Sommario: 1. Le problematiche connesse alla prossima scadenza di numerosi fondi immobiliari chiusi e le soluzioni prospettate; 2. Le offerte pubbliche di acquisto su quote di fondi comuni in generale; 3. Considerazioni sulla normativa applicabile alle offerte pubbliche su quote di fondi. Le misure difensive messe in atto del consiglio di amministrazione della SGR; 4. Non applicabilità alle offerte su quote di fondi delle disposizioni sulle offerte pubbliche di acquisto obbligatorie; 5. Le disposizioni del Regolamento Emittenti in materia di offerte su quote di fondi: (a) ambito di applicazione; (b) comunicato dell’emittente e parere degli amministratori indipendenti; (c) riapertura dei termini dell’offerta; 6. Considerazioni in merito all’ambito applicativo; 7. Considerazioni conclusive.
1. Le problematiche connesse alla prossima scadenza di numerosi fondi immobiliari chiusi e le soluzioni prospettate.
Negli ultimi due anni si è molto discusso in merito alle possibili soluzioni derivanti del fatto che, a causa del rallentamento nel procedimento di dismissione degli attivi, molti fondi comuni immobiliari chiusi, ormai giunti a scadenza, si siano trovati nell’impossibilità di rimborsare puntualmente i propri quotisti – investitori. Il rallentamento o, in alcuni casi, il mancato avvio della prevista vendita degli immobili del fondo, sono in gran parte dovuti alla recente crisi del settore immobiliare che ha reso poco praticabile (se non a prezzi di svendita) una cessione degli immobili dei fondi secondo le tempistiche originariamente preventivate ed entro il termine di scadenza degli stessi fondi. La cosa è stata in un certo senso aggravata dal fatto che numerosi fondi immobiliari chiusi quotati sono venuti a scadenza nello stesso periodo. Come evidenziato da Assogestioni e dalla stampa, la questione ha una particolare rilevanza in quanto ha ad oggetto fondi nel complesso titolari di immobili per circa 5 miliardi di Euro, sottoscritti da decine di migliaia di investitori1.
Le soluzioni ipotizzate per evitare una svendita accelerata degli immobili (con conseguenti minusvalenze e perdite per gli investitori, oltre al rischio di deprimere ulteriormente il mercato immobiliare) dando tuttavia anche certezza ai quotisti sui tempi del disinvestimento, sono state diverse. Molti fondi sono ricorsi alla proroga di tre anni se contemplata dal regolamento del fondo, come previsto dall’articolo 14, comma 6, del D.M. n. 228/1999. Con riferimento ad altri fondi, si è ipotizzata la messa in liquidazione con trasferimento o apporto dei beni ad altro fondo o ad altro organismo di investimento oppure ancora la fusione con altri fondi.
Assogestioni, da parte sua, ha pubblicato un position paper2 nel quale ha proposto che, a livello di normativa di primo grado ovvero a livello regolamentare, si introduca una forma di “liquidazione straordinaria” da attuarsi con una proroga fino a cinque anni del fondo, purché tale procedura sia sottoposta all’approvazione dei partecipanti e non vi sia un dissenso da parte di quotisti che rappresentino più del 30% del patrimonio del fondo. I quotisti dissenzienti avrebbero il diritto di dismettere la propria partecipazione a un prezzo predeterminato e non penalizzante per gli altri investitori. Diversamente, nel caso di mancata approvazione della proroga con “liquidazione straordinaria”, il fondo sarebbe messo in liquidazione nei tempi e secondo le modalità previste dal regolamento. La sopra indicata proposta di Assogestioni dovrebbe essere recepita in un regolamento ministeriale di prossima approvazione3.
2. Le offerte pubbliche di acquisto su quote di fondi comuni in generale.
Come noto, i fondi comuni immobiliari chiusi, a differenza dei fondi comuni mobiliari aperti e delle SICAV, non permettono all’investitore – quotista (salve le limitate ipotesi previste nel regolamento del fondo) di dismettere l’investimento chiedendo al fondo la liquidazione della propria quota di partecipazione. A tutela dei piccoli investitori, il D.M. 24 maggio 1999 n. 228 (“Regolamento recante norme per la determinazione dei criteri generali cui devono essere uniformati i fondi comuni di investimento”) ha previsto all’articolo 5 la quotazione obbligatoria dei fondi chiusi che prevedono un ammontare minimo di sottoscrizione inferiore a Euro 25.000. Nel caso di quotazione, infatti, il quotista avrebbe la possibilità di vendere sul mercato secondario la propria partecipazione; come noto, tuttavia, i mercati di quotazione dei fondi immobiliari chiusi sono caratterizzati da scarsa liquidità, da un numero limitato di scambi quotidiani e da prezzi che incorporano un forte sconto sul NAV del fondo.
Gli investitori nei fondi comuni immobiliari chiusi quindi si trovano di fatto nella situazione di non poter dismettere il proprio investimento se non a forte sconto o attendendo la scadenza e la liquidazione del fondo stesso. Anche in quest’ultima ipotesi, tuttavia, le eventuali proroghe o la lentezza del processo di liquidazione (dovuta anche all’attuale situazione del mercato immobiliare) potrebbero posticipare ulteriormente l’uscita dall’investimento da parte del singolo quotista; per di più, questi non avrebbe neanche la possibilità di stimare gli importi ricavabili da un procedimento di dismissione che potrebbe completarsi tra alcuni anni, secondo modalità e a condizioni di mercato ancora non prevedibili.
In questo contesto, uno strumento che potrebbe rappresentare un’opportunità di uscita anticipata per l’investitore, in tempi e per importi certi, è l’offerta pubblica di acquisto delle quote del fondo lanciata da soggetti interessati al portafoglio immobiliare detenuto dal fondo stesso. Tale soluzione, da un lato, incentiverebbe investitori istituzionali o gruppi di investitori che intendessero valorizzare determinati pacchetti immobiliari e, dall’altro lato, permettere ai quotisti di uscire dall’investimento in tempi rapidi e a prezzi trasparenti e probabilmente più in linea con le attuali condizioni del mercato.
La soluzione sopra prospettata potrebbe essere realizzata da potenziali investitori anche mediante l’acquisto diretto dei pacchetti immobiliari dei fondi; tale soluzione potrebbe tuttavia non essere identica in quanto spesso i fondi comuni, oltre ad avere acquistato i portafogli immobiliari, hanno anche contratto indebitamento bancario finalizzato all’acquisto o alla ristrutturazione e manutenzione degli stessi immobili; per mezzo dell’offerta pubblica, pertanto, l’offerente acquisterebbe l’intero compendio immobiliare gravato del debito, con un prezzo di acquisto ed esborsi finanziari differenti. Anche dal punto di vista fiscale, l’acquisto degli immobili è soggetto a un regime diverso rispetto a quello applicabile nel caso di acquisto delle quote del fondo.
Nell’attuale situazione, le offerte pubbliche di acquisto di quote di fondi immobiliari potrebbero quindi rappresentare una valida soluzione “di mercato” e non di natura normativa ai problemi legati alle prossime scadenze dei fondi comuni. Ciò è confermato dal fatto che recentemente sono state lanciate alcune offerte pubbliche di acquisto su fondi chiusi immobiliari quotati4. Una situazione diametralmente opposta, ma anch’essa testimoniata da una serie di offerte pubbliche di acquisto su fondi, si verificò nel 2007 quando, prima della crisi del settore immobiliare, alcuni investitori istituzionali lanciarono delle offerte pubbliche nell’intento di investire su portafogli immobiliari, sull’assunto che il loro valore non fosse adeguatamente rappresentato dal prezzo di quotazione5.
L’offerta pubblica di acquisto su quote di fondi comuni immobiliari, in questo scenario, può quindi costituire una soluzione alle tematiche sopra evidenziate. Tuttavia, come vedremo nel corso di questa breve disamina, la disciplina applicabile in tema di offerte pubbliche di acquisto su fondi comuni presenta alcune criticità e alcuni aspetti irrisolti che potrebbero disincentivare questo strumento “di mercato”.
3. Considerazioni sulla normativa applicabile alle offerte pubbliche su quote di fondi. Le misure difensive messe in atto del consiglio di amministrazione della SGR.
L’offerta pubblica su quote di fondi comuni è disciplinata dagli articoli 101-bis / 103 del d.lgs. 58 /1998 (il “Testo Unico della Finanza”) e dagli articoli 35 / 44 del Regolamento n. 11971 / 1999 (il “Regolamento Emittenti”). Tale quadro normativo si inserisce nella più generale disciplina delle offerte pubbliche di acquisto di prodotti finanziari, strutturata principalmente per regolamentare le offerte pubbliche su azioni di società quotate; rispetto a tale disciplina generale sono state previste in modo non organico disposizioni specifiche relative alle offerte pubbliche di acquisto di quote di fondi comuni. Proprio per tale configurazione della disciplina, si evidenzierà di seguito che questa non si occupa di alcune tematiche rilevanti che potrebbero porsi in occasione di offerte su quote di fondi; a causa di tale lacunosità essa potrebbe quindi non essere pienamente rispondente alle esigenze dei soggetti coinvolti in tali operazioni.
Indipendentemente dalle disposizioni specifiche riferite alle offerte su quote di fondi, cui si è accennato sopra e che andremo a esaminare qui di seguito, le disposizioni generali in tema di offerte pubbliche di acquisto, elencate nel precedente paragrafo, si applicano anche alle offerte su quote di fondi comuni. E’ infatti pacifico che le quote di fondi comuni sono “strumenti finanziari” secondo la definizione di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), del Testo Unico della Finanza6 e che gli articoli 101-bis e seguenti del Testo Unico della Finanza e gli articoli 35 e seguenti del Regolamento Emittenti si applicano alle offerte su strumenti finanziari quali sono le quote di fondi comuni.
Il comma 3 dell’articolo 101-bis del Testo Unico della Finanza, tuttavia, precisa che non tutte le disposizioni in tema di offerte pubbliche di acquisto trovano sempre applicazione; tale comma stabilisce infatti che: “Gli articoli 102, commi 2 e 5, l’articolo 103, comma 3-bis, ogni altra disposizione del presente decreto che pone a carico dell’offerente o della società emittente specifici obblighi informativi nei confronti dei dipendenti o dei loro rappresentanti, nonché gli articoli 104, 104-bis e 104-ter, non si applicano alle: a) offerte pubbliche di acquisto o di scambio aventi ad oggetto prodotti finanziari diversi dai titoli; b) offerte pubbliche di acquisto o scambio che non hanno ad oggetto titoli che attribuiscono il diritto di voto sugli argomenti di cui all’articolo 105, commi 2 e 37; c) offerte pubbliche di acquisto o di scambio promosse da chi detiene individualmente, direttamente o indirettamente, la maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria della società; d) offerte pubbliche di acquisto aventi ad oggetto azioni proprie.”. Tali disposizioni (le “Disposizioni Escluse”), che trovano quindi limitata applicazione, riguardano l’informativa e la tutela dei lavoratori delle società oggetto di offerta (articoli 102, commi 2 e 5, e articolo 103, comma 3-bis), le difese contro l’offerta che il consiglio di amministrazione della società potrebbe mettere in atto (articolo 104, cosiddetta “passivity rule”), la neutralizzazione delle clausole statutarie di protezione contro le offerte pubbliche di acquisto (articolo 104-bis) e la reciprocità nell’applicazione degli articoli 104 e 104-bis (articolo 104-ter).
Per comprendere se le Disposizioni Escluse si applichino anche alle offerte su quote di fondi comuni, è necessario valutare se questi possano essere qualificati come “titoli”. Come precisato nel comma 2 del medesimo articolo 101-bis, “per “titoli” si intendono gli strumenti finanziari che attribuiscono il diritto di voto, anche limitatamente a specifici argomenti, nell’assemblea ordinaria o straordinaria”. Al riguardo, salvo che per i fondi chiusi, le quote di fondi comuni non attribuiscono un diritto di voto nell’assemblea (ordinaria o straordinaria), in quanto la loro stessa struttura organizzativa non prevede una assemblea dei quotisti; come noto, infatti, ai quotisti sono attribuiti (dalla legge o dal regolamento del fondo) limitati poteri di governance sul fondo essendo la loro partecipazione considerata quale forma passiva di investimento “collettivo” del risparmio attribuita alla amministrazione di una società di gestione del risparmio. Per quanto riguarda invece i fondi chiusi, l’articolo 37, comma 2-bis, del Testo Unico della Finanza, in vigore fino all’8 aprile 2014, stabiliva che il regolamento di tali fondi potesse individuare delle materie sulle quali i partecipanti si riuniscono “in assemblea”. Lo stesso comma prevedeva che l’assemblea deliberasse “in ogni caso” su certe materie quali la sostituzione della società di gestione del risparmio, la richiesta di ammissione a quotazione ove non prevista e le modifiche delle politiche di gestione. Il recentissimo d.lgs. 4 marzo 2014 n. 44 (Attuazione della direttiva 2011/61/UE, sui gestori di fondi di investimento alternativi) ha integralmente sostituito l’art. 37 del Testo Unico della Finanza, prevedendo al comma 3 che il “regolamento dei fondi chiusi diversi dai FIA [“fondi di investimento alternativi”, n.d.r.] riservati prevede che i partecipanti possono riunirsi in assemblea esclusivamente per deliberare sulla sostituzione del gestore”. La nuova disposizione ha pertantoristretto notevolmente, salvo che per i fondi alternativi riservati, le materie per le quali i quotisti possono riunirsi in assemblea e hanno un potere decisionale.
Il precedente articolo 37, comma 2-bis, del Testo Unico della Finanza,e il nuovo articolo 37, comma 3, potrebbero quindi far ritenere che almeno le quote di fondi chiusi possano essere qualificate come “titoli”- essendo prevista una assemblea nella quale i quotisti possono riunirsi – e che alle offerte pubbliche di acquisto su quote di fondi chiusi si applichino le Disposizioni Escluse. Si può tuttavia rilevare, in primo luogo dal punto di vista letterale, che il riferimento all’assemblea “ordinaria o straordinaria” esclude ogni diverso tipo di assemblea, quale quella dei quotisti. Più nella sostanza, pare che le Disposizioni Escluse non siano in ogni caso riferibili ai fondi comuni; infatti, con riferimento agli articoli 102, commi 2 e 5, e articolo 103, comma 3-bis del Testo Unico della Finanza, questi non sono applicabili ai fondi comuni in quanto non vi sono esigenze di tutela di dipendenti e di lavoratori. Anche gli articoli 104 e 104-bis si riferiscono espressamente alle società e agli organi delle società; tali clausole potrebbero essere applicate ai fondi comuni solo in via analogica, ma ciò introdurrebbe elementi di incertezza sulla disciplina applicabile che non sono auspicabili, tanto meno in questa delicata materia. La circostanza è inoltre confermata dai documenti informativi di offerte su quote di fondi chiusi (immobiliari) finora pubblicati, i quali senza alcuna eccezione, e a conferma dell’orientamento di Consob su questo punto, prevedono espressamente l’inapplicabilità delle Disposizioni Escluse. Inoltre, la recente riforma apportata dal d.lgs. n. 44/2014, riducendo le materie di competenza dell’assemblea dei quotisti alla sola sostituzione della SGR, costituisce un’ulteriore conferma della eccezionalità del ruolo dell’assemblea nei fondi (quantomeno di quelli chiusi diversi dai FIA), della diversità rispetto alle società e pertanto della non applicabilità alle offerte pubbliche su quote di fondi delle sopra citate disposizioni.
Fermo quanto sopra, quale spunto di riflessione, si può rilevare che le esigenze oggetto di tutela da parte degli articoli 104 e 104-bis del Testo Unico della Finanza – ovvero evitare che l’organo gestorio prenda decisioni che di fatto impediscono il corretto e trasparente svolgimento dell’offerta, con possibile lesione dell’interesse dei soci e della società (articolo 104, cosiddetta “passivity rule”) e disapplicare (qualora previsto dallo statuto) le clausole statutarie che potrebbero ostacolare lo svolgimento dell’offerta – potrebbero sorgere anche in occasione di offerte su quote di fondi comuni e non solo nel caso di offerte su azioni di società. Anzi, tale esigenza è sorta in passato quando il consiglio di amministrazione della SGR ha messo in atto, in corso di offerta, operazioni che – seppur non dichiaratamente – nei fatti avrebbero potuto contrastare il buon esito di offerte ritenute “ostili”8. La recente modifica dell’art. 37 del Testo Unico della Finanza, apportata dal decreto legislativo n. 44 del 2014, ha ulteriormente ridotto il ruolo e i poteri dei quotisti dei fondi chiusi, con ciò indebolendo un presidio che, anche se solo su alcune materie, poteva costituire un contraltare a condotte non corrette della SGR9. Per evitare, pertanto, che nel corso di offerte considerate “ostili” la SGR metta in atto operazioni non in linea con l’interesse dei quotisti e del fondo, potrebbe essere utile valutare l’estensione dell’applicazione degli articoli 104 e 104-bis del Testo Unico della Finanza anche alle offerte su quote di fondi comuni (quantomeno a quelle di fondi chiusi). Tale estensione, per il momento, non pare tuttavia possibile in quanto potrebbe essere in contrasto con le disposizioni di cui alla direttiva 2004/25/CE concernente le offerte pubbliche di acquisto, la quale prevede tali presidi a tutela degli investitori di minoranza solo per le società e non anche per gli organismi di investimento collettivo del risparmio. Anche per quanto riguarda le offerte pubbliche di acquisto su quote di SICAV, l’articolo 1(Ambito di applicazione), comma 2, della suddetta direttiva prevede espressamente che “Le misure prescritte dalla presente direttiva non si applicano alle offerte pubbliche di acquisto di titoli emessi da società il cui oggetto è l’investimento collettivo di capitali raccolti presso il pubblico e che operano secondo il principio di ripartizione del rischio e le cui quote, a richiesta dei possessori, sono riscattate o rimborsate direttamente o indirettamente attingendo alle attività di dette società. Gli atti o le operazioni compiuti da queste società per garantire che la quotazione in borsa delle loro quote non vari in modo significativo rispetto al loro valore netto d’inventario sono considerati equivalenti a un tale riscatto o rimborso”.
4. Non applicabilità alle offerte su quote di fondi delle disposizioni sulleofferte pubbliche di acquisto obbligatorie.
Gli articoli 105 – 112 del Testo Unico della Finanza (Sezione II, Capo II, Titolo II) contengono la disciplina delle offerte pubbliche di acquisto obbligatorie. In estrema sintesi, tali articoli prevedono l’obbligo di lanciare un’offerta totalitaria al verificarsi di determinati eventi, consistenti in buona sostanza nel superamento di specifiche soglie di partecipazione. La ratio della disciplina è quella di fornire a tutti gli azionisti, in particolare a quelli di minoranza, una parità di trattamento (in linea con l’articolo 92 del Testo Unico della Finanza) e un diritto di disinvestimento (exit) nel caso in cui uno o più investitori, in concerto tra di loro, acquistino una partecipazione rilevante nella società. Il superamento di determinate soglie di partecipazione fa inoltre presumere un mutamento del controllo societario; la disciplina dell’offerta obbligatoria permette quindi al socio di minoranza che subisce tale cambio di controllo di disinvestire la propria partecipazione in considerazione dei nuovi assetti proprietari che potrebbero determinare un mutamento sostanziale anche nella gestione della società10.
La stessa Sezione II del Testo Unico della Finanza contiene altre disposizioni finalizzate a far sì che, qualora ad esito dell’offerta pubblica o anche in altre occasioni, un soggetto (da solo o in concerto con altri) venga a detenere una partecipazione quasi totalitaria in una società quotata, superiore al 90% o al 95% del capitale sociale a seconda dei casi11, i soci di minoranza possano disinvestire la propria partecipazione vendendola al socio di maggioranza la cui partecipazione ha superato tali soglie. Essi si troverebbero infatti a partecipare a una società con un flottante ridottissimo, poco liquida, che presumibilmente sarebbe revocata dalla quotazione nei mercati regolamentati (articolo 108 del Testo Unico della Finanza) e la cui governance verrebbe inevitabilmente condizionata da un socio “quasi unico”. A contrariis, l’articolo 111 del Testo Unico della Finanza prevede a favore del socio “quasi unico”, che a seguito di un’offerta pubblica di acquisto obbligatoria venga a detenere una partecipazione pari ad almeno il 95% del capitale rappresentato da titoli, il diritto di acquistare la partecipazione dei soci residui (c.d. diritto di squeeze out).
Anche la disciplina in materia di offerta pubblica di acquisto obbligatoria e la menzionata Sezione II del Testo Unico della Finanza non sono applicabili alle offerte pubbliche di acquisto su quote di fondi comuni. L’articolo 105, comma 1, del Testo Unico della Finanza infatti precisa chiaramente che: “…le disposizioni della presente sezione si applicano alle società italiane con titoli ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati”. Pertanto, indipendentemente dal fatto di considerare le quote di fondi comuni ricomprese tra i “titoli” (cosa che comunque è esclusa, come sopra precisato), è pacifico che tale disciplina si applica solo alle società. Anche il comma 2 dello stesso articolo 105 precisa che per “partecipazione” si intende una quota di titoli emessi da una società “che attribuiscono diritti di voto nelle deliberazioni assembleari riguardanti la nomina o revoca degli amministratori o del consiglio di sorveglianza”; ciò esclude le quote di fondi chiusi, che hanno sì un diritto di voto in assemblea, ma certamente non per la nomina o la revoca degli amministratori, non essendo questi previsti dal modello organizzativo del fondo comune12.
Si evidenzia tuttavia – e ciò è stato confermato dalle offerte che in questi ultimi anni sono state lanciate – che l’offerta su quote di fondi non è meramente (come si potrebbe ipotizzare secondo la loro struttura organizzativa) l’offerta di un investitore “passivo” su un prodotto gestito da terzi (ovvero la SGR). Il fatto che ai quotisti, almeno per quanto riguarda i fondi chiusi, siano attribuiti, per legge e/o per regolamento, dei non irrilevanti diritti di governance (ad es. le delibere relative alla sostituzione della società di gestione e, fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 44/2014, quelle relative alle modifiche delle politiche di gestione), rende non indifferente la percentuale di partecipazione al fondo da parte di uno o più investitori (in concerto). Ciò è confermato dal fatto che generalmente l’offerente pone quale condizione di efficacia della stessa offerta il raggiungimento di determinate percentuali (solitamente di maggioranza) di partecipazione al fondo13. Tuttavia, a differenza delle offerte su azioni di società, all’offerente non è dato il diritto, una volta superate determinate soglie di partecipazione, di acquistare i titoli residui ai sensi dell’articolo 111 del Testo Unico della Finanza. Allo stesso modo, ai quotisti “superstiti” non è data la facoltà di chiedere all’offerente di acquistare i propri titoli nel caso in cui la partecipazione dell’offerente abbia superato determinate percentuali, come invece previsto per i titolari di partecipazioni azionarie dall’articolo 108 del Testo Unico della Finanza. In questo modo, da un lato, anche nel caso in cui l’offerta abbia raggiunto (e superato) il risultato sperato, l’offerente che abbia determinati progetti di investimento in relazione al fondo o al suo patrimonio, si troverà a dover “gestire” i pochi quotisti di minoranza residui, mentre questi ultimi rischiano a loro volta di rimanere “intrappolati” in una partecipazione per molti aspetti differente rispetto a quella originaria (ovvero, poco liquida, a rischio di revoca di quotazione e in un fondo in un certo senso dominato da un quotista di maggioranza quasi totalitaria). Non è inoltre previsto a favore dei quotisti (di fondo chiuso) il diritto di recesso attribuito dall’articolo 2437-quinquies cod. civ. ai soci che non abbiano concorso alla deliberazione che comporta l’esclusione dalla quotazione delle azioni di una società; d’altra parte, si segnala che, ai sensi dell’articolo 37, comma 1, lettera h) del Regolamento Emittenti, anche per le offerte su quote di fondi, l’offerente deve indicare nella comunicazione dell’offerta “l’intenzione di revocare dalla negoziazione gli strumenti finanziari oggetto dell’offerta”; pertanto, anche nelle ipotesi in esame l’investitore è almeno avvertito di tale rischio.
5.Le disposizioni del Regolamento Emittenti in materia di offerte su quote di fondi.
Come anticipato, il Regolamento Emittenti, agli articoli 35 / 44 (Titolo II, Capo I, “Disposizioni Generali”), detta una serie di norme attuative e regolamentari in materia di offerte pubbliche di acquisto. Tali articoli contengono anche alcune previsioni in materia di offerte pubbliche su quote di fondi, le quali tuttavia non risolvono le tematiche accennate nei precedenti paragrafi. Al riguardo, il fatto che non sia prevista alcuna disposizione in tema di offerte su quote di fondi nella parte del Regolamento Emittenti relativa alle offerte obbligatorie (articoli 44-bis / 50-quinquies, Titolo II, Capo II) conferma, qualora ve ne fosse bisogno, che la disciplina delle offerte pubbliche di acquisto obbligatorie non si applica alle offerte in esame, con le conseguenze e le considerazioni sopra evidenziate.
(a) Ambito di applicazione.
I commi 1 e 2 dell’articolo 35-bis del Regolamento Emittenti (Ambito di applicazione) confermano che le Disposizioni Generali, così come le analoghe disposizioni generali di cui al Testo Unico della Finanza (articoli 101-bis / 104-ter), si applicano anche alle offerte pubbliche di acquisto o di scambio aventi ad oggetto quote di fondi, essendo queste qualificabili come “strumenti finanziari” e come OICR14. Alle offerte aventi ad oggetto prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari, invece, si applicano solo l’articolo 37 del Regolamento Emittenti (Comunicazione dell’offerta) e le disposizioni di volta in volta dichiarate applicabili da Consob. Inoltre, le Disposizioni Generali non si applicano alle offerte, se promosse dall’emittente, “aventi ad oggetto prodotti finanziari diversi dai titoli, dalle azioni di risparmio, dalle quote di OICR […]” (articolo 35-bis, comma 4, Regolamento Emittenti). Il comma 6 dello stesso articolo 35-bis precisa anche che tali disposizioni non si applicano alle offerte, se promosse dall’emittente, volte ad acquistare o scambiare quote di OICR aperti, il cui ammontare minimo di sottoscrizione sia pari ad almeno Euro 100.000.
Il sopra menzionato articolo 35-bis evidenzia pertanto che le Disposizioni Generali si applicano a tutte le offerte pubbliche di acquisto aventi ad oggetto quote di fondi, sia aperti sia chiusi, anche se promosse dall’emittente (salva l’eccezione di cui al comma 6 dell’articolo 35-bis), sia alle offerte aventi ad oggetto azioni di SICAV.
Il comma 7, lettera b), individua inoltre l’ipotesi in cui si considera che un’offerta su quote di fondi sia “promossa dall’emittente”, rappresentata dal caso in cui essa sia lanciata dalla stessa SGR o da società che la controllano, che ne sono controllate, o che sono soggette a comune controllo con essa (ovvero società consorelle).
L’articolo 35-bis sembra quindi delineare un ambito applicativo abbastanza chiaro. Senonché, nell’analisi delle altre disposizioni del Regolamento Emittenti, si evidenzieranno particolarità e discrasie che rendono alcuni aspetti della disciplina in oggetto e il suo ambito applicativo meno certo.
(b) Comunicato dell’emittente e parere degli amministratori indipendenti.
Venendo all’esame delle altre Disposizioni Generali, non vi è dubbio che anche alle offerte aventi ad oggetto quote di fondi si applichino le disposizioni del Regolamento Emittenti che richiedono, a carico dell’offerente, la pubblicazione di un documento informativo (articolo 38), la comunicazione dell’offerta (articolo 37) e la costituzione di adeguate garanzie per il soddisfacimento degli impegni presi (articolo 37-bis). Sono inoltre pacificamente applicabili altre disposizioni del Regolamento Emittenti, quali quelle relative alle offerte concorrenti e ai rilanci di offerta (articolo 44).
Un’analisi più approfondita meritano le Disposizioni Generali relative al comunicato dell’emittente (articolo 39) e al parere degli amministratori indipendenti (articolo 39-bis). L’articolo 39, comma 2, specifica infatti che “all’offerta avente ad oggetto quote di fondi comuni chiusi, si applicano le disposizioni previste nel presente articolo in quanto compatibili. Il comunicato è redatto e diffuso dalla SGR che gestisce il fondo”. L’articolo 39-bis, comma 1, lettera b), precisa inoltre che, oltre al comunicato dell’emittente, è necessario il parere degli amministratori indipendenti dell’emittente (la SGR nel caso delle offerte su quote di fondi) per le “offerte aventi ad oggetto quote di fondi comuni di investimento chiusi promosse […], da: 1) soggetti che detengono più del 30 per cento delle quote del fondo; 2) il soggetto o i soggetti che detengono, anche congiuntamente, il controllo ovvero esercitano una influenza notevole sulla SGR che gestisce il fondo; 3) amministratori o […] della SGR che gestisce il fondo; 4) persone che agiscono di concerto con i soggetti indicati ai precedenti numeri 1, 2 e 3”.
Le disposizioni di cui agli articoli 39 e 39-bis in tema di offerte su quote di fondi evidenziano, da un lato, che anche per i fondi non è indifferente il soggetto che andrà a detenere la maggioranza delle quote di partecipazione, in quanto l’organo amministrativo (che nelle società è il consiglio di amministrazione e nei fondi è la SGR) è chiamato ad esprimere una propria posizione in merito all’offerta, formulando “una valutazione motivata […] sull’offerta stessa e sulla congruità del corrispettivo, con l’indicazione dell’eventuale adozione a maggioranza, e del nome dei dissenzienti e degli astenuti, specificando le motivazioni degli eventuali dissensi o astensioni”. La SGR dovrà quindi rilasciare un suo comunicato in merito all’offerta che, in base a tale valutazione, potrà assumere il carattere dell’offerta “amichevole” ovvero “ostile” all’assetto proprietario e gestorio pre-offerta. In particolare, il comunicato deve contenere, inter alia, “ogni dato utile per l’apprezzamento dell’offerta e una valutazione motivata dell’organo di amministrazione […] sull’offerta stessa e sulla congruità del corrispettivo” (articolo 39, comma 1, lettera c)). Si segnala inoltre che il comunicato in relazione alle offerte su quote di fondi non dovrà contenere quanto richiesto dall’articolo 39, comma 1, lettera g), ovvero “una valutazione degli effetti che l’eventuale successo dell’offerta avrà sugli interessi dell’impresa nonché sull’occupazione e sulla localizzazione dei siti produttivi”; è infatti espressamente previsto che tale disposizione non si applichi alle offerte di cui all’articolo 101-bis, comma 3, del Testo Unico della Finanza, tra le quali è ricompresa l’offerta su quote di fondi15.
Maggiori presidi di imparzialità sono richiesti dall’articolo 39-bis, comma 1, lettera b), quando l’offerta è lanciata da soggetti che hanno con la società o con il fondo emittente rapporti che potrebbero incrementare i rischi di conflitto di interessi dell’organo gestorio chiamato a formulare la propria valutazione sull’offerta (i “Soggetti Rilevanti”); si tratta dei casi in cui l’offerente già detiene il controllo o una influenza dominante sulla società o sulle partecipazioni del fondo (ovvero l’ipotesi in cui, per le società, l’offerente detenga già una partecipazione superiore alla soglia dell’offerta obbligatoria, e, per i fondi, l’ipotesi in cui l’offerente detenga una partecipazione superiore al 30% delle quote del fondo) o dei casi in cui l’offerta sia lanciata dagli stessi organi gestori (amministratori nel caso delle società, soggetti che controllano la SGR o amministratori della SGR nel caso di fondi). In quest’ultima ipotesi è infatti richiesto un parere da parte degli amministratori indipendenti e non correlati all’offerente, i quali possono anche avvalersi dell’ausilio di un esperto indipendente.
Tali disposizioni evidenziano ancora una volta il parallelismo tra quotisti e azionisti, da un lato, e tra SGR e consiglio di amministrazione della società, dall’altro lato, confermando che le esigenze che si manifestano in un caso, sono presenti spesso anche nell’altro caso. Come noto, la cosa ha assunto contorni di particolare delicatezza nelle offerte relative ai fondi Tecla e Berenice, nel 2007, quando alle offerte “amichevoli” lanciate da soggetti collegati alla SGR, si aggiunsero offerte concorrenti e “ostili” lanciate da altri investitori istituzionali; in questi casi il comportamento del consiglio di amministrazione della SGR evidenziò il sospetto di situazioni di conflitto di interesse, in quanto alcune condotte furono reputate anche da Consob essere state svolte non solo nell’interesse dei quotisti ma anche nell’interesse dell’offerente al quale la SGR era collegata16.
(c) Riapertura dei termini dell’offerta.
Un’altra disposizione del Regolamento Emittenti che si occupa specificamente di offerte su quote di fondi è l’articolo 40-bis in tema di riapertura dei termini dell’offerta. Secondo tale disposizione, è prevista una riapertura per cinque giorni dei termini dell’offerta su quote di fondi chiusi promossa da Soggetti Rilevanti qualora si sia verificata la condizione dell’acquisizione di una percentuale determinata delle quote del fondo (o tale condizione sia stata rinunciata) o qualora l’offerente abbia acquistato almeno la metà delle quote del fondo. Tale riapertura non si verifica, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, nel caso in cui l’offerente abbia condizionato irrinunciabilmente l’efficacia dell’offerta all’approvazione da parte di coloro che detengano la maggioranza dei titoli o delle quote del fondo portate in adesione (diverse da quelle di coloro che agiscono di concerto con l’offerente). Analogamente all’articolo 39-bis, che richiede il parere degli amministratori indipendenti, anche questo articolo prevede una forma di tutela procedurale per i quotisti “di minoranza” nelle offerte lanciate da Soggetti Rilevanti, dando a tali quotisti una nuova possibilità di aderire all’offerta nel caso in cui questa abbia avuto successo o comunque (nel caso di rinuncia alla condizione) venga portata a termine. D’altra parte, questa tutela aggiuntiva non si applica nel caso in cui anche la maggioranza dei quotisti “di minoranza” abbia approvato l’offerta e sia quindi d’accordo sul progetto che i Soggetti Rilevanti intendono realizzare.
6. Considerazioni in merito all’ambito applicativo.
Le disposizioni sopra riportate del Regolamento Emittenti evidenziano alcuni aspetti in relazione al loro ambito applicativo. In primo luogo, le disposizioni di cui agli articoli 39, 39-bis e 40-bis si riferiscono esclusivamente alle offerte su quote di “fondi chiusi”. Ciò può essere giustificato dal fatto che i titolari di quote di fondi aperti possono sempre chiedere, secondo le modalità previste dalle regole di funzionamento del fondo, il rimborso delle quote. Non vi sarebbe quindi il rischio per tali soggetti di rimanere “intrappolati” in un investimento divenuto illiquido e detenuto da pochi soggetti che hanno acquisito la maggioranza della partecipazione nel fondo o che in ogni caso possono influire in modo rilevante sulla sua gestione, come sopra già evidenziato.
A ciò si aggiunga che anche a livello comunitario la direttiva 2004/25/CE sulle offerte pubbliche di acquisto, all’articolo 1 (Ambito di applicazione), comma 2, prevede espressamente che “Le misure prescritte dalla presente direttiva non si applicano alle offerte pubbliche di acquisto di titoli emessi da società il cui oggetto è l’investimento collettivo di capitali raccolti presso il pubblico e che operano secondo il principio di ripartizione del rischio e le cui quote, a richiesta dei possessori, sono riscattate o rimborsate direttamente o indirettamente attingendo alle attività di dette società. Gli atti o le operazioni compiuti da queste società per garantire che la quotazione in borsa delle loro quote non vari in modo significativo rispetto al loro valore netto d’inventario sono considerati equivalenti a un tale riscatto o rimborso”. La direttiva comunitaria – la quale prevede, a tutela degli azionisti di minoranza, le norme in materia di offerta obbligatoria, la passivityrule e gli obblighi e diritti di acquisto sopra menzionati – conferma che tali disposizioni non si applicano alle offerte su azioni di SICAV e su quote di fondi aperti, in relazione ai quali si ritiene che il diritto al rimborso e l’investimento del patrimonio secondo criteri di diversificazione del rischio costituiscano una tutela adeguata per l’azionista o per il quotista di minoranza17.
Anche sotto il diverso profilo dell’offerta al pubblico – sollecitazione all’investimento, la direttiva 2003/71/CE, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari (c.d. “Direttiva Prospetto”) precisa all’articolo 1, comma 2, che: “La presente direttiva non si applica: a) alle quote emesse dagli organismi di investimento collettivo diverso da quello chiuso”; a tal proposito, la disciplina relativa all’offerta di quote di OICR aperti è piuttosto disciplinata dalla direttiva 2009/65/CE (cosiddetta direttiva “UCITS IV”)18, la quale invece esclude dal suo ambito gli OICR chiusi (vedi l’articolo 3 di tale direttiva).
Da un esame sistematico della normativa comunitaria, si può quindi rilevare che, se da un lato gli OICR aperti (SICAV o fondi), per le loro caratteristiche non sono assimilabili alle azioni (sia in tema di prospetto – sollecitazione all’investimento, sia in tema di offerte pubbliche di acquisto – sollecitazione al disinvestimento19), dall’altro lato si può rifletterese gli OICR chiusi (fondi chiusi o SICAF, queste ultime introdotte dal recente d.lgs. 44 / 2014) possano essere assoggettati alla normativa non solo relativa al prospetto – sollecitazione all’investimento, ma anche a quella relativa alle offerte pubbliche di acquisto – sollecitazione al disinvestimento, in quanto, come evidenziato in queste brevi note, le esigenze sottese a tali strumenti sono spesso analoghe a quelle delle azioni di società. La direttiva 2004 / 25 /CE sulle offerte pubbliche di acquisto pare tuttavia applicabile alle sole società (diverse dalle SICAV) e non anche ai fondi chiusi.
Inoltre, mentre a livello comunitario pare che fondi aperti e SICAV siano equiparati (in quanto entrambi investimenti in organismi di investimento collettivo che offrono il diritto di rimborso) sia nella sollecitazione all’investimento sia nella sollecitazione al disinvestimento, a livello interno e regolamentare non è chiara la disciplina delle offerte pubbliche su azioni di SICAV. Infatti, mentre le quote di fondi (come sopra evidenziato) non possono essere considerate “titoli”, non attribuendo il diritto di voto nelle assemblee ordinarie o straordinarie, le azioni di SICAV potrebbero rientrare nella categoria dei “titoli”. Si potrebbe quindi ipotizzare che, almeno in Italia, alle offerte pubbliche su azioni di SICAV, contrariamentea quanto previsto a livello comunitario (ove fondi aperti e SICAV sono equiparati nell’esclusione sia della disciplina relativa al prospetto sia di quella relative alle offerte pubbliche di acquisto), si applichino le disposizioni previste in generale per gli azionisti di società, quali, ad esempio, quelle relative alla passivity rule oltre che agli articoli 105 / 111 del Testo Unico della Finanza in tema di offerte obbligatorie e di diritto od obbligo di acquisto20.
7. Considerazioni conclusive.
L’esame della normativa in tema di offerte pubbliche di acquisto su quote di fondi comuni solleva una serie di tematiche non pienamente risolte, che rendono la disciplina in parte incerta e in parte non pienamente soddisfacente per la tutela degli interessi degli investitori.
E’ stato infatti rilevato che la disciplina del Testo Unico della Finanza e del Regolamento Emittenti sulle offerte pubbliche di acquisto costituisce un punto di incontro tra disposizioni ed esigenze che rispondono a finalità diverse: la disciplina generale è riconducibile alle norme in tema di sollecitazione “al disinvestimento” e risponde ad esigenze di trasparenza e di corretta informativa; la disciplina sulle società quotate, di derivazione comunitaria, risponde invece all’esigenza di efficiente funzionamento del mercato del controllo e di tutela degli azionisti di minoranza21. Mentre le disposizioni in tema di trasparenza e corretta informativa sono applicabili anche alle offerte su quote di fondi, le disposizioni in tema di tutela dei soci di minoranza tendenzialmente non sono applicabili a tali offerte; si è tuttavia evidenziato nel presente articolo che anche nelle offerte pubbliche di acquisto aventi ad oggetto quote di fondi (soprattutto qualora si tratti di fondi chiusi) nella pratica di manifestano esigenze analoghe a quelle aventi ad oggetto azioni di società.
Oltre alle considerazioni sull’ambito applicativo e sul recepimento in Italia delle disposizioni comunitarie, di cui al precedente paragrafo, restano quindi aperte alcune tematiche che nei fatti si sono dimostrate effettivamente rilevanti. Ad esempio, se da un lato l’applicazione degli articoli 39 e 39-bis del Regolamento Emittenti costituisce una tutela per evidenziare eventuali situazioni di conflitto di interessi in capo alla SGR, dall’altro lato la mancata applicazione della passivity rule alla SGR non impedisce a quest’ultima di porre in essere condotte che potrebbero costituire un ostacolo al buon esito dell’offerta; come già ricordato, in passato tali condotte sono state censurate da Consob22, tuttavia niente impedisce che situazioni di conflitto di interesse e condotte poco trasparenti da parte della SGR possano ripetersi.
Anche l’inapplicabilità alle offerte su fondi (aperti o chiusi) delle norme in tema di offerta obbligatoria e in tema di diritto e di obbligo di acquisto (di cui agli articoli 108 e 111 del Testo Unico della Finanza23) rischiano di non fornire ai quotisti di minoranza non aderenti all’offerta una forma adeguata di uscita dall’investimento. Questi potrebbero infatti divenire investitori in un fondo detenuto per una partecipazione superiore al 90% da un solo soggetto e la cui quotazione potrebbe essere revocata; in tal caso, qualora si tratti di fondo chiuso, l’investitore non avrebbe la possibilità di chiedere il rimborso o di vendere al quotista di maggioranza la propria partecipazione, e presumibilmente avrebbe anche scarse possibilità di vendere le proprie quote sul mercato, essendo il titolo divenuto estremamente sottile e illiquido. D’altra parte, lo stesso offerente che intendesse attuare determinate politiche di investimento su un fondo di cui questi avesse acquisito una partecipazione di maggioranza superiore al 95%, dovrebbe sempre tenere conto dei quotisti di minoranza e verosimilmente cercare di liquidarli secondo modalità certamente meno lineari e trasparenti di quelle previste dall’articolo 111 del Testo Unico della Finanza (cosiddetto squeeze out).
Il recentissimo d.lgs. n. 44/2014 (Attuazione della direttiva 2011/61/UE sui gestori di fondi di investimento alternativi) ha modificato in molti aspetti la disciplina degli OICR a livello interno, essendo state ad esempio introdotte le società di investimento a capitale fisso (SICAF) ed essendo prevista una diversa disciplina per gli OICR assoggettati alla direttiva 2009/65/CE (essenzialmente, fondi aperti e SICAV armonizzati) rispetto agli altri OICR (fondi chiusi, SICAF e fondi di investimento alternativi, o “FIA”). In occasione di tale decreto, tuttavia, il legislatore non ha apportato modifiche alla normativa primaria in tema di offerte pubbliche di acquisto di fondi.
Alla luce delle considerazioni svolte, tornando al tema iniziale, si può ritenere che le offerte pubbliche di acquisto su quote di fondi possano costituire una valida soluzione “di mercato” all’approssimarsi delle scadenze di vari fondi chiusi immobiliari; ciò è confermato dalle offerte che sono state lanciate da investitori istituzionali in questi ultimi mesi. Si tratta però di uno strumento che presenta una disciplina non pienamente rispondente alle esigenze sia degli offerenti sia degli investitori-quotisti; inoltre, come evidenziato, sotto alcuni aspetti la disciplina delle offerte su OICR (quote di fondi o azioni di SICAV o di SICAF) appare poco chiara. Eventuali futuri interventi normativi sulla materia in oggetto potrebbero quindi costituire l’occasione per fornire a offerenti e quotisti un quadro normativo più omogeneo e adatto alle esigenze che si manifestano nello svolgimento di tali operazioni.
1
Vedi Assogestioni, Fondi immobiliari destinati al pubblico retail: gestione della fase di liquidazione, position paper, www.assogestioni.it, marzo 2013; M. Marchesano, Trappola di mattoni per 400.000, Il Mondo, 22 marzo 2013, 32 ss.
3
Vedi G. Ursino, Proroghe extra di 2 anni per i fondi immobiliari, Plus 24 – Il Sole 24 Ore, 8 febbraio 2014, 13.
4
Ci si riferisce all’offerta promossa da Cassa di Risparmio di Bolzano S.p.A. sulle quote del Fondo Dolomit, svoltasi tra il settembre e il novembre 2013, all’offerta parziale promossa congiuntamente da Europa Plus SCA SIF – Res Opportunity e da Italy Investment S.àr.l. sulle quote del fondo UniCredito Immobiliare Uno svoltasi tra il 10 febbraio 2014 e il 7 marzo 2014, e all’offerta promossa dal veicolo Oceano Immobiliare S.àr.l., controllato dal fondo Blackstone sul fondo immobiliare Atlantic 1 svoltasi dal 13 marzo al 2 aprile 2014.
5
Si ricorda la contesa sui fondi Tecla e Berenice, entrambi gestiti da Pirelli RE SGR S.p.A., tra Gamma RE B.V. (veicolo di Pirelli RE Netherlands e Morgan Stanley) e Zwinger OPCO 6 B.V. (veicolo di Unione Generale Immobilare S.p.A., facente capo a Francesco Gaetano Caltagirone, e di Whitehall Real Estate Funds, fondi gestiti da Goldman Sachs), le quali lanciarono offerte pubbliche di acquisto concorrenti, alle quali si aggiunse quella di Galante S.àr.l. (facente capo a Merrill Lynch) sul fondo Berenice; all’esito delle offerte, Gamma RE B.V. si aggiudicò l’offerta sul fondo Tecla mentre Zwinger OPCO 6 B.V. si aggiudicò quella sul fondo Berenice. Si ricorda anche l’offerta lanciata sul fondo Beta, gestito da Fimit SGR S.p.A., lanciata da Chrysalis S.p.A. (veicolo partecipato da LehmanBrothers e da altri investitori istituzionali).
6
Ai sensi dell’art. 1, comma 2, del Testo Unico della Finanza, “per “strumenti finanziari” si intendono: a) valori mobiliari; b) strumenti del mercato monetario; c) quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; […]”.
7
Gli argomenti di cui all’art. 105, commi 2 e 3, sono le deliberazioni assembleari riguardanti la nomina o la revoca degli amministratori (comma 2), oltre agli argomenti determinati da Consob “tenuto conto della natura e del tipo di influenza sulla gestione della società che può avere il loro esercizio” (comma 3).
8
Si ricorda, a tal proposito, che, in pendenza dell’offerta sul fondo Berenice nel corso del 2007, la SGR del fondo lanciò un’asta competitiva per la vendita di alcuni degli immobili maggiormente di pregio del fondo. Pur se giustificato dall’interesse a massimizzare il valore di cessione degli immobili nel miglior interesse dei quotisti, tale decisione della SGR fu considerata da alcuni come una misura finalizzata a contrastare il buon esito di un’offerta considerata “ostile”, in quanto la dismissione degli immobili avrebbe in un certo senso “svuotato” il fondo e reso l’operazione molto meno appetibile all’offerente.
9
Al riguardo, si evidenzia che la presenza nel fondo chiuso di strumenti che danno più voce ai quotisti sono stati considerati anche a livello normativo come indice di maggiore qualità della governance nel contrastare possibili situazioni di conflitto di interesse e di abusi da parte della società di gestione. In proposito, il Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio dell’8 maggio 2012 prevede la possibilità da parte degli OICR armonizzati di investire in quote di fondi chiusi, purché “siano previsti meccanismi di governance equivalenti a quelli stabiliti per le società di capitali e la gestione sia svolta da un’entità soggetta a regolamentazione per la protezione degli investitori […]” (Titolo V, Capitolo III, Sezione II, paragrafo 1, “Oggetto dell’investimento ecomposizione complessiva del patrimonio”); la stessa disposizione richiama quanto già indicato dal CESR nelle linee guida sugli “eligible assets for investments by UCITS” (CESR-07/044b).
10
F. Annunziata, La disciplina del mercato mobiliare, Torino, 2012, 357; a cura di M. Stella Richter jr., Le Offerte Pubbliche di Acquisto, Torino, 2011, 165; vedi anche il nono considerando e l’articolo 5, comma 1, della Direttiva 2004/25/CE concernente le offerte pubbliche di acquisto.
11
L’art. 108, comma 1, del Testo Unico della Finanza prevede l’obbligo d’acquisto a carico dell’offerente che abbia superato la soglia di partecipazione del 95% del capitale sociale a seguito di un’offerta pubblica totalitaria, mentre il comma 2 prevede tale obbligo a carico di chiunque abbia superato la partecipazione del 90% del capitale sociale.
12
In realtà, anche ai quotisti dei fondi chiusi è attribuita una facoltà analoga in quanto la loro assemblea può deliberare in merito alla sostituzione della SGR, la quale è l’organo di gestione del fondo analogamente al consiglio di amministrazione che è l’organo di gestione della società. Proporre un’applicazione estensiva o analogica del comma 2 dell’articolo 105 del Testo Unico della Finanza alle quote di fondi chiusi pare tuttavia eccessivo; la considerazione di cui sopra è piuttosto uno spunto di riflessione per cercare di meglio comprendere le problematiche che il tema in oggetto del presente articolo implica.
13
Cfr. per tutti, il documento dell’offerta sulle quote del Fondo Dolomit, lanciata da Cassa di Risparmio di Bolzano S.p.A. tra il 12 settembre e il 6 novembre 2013.
16
Consob individuò, infatti, una serie di infrazioni legate alla situazione di conflitto di interessi. Tale situazione “potenziale” era stata segnalata dall’offerente nelle stesse avvertenze (risk factors) del documento di offerta – essendo la SGR controllata interamente dallo stesso soggetto che deteneva il 49% del capitale sociale del veicolo offerente – ma, evidentemente, tale fattore di rischio non fu adeguatamente presidiato. In particolare, Consob accertò, in capo agli esponenti aziendali delsocio di riferimento dell’offerente, carenze informative nel documento di offerta e comportamenti non improntati a correttezza in relazione a varie interferenze poste in essere dall’offerente che avrebbero influito in maniera rilevante sull’autonomia e sull’indipendenza del giudizio espresso dall’offerente in merito all’offerta (vedi Delibera n. 16978 del 19 febbraio 2009, pubblicata su www.consob.it). Consob accertò inoltre, in capo agli esponenti aziendali della stessa SGR, la violazione del dovere di vigilare per l’individuazione dei conflitti di interesse anche derivanti da rapporti di gruppo e, in situazione di conflitto, del dovere di agire in modo da assicurare un equo trattamento degli OICR (vedi Delibera n. 16971 del 12 febbraio 2009, pubblicata su www.consob.it). In entrambi i casi, fu ritenuta responsabile in solido anche la relativa società, con obbligo di regresso nei confronti dei responsabili persone fisiche, ai sensi dell’art. 195, comma 9, del Testo Unico della Finanza. In data 16 dicembre 2009, su opposizione dei sanzionati, la Corte di Appello di Milano riformò parzialmente i provvedimenti di Consob, confermando tuttavia la maggior parte degli addebiti riscontrati dall’Autorità di Vigilanza (vedi Decreto della Terza Sezione Civile 29.09.09 / 13.01.2010, pubblicato su www.consob.it). Sul punto, vedi anche M. Fratini, Diritto dei mercati finanziari, Bari, 2013, 406, il quale evidenzia che “l’opa, in particolare, rischia di accentuare il conflitto di interessi tra soci e amministratori; questi ultimi, generalmente, hanno interesse a ostacolare la riuscita di offerte volte ad acquisire il controllo della società anche quando vantaggiose per i soci, dal momento che un eventuale mutamento del controllo potrebbe comportare la sostituzione degli amministratori da parte del nuovo socio di controllo”.
18
Anche a livello di normativa interna, le offerte al pubblico di quote o di azioni di OICR aperti sono disciplinate dagli articoli 98-ter / 98-quinquies del Testo Unico della Finanza, mentre le offerte al pubblico di strumenti finanziari comunitari “diversi dalle quote o azioni di OICR aperti” (incluse quindi le offerte al pubblico di quote di fondi chiusi) sono disciplinate dagli articoli 94 / 98 del Testo Unico della Finanza.
20
In tal caso, si potrebbe ipotizzare che, come previsto dal Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio dell’8 maggio 2012 (Titolo V, Capitolo V, Sezione III), un fondo comune possa fondersi con una SICAV (o con una SICAF, secondo quanto previsto dal recente d.lgs. n. 44 / 2014) e possa quindi essere lanciata un’offerta pubblica di acquisto sulle azioni della SICAV (o della SICAF) con applicazione di regole diverse rispetto a quelle previste originariamente per il fondo fusosi con la società. Diversamente, non pare ammessa la trasformazione di un fondo comune in SICAV, essendo prevista la trasformazione di SICAV in fondo aperto (cfr. nuovo articolo 35-novies del Testo Unico della Finanza, introdotto dal d.lgs. n. 44/2014 che, a differenza del precedente articolo 49, pare non ammettere la trasformazione in fondo chiuso) ma non viceversa, cosa che appare in ogni caso poco comprensibile anche alla luce delle disposizioni comunitarie e del fatto che un fondo comune può essere fuso con una SICAV; sul tema, vedi anche, M. Ghisalberti e B. Navarra, Il Testo Unico della Finanza, a cura di M. Fratini e G. Gasparri, Torino, 2012, sub art. 49.
22
Per quanto riguarda invece gli offerenti, questi tendono a tutelarsi da tali situazioni apponendo, quali condizioni sospensive dell’offerta, la mancata effettuazione, su iniziativa della SGR, di operazioni contrarie al buon esito dell’offerta.
23
Come rilevato, non vi è piena chiarezza per quanto riguarda l’applicabilità di tali norme alle offerte su azioni di SICAV, quanto meno a livello interno, mentre a livello comunitario tale applicabilità pare esclusa.