Premessa
Di fronte a situazioni di crisi economico-finanziaria del debitore le banche finanziatrici sono spesso costrette a procedere con la svalutazione o stralcio dei loro crediti, ovvero ad operare la conversione degli stessi in partecipazione al capitale del debitore.
Nei casi descritti le norme fiscali di interesse per le banche ed in generale per gli enti finanziari sono quelle previste dagli artt. 106, commi da 3 a 5, e 101, comma 5, del D.P.R. n. 917/1986 (di seguito “Tuir”), rispettivamente relative alla disciplina delle svalutazioni e perdite su crediti, nonché il peculiare trattamento fiscale previsto nei casi di trasformazioni in titoli partecipativi del credito finanziario ai sensi dell’art. 113 del Tuir.
In estrema sintesi, l’art. 106, comma 3, del Tuir prevede che per gli enti creditizi e finanziari le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l’importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,30 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell’ammontare delle svalutazioni dell’esercizio. L’ammontare complessivo delle svalutazioni che supera lo 0,30 per cento è deducibile in quote costanti nei diciotto esercizi successivi1.
Relativamente alle perdite su crediti l’art. 101, comma 5, del Tuir prevede che le stesse sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
Alla luce delle norme testé richiamate, quindi, in tutti i casi in cui il soggetto finanziato si trovi in una situazione di crisi finanziaria che non sia ancora sfociata in alcuna delle procedure richiamate dall’art. 101, comma 5, primo periodo, del Tuir, le banche creditrici sono tenute ad effettuare l’impairment test sul credito e ad allocare la relativa riduzione di valore a conto economico quale svalutazione del credito deducibile nei limiti e secondo le modalità imposti dall’art. 106 del Tuir.
Inoltre, nei casi in cui la banca proceda con lo stralcio del credito, la perdita iscritta a conto economico potrà essere dedotta qualora sussistano gli elementi di certezza (i.e. esistenza della perdita) e precisione (i.e. oggettiva determinabilità dell’ammontare della perdita) richiesti dal comma 5 dell’art. 101, che devono trovare oggettivo riscontro negli atti intervenuti tra le parti e nella procedura attivata per il recupero dei crediti, e che provino la sopravvenuta impossibilità di riscossione del credito.
Per i soli soggetti IAS adopter, infine, il medesimo comma 5 dell’art. 101 prevede che gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi.
A completamento del quadro normativo in relazione alle perdite su crediti occorre evidenziare la particolare facoltà concessa dal legislatore agli istituti bancari e finanziari in caso di conversione dei crediti in capitale del debitore. A termini dell’art. 113 Tuir, infatti, ai suddetti soggetti che acquisiscono partecipazioni per il recupero dei crediti finanziari è riconosciuta la possibilità, previo parere favorevole dell’Agenzia delle entrate, di “disapplicare” il regime della Participation exemption (cd. “Pex”) di cui all’articolo 87 del Tuir alla partecipazioni iscritte in sostituzione dei crediti in sofferenza; l’accoglimento dell’istanza mediante interpello preventivo comporta contestualmente l’equiparazione ai crediti estinti o convertiti delle partecipazioni acquisite ai fini dell’applicazione degli articoli 101, comma 5, e 106 del Tuir, con la conseguente deducibilità della perdita ove ne ricorrano i presupposti. La mancata proposizione dell’interpello, o il mancato accoglimento dello stesso, implica che, una volta sostituito con la partecipazione, il credito non sarà più valutato come tale e la banca dovrà applicare la disciplina fiscale propria delle partecipazioni alla nuova attività finanziaria acquisita.
Conversione del credito e valutazione delle partecipazioni iscritte
Al momento della conversione dei crediti in partecipazioni, atteso che da un punto di vista contabile l’istituto di credito procede alla eliminazione del credito residuo ed alla iscrizione della partecipazione acquisita alla voce 40 dell’attivo dello Stato Patrimoniale relativa alle “attività finanziarie disponibili per la vendita” (i.e. “available for sale”), con contestuale costituzione della riserva di valutazione alla voce 130 del passivo di Stato Patrimoniale che accoglie la variazioni del fair value della partecipazione2, a causa della situazione di crisi economico/finanziaria della società emittente, il valore di prima iscrizione in bilancio della partecipazione spesso risulta inferiore all’ultimo valore contabile e fiscale del credito sostituito, si avrà pertanto una differenza negativa (i.e. trail fair value della partecipazione iscritta ed il valore contabile del credito sostituito) da imputare a conto economico e rappresenterà una rettifica di valore (i.e. perdita) riferibile al credito sostituito3.
Fiscalmente, nell’ipotesi di sostituzione del credito da parte dei soggetti finanziari, l’ambito applicativo della norma, introdotta nell’estate del 2012 nel Tuir4, secondo cui per i soli soggetti IAS adopter gli elementi certi e precisi sussistono in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi, non chiarisce se la conversione in partecipazione possa essere validamente inquadrata tra le fattispecie di cancellazione in dipendenza di eventi estintivi; in prima battuta, quindi, sembrerebbero valere a tutt’oggi le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate con le quali è stato chiarito che la deduzione della perdita su crediti al momento della sostituzione è subordinata alla verifica della ricorrenza dei requisiti di certezza e precisione di cui al comma 5 dell’articolo 101 del Tuir5.
Le partecipazioni iscritte a seguito della concersione del credito da parte dell’istituto finanziario da un punto di vista fiscale, si considerano “immobilizzazioni finanziarie”6, pertanto, le stesse sono soggette al seguente trattamento fiscale sia per ciò che attiene la loro valutazione periodica sia in caso di cessione7:
- le valutazione periodiche al fair value (con effetti che devono essere contabilizzati in contropartita diretta del patrimonio netto) ai sensi dell’articolo 110, comma 1-bis, lett. b), del Tuir, non rilevano sotto il profilo fiscale. In altri termini, un eventuale deprezzamento della partecipazione con contestuale svalutazione della stessa, rilevata in riduzione del patrimonio netto, non ha riconoscimento fiscale;
- parimenti, sono fiscalmente irrilevanti le eventuali perdite di valore rilevate in conto economico, la cui iscrizione comporta l’obbligo di operare corrispondenti variazioni in aumento in sede di redazione della dichiarazione dei redditi;
- per ciò che concerne, invece, le differenze (plus/minusvalenze) realizzate in sede di cessione di partecipazioni si applicherà il regime Pex di cui all’art. 87 del Tuir qualora ne ricorrano le condizioni; quindi, l’eventuale plusvalenza concorrerà parzialmente (i.e. in misura pari al 5%) alla formazione del reddito imponibile in quanto esente nella misura del 95%, di converso l’eventuale minusvalenza sarà integralmente indeducibile.
Durante il periodo di possesso delle partecipazioni ricevute, che rispettino i requisiti per la Pex, pertanto, sia le eventuali riduzioni periodiche di valore che le minusvalenze da cessione non potrebbero essere dedotte in sede di dichiarazione dei redditi.
Per tali motivazioni le operazioni di risanamento del debito mediante conversione in azioni del debitore potrebbero risultare fortemente penalizzanti da un punto di vista fiscale per gli istituti di credito qualora la previsione sia quella di un realizzo con ulteriori perdite; al contrario potrebbe risultare interessante fiscalmente, in caso di recupero di valore, il realizzo di eventuali plusvalenze da ritenere esenti in base ai criteri della Pex.
A diverse conclusioni si potrebbe giungere in caso di ottenimento del parere positivo dell’Amministrazione finanziaria a seguito d’interpello preventivo ex art. 113 Tuir in base al quale, come noto, è consentito disapplicare la disciplina Pex prevista dell’art. 87 del Tuir, e continuare a valutare la nuova attività finanziaria ricevuta in sostituzione del credito in base alle norme di cui agli artt. 101 e 106 del Tuir esaminate supra.
1
La percentuale dello 0,30 per cento è elevata allo 0,50 per cento, e l’eccedenza è dedotta in nove esercizi, in relazione ai nuovi crediti, diversi da quelli assistiti da garanzia o da misure agevolative pubblici o statali, erogati a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2009 limitatamente all’ammontare che eccede la media dei crediti erogati nei due periodi d’imposta precedenti (cfr. comma 3-bis, dell’art. 106). Inoltre, gli accantonamenti non sono più deducibili quando il loro ammontare complessivo ha raggiunto il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell’esercizio, e l’accantonamento che in un esercizio eccede tale limite del 5 per cento concorre a formare il reddito dell’esercizio stesso (cfr. commi 3 e 5 dell’art. 106).
2
Il trattamento contabile da riservare alle partecipazioni acquisite per il recupero di crediti è stato descritto dall’Amministrazione finanziaria con la Circ. n. 42/E del 3 agosto 2010.
4
L’attuale formulazione dell’art. 101, comma 5, del Tuir è stata introdotta dall’art. 33, comma 5, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134.
5
In tal senso la Circ. 42/E citata, “…il differenziale negativo iscritto a conto economico in fase di conversione dei crediti rileva come “perdita” su crediti, deducibile al ricorrere dei requisiti di certezza e precisione richiesti dal comma 5 dell’art. 101”.
6
In ordine alla classificazione degli strumenti finanziari l’art. 85, comma 3-bis, del Tuir prevede che “in deroga al comma 3, per i soggetti che redigono il bilancio in base ai princìpi contabili internazionali di cuial regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, si considerano immobilizzazioni finanziarie gli strumenti finanziari diversi da quelli detenuti per la negoziazione”.