Le molte, legittime perplessità che accompagnano la progressiva, faticosa e ipertrofica crescita dell’EMIR (1) trovano oggi nuove occasioni di fomento. Se già l’impianto del primo pilastro della disciplina (la compensazione centralizzata) si colloca in una prospettiva basata sul concetto di standardizzazione, di per sé strutturalmente incompatibile con quello che è (dovrebbe essere) il taglio su misura del derivato Otc e dunque con la sua naturale refrattarietà all’ingabbio nel costrutto uniforme, uno dei maggiori dubbi circa l’effettiva capacità di tenuta di questo imponente complesso normativo è suggerito dalla possibilità di una sua agevole elusione.
Trattandosi di una disciplina concepita nel, e destinata a regolamentare il, mercato europeo, è naturale domandarsi in che modo i derivati stipulati al di fuori dell’Unione possano esservi assoggettati e, di conseguenza, quale sarebbe l’effettiva portata di questa nuova architettura regolamentare nel momento in cui gli operatori potessero sottrarvisi semplicemente valicando il confine europeo.
Il Regolamento 648/2012 non ha certo trascurato questa evenienza. Così l’art. 4 comma 1°, lettera (a)(v) assoggetta all’obbligo di compensazione anche il derivato stipulato “tra due soggetti stabiliti in uno o più paesi terzi che sarebbero sottoposti all’obbligo di compensazione se fossero stabiliti nell’Unione, purché il contratto abbia un effetto diretto, rilevante e prevedibile nell’Unione o laddove tale obbligo sia necessario od opportuno per evitare l’elusione delle disposizioni del presente regolamento” (2). Stessa regola vale per gli obblighi di mitigazione del rischio di derivati non compensati o non compensabili (cfr. art. 11 co. 12° Reg. 648 cit.).
In entrambi i casi, secondo un (opinabile) stilema di outsourcing normativo che informa l’intero regolamento di base, è compito dell’ESMA formulare proposte di regolamentazione in dettaglio che la Commissione dovrà poi tradurre in un atto applicativo. Sul tema che ci occupa tanto è puntualmente accaduto con l’approvazione del Regolamento 285/2014 pubblicato in GUUE il 21 marzo scorso. Il suo scopo è tracciare l’identikit del derivato extra-UE capace di esplicare un effetto diretto, rilevante e prevedibile nell’Unione e di intercettare ogni possibile stipulazione mirata a fini elusivi.
Il Regolamento in parola affida l’accertamento dell’effetto diretto, rilevante e prevedibile a un duplice requisito. Per un verso, “si considera che un contratto derivato OTC abbia un effetto diretto, rilevante e prevedibile all’interno dell’Unione quando almeno un soggetto di un paese terzo beneficia di una garanzia (3) fornita da una controparte finanziaria stabilita nell’Unione che copre la totalità o una parte della passività derivante da tale contratto derivato OTC” (art. 2, co. 1° Reg. 285 cit.). Per altro verso, tale garanzia deve a) coprire la passività scaturente da uno o più derivati OTC stipulati dal soggetto extra-UE per nozionali di almeno 8 miliardi di euro e (4) b) essere almeno pari al 5% della somma delle esposizioni correnti, ex art. 272, punto 17, Reg. n. 575/2013 (5), per i contratti derivati OTC della controparte finanziaria comunitaria che emette la garanzia.
In omaggio ad un curioso canone di stima, l’effetto diretto, rilevante e prevedibile si realizza solo nel momento in cui il derivato extra-UE sia garantito da una controparte finanziaria UE (si noti, solo una controparte finanziaria, non già una controparte tout court) e soddisfi, a sua volta, un requisito quantitativo: 8 mld di nozionale del derivato garantito e 5% delle esposizioni correnti del garante. Non è arduo intuire quanto limitati divengano gli spazi entro i quali il derivato extracomunitario potrebbe legittimamente sfuggire al governo dell’EMIR. Prescindendo dalla soglia quantitativa, superabile solo in relazione ad operazioni di vasta portata e come tali ragguagliate non solo al valore nominale in sé della posizione garantita ma soprattutto all’esposizione complessiva del garante, è ovvio che sarà sufficiente evitare di richiedere una copertura ad una controparte finanziaria UE per escludere l’assoggettamento alla disciplina. Così, se la filiale extracomunitaria di una banca tedesca (o, ancor meglio, una società da questa controllata) stipulasse con la controllata extracomunitaria di un gruppo spagnolo un derivato di 20 mld di nozionale, ma richiedesse una garanzia ad una banca UE con esposizioni inferiori alla soglia del 5%, oppure richiedesse una garanzia anche eccedente tale soglia ma da una controparte non finanziaria, o infine scegliesse di richiedere tale garanzia ad un soggetto extra-UE ovvero scegliesse di non richiedere garanzia alcuna a chicchessia; ebbene, in ciascuno di questi casi l’OTC extracomunitario sarebbe legalmente esentato dal rispetto della disciplina EMIR.
Potrebbe non irragionevolmente obiettarsi che un impatto diretto, rilevante e prevedibile sul mercato europeo non potrebbe che materializzarsi solo là dove sia coinvolto un intermediario finanziario che, proprio in qualità di garante, potrebbe trovarsi esposto ad un rischio denso di implicazioni sistemiche sul mercato. Tuttavia – mi domando – un consimile impatto non potrebbe concretarsi anche in capo ad una controparte non finanziaria? Non potrebbe forse, magari in forma meno immediatamente visibile ma non per questo meno dirompente, quello stesso impatto concretarsi anche nel caso in cui la garanzia fosse dispersa su più controparti (finanziarie o no, nel primo caso avendo cura di rimanere ben sotto soglia)? Non potrebbe infine quel rischio certamente concretarsi nel caso in cui nessuna garanzia fosse richiesta e nondimeno il derivato extracomunitario fosse di proporzioni tali da procurare comunque un rimbalzo significativo sul sistema europeo? Penso ad un derivato creditizio con un nozionale di 100 mld concluso fra una banca orientale ed un’occidentale non UE che assumesse a fondamentale i Btp italiani. Siamo certi che il suo andamento non influirebbe sul pricing dei nostri titoli di Stato? E non sarebbe questo un effetto diretto, rilevante e prevedibile sul mercato interno? Sia permesso, per dovuto rispetto all’intelligenza di Chi legge, non dar risposta a domande tanto sottili quanto sfrontatamente retoriche.
Né soccorre il riferimento, collocato nel pentagramma favolistico, di cui al secondo comma dell’art. 2 Reg. 285 cit., a mente del quale “si considera che un contratto derivato OTC abbia un effetto diretto, rilevante e prevedibile all’interno dell’Unione quando i due soggetti stabiliti in un paese terzo concludono il contratto derivato OTC tramite le proprie succursali nell’Unione e sarebbero considerati controparti finanziarie se fossero stabiliti nell’Unione”. Quale, fra i più ingenui degli elusori, stipulerebbe un derivato extracomunitario, di per sé esente dai vincoli EMIR, attraverso le sue controllate nell’Unione, così attraendolo nella sfera disciplinare europea?
Ma è proprio in punto di elusione che il Regolamento 285/2014 rivela la sua naïveté, tellement naïve da istillare il più che ragionevole dubbio che il suo risultato precettivo non sia l’involontario, storpio prodotto di un’ingenuità, bensì l’epilogo di una precisa strategia volta ad additare il comodo punto di fuga dal raggio di azione della disciplina.
L’art. 3 del Reg. 285 disciplina i casi in cui è necessario o opportuno evitare l’elusione delle norme o degli obblighi del regolamento n. 648/2012. La norma introduce un criterio progressivo per l’identificazione del derivato extracomunitario elusivo, sviluppandolo lungo tre susseguenti percorsi: 1) l’impiego di una (apparente) tautologia; 2) il ricorso ad una (reale) tautologia; 3) la creazione di una (improbabile) nozione di artificio.
Nell’ordine.
1) Il 1° comma del cit. art. 3 considera un derivato siccome concepito per eludere gli obblighi EMIR “se il modo in cui tale contratto è stato concluso è considerato, nel suo complesso e tenuto conto di tutte le circostanze, come avente lo scopo principale di eludere l’applicazione di disposizioni di tale regolamento”.
L’apparente tautologia (è elusivo ciò che si propone di eludere) è in realtà neutralizzata da quell’aggettivo: “principale”. Ciò equivale ad asserire che un derivato, stipulato appositamente al di fuori dei confini europei pur per eludere gli obblighi EMIR, sarebbe graziato dalla mannaia antielusiva se quel proposito non fosse qualificabile come primario. Quindi si può eludere purché questo sia uno, ma non il solo, dei propositi inclusi nel programma negoziale. Quando allora il proposito elusivo assurge primaria rilevanza?
Passiamo così al secondo snodo logico.
2) “Si considera che un contratto abbia l’obiettivo primario di eludere” recita la norma “se l’obiettivo primario di un accordo o di una serie di accordi relativi al contratto derivato OTC è vanificare l’oggetto, lo spirito e la finalità di qualsiasi disposizione del regolamento (UE) n. 648/2012 che altrimenti si applicherebbe, compresi i casi in cui esso è parte di un accordo di puro artificio o di una serie di accordi di puro artificio”.
Qui la tautologia è vera e reale e si eleva a potenza. Un accordo ha l’obiettivo primario di eludere se il suo obiettivo primario sia quello di vanificare oggetto, spirito e finalità del sistema EMIR. Il dilettantismo lapalissiano, però, sprigiona un barlume di chiarezza: vi si ricomprendono i casi in cui il contratto sia parte di un accordo o di una serie di accordi di puro artificio. Ma la cocente delusione attende l’interprete al passo successivo.
3) Nel definire il puro artificio, l’articolo in parola così recita: “un accordo che intrinsecamente manca di motivazioni commerciali, sostanza commerciale o giustificazione economica pertinente ed è costituito da un contratto, una transazione, un regime, un’azione, un’operazione, un accordo, una sovvenzione, un’intesa, una promessa, un impegno o un evento è considerato una costruzione di puro artificio”.
Confesso di non comprendere come si concilino con la logica pattizia il “regime”, la “sovvenzione” o l’ “evento”, ma non conviene indulgere all’insano desiderio di penetrare i sacri misteri linguistici in uso al criptico ed enfatico legislatore comunitario. Perché vi sia un puro artificio, la norma esige che l’accordo difetti “intrinsecamente” (sovrabbondanza di avverbio o intento restrittivo dello spazio antielusivo?) di motivazioni o sostanza commerciale ovvero di una pertinente giustificazione economica. Va da sé che sarà ben arduo, in concreto, dimostrare che un derivato sia stato stipulato senza una motivazione, una sostanza, una giustificazione commerciale. Riprendendo l’esempio di cui sopra, come poter accertare che le controllate extracomunitarie della banca tedesca e di quella spagnola abbiano stipulato un derivato per il solo fine di eludere la normativa EMIR? Come potrà mai definirsi immotivato, privo di sostanza, economicamente ingiustificato quel derivato? Si dovrà scavare nei bilanci delle case madri, tentare di scovarvi inafferrabili propositi elusivi e dimostrare che il derivato è stato stipulato fuori Europa solo per l’unico o primario fine di aggirare EMIR. Ma come questo improbo sforzo potrà sperare di aver successo? E in quali tempi? E con quale realistica possibilità di enforcement nell’ambito di un sistema che, per giunta, ha solo timidamente previsto per la violazione dei suoi precetti una sanzione amministrativa (250.000 euro, ossia un solleticante nonnulla rispetto ai volumi del mercato internazionale), senza il coraggio di ricorrere alla misura estrema della nullità assoluta?
Se queste sono le premesse, non diviene ostico divinare i futuri scenari. L’EMIR si risolverà in una disciplina tanto impaurente e dissuasiva quanto può esserlo un dragone di cartapesta ma nel contempo onerosa e punitiva per intermediari e operatori locali. Ai colossi mondiali (quei pochi che in definitiva muovono il mercato) sarà nei fatti consentito eluderla, grazie ad una norma concepita con occhio benevolo e semisocchiuso dinanzi all’elusione, suscitando solo l’illusione che l’antielusione non sia a sua volta comodamente eludibile. Con tanto di comunitaria benedizione.
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European Market Infrastructure Regulation, Regolamento UE n. 648/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 luglio 2012 sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni; Regolamento delegato UE n. 148/2013 della Commissione del 19 dicembre 2012 che integra il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione per precisare le informazioni minime da segnalare al repertorio di dati sulle negoziazioni; Regolamento delegato UE n. 149/2013 del 19 dicembre 2012 che integra il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione su accordi di compensazione indiretti, obbligo di compensazione, registro pubblico, accesso alla sede di negoziazione, controparti non finanziarie, tecniche di attenuazione dei rischi per i contratti derivati OTC non compensati mediante controparte centrale; Regolamento delegato UE n. 150/2013 della Commissione del 19 dicembre 2012 che integra il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che specificano i dettagli della domanda di registrazione come repertorio di dati sulle negoziazioni; Regolamento delegato UE n. 151/2013 della Commissione del 19 dicembre 2012 che integra il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che specificano le informazioni da pubblicare e mettere a disposizione in tali repertori e gli standard operativi richiesti per aggregare e comparare i dati tra i repertori e accedervi; Regolamento delegato UE n. 152/2013 della Commissione del 19 dicembre 2012 che integra il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione sui requisiti patrimoniali delle controparti centrali; Regolamento delegato UE n. 153/2013 della Commissione del 19 dicembre 2012 che integra il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione relative ai requisiti per le controparti centrali; Regolamento di esecuzione UE n. 1247/2012 della Commissione del 19 dicembre 2012 che stabilisce norme tecniche di attuazione per quanto riguarda il formato e la frequenza delle segnalazioni sulle negoziazioni ai repertori di dati sulle negoziazioni ai sensi del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni; Regolamento di esecuzione UE n. 1248/2012 della Commissione del 19 dicembre 2012 che stabilisce norme tecniche di attuazione per quanto riguarda il formato della domanda di registrazione come repertorio di dati sulle negoziazioni ai sensi del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni; Regolamento di esecuzione UE n. 1249/2012 della Commissione del 19 dicembre 2012 che stabilisce norme tecniche di attuazione per quanto riguarda il formato dei dati che le controparti centrali sono tenute a conservare ai sensi del regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni; Regolamento delegato UE n. 876/2013 della Commissione del 28 maggio 2013 che integra il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione sui collegi per le controparti centrali; Regolamento delegato UE n. 1002/2013 della Commissione del 12 luglio 2013 che modifica il Regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio sugli strumenti derivati OTC, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni per quanto riguarda l’elenco degli enti esonerati; Regolamento delegato UE n. 1003/2013 della Commissione del 12 luglio 2013 che integra il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le commissioni imposte ai repertori di dati sulle negoziazioni dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati; Regolamento UE n. 575/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012; Regolamento delegato UE n. 285/2014 della Commissione del 13 febbraio 2014 che integra il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione relative ai contratti aventi un effetto diretto, rilevante e prevedibile nell’Unione e alla prevenzione dell’elusione delle norme e degli obblighi.
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Dove per garanzia deve intendersi l’ “obbligo giuridico esplicitamente documentato di un garante di coprire i pagamenti degli importi dovuti al beneficiario, o che potrebbero divenire esigibili, in applicazione dei contratti derivati OTC coperti dalla garanzia e conclusi dal soggetto garantito se vi è inadempimento, come definito nella garanzia, o quando il soggetto garantito non ha effettuato alcun pagamento” (art. 1 Reg. 285 cit.): definizione, inter alia, alquanto ampia, prigioniera di un rigido formalismo e che, quanto meno, dovrebbe presupporre, ab origine e ex ante, una chiara rappresentazione in chiave stocastica del rischio di default (leggasi una puntuale predeterminazione del metodo di calcolo del MTM e della sua incidenza probabilistica sulla misura del rischio di inadempimento).
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Riff. in nota 1. La norma evocata definisce quale esposizione corrente “il valore più elevato tra zero e il valore di mercato di un’operazione o portafoglio di operazioni in un insieme di attività soggette a compensazione con una controparte che andrebbe perso in caso di default della controparte, nell’ipotesi in cui non sia possibile alcun recupero del valore di tali operazioni in caso di insolvenza o liquidazione”.