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Attualità

Un caso recente: divieto di offerta al pubblico di “portafogli di investimento” in criptovalute

29 Gennaio 2018

Avv. Andrea Conso, Avv. Antonio Di Giorgio, Dott. Luigi Martinotti – AC Group

Di cosa si parla in questo articolo

1. Provvedimento della Consob

Con la delibera n. 20207 del 6 dicembre 2017, la Consob ha vietato – ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d) TUF – che una società estera operante in Italia continuasse ad offrire “portafogli di investimento” in criptovalute, venendo a configurarsi un’offerta al pubblico di prodotti finanziari. In particolare, la Consob, che già in precedenza aveva sospeso in via cautelare le operazioni della società in questione[1], ha riscontrato che l’offerta non risultava aderente al regime regolamentare del TUF e del Regolamento n. 11971 del 14 maggio 1999 (c.d. “Regolamento Emittenti”) e ne ha vietato l’attività.

Ai sensi dell’art. 94, comma 1, del TUF, infatti, “Coloro che intendono effettuare un’offerta al pubblico pubblicano preventivamente un prospetto. A tal fine, per le offerte aventi ad oggetto strumenti finanziari comunitari nelle quali l’Italia è Stato membro d’origine e per le offerte aventi ad oggetto prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari comunitari, ne danno preventiva comunicazione alla Consob allegando il prospetto destinato alla pubblicazione. Il prospetto non può essere pubblicato finché non è approvato dalla Consob”.

L’analisi dell’Autorità si è incentrata sulla possibilità da parte dell’investitore di acquistare “portafogli di investimento”, offerti in vendita tramite il sito internet dalla società estera in questione; con l’acquisto del prodotto, al cliente si promettevano rendimenti mensili del capitale investito, differenziati a seconda dell’importo versato, derivanti dall’attività di trading in criptovalute. In tale modello di business, la Consob ha rilevato il ricorrere di tutti i presupposti idonei a configurare, secondo la definizione fornita dall’art. 1, comma 1, lett. t) del TUF, la fattispecie regolata dall’ordinamento di “offerta al pubblico di prodotti finanziari”, per la quale deve intendersi: “ogni comunicazione rivolta a persone, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, che presenti sufficienti informazioni sulle condizioni dell’offerta e dei prodotti finanziari offerti così da mettere un investitore in grado di decidere di acquistare o di sottoscrivere tali prodotti finanziari, incluso il collocamento tramite soggetti abilitati”. In particolare, a tal fine, è stata presa in considerazione la seguente caratteristica che contraddistinguono la fattispecie tipica: la circostanza che l’attività abbia ad oggetto “prodotti finanziari”[2], categoria che comprende sia le figure tipizzate degli “strumenti finanziari”, sia “ogni altra forma di investimento di natura finanziaria”[3].

2. Alcune considerazioni

Che la Consob intervenga per sospendere o vietare un’attività che non ritenga svolgersi in ossequio alla disciplina regolamentare di riferimento non è peraltro una novità. La delibera in commento, tuttavia, rileva per una prima lettura autorevole circa il configurarsi di due istituti tipizzati dal nostro ordinamento, i.e. “prodotto finanziario” e “offerta al pubblico”, in un modello di business avente ad oggetto criptovalute.

La Consob interviene ponendo dei limiti, o comunque suggerendo la potenziale applicazione di alcune regole, in un settore in crescendo, dove operano soggetti che propongono investimenti in criptovalute e che, a detta di alcuni, invece, può essere considerato totalmente libero da vincoli normativi.

Già nel corso del 2017, con la delibera n. 19968 del 20 aprile, l’Autorità aveva, prima sospeso, e poi vietato l’attività pubblicitaria effettuata nei confronti del pubblico residente in Italia, tramite un sito che promuoveva l’offerta di “pacchetti di estrazione di criptovalute” e, la delibera n. 20207 del 6 dicembre 2017, non è altro se non la conferma che alcuni modelli dibusiness aventi ad oggetto l’operatività in criptovalute possono rientrare in fattispecie tipiche già regolate dall’ordinamento[4].

Peraltro, è immediato il ragionamento da cui discende la sussunzione di una determinata fattispecie entro una norma di legge: se il caso concreto è tale da rientrare nella descrizione astratta e generale del dettato normativo, allora la legge è da ritenersi applicabile. Pertanto, che si tratti di offerta al pubblico di prodotti finanziari, di servizi o attività d’investimento, di prestazione di servizi di pagamento, di servizio di gestione patrimoniale, o altro, anche se il “sottostante” all’attività sono criptovalute, l’operatore è tenuto a domandarsi se l’operatività posta in essere ricade in una fattispecie tipica e regolata e, se la risposta è affermativa, è, di conseguenza, tenuto ad uniformarsi alle prescrizioni legali vigenti in materia, a pena di ricadere in un esercizio abusivo di attività riservata.

A riguardo, un elemento potenzialmente idoneo a ridurre le incertezze per gli operatori, che nelle diverse forme sviluppano modelli di businessincentrati sull’utilizzo delle criptovalute, può essere l’avvio di una consultazione pubblica da parte dell’Autorità di settore, come d’altra parte è già accaduto in altri Paesi (Francia e Malta)[5]. L’avvio della consultazione permetterebbe un confronto tra i soggetti operanti nel mercato e le Autorità finalizzato alla pubblicazione di linee guida dedicate e condivise, eventualmente orientate alla individuazione di un primo perimetro normativo e degli strumenti posti a tutela dell’investitore.


[1] Delibera n. 20110 del 13 settembre 2017.

[2] L’art. 1 co.1, lett. u), TUF recita che sono ““prodotti finanziari”: gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria; non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari”.

[3] La Consob ha finito per ritenerli “investimenti di natura finanziaria”. Come già in passato questa nozione è stata ricondotta alla compresenza di tre caratteristiche: (i) l’impiego di capitale; (ii) l’aspettativa di rendimento di natura finanziaria; (iii) l’assunzione di un rischio direttamente connesso e correlato all’impiego di capitale (cfr. Comunicazione 30 novembre 1995, n. DAL/RM/95010201; Comunicazione 12 aprile 2001, n. DEM/1027182; Comunicazione 6 maggio 2013, n. DTC/13038246; Avviso ai risparmiatori 31 gennaio 2017).

[4] Si segnalano a questo proposito la delibera n. 19866 del 1 febbraio 2017 e la delibera n. 19968 del 20 aprile 2017.

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