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L’interposizione “fittizia” dei trusts nella detenzione di assets esteri: tra obblighi di Monitoraggio fiscale & Voluntary Disclosure

15 Settembre 2014

Stefano Massarotto e Massimiliano Altomare, Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci

Di cosa si parla in questo articolo

Premessa

Come noto gli obblighi di monitoraggio fiscale di cui all’art. 4 del D.L. n.167/1990 riguardano i contribuenti residenti che “detengono investimenti allestero ovvero attività estere di natura finanziaria1.

Secondo quanto precisato dalla stessa Amministrazione finanziaria2 “l’obbligo di compilazione del quadro RW sussiste anche nel caso in cui le attività siano possedute dal contribuente per il tramite di interposta persona (ad esempio effettiva disponibilità di attività finanziarie e patrimoniali formalmente intestate ad un trust residente o non residente). In particolare, devono essere indicati gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria nonché gli investimenti in Italia e le attività finanziarie italiane, detenute per il tramite di fiduciarie estere o di soggetti esteri fittiziamente interposti che ne risultino formalmente intestatari”.

Il tema è di stretta attualità in vista della prossima scadenza del 30 settembre 2014 prevista per l’invio telematico dei modelli dichiarativi contenenti il quadro RW e della procedura di voluntary disclosure, volta a consentire l’emersione e il rientro in Italia delle attività patrimoniali e finanziarie detenute “in violazione degli obblighi di cui allart. 4, comma 1” del D.L. n.167/1990, attualmente in discussione in Parlamento3.

La detenzione per il tramite di “interposta persona”

Il monitoraggio fiscale è stato sempre finalizzato alla verifica del corretto assolvimento degli obblighi tributari connessi al possesso di beni esteri4; è evidente, quindi, l’imprescindibile legame che deve sussistere tra l’obbligo dichiarativo di cui si discute e la relativa tassazione in capo al contribuente dichiarante.

In altre parole, la compilazione del quadro RW dovrebbe riguardare esclusivamente il soggetto in capo al quale, ai sensi dell’art. 1 del T.U.I.R., risultino tassabili i redditi ritraibili dalle attività estere. Inoltre, poiché il possesso del redito deve essere effettivo, andrebbero disconosciute tutte quelle situazioni in cui il legame tra il possessore del reddito e la relativa fonte venga a spezzarsi in maniera meramente fittizia o comunque apparente.

Al riguardo, è controverso5 se la portata della nozione di “interposta persona” debba ricomprendere solo una (i.e. l’interposizione fittizia) o entrambe (e, quindi, anche l’interposizione reale) le categorie di “interposizione” già individuate in ambito civilistico. Si ricorda che nell’interposizione fittizia il soggetto interposto si limita a simulare la conclusione di un contratto mentre chi realmente esprime la volontà contrattuale è il soggetto interponente risultando, di fatto, imprescindibile la sussistenza di un’intesa trilatera (i.e. tra interponente – interposto – terzo contraente). Nell’interposizione reale, invece, il soggetto interposto agisce come effettivo contraente nei confronti del terzo, assumendo direttamente i diritti che derivano dal contratto e obbligandosi a ritrasferirli all’interponente (soggetto del tutto estraneo al rapporto principale), risultando quindi del tutto ininfluente la presenza del c.d. accordo trilatero6.

A nostro avviso, la questione andrebbe risolta superando il tradizionale dualismo tra le citate forme di interposizione, e concentrando l’analisi sulla funzione e il ruolo ricoperti dal soggetto interposto. Ciò significa, in altri termini, valutare nelle singole fattispecie se tale soggetto intervenga in maniera del tutto passiva, quale mero intestatario dei beni produttivi di reddito al solo fine di occultarne l’effettivo titolare ovvero se, al contrario, assuma un’effettiva funzione e finalità gestoria o di trasferimento a terzi manifestando in proposito un reale interesse. Così procedendo, verrebbero ad essere ricomprese nella nozione di interposizione fittizia in esame non solo le forme di interposizione fittizia civilistica bensì anche le fattispecie di interposizione reale, come definite in precedenza, in cui il ruolo del soggetto interposto risulti del tutto privo di contenuto fino al limite del nulla – tanto da renderlo accomunabile, ai fini reddituali, ad un soggetto interposto (fittizio), con ciò giustificandosi l’imputazione del reddito all’interponente e il possesso, a quest’ultimo, della fonte reddituale ai fini degli obblighi di monitoraggio fiscale.

In tal senso, l’Amministrazione finanziaria7 ha precisato che “Relativamente alla nozione di “interposta persona”, si fa presente che la questione non può essere risolta in modo generalizzato, essendo direttamente connessa alle caratteristiche e alle modalità organizzative del soggetto interposto” esemplificando, inoltre, tra i soggetti interposti il caso di “una società localizzata in un Paese avente fiscalità privilegiata, non soggetta ad alcun obbligo di tenuta delle scritture contabili, in relazione alla quale lo schermo societario appare meramente formale”.

Il trust ed i fenomeni di interposizione fittizia

Come noto il trust, per la sua versatilità, può essere utilizzato per finalità improprie ponendosi quale mero diaframma tra il patrimonio personale del contribuente e la proprietà costituita in trust. Al riguardo l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “ogni qualvolta il trust sia un semplice schermo formale e la disponibilità dei beni che ne costituiscono il patrimonio sia da attribuire ad altri soggetti, disponenti o beneficiari del trust, lo stesso deve essere considerato come un soggetto meramente interposto ed il patrimonio (nonché i redditi da questo prodotti) deve essere ricondotto ai soggetti che ne hanno l’effettiva disponibilità”8.

In tale prospettiva, la “genuinità”del trust dipenderà, in linea generale, dalla sussistenza delle condizioni fissate dalle disposizioni di diritto comune9 e di diritto tributario10 relative al riconoscimento del trust medesimo.

Sul piano concreto, a nostro avviso, andrebbe effettuata un’attenta analisi delle singole fattispecie configurabili atta ad accertare, dal punto di vista documentale e fattuale, che il trustee goda effettivamente di una piena e indiscussa autonomia gestoria dei beni presenti nel trust fund. Così procedendo, infatti, potrà attribuirsi al trust un’autonoma capacità giuridica e, quindi, il possesso dei beni e redditi (nonché escluderne, di fatto, un ruolo di mero soggetto interposto).

In sostanza, si tratta di comprendere se ci siano regole che confermino e precisino la pienezza proprietaria ed il “controllo” in capo al trustee11 ovvero se vi siano soggetti ai quali l’atto di trust o altri documenti attribuiscano “poteri” che di fatto comportino una limitazione sostanziale di quelli del trustee12. E ancora, verificare fattualmente il soggetto che, a prescindere dalle risultanze documentali, eserciti l’effettivo controllo del trust.

E’ il caso, ad esempio, dei nominee agreement aventi la mera denominazione di trust, ove il trustee è privo di poteri sostanziali sui beni presenti nel trust fund, che, invece, spettano indefettibilmente ad uno o più beneficiari, i quali, tra l’altro, possono pretendere il trasferimento del detto fondo quando lo desiderano.

E’ il caso altresì dei trust nudi (cd. bare trust), ove, in conseguenza di eventi intervenuti nel corso della vita del trust13 i beneficiari divengono vested e più precisamente vested in possession e, di conseguenza, il trustee è ridotto ad un mero mandatario (rectius, fiduciario interposto)14.

In tal senso, la stessa Amministrazione finanziaria ha affermato che “Non possono … essere considerati validamente operanti, sotto il profilo fiscale, i trust … nei quali l’attività del trustee risulti eterodiretta dalle istruzioni vincolanti riconducibili al disponente o ai beneficiari. Inoltre … di essenziale importanza è l’effettivo potere del trustee di amministrare e disporre dei beni a lui effettivamente affidati dal disponente. Ne consegue che quest’ultimo non può riservare a sé stesso il potere né il controllo sui beni del trust15.

1

Per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 9 della Legge del 6 agosto 2013, n. 97 (c.d. Legge Europea 2013) l’obbligo in questione è stato esteso anche a coloro che, pur non essendo possessori diretti, risultano titolari effettivi, secondo i criteri dettati dalla normativa antiriciclaggio di cui al D.Lgs. n 231/2007, di assets esteri.

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2

Cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 23 dicembre 2013, n. 38/E, § 1.1..

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3

Cfr. proposta di Legge A.C. n. 2247 (Causi).

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4

Cfr. Circolare del Ministero delle finanze del 24 giugno 1998 n. 165/E, § 6.2..

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5

Tra gli altri si vedano F. Gallo, Prime riflessioni su alcune recenti norme antielusione, in Dir. e Prat. Trib., 1992, I, pag. 1761; A. Lovisolo, Possesso di reddito ed interposizione di persona, in Dir. e Prat. Trib.1993, I, pag. 1665. In giurisprudenza si veda ex multis Cass., Sez. trib., 2 aprile 2000, n. 3979.

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6

Potrebbe essere questo il caso, ad esempio, del contratto di mandato senza rappresentanza, dei negozi fiduciari, ove generalmente il mandato senza rappresentanza è affiancato dal factum fiduciae, ovvero anche delle ipotesi (patologiche) dell’interposizione di un mero prestanome.

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7

Cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 4 dicembre 2001, n. 99/E, § 2.3..

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8

Cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 23 dicembre 2013, n. 38/E § 1.1..

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9

Quali la Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985 e le disposizioni di diritto interno in tema di perseguimento di interessi meritevoli di tutela.

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10

Art. 73 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

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11

Sarebbe opportuna una analisi non solo dei poteri del trustee, ma anche dei suoi obblighi e sanzioni, che ne rafforzano così la sua responsabilità: il trustee dovrebbe rispondere degli inadempimenti a lui imputabili con vere e proprie sanzioni, che riducano la possibilità di “piegarsi” alla volontà altrui.

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12

Si pensi, ad esempio, ai poteri affidati al protector che potrebbero influenzare in modo significativo l’effettivo potere-dovere del trustee di amministrare e disporre dei beni in trust in quanto il ruolo del trustee verrebbe depotenziato a favore di un controllo in via indiretta da parte del disponente attraverso il protector. Si considerino inoltre, gli indicatori di anomalia della Comunicazione UIF del 2 dicembre 2013.

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13

Si pensi, ad esempio, alla cd. regola Saunders v. Vautier secondo la quale i beneficiari di un trust, se tutti in vita e capaci, ove absolutely entitled, possono disporre dei beni come desiderano e quindi hanno diritto di pretendere dal trustee la cessazione del trust e la consegna del fondo in trust, liberandosi delle restrizioni poste dal disponente nell’atto istitutivo.

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14

Cfr. The Law Society, Response to second consultation on FATF standards, settembre 2011, ove, al paragrafo 2.3.1, viene osservato che “A trust is … an arrangement where the trustee is bound to follow the instructions of the beneficiaries … where all the beneficiaries are absolutely entitled and of full age and capacity”.

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15

Cfr. circolare dell’Agenzia delle Entrate del 27 dicembre 2010, n. 61/E.

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