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La riforma del sistema di tassazione delle imprese a Gibilterra rappresenta un regime di aiuti di Stato incompatibile con il mercato interno

16 Novembre 2011

Igor Taccani e Fabio Filpo | Osservatorio Permanente sull’Applicazione delle Regole di Concorrenza

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di giustizia dell’Unione europea giudica che un regime fiscale concepito in maniera tale che le società offshore sfuggano all’imposizione costituisce un regime di aiuti di Stato incompatibile con il mercato interno

La Corte annulla pertanto la sentenza del Tribunale e conferma la decisione della Commissione di non autorizzare il Regno Unito ad attuare la proposta di riforma del sistema di tassazione delle imprese a Gibilterra del 2002

Corte Sentenza nelle cause riunite C-106/09 P e C-107/09 P, Commissione e Spagna / Government of Gibraltar e Regno Unito

Nell’agosto del 2002 il Regno Unito ha notificato alla Commissione la riforma prevista dal governo di Gibilterra riguardante l’imposta sulle società. Tale riforma comprendeva, in particolare, l’abrogazione del precedente sistema fiscale e l’istituzione di tre imposte applicabili a tutte le imprese di Gibilterra: una tassa di registro, un’imposta sul monte salari e un’imposta sull’occupazione di beni immobili commerciali (business property occupation tax; in prosieguo: la «BPOT»), laddove l’onere impositivo corrispondente a queste ultime due era limitato al 15% degli utili.

Con Decisione della Commissione 30 marzo 2004, 2005/261/CE, relativa al regime di aiuti che il Regno Unito sta progettando di applicare in relazione alla riforma del sistema di tassazione delle imprese del governo di Gibilterra, la Commissione ha deciso che le proposte [notificate per la riforma del sistema di tassazione delle imprese a Gibilterra] costituivano un regime di aiuti di Stato incompatibile con il mercato interno e, di conseguenza, non potevano essere attuate. Secondo la Commissione, infatti, tre aspetti della riforma fiscale erano selettivi sul piano materiale: 1) la produzione di utili quale presupposto per l’assoggettamento all'imposta sul monte salari e alla BPOT, presupposto atto a favorire le imprese che non produrrebbero utili; 2) il limite del 15% degli utili applicato all'assoggettamento all’imposta sul monte salari e alla BPOT, limite che avvantaggia le imprese che, per l'esercizio fiscale in questione, avrebbero utili esigui rispetto al numero dei dipendenti e all'occupazione di immobili commerciali; 3) l’imposta sul monte salari e la BPOT, due imposte che favoriscono, per loro natura, le società «offshore» le quali non hanno un’effettiva presenza fisica a Gibilterra e, per questo, non sono debitrici dell’imposta sulle società. La Commissione ha considerato altresì che la riforma progettata era selettiva sul piano regionale, in quanto prevedeva un sistema in base al quale l’aliquota d’imposta delle società a Gibilterra era generalmente inferiore a quella applicata alle società del Regno Unito.

A seguito dei ricorsi proposti dal governo di Gibilterra e dal Regno Unito il Tribunale di primo grado ha annullato, il 18 dicembre 2008, la decisione della Commissione (Sentenza nelle cause riunite T-211/04 e T-215/04, Government of Gibraltar e Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord/Commissione). Nella sua sentenza il Tribunale ha dichiarato, in particolare, che la Commissione non aveva seguito un metodo di analisi corretto riguardo alla selettività materiale della proposta di riforma. A giudizio del Tribunale, infatti, per provare la selettività del regime fiscale in causa, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che taluni dei suoi elementi avevano carattere derogatorio rispetto al regime fiscale comune o «normale» di Gibilterra. La Commissione non poteva, quindi, come invece ha fatto nella propria decisione, qualificare come selettive misure fiscali generali sulla base dei loro effetti. Il Tribunale ha ritenuto, inoltre, che l’ambito di riferimento per valutare la selettività regionale della riforma corrispondesse esclusivamente ai confini del territorio di Gibilterra e non a quelli del Regno Unito.

In tale contesto la Commissione e la Spagna hanno proposto le presenti impugnazioni presso la Corte di giustizia per l’annullamento della sentenza del Tribunale.

Nella sentenza odierna, la Corte dichiara che il Tribunale ha commesso un errore di diritto considerando che la proposta di riforma tributaria non conferisce vantaggi selettivi alle società offshore.

La Corte considera, invero, che una pressione fiscale differente risultante dall’applicazione di un regime fiscale «generale» non può essere sufficiente, in sé, a dimostrare la selettività di un’imposizione. Nondimeno, a suo giudizio, tale selettività sussiste quando, come nella fattispecie, i criteri di imposizione prescelti da un regime fiscale sono idonei a caratterizzare le imprese beneficiarie in virtù delle proprietà loro peculiari quale categoria privilegiata.

La Corte constata che il regime fiscale di Gibilterra si caratterizza, segnatamente, per la combinazione dell’imposta sul monte salari e della BPOT quali criteri di imposizione unici che portano a un’imposizione che è funzione del numero dei dipendenti e delle dimensioni degli immobili commerciali occupati. Tuttavia, data l’assenza di altri criteri di imposizione, la combinazione di questi due criteri (fondati su elementi, in sé, generali) esclude a priori da qualsivoglia imposizione le società offshore, in quanto queste ultime non hanno dipendenti né occupano immobili commerciali. Tali criteri operano, quindi, una discriminazione tra società che si trovano in una situazione analoga sotto il profilo dell’obiettivo perseguito dalla proposta di riforma tributaria, che è quello di introdurre un sistema generale di tassazione per tutte le società stabilite a Gibilterra.

Di conseguenza, la Corte conclude che la circostanza che le società offshore sfuggano all’imposizione a Gibilterra non è una conseguenza casuale del regime di cui trattasi, bensì il risultato ineluttabile del fatto che le due imposte sulle società (in particolare, i loro criteri di imposizione) sono concepiti precisamente in modo che le società offshore, le quali per loro natura non hanno dipendenti né occupano immobili commerciali, sfuggano all’imposizione. Il fatto che le società offshore non siano tassate, proprio grazie alle caratteristiche peculiari a tale categoria di società, consente, quindi, di considerare che esse beneficiano di vantaggi selettivi.

In particolare, la Corte ricorda che, contrariamente al ragionamento del Tribunale, la qualificazione di un sistema fiscale come «selettivo» non dipende dal fatto che quest’ultimo sia concepito in maniera che le imprese siano assoggettate nel loro insieme agli stessi oneri fiscali, ma talune di esse godano di deroghe che concedono loro un vantaggio selettivo. Un tale modo di comprendere il criterio di selettività presupporrebbe che un regime fiscale, per poter esser qualificato come selettivo, sia concepito secondo una determinata tecnica regolamentare, con la conseguenza che talune norme tributarie nazionali sfuggirebbero immediatamente al controllo in materia di aiuti di Stato per il solo fatto di rientrare in un’altra tecnica regolamentare, benché producano i medesimi effetti.

Poiché la proposta di riforma tributaria è materialmente selettiva per il fatto di conferire vantaggi selettivi alle società offshore, la Corte ritiene che non occorra esaminare se la proposta di riforma sia selettiva sul piano territoriale.

Alla luce di quanto precede, la Corte decide di annullare la sentenza del Tribunale e di confermare la decisione della Commissione a termini della quale la proposta di riforma tributaria costituisce un regime di aiuti di Stato che il Regno Unito non è autorizzato a mettere in atto.

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