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Voluntary disclosure: il DDL sul rientro dei capitali ha ottenuto il primo via libera dalla Camera

21 Ottobre 2014

Stefano Massarotto, Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci

Di cosa si parla in questo articolo

Premessa

La percorribilità e appetibilità della voluntary disclosure nel nostro Paese passa non solo dalle iniziative internazionali e domestiche che si sono succedute nel tempo sul terreno del contrasto al riciclaggio e agli illeciti fiscali internazionali, ma anche dall’introduzione di una normativa ad hoc che regoli in maniera compiuta le conseguenze in termini di maggiori imposte, sanzioni (amministrative e penali), di un’autodichiarazione da parte del contribuente residente di proprie disponibilità, finanziarie e patrimoniali, detenute all’estero in illecito valutario e fiscale.

Fino ad oggi, infatti, nell’ipotesi di disclosure di patrimoni di contribuenti in vita[1], le sanzioni che conseguono all’omessa (o infedele) compilazione del modulo RW, insieme al possibile avvio di un procedimento penale laddove si integrasse una violazione rilevante dal punto di vista penale tributario[2], costituivano il maggiore impedimento alle procedure di voluntary disclosure.

Dopo la mancata conversione (in parte) del D.L. n. 4/2014, il tanto atteso provvedimento di regolamentazione della procedura di «collaborazione volontaria» è stato approvato con Disegno di legge A.C. n. 2247 il 16 ottobre scorso dalla Camera dei Deputati. Il provvedimento passa ora all’esame del Senato.

Tra le novità più significative introdotte in sede referente si segnala l’estensione della procedura ai soggetti IRES e alle attività detenute in Italia, nonché l’introduzione del reato di autoriciclaggio.

La voluntary disclosure opera quindi su un duplice binario: a fronte di un irrigidimento della risposta repressiva, attraverso l’introduzione nel nostro ordinamento della nuova fattispecie incriminatrice rappresentata dal reato di «autoriciclaggio», sono stati previsti dei «meccanismi di premialità» in favore dei contribuenti che si autodenunciano e regolarizzano così la propria posizione fiscale, che non si configurano tuttavia come forme di condono fiscale, ma che costituiscono una sorta di «strada maestra»per rientrare nella legalità.

Ma vediamo più in dettaglio.

1. La procedura di collaborazione volontaria

I destinatari della voluntary disclosure sono innanzitutto gli stessi del cd. monitoraggio fiscale – in primis le persone fisiche residenti –, con riferimento alla “violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1 [del D.L. n. 167/1990 – N.d.A.], commessa fino al 30 settembre 2014”[3].

La procedura di voluntary disclosure riguarderà dunque tutte le violazioni relative ai periodi di imposta 2013 e precedenti, per i quali non siano già scaduti i termini di accertamento o di contestazione delle violazioni relative al modulo RW.

L’emersione può riguardare sia gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria posseduti direttamente dal contribuente, sia, ai sensi del nuovo art. 5-quater, comma 1, lett. a), del D.L. n. 167/1990, investimenti ed attività “detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona”.

L’art. 1, comma 2, del Disegno di legge A.C. n. 2247, introduce la possibilità di avvalersi della procedura di voluntary disclosure anche per i “contribuenti diversi da quelli indicati nell’articolo 4, comma 1 del decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167 … e i contribuenti destinatari degli obblighi dichiarativi ivi previsti che vi abbiano adempiuto correttamente”, così estendendo la procedura di collaborazione volontaria, ad esempio, anche alle società (di capitali e di persone) residenti e ai contribuenti (destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale) autori di violazioni riguardanti attività detenute in Italia.

Ciò detto, ai fini del perfezionamento della procedura di disclosure volontaria, è necessario che si realizzino tutte le condizioni previste dal nuovo art. 5-quater, comma 1, lettere a) e b); in sintesi:

  • autodenuncia – attivabile una sola volta ed entro il 30 settembre 2015 – da parte del contribuente, comportante il pieno riconoscimento e la regolarizzazione di tutte le violazioni e di tutti i redditi non dichiarati, ovunque prodotti e a prescindere dal luogo di detenzione delle disponibilità a questi connesse. È infatti richiesto che il contribuente indichi spontaneamente – attraverso la presentazione di un’apposita richiesta di ammissione – “tutti gli investimenti e tutte le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero, anche indirettamente o per interposta persona”, fornendo tutti i documenti e le informazioni utili ai fini della ricostruzione degli stessi e dei redditi che servirono per costituirli, acquistarli o che sono derivati dalla loro dismissione, “unitamente … alle informazioni per la determinazione degli eventuali maggiori imponibili … non connessi con le attività costituite o detenute all’estero”, con riferimento a tutti i periodi di imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non siano scaduti i termini per l’accertamento o per la contestazione della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’art. 4, comma 1 del D.L. n. 167/1990[4];
  • integrale assolvimento – in un’unica soluzione ovvero in tre rate trimestrali – di tutte le somme dovute a titolo di imposte evase, interessi di mora e sanzioni[5].

Il comma 2 del citato art. 5-quater, disciplina i casi in cui la collaborazione non è ammessa. In particolare, la procedura non può attivarsi se la richiesta è presentata dopo che la violazione sia già stata constatata ovvero siano iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento tributario o procedimenti penali riconducibili alle attività oggetto della procedura, di cui l’autore della violazione o i soggetti con questo solidalmente obbligati in via tributaria o concorrenti nel reato abbiano avuto formale conoscenza.

2. Esclusione da punibilità per taluni reati

Quanto agli effetti premiali sul piano penale, il nuovo art. 5-quinquies, comma 1, dispone che nei confronti del contribuente che presta la collaborazione volontaria, nonché dei concorrenti nel reato[6], è esclusa la punibilità:

  1. dei delitti previsti e puniti dal D.Lgs. n. 74/2000 di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2), dichiarazione fraudolenta (art. 3), dichiarazione infedele (art. 4), omessa dichiarazione (art. 5), omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis) e omesso versamento di IVA (art. 10-ter);
  2. dei delitti di riciclaggio (art. 648-bis) e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter).

Inoltre, le condotte riguardanti il delitto di autoriciclaggio previste dall’art. 648-ter.1 del codice penale, come introdotto dalla presente legge, non sono punibili, se commesse in relazione ai delitti richiamati, sino alla data del 30 settembre 2015, entro la quale può essere attivata la procedura di collaborazione volontaria.

3. Riduzione delle sanzioni amministrative

Sul piano delle sanzioni amministrative tributarie, il comma 4 dell’art. 5-quinquies del D.L. n. 167/1990 prevede innanzitutto che nei confronti di chi si avvale della voluntary disclosure le sanzioni amministrative per le violazioni in materia di imposte sui redditi, IRAP, IVA e di ritenute sono fissate al minimo edittale, ridotto di un quarto.

Quanto poi alle sanzioni amministrative per violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale di cui all’art. 4, comma 1, del D.L. n. 167/1990, il medesimo comma 4 prevede che la sanzione è determinata in misura pari alla metà del minimo edittale (con applicazione di tale beneficio anche in sede di definizione agevolata in base all’art. 16, comma 3 del D.lgs. n. 472/1997[7]) se:

  1. le attività, ovunque siano state detenute precedentemente, “vengono trasferite” in Italia o in Stati membri dell’Unione europea e in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni con l’Italia, inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale 4 settembre 1996[8]; ovvero
  2. le attività trasferite in Italia o nei predetti Stati erano o sono ivi detenute; ovvero
  3. le attività sono e permangono detenute in un Paese diverso da quelli di cui alla sopracitata lettera a), ma l’autore delle violazioni rilascia all’intermediario finanziario estero presso cui le attività sono detenute un’autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria e allega copia di tale autorizzazione, controfirmata dall’intermediario finanziario estero, alla richiesta di collaborazione volontaria.

Per i casi di cui alle sopracitate lettere a), b) e c), il nuovo art. 5-quinquies, comma 5 del D.L. n. 167/1990, prevede inoltre misure idonee a garantire, in caso di trasferimento delle attività presso altro intermediario, che l’Amministrazione fiscale italiana possa continuare a “monitorare” tali attività successivamente all’emersione, pena l’applicazione di una sanzione pari alla metà di quella già comminata a seguito della procedura di collaborazione volontaria.

Nei casi diversi da quelli di cui al primo periodo del citato comma 4 dell’art. 5-quinquies, la sanzione è determinata nella misura del minimo edittale, ridotto di un quarto.

4. Stati black-list

Nei casi di detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati c.d. black-list (ad es. Svizzera), ai sensi del comma 7 dell’art. 5-quinquies del D.L. n. 167/1990, la misura della sanzione minima per violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale è ridotta al 3 per cento degli importi non dichiarati[9] qualora tali Stati stipulino con l’Italia, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, accordi che consentano un effettivo scambio di informazioni ai sensi dell’art. 26 del modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni.

Inoltre, nel caso in cui lo Stato stipuli un accordo che consenta un effettivo scambio di informazioni, il comma 4 dell’art. 5-quater del D.L. n. 167/1990 prevede, in linea generale, che non si applica il raddoppio dei termini di accertamento, previsto dall’art. 12, comma 2-bis del D.L. n. 78/2009 in caso di detenzione di investimenti e attività estere di natura finanziaria in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Tuttavia, parrebbe permanere il raddoppio dei termini di decadenza di cui all’art. 20 del D.lgs. n. 472/1997 con riferimento alle violazioni relative al monitoraggio fiscale, previsto dall’art. 12, comma 2-ter del D.L. n. 78/2009.

5. La voluntary disclosure per le società residenti e per le attività detenute in Italia

I nuovi commi da 2 a 4 dell’art. 1 del Disegno di legge A.C. n. 2247 estendono – come già anticipato – anche alle società (di capitali e di persone) residenti e ai contribuenti (destinatari degli obblighi di monitoraggio fiscale) autori di violazioni riguardanti attività detenute in Italia la procedura di collaborazione volontaria per sanare violazioni degli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive delle imposte sui redditi, IRAP e IVA, nonché violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta, commesse fino al 30 settembre 2014. Si applicano, sostanzialmente, le procedure sopra descritte.

6. Regime opzionale per contribuenti “minimi”

Nei casi in cui la media delle consistenze detenute illecitamente all’estero non sia superiore a due milioni di euro, è previsto un regime opzionale di determinazione forfettaria dei redditi da assoggettare a tassazione. In particolare, su istanza del contribuente, l’Ufficio (in luogo della determinazione analitica dei redditi) calcola i redditi applicando la misura percentuale del 5 per cento al valore complessivo delle consistenze di fine anno e determina l’ammontare corrispondente all’imposta da versare utilizzando l’aliquota del 27 per cento.

7. Reato di autoriciclaggio

L’art. 3 del Disegno di legge A.C. n. 2247 introdotto in sede referente, introduce, attraverso l’aggiunta del nuovo art. 648-ter.1 al codice penale, il reato di autoriciclaggio, attribuendo rilevanza penale (reclusione da due a otto anni e multa) alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolarne l’identificazione della provenienza delittuosa.

Non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o altre utilità vengono destinate alla utilizzazione o al godimento personale.


[1] E quindi senza che operi l’intrasmissibilità delle sanzioni – sia penali sia amministrative – agli eredi.

[2] Le soglie di punibilità di taluni reati tributari di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 sono state recentemente ridotte dal D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148).

[3] Cfr. nuovo art. 5-quater, comma 1, del D.L. n. 167/1990.

[4] Il nuovo art. 5-septies del D.L. n. 167/1990 istituisce il reato di esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero, che punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni colui che, avvalendosi della procedura collaborazione volontaria, esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero.

[5] Se il contribuente non versa le somme dovute nei termini previsti, la procedura di collaborazione volontaria non si perfeziona e, conseguentemente, non si producono i relativi effetti premiali.

[6] Cfr. art. 1, comma 5 del Disegno di legge A.C. n. 2247.

[7] Cfr. art. 5-quinquies, comma 6, D.L. n. 167/1990.

[8] La riduzione delle sanzioni nella misura pari alla metà del minimo edittale, parrebbe essere consentita anche nell’ipotesi di rimpatrio c.d. “giuridico” degli investimenti e delle attività.

[9] Al ricorrere delle condizioni indicate nel testo, inoltre, non si applica il raddoppio delle sanzioni previste per l’infedele e omessa dichiarazione connessa alla “presunzione di evasione” di cui all’art. 12, comma 2, secondo periodo, del D.L. n. 78/2009.

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