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“Passaporto europeo” e normativa fiscale nel d.lgs. n. 44/2014 di recepimento della direttiva AIFM: alcune considerazioni

22 Maggio 2014

Avv. Giuseppe Serranò e Dott. Tiziano Mariani, CBA Studio Legale e Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa1

Il recepimento della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi (“Alternative Investment Fund Managers”; di seguito la “direttiva AIFM”)2 tramite il d.lgs. 4 marzo 2014 n. 44,3 in vigore dal 9 aprile 2014, costituisce un importante passo in avanti verso l’operatività in Italia del meccanismo del “passaporto europeo”.4 Si tratta, però, a ben vedere, di un’attuazione soltanto parziale visto che, come sempre più spesso accade, il legislatore demanda alla normativa secondaria la concreta definizione di vari aspetti della novella.5 Nel particolare settore di cui ci si occupa, peraltro, il ruolo del Ministero dell’economia e delle finanze, della Banca d’Italia e della Commissione nazionale per le società e la borsa (“Consob”) era già di estrema rilevanza anche prima dell’intervento legislativo in questione. Di conseguenza, per comprendere appieno gli effetti della direttiva AIFM in Italia sarà necessario attendere, tra gli altri, i provvedimenti di modifica o sostituzione del decreto del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica 24 maggio 1999 n. 228, “Regolamento recante norme per la determinazione dei criteri generali cui devono essere uniformati i fondi comuni di investimento”, e del provvedimento della Banca d’Italia 8 maggio 2012, “Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio”. È, tuttavia, possibile svolgere sin d’ora alcune riflessioni preliminari.

Nel diritto dell’Unione europea, con l’espressione “passaporto europeo” si indica il sistema in base al quale, in settori armonizzati, le imprese di uno Stato possono prestare i loro servizi in un altro Stato membro oppure stabilirvisi sulla base della mera autorizzazione dell’autorità competente dello Stato d’origine (“home country control principle”). Le autorità dello Stato di destinazione vengono di regola soltanto informate dell’inizio dell’attività del soggetto estero nel territorio nazionale, tramite invio di un’apposita comunicazione.6 Il sistema del “passaporto europeo” si fonda, naturalmente, su un costante scambio di informazioni tra le autorità dei Paesi coinvolti. In passato, il “passaporto europeo” è già stato sperimentato dall’Unione in settori quali quello bancario e assicurativo e nel mercato mobiliare con la direttiva c.d. “UCITS IV”.7

Allo scopo di individuare i beneficiari dei diritti connessi alla libera circolazione di cui al d.lgs. n. 44/2014, occorre ricordare che la direttiva AIFM è, in linea di principio, rivolta ai soli gestori abituali (“GEFIA”) di fondi di investimento alternativi (“FIA”)8 in prodotti destinati ad “investitori professionali”, ossia, come precisato dall’art. 4 par. 1 lett. ag della stessa direttiva AIFM, a chi “sia considerato un cliente professionale o possa, su richiesta, essere trattato come cliente professionale ai sensi dellAllegato II della direttiva 2004/39/CE (c.d. direttiva MiFID)”,9 definizione questa già presente nel “Regolamento Intermediari” attualmente in vigore10 e che dovrebbe essere conservata dalla normativa secondaria di attuazione del d.lgs. n. 44/2014, ai sensi del combinato disposto della nuova lett. m-undecies dell’art. 1 comma 1 del Testo Unico della Finanza (“TUF”)11 e dei commi 2-quinquies e 2-sexies dell’art. 6 TUF.12

In base all’art. 43 par. 1 della direttiva AIFM, gli Stati membri possono, peraltro, estendere la libera circolazione anche ai gestori di prodotti destinati agli “investitori al dettaglio”,13 purché, ove si tratti di FIA stabiliti in un altro Stato membro e commercializzati su base transfrontaliera, il trattamento riservato non sia più gravoso di quello stabilito per i FIA commercializzati su base nazionale.

In tale prospettiva, il legislatore italiano del d.lgs. n. 44/2014 ha previsto, venendo incontro sul punto alle richieste degli operatori del settore, che le quote o azioni di “FIA italiani riservati” possano essere commercializzate sia nei confronti dei predetti “investitori professionali”, che delle categorie di investitori di cui all’art. 39 comma 2 lett. a TUF, ossia degli “investitori non professionali”, secondo l’attuale terminologia di tale disposizione (la direttiva AIFM parla invece, come si è detto, di “investitori al dettaglio”). Non sembra inverosimile che, una volta completato il quadro normativo di riferimento, le quote di “FIA italiani riservati” possano, dunque, essere commercializzate, oltre che nei confronti dei “clienti professionali14 anche di tutti o parte degli “investitori qualificati” di cui al d.m. n. 228/1999.15 Il nuovo art. 44 comma 5 TUF consente, peraltro, ai gestori di FIA UE e non UE che commercializzano nello Stato di origine dei FIA medesimi le relative azioni o quote nei confronti di investitori al dettaglio, in presenza di talune condizioni, di commercializzare tali FIA in Italia nei confronti di investitori al dettaglio non rientranti nelle categorie di investitori cui possono essere commercializzati FIA italiani riservati, a seguito di espressa autorizzazione della Consob, sentita la Banca d’Italia.

La disposizione transitoria di cui al comma 4 dell’art. 15 del d.lgs. n. 44/2014 prevede, a tale riguardo, che gli OICR italiani riservati a investitori qualificati e gli OICR italiani speculativi di cui al d.m. n. 228/1999 si considerino “FIA italiani riservati” ai sensi dell’art. 1 comma 1 lett. m-quater TUF. Dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 44/2014, essi possono essere commercializzati esclusivamente nei confronti di investitori professionali come definiti dall’art. 1 comma 1 lett. m-undecies TUF e delle categorie di investitori ai sensi dell’art. 39 comma 2 lett. a TUF, nella versione risultante dal predetto d.lgs. n. 44/2014.16

Non si può non sottolineare, inoltre, come la direttiva AIFM non si applichi, in linea di principio e salvo alcuni obblighi indicati all’art. 3 par. 3 della stessa, tra gli altri, ai GEFIA che, direttamente o indirettamente, tramite una società alla quale il GEFIA è legato da gestione o controllo comuni o da una partecipazione importante diretta o indiretta (i) gestiscono portafogli di FIA le cui attività gestite, comprese eventuali attività acquisite mediante la leva finanziaria, non superano in totale la soglia di 100.000.000 di EUR; ovvero (ii) gestiscono portafogli di FIA le cui attività gestite non superano in totale la soglia di 500.000.000 di EUR, quando i portafogli di FIA consistono in FIA che non ricorrono alla leva finanziaria e non prevedono il diritto di rimborso esercitabile per un periodo di cinque anni a decorrere dalla data di investimento iniziale in ciascun FIA (art. 3 par. 2 della direttiva AIFM).17 Le modalità di calcolo dei parametri indicati sono meglio individuate nel regolamento delegato della Commissione (UE) n. 231/2013.18 Se intendono beneficiare dei diritti garantiti dalla direttiva AIFM, di conseguenza, detti GEFIA devono scegliere di assoggettarsi volontariamente alla direttiva AIFM medesima (art. 3 par. 4).19 L’art. 35-undecies TUF, introdotto dal d.lgs. n. 44/2014, ha, invece, sottoposto anche i predetti gestori ai medesimi obblighi previsti per i gestori che superano le predette soglie, salvo che la Banca d’Italia e la Consob, ciascuna nell’ambito delle rispettive competenze, non decidano di esentarli espressamente dal rispetto delle disposizioni attuative dell’art. 6 commi 1, 2 e 2-bis TUF.

Non si può, d’altra parte, analizzare la portata del sistema del “passaporto europeo” in Italia, senza fare un ulteriore cenno alle nuove definizioni introdotte nel TUF dal d.lgs. n. 44/2014, anche perché, in alcuni casi, esse non sono perfettamente sovrapponibili a quelle contenute nella direttiva AIFM, data la chiara volontà del legislatore italiano di preservare la specificità della terminologia “interna”.

In questa sede, sarà sufficiente ricordare che nella direttiva AIFM sono “GEFIA” “le persone giuridiche che esercitano abitualmente lattività di gestione di uno o più FIA”, ossia di organismi di investimento “non UCITS IV” che “raccolgono capitali da una pluralità di investitori al fine di investirli in conformità di una politica di investimento definita a beneficio di tali investitori” (art. 4 par. 1 lett. b e della direttiva AIFM). E’, dunque,“GEFIA UE” il “GEFIA che abbia la sede legale in uno Stato membro” (lett. l).

Il legislatore italiano ha introdotto, invece, con il d.lgs. n. 44/2014, la più generale categoria di “gestori” (art. 1 comma 1 lett. q-bis TUF),20 nella quale sono compresi la SGR, la SICAV21 e la SICAF22 che gestiscono direttamente i propri patrimoni, la società di gestione UE,23 il GEFIA UE, il GEFIA non UE, il gestore di EuVECA24 e il gestore di EuSEF.25 La particolare attenzione ai soggetti di diritto nazionale ha dunque indotto ad indicare come “gestori di FIA UE” – “GEFIA UE” (lett. p) – ma lo stesso vale anche per le “società di gestione UE” (lett. o-bis) – soltanto i gestori aventi sede in uno degli altri 27 Stati dell’Unione europea diversi dall’Italia. I soggetti di diritto italiano che svolgono la funzione di gestore (SGR, SICAV e SICAF, appunto) rientrano al contrario nella più ampia categoria dei “soggetti abilitati” di cui alla lett. r dell’art. 1 comma 1 TUF. Sono, invece, “gestori di FIA non UE” tutti i gestori autorizzati ai sensi della direttiva AIFM con sede legale in uno Stato non appartenente all’Unione europea (lett. q).

Per quanto concerne, infine, gli organismi di investimento “alternativi” oggetto della gestione, il TUF, a seguito delle modifiche operate dal d.lgs. n. 44/2014, distingue ora tra “OICR alternativi italiani (FIA italiani)” (art. 1 comma 1 lett. m-terTUF), “OICR alternativi UE (FIA UE)” (lett. m-quinquies) e “OICR alternativi non UE (FIA non UE)” (lett. m-sexies).26

2.Passaporto europeo e direttiva AIFM

La direttiva AIFM dedica al meccanismo del “passaporto europeo” in particolare gli artt. 31 ss.

In estrema sintesi, dal 22 luglio 2013 (data entro la quale gli Stati membri avrebbero dovuto recepire la direttiva AIFM), i GEFIA UE possono commercializzare quote o azioni di FIA UE presso investitori professionali dell’Unione ove gli stessi rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva AIFM.

In primo luogo, il GEFIA UE può effettuare tale commercializzazione nel proprio Stato di origine (art. 31 par. 1 e 2).27 Tale GEFIA UE è, inoltre, autorizzato a commercializzare i medesimi prodotti presso investitori professionali di un altro Stato membro (art. 32 par. 1 e 2).28 In tale ultimo caso, previa richiesta del GEFIA UE, è l’autorità competente dello Stato d’origine a dover informare l’autorità dello Stato membro di commercializzazione dell’intenzione del GEFIA UE di procedere alla commercializzazione in quest’ultimo Stato (art. 32 par. 2-3). L’art. 34 della direttiva AIFM impone, infine, agli Stati membri di consentire la gestione da parte di GEFIA UE di FIA non UE che non sono commercializzati nell’Unione purché siano rispettate tutte le disposizioni della direttiva AIFM, ad eccezione di quelle in tema di soggetto depositario (art. 21) e bilanci annuali (art. 22).

A partire dal 22 luglio 2015, il meccanismo del “passaporto europeo” sarà applicabile anche ai GEFIA UE autorizzati che intendono vendere quote o azioni dei FIA non UE che gestiscono29 a investitori professionali nel loro Stato membro d’origine e/o in altri Stati membri, purché gli stessi si conformino alla direttiva AIFM, ad eccezione del capo VI della stessa30 (considerando n. 62 e art. 35).31

Peraltro, in base all’art. 36 della direttiva AIFM, gli Stati membri possono consentire a un GEFIA UE la commercializzazione, solo nel loro territorio, di FIA non UE e dei FIA di alimentazione32 che non rispettano le previsioni di cui all’art. 31 par. 1 anche fuori del meccanismo del “passaporto europeo”, a condizione che: a) il GEFIA rispetti tutte le condizioni della direttiva AIFM, ad eccezione delle disposizioni sul soggetto depositario (art. 21) e che siano nominati uno o più soggetti che svolgano i compiti di cui all’art. 21 par. 7, 8 e 9 che non possono essere svolti dal GEFIA; b) esistano appropriati meccanismi di cooperazione tra le autorità competenti dello Stato membro d’origine del GEFIA e le autorità di vigilanza del Paese terzo in cui il FIA non UE è stabilito, al fine di assicurare quantomeno un efficace scambio di informazioni che consenta alle autorità competenti di esercitare le loro funzioni in conformità della direttiva AIFM; c) il Paese terzo in cui il FIA non UE è stabilito non sia catalogato come Paese o territorio non cooperativo dal FATF;33 d) il Paese terzo in cui il FIA non UE è stabilito abbia firmato con lo Stato membro d’origine del GEFIA autorizzato e con ogni altro Stato membro in cui si intendono commercializzare le quote o azioni del FIA non UE un accordo che rispetti pienamente le norme di cui all’art. 26 del modello di convenzione fiscale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e assicuri un efficace scambio di informazioni in materia fiscale, compresi eventuali accordi fiscali multilaterali. L’art. 36 perderà la propria efficacia, ai sensi dell’art. 66 par. 4, presumibilmente a decorrere dal 22 luglio 2018.

Il 22 luglio 2015 costituisce anche la data a partire dalla quale il “passaporto europeo” sarà altresì applicabile ai GEFIA non UE (artt. 37 e 67 par. 6 della direttiva AIFM). Il ruolo di Stato membro d’origine sarà in questo caso svolto dallo Stato individuato dal par. 4 dell’art. 37 della direttiva AIFM e dal regolamento di esecuzione (UE) n. 448/2013.34 Una volta autorizzato, il GEFIA non UE potrà commercializzare i propri FIA UE o non UE anche in altri Stati membri (artt. 39 ss. della direttiva AIFM).

Infine, ai sensi dell’art. 42 della direttiva AIFM, gli Stati membri possono consentire, esclusivamente sul loro territorio e presso i soli investitori professionali, la circolazione di GEFIA non UE anche fuori dal regime del “passaporto europeo”, purché si verifichino almeno le seguenti condizioni: a) il GEFIA non UE rispetti gli artt. 22, 23 e 2435 per ciascun FIA che commercializza e gli artt. da 26 a 3036 qualora il FIA dallo stesso commercializzato rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 26 par. 1; b) esistano appropriati meccanismi di cooperazione, finalizzati alla vigilanza sul rischio sistemico e conformi alle norme internazionali, tra le autorità competenti degli Stati membri in cui i FIA sono commercializzati, se del caso, le autorità competenti dei FIA UE interessati e le autorità di vigilanza del Paese terzo in cui è stabilito il GEFIA non UE ed eventualmente le autorità di vigilanza del Paese terzo in cui è stabilito il FIA non UE, al fine di assicurare un efficace scambio di informazioni che consenta alle autorità competenti degli Stati membri interessati di esercitare le loro funzioni in conformità della direttiva AIFM; c) il Paese terzo in cui è stabilito il GEFIA non UE o il FIA non UE non sia catalogato come Paese o territorio non cooperativo dal FATF. L’art. 42 cesserà, tuttavia, anch’esso di produrre effetti, ai sensi dell’art. 66 par. 4 della direttiva AIFM, a decorrere dal 22 luglio 2018.

3. Il passaporto europeo nel d.lgs. n. 44/2014

Per quanto concerne i soggetti abilitati in Italia beneficiari della libera circolazione, il diritto delle SGR e delle SICAV e SICAF che gestiscono i propri patrimoni di prestare i propri servizi, anche senza stabilirvi succursali, in altri Stati UE e non UE è affermato in via di principio nell’art. 41 commi 1 e 4 TUF. La Banca d’Italia, sentita la Consob, stabilisce con regolamento le modalità di esercizio di tale diritto.

Gli artt. 41-bis, 41-ter e 41-quater TUF prevedono, invece, il diritto alla prestazione di servizi e allo stabilimento di succursali nel territorio della Repubblica, rispettivamente, per le società di gestione UE, per i GEFIA UE e per i GEFIA non UE. Si noti che la Banca d’Italia non ha potere discrezionale circa l’ingresso dei soggetti UE all’interno del territorio italiano, dovendone essere solo informata (dell’informativa è poi data comunicazione tempestiva da parte della stessa Banca d’Italia alla Consob: artt. 41-bis comma 1 e 41-ter comma 1 TUF).

Laddove però la società di gestione UE intenda gestire un OICVM italiano, essa è tenuta a rispettare le norme relative agli OICR italiani di cui al capo II titolo II TUF e quelle stabilite dalla Banca d’Italia, sentita la Consob, ai sensi dell’art. 6 comma 1 lett. c TUF (art. 41-bis comma 3 TUF). L’approvazione del regolamento del fondo o l’autorizzazione alla SICAV è subordinata alle seguenti condizioni: a) il fondo o la SICAV rispettino il medesimo art. 41-bis; b) la società di gestione UE sia autorizzata a gestire nello Stato d’origine un OICVM con caratteristiche analoghe a quello oggetto di approvazione; c) sussista un accordo con il depositario in base al quale questi abbia tutte le informazioni necessarie per lo svolgimento dei propri compiti.37 Ove intenda rifiutare l’approvazione o l’autorizzazione, la Banca d’Italia consulta l’autorità competente dello Stato membro d’origine della società di gestione UE (comma 4).

Il GEFIA UE può, invece, gestire un FIA italiano, ove sia autorizzato a gestire nello Stato d’origine FIA con caratteristiche analoghe a quello oggetto di approvazione e sussista un accordo con il depositario in base al quale questi abbia tutte le informazioni necessarie per lo svolgimento dei propri compiti (comma 2).38

Inoltre, sia le società di gestione UE che i GEFIA UE devono rispettare le norme di condotta di cui all’art. 35-decies TUF, ove operino attraverso succursali italiane, e l’art. 8 comma 1 TUF sullo scambio di informazioni con le autorità di vigilanza (artt. 41-bis comma 6 e 41-ter comma 4 TUF). I soli GEFIA UE devono altresì rispettare gli obblighi in materia di gestione dei conflitti di interesse di cui all’art. 6 comma 2-bis lett. TUF.

Ai sensi dell’art. 41-quater comma 1 TUF, spetta alla Banca d’Italia, d’intesa con la Consob, autorizzare i GEFIA non UE alla gestione di FIA italiani e FIA UE o alla commercializzazione nel territorio dell’UE dei FIA gestiti, quando l’Italia è, ai sensi della direttiva AIFM, lo Stato di riferimento. Le disposizioni in tema di GEFIA UE di cui all’art. 41-ter TUF si applicano, in quanto compatibili, anche ai GEFIA non UE autorizzati in un altro Stato dell’Unione, quando intendono gestire un FIA italiano (commi 2-3). La procedura per l’autorizzazione dei GEFIA non UE che abbiano l’Italia come Stato di riferimento e le norme di attuazione della direttiva AIFM per i GEFIA non UE autorizzati in altro Stato membro dell’Unione devono essere stabilite con regolamento della Banca d’Italia, sentita la Consob.

I nuovi artt. 43 e 44 TUF disciplinano, rispettivamente, la commercializzazione dei “FIA riservati” e dei “FIA non riservati”, laddove per “commercializzazione” si intende “lofferta, anche indiretta, su iniziativa o per conto del gestore, delle quote o azioni del FIA gestito rivolta ad investitori residenti o aventi sede legale nel territorio dellUE” (art. 43 comma 1 TUF).39

Sebbene sotto la rubrica “Commercializzazione di FIA riservati”, l’art. 43 TUF si occupa sia della commercializzazione in Italia di quote o azioni di FIA italiani riservati, di FIA UE e di FIA non UE gestiti da una SGR o da un GEFIA non UE autorizzato in Italia ai sensi della direttiva AIFM, sia della commercializzazione in un altro Stato dell’Unione europea “nei confronti di investitori professionali” di quote o azioni di FIA italiani (si noti: non solo di FIA riservati), FIA UE e FIA non UE gestiti da una SGR o da un GEFIA non UE autorizzato in Italia.

In entrambi i casi, la commercializzazione richiede una previa notifica alla Consob, cui compete di dare tempestiva informazione della stessa e dei relativi documenti alla Banca d’Italia (comma 2). La procedura da seguire dovrà essere individuata con apposito regolamento della Consob, sentita la Banca d’Italia (comma 6). Tra le varie informazioni che devono essere comunicate vi sono quelle finalizzate a impedire la commercializzazione nei confronti degli investitori al dettaglio (comma 3 lett. g).

Entro 20 giorni lavorativi dalla notifica, la Consob, d’intesa con la Banca d’Italia, comunica al richiedente che può procedere alla commercializzazione. Qualora la richiesta riguardi la commercializzazione in Italia, da parte di una SGR o di un GEFIA non UE autorizzato in Italia, di un FIA UE la comunicazione è effettuata anche nei confronti dello Stato d’origine del FIA (comma 4). Qualora, invece, si sia autorizzata la commercializzazione in uno Stato membro dell’Unione diverso dall’Italia, sulla base del meccanismo del “passaporto europeo”, la Consob comunica il provvedimento anche allo Stato straniero interessato. Il gestore non potrà iniziare la propria attività in detto Paese prima della ricezione della comunicazione della Consob di avvenuta trasmissione del fascicolo.

Le modifiche alle informazioni trasmesse in sede di notifica debbono, inoltre, essere comunicate alla Consob almeno 30 giorni prima della loro entrata in vigore (comma 5). Nei successivi 30 giorni la Consob e la Banca d’Italia, cui la Consob avrà tempestivamente trasmesso la nuova comunicazione, possono vietare le modifiche proposte (comma 7).

Il comma 8 dell’art. 43 TUF disciplina, altresì, la commercializzazione in Italia ad investitori professionali (o a quelli individuati ai sensi del citato art. 39 comma 2 lett. a TUF) di quote o azioni di FIA italiani riservati, FIA UE e non UE gestiti da un GEFIA UE o non UE autorizzato in uno Stato membro diverso dall’Italia in base alla direttiva AIFM. In tale ipotesi, la commercializzazione deve essere preceduta da apposita notifica alla Consob da parte dell’autorità dello Stato d’origine del GEFIA con riferimento a ciascun FIA, comunicazione che la Consob provvederà poi a inoltrare alla Banca d’Italia. La notifica dovrà avvenire sulla base di un’apposita procedura rimessa a regolamento della Consob, da emanarsi sentita la Banca d’Italia.

Le medesime disposizioni si applicano anche ai FIA italiani, ai FIA UE e ai FIA non UE che gestiscono i propri patrimoni (art. 43 comma 9 TUF).

Disposizioni analoghe sono contenute nell’art. 44 TUF relativo alla commercializzazione in Italia di FIA non riservati.

Ai sensi dei commi 1 e 4 di tale norma, sulla base di un’apposita procedura individuata dalla Consob, sentita la Banca d’Italia, ogni gestore deve comunicare alla Consob stessa la propria intenzione di commercializzare in Italia quote o azioni di FIA non riservati agli investitori di cui all’art. 43, per ciascun FIA. Entro i successivi 10 giorni lavorativi, la Consob autorizza la commercializzazione del FIA presso gli investitori al dettaglio. I gestori di FIA UE o non UE che già commercializzano nello Stato d’origine dei FIA al dettaglio devono presentare, per la commercializzazione in Italia, istanza di autorizzazione alla Consob (commi 4 e 6). L’autorizzazione è rilasciata a condizione che: a) i gestori abbiano completato le procedure di cui all’art. 43 TUF; b) gli schemi di funzionamento e le norme di contenimento e frazionamento del rischio siano compatibili con quelli previsti per i FIA italiani; c) la disciplina del depositario sia equivalente a quella applicabile ai FIA italiani non riservati; d) il regolamento o lo statuto del FIA non consenta trattamenti preferenziali nei confronti di uno o più investitori o categorie di investitori e delle disposizioni dell’UE vigenti in materia; e) il modulo organizzativo adottato assicuri in Italia l’esercizio dei diritti patrimoniali degli investitori in conformità alle disposizioni regolamentari dettate dalla Consob, sentita la Banca d’Italia; f) le informazioni da mettere a disposizione degli investitori al dettaglio prima dell’investimento risultino complete, coerenti e comprensibili (comma 5).

4. Considerazioni sulle modifiche in materia fiscale di cui al d.lgs. n. 44/201440

Da un punto di vista fiscale, il d.lgs. n. 44/2014, nell’introdurre le SICAF, non ha ritenuto di creare per le stesse un regime fiscale ad hoc. Più precisamente, l’art. 9 TUF di tale provvedimento normativo prevede che la modalità di tassazione del “nuovo” strumento, nonché dei soggetti che ne risultano partecipanti, sia quella applicabile ai fondi comuni di investimento immobiliare, evidentemente qualora si tratti di SICAF con investimento tipico immobiliare, che rispetti il quantum stabilito dalla rispettiva disciplina regolamentare. Le altre tipologie di SICAF saranno, invece, assoggettate alla disciplina fiscale già prevista per le SICAV. Si ritiene che tale disposizione trovi la sua eziologia nel fatto che la direttiva AIFM prevede un’ampia definizione di organismi di investimento, comprendente anche le società di investimento, qualora tali organismi abbiano determinate peculiarità che risultano ravvisabili nella contestuale presenza di una pluralità di partecipanti e nella “eterogestione” in relazione alle scelte di investimento. Ricordiamo, sul tema, che l’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 33/E del 15 luglio 2011,41 ha chiaramente delineato che i fondi comuni di investimento, aventi i suddetti requisiti di pluralità degli investitori nonché di autonomia della società di gestione, risultano essere assoggettati al regime fiscale “agevolato” degli organismi di investimento collettivo. Diversamente, la carenza o assoluta mancanza dei suddetti requisiti deve necessariamente implicare l’applicazione dell’imposta sul reddito delle società (“IRES”) sulla base delle disposizioni ordinarie previste dal d.lgs. 22 dicembre 1986 n. 917 (“TUIR”).42 Ciò al fine di contrastare, stante le precisazioni dell’Amministrazione finanziaria, un utilizzo improprio e di fatto elusivo dei suddetti strumenti di gestione collettiva del risparmio per ottenere indebiti vantaggi fiscali. Si segnala, inoltre, che, in coerenza con l’introduzione delle SICAF immobiliari e per esigenze di coordinamento, sono stati altresì novellati i commi 5-quater e 5-quinquies dell’art. 73 TUIR allo scopo di ampliare a tutti gli OICR “immobiliari” in generale, e non solamente ai “fondi”, le specifiche disposizioni ivi previste.

Le novità delineate dal d.lgs. n. 44/2014 in ambito fiscale risultano avere principalmente due finalità, così come è possibile evincere dalla lettura della relazione governativa che accompagna tale provvedimento legislativo. In primo luogo, si è perseguita la semplificazione in ordine alla definizione della base imponibile dei redditi rivenienti dal possesso, latu sensu, di quote o azioni di OICR. In secondo luogo, il Governo ha dovuto allineare la disciplina applicabile ai partecipanti in organismi di investimento di diritto italiano fiscalmente residenti in Italia rispetto a quella applicabile ai partecipanti in OICR di diritto estero, pur rimanendo invariata, a livello sistemico nazionale, la distinzione prevista in materia tra gli OICR immobiliari e rispetto a quelli mobiliari. In particolare, per pervenire ai suddetti obiettivi, ai sensi degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 44/2014, sono stati modificati l’art. 26-quinquies del d.p.r. n. 600/197343 per quel che concerne gli organismi di investimento del risparmio non immobiliari italiani, nonché l’art. 10-ter della legge n. 77/198344 per quanto riguarda quelli esteri.

Onde agevolare le modalità di determinazione della base imponibile proveniente dalle operazioni su OICR ed evitare eventuali effetti distorsivi, ne sono state modificate la modalità di calcolo all’atto della cessione, rimborso o liquidazione di quote o azioni di OICR. Per comprendere i cambiamenti apportati, ricordiamo che, sino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 44/2014, con riferimento ai suddetti atti di cessione, rimborso o liquidazione di quote o azioni di organismi di investimento si potevano ottenere sia “redditi di capitale” sia “redditi diversi”. I primi, che per intrinseche caratteristiche non possono che essere positivi ai sensi dell’art. 44 comma 1 lett. TUIR, derivavano dalla differenza tra il valore di riscatto, di liquidazione o di cessione delle quote o azioni e il costo medio ponderato di sottoscrizione o acquisto delle quote o azioni medesime, come risultante dai “prospetti periodici” (i cosiddetti “delta NAV”).45 I secondi, ovvero i redditi diversi ai sensi dell’art. 67 comma 1 lett. c-terTUIR, si originavano dalla differenza tra il corrispettivo percepito ed il costo o il valore di acquisto, al netto del delta NAV (costituente, per l’appunto, reddito di capitale). Ora, invece, quale conseguenza dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 44/2014, in caso di risultato positivo, calcolato quale raffronto tra il valore di riscatto, liquidazione o cessione e il costo medio ponderato di acquisto o sottoscrizione, il medesimo può costituire unicamente reddito di capitale, anche qualora le azioni o quote di partecipazione all’OICR risultino negoziate in mercati regolamentati e il corrispettivo di cessione o d’acquisto si discosti dal valore della quota (su base NAV) alla data di cessione o acquisto. Ciò risulta conseguenza del fatto che nel comma 3 dell’art. 26-quinquies del d.p.r. n. 600/1973 è stato eliminato il riferimento ai “prospetti periodici”. Diversamente, in caso di differenza negativa, non può che determinarsi una minusvalenza compensabile, ovverosia un “reddito diverso”, come peraltro già ribadito dalla stessa Agenzia delle entrate nella circolare n. 33/E del 2011. La conseguenza della suddetta novella normativa risulta, pertanto, duplice: da un lato si evitano articolate modalità di calcolo della tassazione pervenendo ad un più semplice monitoraggio della posizione fiscale per gli strumenti finanziari in analisi; dall’altro, tuttavia, la nuova modalità di tassazione, stabilendo che tutti i differenziali positivi costituiscano redditi di capitale, esclude l’eventuale compensazione con minusvalenze che, in quanto redditi diversi, non risultano compensabili con altre tipologie di reddito.

Per quel che riguarda, invece, la seconda modifica in ambito tributario derivante dal recepimento della direttiva AIFM, si ricorda che, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 44/2014, la disciplina fiscale di cui all’art. 10-ter della legge n. 77/1983 si applica anche agli OICR (e non più solo agli OICVM) di diritto estero, diversi da quelli che investono in beni immobili, ricorrendone tutti i presupposti previsti dal medesimo articolo. È stata, pertanto, ampliata la platea dei soggetti a cui si applicano le disposizioni nazionali, in tema di tassazione, prima riservate agli organismi di investimento mobiliare.

Sempre in campo fiscale, il novellato comma 2-ter dell’art. 10-ter della legge n. 77/1983 identifica il sostituto d’imposta nel caso in cui una società di gestione italiana istituisca e gestisca all’estero OICR. In quest’ambito, risulta essere la stessa società di gestione italiana ad operare quale sostituto di imposta, fatti salvi i casi in cui le azioni o le quote dell’OICR siano immesse in un deposito accentrato o siano oggetto di negoziazione. In tali casi, il sostituto di imposta risulta essere, rispettivamente, (i) il depositario delle stesse, direttamente o indirettamente aderente al suddetto sistema di deposito accentrato, nonché i soggetti non residenti aderenti a detto sistema di deposito accentrato ovvero a sistemi esteri di deposito accentrato aderenti al medesimo sistema, ovvero (ii) il soggetto che è stato incaricato della negoziazione.

Tornando all’ampliata categoria degli OICR immobiliari, risulta rilevante la modifica introdotta dall’art. 13 del d.lgs. n. 44/2014 che ha la finalità di equiparare la tassazione prevista per i partecipanti fiscalmente residenti in Italia, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano quotisti di OICR immobiliari italiani o esteri, onde evitare fenomeni elusivi. A tale obiettivo si è pervenuti espungendo dall’art. 8 del d.l. n. 512/198346 il richiamo ai fondi immobiliari esteri, ai quali risulta ora applicabile la disciplina in materia di ritenute di cui all’art. 7 del d.l. n. 351/2001,47 nonché quella prevista all’art. 32 del d.l. n.78/2010,48 ivi compresa la disciplina in esso presente in ordine alla tassazione c.d. “per trasparenza” dei soggetti fiscalmente residenti in Italia e possessori di quote o azioni di OICR immobiliari di diritto estero. Pertanto, nel caso in cui il partecipante fiscalmente residente in Italia non dovesse rientrare tra i c.d. “soggetti istituzionali”, ai sensi del comma 3 del predetto art. 32,49 e dovesse possedere, al termine del periodo d’imposta, una quota di partecipazione superiore al 5%, anche considerando eventuali partecipazioni “indirette”, i redditi conseguiti dall’OICR immobiliare estero e rilevati nei rendiconti di gestione verrebbero imputati al partecipante medesimo per trasparenza (indipendentemente, pertanto, dall’effettiva percezione), senza applicazione della ritenuta del 20%. Sul punto, si può ritenere che i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate in ordine alla tassazione dei fondi immobiliari di diritto italiano “non istituzionali” di cui alla circolare n. 2/E del 2012 possano essere estesi anche agli OICR immobiliari di diritto estero.50

Infine, si sottolinea che, coerentemente con quanto accade per gli OICR immobiliari di diritto italiano e differentemente rispetto a quanto prima analizzato con riferimento alle altre tipologie di OICR attualmente disciplinate, in caso di cessione di azioni o quote di OICR immobiliari esteri si determinano unicamente redditi diversi.

1

L’Avv. Serranò ha curato i par. 1-3; il Dott. Mariani il par. 4.

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2

Cfr. direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2011 sui gestori di fondi di investimento alternativi che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010, in Gazz. Uff. Un. eur., L 174 del 1° luglio 2011.

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3

Pubblicato in Gazz. Uff., n. 70 del 25 marzo 2014.

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4

Com’è noto, a causa del ritardo dell’Italia nel recepimento della direttiva AIFM, la Banca d’Italia e la Consob hanno adottato la comunicazione congiunta reperibile al sito www.bancaditalia.it/vigilanza/normativa/norm_bi/circ-reg/disciplina_gest_collettiva_risparmio/Comunicazione_22_luglio__def.pdf.

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5

In base all’art. 15 comma 1 del d.lgs. n. 44/2014, le disposizioni attuative emanate ai sensi delle norme abrogate o sostituite dal medesimo d.lgs. n. 44/2014 continuano ad applicarsi, in quanto compatibili con la direttiva AIFM e con le relative misure di esecuzione, fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti di attuazione del d.lgs. n. 44/2014 nelle corrispondenti materie. Nel periodo transitorio, la Banca d’Italia e la Consob conservano tutti i poteri previsti dal TUF nella versione previgente.

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6

Le autorità di tale Stato conservano, peraltro, determinati poteri di controllo soprattutto ove vi sia, da parte del soggetto estero, lo stabilimento di succursali nel territorio nazionale.

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7

UCITS” è l’acronimo di “Undertakings for Collective Investment in Transferable Securities”. Cfr. direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (rifusione), in Gazz. Uff. Un. eur., L 302 del 17 novembre 2009, successivamente modificata dalle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2010/78/UE del 24 novembre 2010, ibidem, L 331 del 15 dicembre 2010; 2011/61/UE cit. supra, nota 2; 2013/14/UE del 21 maggio 2013, in Gazz. Uff. Un. eur., L 145 del 31 maggio 2013.

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8

Ossia gli organismi di investimento collettivo non soggetti alla direttiva “UCITS IV”. La lett. a del par. 1 dell’art. 4 della direttiva AIFM indica come “FIA” “gli organismi di investimento collettivo, compresi i relativi comparti, che (i) raccolgono capitali da una pluralità di investitori al fine di investirli in conformità di una politica di investimento definita a beneficio di tali investitori; e (ii) non necessitano di unautorizzazione ai sensi dellart. 5 della direttiva 2009/65/CE”.

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9

Cfr. direttiva2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio, in Gazz. Uff. Un. eur., L 145 del 30 aprile 2004, rettificata ibidem, L 45 del 13 febbraio 2005, successivamente modificata dalle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2006/31/CE del 5 aprile 2006, ibidem, L 114 del 27 aprile 2006; 2007/44/CE del 5 settembre 2007, ibidem, L 247 del 21 settembre 2007; 2008/10/CE dell’11 marzo 2008, ibidem, L 76 del 19 marzo 2008; 2010/78/UE cit. supra, nota 7.

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10

Cfr. deliberazione 29 ottobre 2007 n. 16190 della Consob recante norme di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di intermediari, in Gazz. Uff., n. 255 del 2 novembre 2007, suppl. ord. n. 222, più volte modificata.

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11

Cfr. d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58, “Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52”, in Gazz. Uff., n. 71 del 26 marzo 1998, suppl. ord. n. 52, più volte modificato.

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12

Si ricorda che ai sensi dell’art. 5 par. 1 della direttiva AIFM, ogni FIA deve essere gestito da un solo GEFIA, il quale può essere un gestore esterno oppure lo stesso FIA ove la forma giuridica di quest’ultimo consenta la gestione interna e il consiglio di amministrazione del fondo scelga di non nominare un GEFIA esterno.

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13

Sia l’art. 4 par. 1 lett. aj della direttiva AIFM che l’art. 1 comma 1 lett. m-duodecies TUF definiscono come tali gli investitori non professionali.

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14

Sono “clienti professionali privati di diritto” in base all’allegato 3 del Regolamento Intermediari, adottato ai sensi dell’art. 6 comma 2-quinquies TUF, “per tutti i servizi e gli strumenti di investimento: (1) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o esteri quali: a) banche; b) imprese di investimento; c) altri istituti finanziari autorizzati o regolamentati; d) imprese di assicurazione; e) organismi di investimento collettivo e società di gestione di tali organismi; f) fondi pensione e società di gestione di tali fondi; g) i negoziatori per conto proprio di merci e strumenti derivati su merci; h) soggetti che svolgono esclusivamente la negoziazione per conto proprio su mercati di strumenti finanziari e che aderiscono indirettamente al servizio di liquidazione, nonché al sistema di compensazione e garanzia (locals); i) altri investitori istituzionali; l) agenti di cambio; (2) le imprese di grandi dimensioni che presentano a livello di singola società, almeno due dei seguenti requisiti dimensionali: – totale di bilancio: 20 000 000 EUR, – fatturato netto: 40 000 000 EUR, – fondi propri: 2 000 000 EUR. (3) gli investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari, compresi gli enti dediti alla cartolarizzazione di attivi o altre operazioni finanziarie. I soggetti elencati possono richiedere al prestatore del servizio un trattamento quale cliente al dettaglio e gli intermediari possono convenire di fornire loro un livello più elevato di protezione. Quando il cliente è un’impresa come definita in precedenza, l’intermediario deve informarla, prima di qualunque prestazione di servizi, che, sulla base delle informazioni di cui dispone, essa viene considerata di diritto un cliente professionale e verrà trattata come tale a meno che l’intermediario e il cliente convengano diversamente. L’intermediario deve inoltre informare il cliente del fatto che può richiedere una modifica dei termini dell’accordo per ottenere un maggior livello di protezione. Spetta al cliente considerato professionale di diritto chiedere un livello più elevato di protezione se ritiene di non essere in grado di valutare o gestire correttamente i rischi assunti. A tal fine, i clienti considerati professionali di diritto concludono un accordo scritto con il prestatore del servizio che stabilisca i servizi, le operazioni e i prodotti ai quali si applica il trattamento quale cliente al dettaglio. Ai sensi dell’art. 2 comma 1 del d.m. 11 novembre 2011 n. 236, in Gazz. Uff., n. 56 del 7 marzo 2012,sono “clienti professionali pubblici” (di diritto), invece, la Banca d’Italia e il Governo della Repubblica. Sia il Regolamento Intermediari che il d.m. n. 236/2011 prevedono la possibilità anche per altri soggetti di divenire clienti professionali “su richiesta”.

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15

Tale categoria è una peculiarità dell’ordinamento italiano. Ai sensi dell’art. 1 comma 1 lett. h del d.m. n. 228/1999, adottato ai sensi dell’allora art. 37 TUF, corrispondente negli obiettivi all’attuale art. 39 TUF, sono “investitori qualificati“- le imprese di investimento, le banche, gli agenti di cambio, le società di gestione del risparmio (SGR), le società di investimento a capitale variabile (SICAV), i fondi pensione, le imprese di assicurazione, le società finanziarie capogruppo di gruppi bancari e i soggetti iscritti negli elenchi previsti dagli articoli 106, 107 e 113 del testo unico bancario; – i soggetti esteri autorizzati a svolgere, in forza della normativa in vigore nel proprio Paese di origine, le medesime attività svolte dai soggetti di cui al precedente alinea; – le fondazioni bancarie; – le persone fisiche e giuridiche e gli altri enti in possesso di specifica competenza ed esperienza in operazioni in strumenti finanziari espressamente dichiarata per iscritto dalla persona fisica o dal legale rappresentante della persona giuridica o dellente”.

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16

Ossia “le categorie di investitori non professionali nei cui confronti è possibile commercializzare quote di FIA italiani riservati, secondo le modalità previste dall’articolo 43”.

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17

Parimenti, la direttiva AIFM non si applica ai GEFIA nella misura in cui gestiscono uno o più FIA i cui unici investitori sono i GEFIA stessi o loro imprese madri o imprese figlie o altre affiliate di tali imprese madri, purché nessuno di questi investitori sia per se stesso un FIA (art. 3 par. 1 della direttiva AIFM).

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18

Cfr. regolamento delegato (UE) n. 231/2013 della Commissione del 19 dicembre 2012 che integra la direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda deroghe, condizioni generali di esercizio, depositari, leva finanziaria, trasparenza e sorveglianza, in Gazz. Uff. Un. eur., L 83 del 22 marzo 2013.

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19

Cfr. regolamento di esecuzione (UE) n. 447/2013 della Commissione del 15 maggio 2013 che stabilisce la procedura applicabile ai GEFIA che scelgono di sottoporsi alle norme della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, in Gazz. Uff. Un. eur., L 132 del 16 maggio 2013.

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20

Prima del d.lgs. n. 44/2014, “gestore” era, in base al TUF, esclusivamente la SGR.

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21

Società di investimento a capitale variabile”.

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22

Società di investimento a capitale fisso”.

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23

Ossia “la società autorizzata ai sensi della direttiva 2009/65/CE in uno Stato dell’UE diverso dall’Italia, che esercita l’attività di gestione di uno o più OICVM”.

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24

Cfr. regolamento (UE) n. 345/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2013 relativo ai fondi europei per il venture capital, in Gazz. Uff. Un. eur., L 115 del 25 aprile 2013.

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25

Cfr. regolamento (UE) n. 346/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2013 relativo ai fondi europei per l’imprenditoria sociale, in Gazz. Uff. Un. eur., L 115 del 25 aprile 2013.

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26

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1 comma 1 lett. k TUF è “Organismo di investimento collettivo del risparmio (Oicr)” “lorganismo istituito per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori mediante lemissione e lofferta di quote o azioni, gestito in monte nellinteresse degli investitori e in autonomia dai medesimi nonché investito in strumenti finanziari, crediti, partecipazioni o altri beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata”.

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27

Ove si tratti di un FIA di alimentazione, il FIA di destinazione deve essere un FIA UE gestito da un GEFIA UE autorizzato. Ai sensi dell’art. 4 par. 1 lett. m della direttiva AIFM, è “FIA di alimentazione (feeder)” il “FIA che: i) investa almeno l’85% delle sue attività in quote o azioni di un altro FIA («FIA di destinazione»); ovvero ii) investa almeno l’85 % delle sue attività in più di un FIA di destinazione, laddove tali FIA di destinazione abbiano identiche strategie di investimento; ovvero iii) abbia altrimenti un’esposizione almeno dell’85 % delle sue attività in un tale FIA di destinazione”.

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28

Ove si tratti di un FIA di alimentazione, il FIA di destinazione deve essere un FIA UE gestito da un GEFIA UE autorizzato.

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29

E dei FIA di alimentazione che non soddisfano i requisiti di cui all’art. 31 par. 1 della direttiva AIFM.

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30

Intitolato “Diritti dei GEFIA UE di commercializzare e gestire FIA UE nellUnione”.

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31

Cfr. l’art. 66 par. 3 della direttiva AIFM. La commercializzazione può avvenire solo verso gli investitori professionali ex art. 35 par. 17.

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32

Sulla nozione di “FIA di alimentazione” cfr. supra, nota 27.

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33

Con tale acronimo si indica la Financial Action Task Force, creata dal G7 nel 1989.

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34

Cfr. regolamento di esecuzione (UE) n. 448/2013 della Commissione del 15 maggio 2013 che stabilisce la procedura di determinazione dello Stato membro di riferimento del GEFIA non UE a norma della direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, in Gazz. Uff. Un. eur., L 132 del 16 maggio 2013.

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35

Disposizioni in materia di soggetto depositario, informazioni agli investitori e obblighi di segnalazione alle autorità competenti.

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36

Gli artt. da 26 a 30 della direttiva AIFM disciplinano gli obblighi imposti ai GEFIA che gestiscono FIA che acquisiscono il controllo di società non quotate e di emittenti.

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37

Le condizioni e le procedure che le società di gestione UE devono rispettare per svolgere in Italia le proprie attività, così come il contenuto dell’accordo con il depositario, sono disciplinati da un regolamento della Banca d’Italia, emanato sentita la Consob (art. 41-bis comma 5 TUF).

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38

Il contenuto dell’accordo è disciplinato da un regolamento della Banca d’Italia, emanato sentita la Consob (art. 41-ter comma 3 TUF).

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39

Commercializzare”, ai sensi dell’art. 4 par. 1 lett. x della direttiva AIFM, significa “offrire o collocare direttamente o indirettamente, su iniziativa del GEFIA o per conto del GEFIA, quote o azioni di un FIA, che lo stesso gestisce, a investitori o presso investitori domiciliati o con una sede legale nell’Unione”.

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40

Il presente paragrafo si limita esclusivamente a dar conto delle modifiche fiscali introdotte nell’ordinamento italiano dal d.lgs. n. 44/2014. Non saranno, invece, analizzati i rapporti tra fiscalità nazionale, libera prestazione dei servizi e diritto di stabilimento delle persone giuridiche nel diritto dell’Unione europea.

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41

Reperibile al sito www.agenziaentrate.gov.it/wps/file/nsilib/nsi/documentazione/provvedimenti+circolari+e+risoluzioni/circolari/archivio+circolari/circolari+2011/luglio+2011/circolare+33+del+15+07+2011/circ33e+del+15072011_2.pdf.

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42

Cfr. d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, “Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi”, in Gazz. Uff., n. 302 del 31 dicembre 1986, suppl. ord. n. 1, come successivamente modificato.

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43

Cfr. d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”, in Gazz. Uff., n. 268 del 16 ottobre 1973, suppl. ord. n. 1, come successivamente modificato.

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44

Cfr. l. 23 marzo 1983 n. 77, “Istituzione e disciplina dei fondi comuni d’investimento mobiliare”, in Gazz. Uff., n. 85 del 28 marzo 1983, come successivamente modificato.

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45

NAV è l’acronimo di “net asset value”.

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46

Cfr. d.l. 30 settembre 1983 n. 512, “Disposizioni relative ad alcune ritenute alla fonte sugli interessi e altri proventi di capitale”, in Gazz. Uff., n. 270 del 1° ottobre 1983, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della l. 25 novembre 1983 n. 649, ibidem, n. 328 del 30 novembre 1983, nella versione attualmente vigente.

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47

Cfr. d.l. 25 settembre 2001 n. 351, “Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare”, in Gazz. Uff., n. 224 del 26 settembre 2001, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della 23 novembre 2001 n. 410, ibidem, 24 novembre 2001 n. 274, come successivamente modificato.

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48

Cfr. d.l. 31 maggio 2010 n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, in Gazz. Uff., 31 maggio 2010 n. 125, suppl. ord. n. 114, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 comma 1 della l. 30 luglio 2010, n. 122, ibidem, n. 176 del 31 luglio 2010, suppl. ord. n. 174, nella versione attualmente vigente.

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49

Per espressa previsione normativa risultano compresi nell’elenco dei c.d. “soggetti istituzionali”, tra gli altri, lo Stato e gli enti pubblici, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, gli enti di previdenza, le assicurazioni, gli intermediari bancari e finanziari vigilati, gli investitori istituzionali esteri istituiti in Paesi white list.

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50

Reperibile al sito www.agenziaentrate.gov.it/wps/file/nsilib/nsi/documentazione/provvedimenti+circolari+e+risoluzioni/circolari/archivio+circolari/circolari+2012/febbraio+2012/circolare+2+del+15+02+2012/circolare+2e.pdf.

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