoglimento dell’istanza comporta la decadenza dell’autorizzazione di cui all’art. 2 della Legge 23 novembre 1939, n. 1966 (disciplina delle società fiduciarie);

– decorrenza dei termini, prescritti dal D.lgs. n. 141/2010 i soggetti che non abbiano presentato istanza di autorizzazione, iscrizione o cancellazione ai sensi dei punti precedenti 1), 2), 3) e 5) deliberano la liquidazione della società ovvero modificano il proprio oggetto sociale, eliminando il riferimento ad attività riservate ai sensi di legge. Le società fiduciarie che non abbiano presentato istanza entro il termine eliminano le condizioni che comportano l’obbligo di iscrizione nella speciale sezione dell’albo di cui all’articolo 106 del TUB. In mancanza, decade l’autorizzazione di cui all’art. 2 della Legge 23 novembre 1939, n. 1966.

5. Considerazioni conclusive

Con la riforma del Titolo V del TUB il legislatore ha ridefinito la complessiva architettura del sistema di vigilanza sugli intermediari finanziari non bancari, rafforzando la disciplina di un settore un tempo relegato in un ambito di operatività residuale. Si è voluto così rendere il quadro regolamentare degli operatori bancari e finanziari più omogeneo, in una logica di innalzamento della professionalità degli intermediari esistenti e di miglioramento delle relazioni tra questi ultimi e la clientela.

L’evolversi dello scenario economico ha permesso alle imprese, infatti, di vedere un’alternativa al credit crunch proprio negli intermediari finanziari non bancari. In tale contesto, la riforma sembra centrare l’obiettivo di garantire, almeno sotto un profilo formale, la tenuta del sistema. Ciò anche al fine di facilitare l’impresa nella scelta della forma di finanziamento più consona alle proprie esigenze in un parco di operatori che tenderanno a irrobustire la propria struttura organizzativa e migliorare l’affidabilità[26].

L’impianto normativo ispirato al sistema bancario (cd. “vigilanza equivalente”), pare nella prospettiva degli intermediari finanziari non bancari destinatari del Titolo V una soluzione tuttavia piuttosto onerosa, anche – e forse soprattutto – in termini di costi, rispetto ai benefici dagli stessi potenzialmente attesi. Il primo e più immediato effetto dell’entrata in vigore della disciplina secondaria può rivelarsi quindi una riduzione del numero degli operatori attivi, che riterranno non sussistere più i presupposti per prestare l’attività in un mercato con marginalità potenzialmente non in grado di compensare i rischi e i costi di struttura. D’altro canto chi non opterà per l’adeguamento potrà essere coinvolto/assorbito da/in operazioni di aggregazione, con chi, più strutturato e finanziariamente solido, vorrà insistere sul mercato, con ciò rafforzandosi l’intero sistema.

Si tratta di uno sviluppo già preconizzato dalla Banca d’Italia che – nell’analisi di impatto della nuova normativa – ha individuato tra le aree di potenziali problematicità proprio gli accresciuti costi legati agli interventi richiesti sull’organizzazione e sul sistema dei controlli interni degli operatori interessati dalla riforma. Per quanto onerosi, si tratta comunque di interventi/costi ritenuti non eludibili, talché la soluzione aggregativa, quale alternativa utile rispetto alla fuoriuscita dal mercato, può risultare un naturale sbocco.

Infine, sia consentito un cenno al sistema dei confidi, dove a differenza degli altri intermediari finanziari non bancari del Titolo V, permane un sistema incentrato ancora su di un doppio “binario” (iscrizione ex artt. 106 e 112, c. 1, TUB) legato alla dimensione dell’operatore. Si tratta di una formulazione che sembra aver voluto in parte premiare il sistema dei confidi, forse sul presupposto che esso ha rappresentato, specie all’indomani della crisi finanziaria del 2009 e la difficoltà di accesso al credito bancario che ne è conseguita, un volano per lo sviluppo della economia delle piccole e medie imprese italiane. Al momento, tuttavia, non è possibile esprimere un’opinione sulla bontà di tale soluzione normativa, in relazione alla circostanza che il regime di vigilanza dei c.d. confidi minori non è stato ancora pienamente delineato.

In conclusione, preme rappresentare che la validità di tale nuovo impianto normativo potrà, dunque, essere verificata solo in sede di effettiva applicazione e alla luce della concreta capacità della nuova disciplina di assicurare presidi di controllo utili a prevenire detti fenomeni di crisi e/o di irregolarità operativa.


[1] Cfr. A. Antonucci, Gli intermediari finanziari “residuali”. Dalla legge antiriciclaggio al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Rassegna economica, 1994, p. 245 e ss.

[2] Cfr. F. Capriglione, art. 106, in Commentario al Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, diretto da F. Capriglione con la collaborazione di M. Pellegrini, M. Sepe, V. Troiano, Tomo III, 3ª ed., 2012, pag. 106 e ss.

[3] Cfr., in particolare, gli artt. 5 e 106 del TUB vigente fino agli inizi degli anni duemila.

[4] Nell’ultimo triennio gli interventi legislativi di modifica hanno insistito sulle modalità di svolgimento dell’attività di concessione di finanziamenti da parte degli intermediari finanziari non bancari. Cfr. in particolare il D.lgs. 14 dicembre 2010, n. 218 – cd. Iº correttivo al D.lgs. n. 141/2010 – e il D.lgs. 19 settembre 2012, n. 169 – cd IIº correttivo al D.lgs. n. 141/2010-. Per approfondire vedi anche Bramato R., Il nuovo Art. 106 Tub: l’Intermediario Finanziario Vigilato, in questa rivista, febbraio 2013.

[5] Cfr. Bramato R., Il nuovo Art. 106 Tub: l’Intermediario Finanziario Vigilato, in questa rivista, febbraio 2013.

[6] Per approfondire cfr., da ultimo, l’intervento di Carmelo Barbagallo, Capo del Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria Banca d’Italia del 5 marzo 2015, al World Finance Forum 2015, organizzato da “New International Finance Association” (NIFA), “Lo shadow banking e la regolamentazione italiana”, pubblicato sul sito della Banca d’Italia nella sezione pubblicazione/interventi vari.

[7] In particolare, pare utile ricordare che la riforma del Titolo V ha limitato l’ambito della riserva di attività degli intermediari finanziari, alla sola concessione di finanziamenti e le altre attività contemplate nel art. 106 TUB -precedente formulazione – sono state rese libere (ad es. l’assunzione di partecipazioni).

[8] Cfr. per approfondire le analisi di impatto della Banca d’Italia alla disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari relative sia alla prima (gennaio 2012) sia alla seconda consultazione (luglio 2014).

[9] L’odierna formulazione della Circolare 288 è il risultato della consultazione terminata lo scorso 12 settembre, che ha seguito a sua volta quella svoltasi nel corso dei primi mesi dell’anno 2012. Le novità introdotte dal D.lgs. 19 settembre 2012, n. 169 (cd. “IIº correttivo” al D.lgs. n. 141/2010) e dal pacchetto normativo europeo (Direttiva 2013/36/UE – CRDIV – e Regolamento UE 575/2013 – CRR-), che ha prescritto una nuova disciplina prudenziale e regolamentare applicabile a banche e imprese di investimento (a partire dal 1° gennaio 2014), hanno, infatti, reso opportuno rivedere il primo schema in consultazione.

[10] Tale normativa segue di qualche mese l’emanazione del Decreto del Ministero delle Economia e Finanze del 17 ottobre 2014, n. 176, in materia di microcredito, attuativo dell’art. 111, c. 5, TUB (a cui gli operatori interessati devono adeguarsi/si stanno adeguando sulla base delle previsioni del regime transitorio ex art. 10, c. 4, lett. “e”, D.lgs. n. 141/2010). Ciò detto, precisa ancora, che il quadro della normativa secondaria necessita di essere completato dall’entrata in vigore del regolamento che detta poteri e modalità di funzionamento dell’Organismo ex art. 112-bis TUB.

[11] Vedi ad esempio quanto è previsto per i soggetti operanti nel settore del microcredito ex art. 111, c.1, TUB o per i confidi minori ex art. 112 c. 1, TUB.

[12] E’ questo il caso degli intermediari finanziari non bancari disciplinati dai Titoli V-bis e ter del TUB. Tali “Titoli” identificano un nucleo di norme dedicato alla regolamentazione di specifiche attività, rispettivamente, il Titolo V-bis dedicato agli istituti di moneta elettronica e il Titolo V-ter disciplinante gli istituti di pagamento (frutto, quest’ultimo, di un decreto legislativo, il n. 11/2010, emanato in attuazione dell’art. 32 della Legge Comunitaria del 2008).

[13] Il criterio discretivo per la differenziazione tra confidi maggiori e minori è il requisito dimensionale definito dal Decreto del Ministero dell’Economia e Finanze n. 53/2015 (volume di attività finanziaria pari o superiore a 150 mln di euro).

[14] Nello specifico caso dei confidi minori si è in attesa della emanazione della disciplina secondaria che definisca struttura, poteri e funzionamento dell’Organismo ex art. 112 bis del TUB (come anticipato in nota 10).

[15] Un’eccezione è rappresentata dai confidi (cd. minori per ragioni dimensionali) soggetti all’attività di controllo dell’Organismo ex art. 112 bis TUB, una volta che entrerà in vigore il Decreto ministeriale che ne disciplina l’istituzione e i poteri, e dagli operatori del microcredito ex art. 111 c. 1 TUB.

[16] Ci si riferisce, in particolare, agli intermediari finanziari, ai confidi maggiori, alle società fiduciarie e alle agenzie di prestito su pegno.

[17] Cfr. per approfondire le analisi di impatto della Banca d’Italia (vedi nota 8).

[18] Più in dettaglio, ai sensi del Par. 2, Sez. II, Cap. 14, Titolo IV, Circolare n. 288 della Banca d’Italia, si intendono per intermediari minori gli intermediari finanziari che non: i) abbiano un attivo superiore a 250 milioni di euro; ii) siano capogruppo di un gruppo finanziario; iii) abbiano effettuato operazioni di raccolta tramite strumenti finanziari diffusi tra il pubblico; iv) abbiano originato operazioni di cartolarizzazione; v) svolgano l’attività di concessione di finanziamenti, in via prevalente o rilevante, nella forma del rilascio di garanzie; vi) svolgano attività di servicing; (vii) siano autorizzati anche alla prestazione di servizi di pagamento, all’emissione di moneta elettronica o alla prestazione di servizi di investimento; viii) operino in strumenti finanziari derivati con finalità speculative; ix) eroghino finanziamenti agevolati o gestiscano fondi pubblici.

[19] Il 27 giugno 2013 sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GUUE) i testi del Regolamento (UE) n. 575/2013 (CRR) e della Direttiva 2013/36/UE (CRD IV) con i quali sono introdotte nell’Unione europea le regole definite dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria nel dicembre 2010 (come successivamente modificate e integrate) con l’intento di promuovere un sistema bancario più solido e resistente agli shock finanziari. Tali nuovi provvedimenti – che sostituiscono integralmente la Direttiva 2006/48/CE (“CRD”), relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio, e la Direttiva 2006/49/CE (“CAD”), relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi – costituiscono il quadro normativo di riferimento nell’Unione europea per le banche e le imprese di investimento (SIM) dal 1° gennaio 2014.

[20] E’ utile richiamare il dettato dell’art. 132 TUB, riformulato dal D.lgs. n. 141/2010, che impone agli intermediari finanziari non bancari una tempestiva valutazione degli adempimenti necessari per adeguarsi alla nuova disciplina al fine di non sfociare in forme di abusivismo. E’ punito, infatti, come abusivismo finanziario l’esercizio nei confronti del pubblico di una o più delle attività finanziarie di cui all’art. 106 TUB – ovvero dell’attività di concessione di finanziamenti, nelle varie forme in cui essa è declinata – in difetto dei requisiti autorizzativi ex art. 107 TUB o dei requisiti di iscrizione negli elenchi dei soggetti operanti nel settore del microcredito o dei confidi rispettivamente previsti dagli artt. 111 e 112 TUB.

[21] Si veda in tema di regime transitorio per approfondire:

1. la nota esplicativa – alla Circolare della Banca d’Italia n. 288/2015 – pubblicata sul sito della Autorità di Vigilanza in data 26 maggio 2015;

2. la nota a cura del Consiglio Nazionale del Notariato “Emanati il regolamento ministeriale e le disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari del TUB” pubblicata in data 26 maggio 2015.

Tali note presentano interpretazioni differenti sulle modalità di calcolo dei tempi di adeguamento alla nuova regolamentazione dettati dall’art. 10, D.lgs. n. 141/2010. Il risultato che ne deriva è che la lettura fornita dal Consiglio Nazionale del Notariato indica dei tempi di adeguamento più lunghi rispetto a quanto indicato dall’Autorità di Vigilanza.

Ciò posto, tenuto conto anche che si tratta dei primi commenti alla nuova disciplina, si fa presente che nella formulazione del presente paragrafo si è ritenuto di aderire alla lettura fornita dall’Autorità di Vigilanza, più vicina a nostro parere, alla letteralità delle disposizioni del regime transitorio contenute nell’art. 10, D.lgs. n. 141/2010. Infatti, tali norme, a parere di chi scrive, sembrano differenziare il computo delle tempistiche di adeguamento distinguendo tra “emanazione” e “entrata in vigore” della disciplina secondaria attuativa. Circostanza, quest’ultima, che sembra non essere stata considerata dalla interpretazione del Consiglio del Notariato, che nel calcolo dei tempi non distingue tra “emanazione” e “entrata in vigore”.

[22] Ai fini del computo del termine per l’adeguamento, si precisa che la Circolare n. 288 della Banca d’Italia, successiva alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.M. n. 53/2015, è stata emanata in data 12 maggio 2015.

[23] Ai fini del calcolo del termine per l’adeguamento, si ricorda che l’entrata in vigore della Circolare n. 288 della Banca d’Italia è prevista per l’11 luglio p.v. (60 giorni successivi alla pubblicazione sul sito della Banca d’Italia avvenuta in data 12 maggio 2015).

[24] Ai fini dell’adeguamento l’istanza è corredata della sola documentazione attestante il rispetto delle previsioni di cui all’art. 107, c. 1, lett. c), d), e) ed f), TUB;

[25] Per completezza espositiva, si rappresenta che il regime transitorio, ai sensi della lett. “e”, c. 4, D.lgs. n. 141/2010, determina i tempi di adeguamento anche per i confidi cd. minori (i.e. che non raggiungono i limiti dimensionali). Ai fini del calcolo del termine, si ricorda tuttavia che si è in attesa della emanazione del provvedimento recante la struttura, i poteri e le modalità di funzionamento dell’Organismo ex art. 112 bis TUB.

[26] Si pensi anche al recente provvedimento di legge (D.L. n. 91/2014 convertito con modificazioni dalla Legge n. 116/2014) che permette, a determinate condizioni, alle imprese assicurative o agli OICR o alle società di cartolarizzazione dei crediti (L. n. 130/1999) di concedere finanziamenti.

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