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Approfondimenti

Crowdfunding e antiriciclaggio

27 Gennaio 2014

Silvia Colombo, Jenny.Avvocati

Di cosa si parla in questo articolo

Il 2013 si è chiuso con la diffusione da parte della Banca d’Italia di dati allarmanti con riguardo alla contrazione del credito.

In particolare, i prestiti alle imprese non finanziarie sono diminuiti del 5,2%, corrispondente a 50,2 miliardi di euro, con un’esponenziale crescita del tasso medio applicato alle nuove erogazioni. Di converso, le sofferenze bancarie, cioè le situazioni di insolvenza e di mancata restituzione dei prestiti, sono cresciute del 24,9%.

Ancor più preoccupante è il fatto che l’asse del credito si sia spostato tutto a favore dei grandi gruppi industriali che possiedono un potere negoziale maggiore, lasciando scoperte le piccole medie imprese, le famiglie e il mondo delle partite IVA, così soffocando le nuove iniziative imprenditoriale.

Il fenomeno del crowdfunding si inserisce in tale contesto di tensione delle condizioni di offerta di credito bancario alle imprese come una delle possibili alternative, soprattutto per i più giovani.

Si tratta, come noto, di una forma di finanziamento dal basso, tramite il quale una “folla” di soggetti (la crowd) sostiene economicamente un determinato progetto, investendo una piccola somma di denaro, e in cui l’incontro tra finanziatori e finanziati avviene esclusivamente via web e, più nello specifico, su apposite piattaforme create ad hoc.

Le formule possibili sono diverse ed articolate, così come le piattaforme presenti sul mercato. Si va dal mondo reward based, al no profit, fino al peer-to-peer lending.

La sensibilità del legislatore italiano, primo in Europa ad essere intervenuto sul tema, si è concentrata in particolare sul modello del crowdfunding azionario (cosiddetto equity-based model) attraverso il qualei finanziatori effettuano un vero e proprio investimento nel capitale di rischio (azioni o quote) di una start up che, tra i vari requisiti previsti dalla legge, deve possedere quello dell’innovazione e, pertanto, deve essere attiva nello sviluppo, produzione e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. In sintesi, dunque, investire in una start up tramite un portale di equity crowdfunding significa diventarne socio a tutti gli effetti e con tutte le conseguenze che questo comporta.

In questo processo, che molti amano definire di “democratizzazione della finanza”, anche gli Stati Uniti si sono mossi già da tempo tempo: il crowdfunding rappresenta infatti uno degli elementi centrali del cosiddetto JOBS Act (Jumpstart Our Business Startups Act), il piano del Presidente Barack Obama per generare posti di lavoro, firmato il 5 aprile 2012.

Tra i numerosi aspetti connessi al fenomeno del crowd funding azionario occorre prestare una particolare attenzione al tema della lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.

Il FATF (Financial Action Task Force), l’organismo intergovernativo che si occupa di fissare gli standard minimi e di promuovere l’effettiva implementazione di misure legali, regolamentari ed operative per combattere il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo e per salvaguardare l’integrità del sistema finanziario, ha infatti identificato i titoli a basso prezzo collocati presso i privati come un potenziale veicolo di riciclaggio1.

Il rischio deriverebbe principalmente da due ordini di fattori.

In primo luogo, è anzitutto possibile che tali titoli vengano acquistati con fondi provenienti da attività illecite. In secondo luogo, non è infrequente che le organizzazioni criminali investano in compagnie private al fine di utilizzarle come schermo per generare o riciclare profitti illeciti, anche derivanti da meccanismi di manipolazione del mercato, insider trading o frode.

Sulla scorta delle raccomandazioni del FATF dunque, la SEC (Securities and Exchange Commission) ha emanato una proposta di regolamentazione attuativa del JOBS Act che vorrebbe estendere anche ai portali di crowdfunding le misure antiriciclaggio già previste per gli intermediari finanziari registrati dal Chapter X del Code of Federal Regulation.

Ad avviso della SEC, i portali di crowdfunding avrebbero infatti un ruolo centrale nel rilevare, prevenire e segnalare casi di riciclaggio o di altri reati finanziari quali la frode e la manipolazione del mercato, e questo indipendentemente dal fatto che il portale possa o meno movimentare, gestire o possedere denaro o titoli dei propri clienti.

Ricomprendo un ruolo simile a quello dei cosiddetti introducing brokers dunque, i portali di crowdfunding, intrattenendo un rapporto diretto con i clienti, sarebbero nella posizione migliore per poter identificare e monitorare le attività sospette e potenzialmente illecite connesse alle operazioni di finanziamento di progetti imprenditoriali promosse tramite il portale stesso.

A tale scopo, la regolamentazione proposta dalla SEC richiede dunque ai gestori dei portali di crowdfunding di predisporre e conservare un efficace programma antiriciclaggio, di redigere ed implementare una procedura di identificazione dei clienti, di monitorare e segnalare le attività sospette agli organismi competenti e di conformarsi alle richieste di informazioni provenienti dal Financial Crimes Enforcement Network.

Gli adempimenti specifici relativi a ciascuna delle suddette attività vengono poi dettagliati nel documento di lavoro della SEC, che identifica l’obiettivo di tali oneri nella precisa volontà di proteggere i partecipanti finali al progetto di finanziamento dalle attività illegali che potrebbero potenzialmente infiltrare le nuove opportunità di investimento via web.

Si aggiunga inoltre che, l’implementazione di un sistema di regole in materia antiriciclaggio favorirebbe l’accrescimento del livello di fiducia degli investitori tutti, i quali percepiscono di essere adeguatamente salvaguardati e tutelati, incoraggiando dunque un numero sempre crescente di soggetti a prendere parte al processo di raccolta di capitali.

Al contrario rispetto a quanto avvenuto negli Stati Uniti, il Legislatore italiano, nel disciplinare l’istituto dell’equity crowdfunding attraverso il Decreto Crescita 2.0 (D.L. n. 179/2012, convertito con modificazioni nella L. n. 221/2012), non ha fornito alcuna indicazione circa l’estensione delle già esistenti disposizioni in materia di antiriciclaggio e lotta al finanziamento del terrorismo anche ai gestori di portali on-line per la raccolta di capitali di rischio da parte di start-up innovative.

Di riflesso la Consob, incaricata di disciplinare alcuni specifici aspetti del fenomeno dell’equity crowdfunding con l’obiettivo di creare un ambiente affidabile in grado, cioè, di creare fiducia negli investitori, nel Regolamenton. 18592/2013 non ha stabilito (rectius, potuto prevedere) alcuna previsione specifica sui temi legati al riciclaggio e alla lotta al finanziamento del terrorismo.

Si tratta, a nostro avviso, di una mancanza che non potrà non essere colmata dal Legislatore con un intervento di modifica ed integrazione del D.lgs. n. 231/2007, emanato in attuazione della Direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della Direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione.

Deve inoltre considerarsi che entrambi i temi (i.e. antiriciclaggio e crowdfunding) risultano attualmente all’attenzione del Legislatore europeo.

Anzitutto, nel febbraio del 2013 la Commissione europea ha adottato una proposta di quarta direttiva antiriciclaggio, cui sarà presto affiancata una proposta di armonizzazione del diritto penale per questo reato.

Si aggiunga poi che si è appena conclusa, in data 31 dicembre 2013, la pubblica consultazione della Commissione europea sul crowdfunding nell'UE, tesa ad esplorare il valore aggiunto di un possibile piano d'azione del Legislatore comunitario volto a disciplinare il fenomeno nei suoi vari aspetti ed articolazioni. Il testo in pubblica consultazione non trascura di menzionare tra i vari punti di attenzione legati al fenomeno del crowdfunding e, più in generale, al mondo delle transazioni via web, la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, auspicando a tal riguardo un intervento degli Stati membri.

Il crowdfunding, insieme al microcredito e agli investimenti ad impatto sociale, rientra nel perimetro della finanzia inclusiva, che si propone oggi come una valida alternativa e uno strumento di complementarietà rispetto agli istituti tipici della finanzia tradizionale.

Il fenomeno è dunque in forte espansione e il quadro normativo è in continua evoluzione. Molti sono gli aspetti che devono ancora essere disciplinati e presto altri Paesi rilasceranno la propria regolamentazione sul crowdfunding: America latina, Asia e molti Paesi islamici sono già al lavoro.

Stante la sua flessibilità, e in virtù della sua operatività esclusivamente via web, il crowdfunding ben si presta ad operazioni di finanziamento cross border, tramite la partecipazione di soggetti provenienti da più Paesi. Una delle prossime sfide sarà dunque quella di creare un coordinamento tra le diverse legislazioni interessate al fine di sfruttare tutte le potenzialità che tale strumento racchiude.

 

1

See FATF, Money Laundering and Terrorist Financing in the Securities Sector, Ottobre 2009.


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