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Attualità

Crowdfunding e real estate

12 Marzo 2020

Giuseppe Serranò e Andrea Motta, Real Estate Team, CBA

Di cosa si parla in questo articolo

Con la riforma che, nel 2017, ha esteso a tutte le PMI e alle imprese e agli OICR che investono prevalentemente in PMI la possibilità di fare ricorso alla raccolta di capitale di rischio tramite portali online, anche gli operatori del real estate hanno iniziato ad interessarsi al crowdfunding. Tuttavia, l’effettiva comprensione delle potenzialità, nell’ambito del real estate, di tale strumento, originariamente pensato per le sole start up innovative, ha richiesto (e richiederà) ulteriore tempo, anche a causa della complessità di un quadro normativo, rappresentato in sostanza dal comma 5-novies dell’art. 1 e dagli artt. 50-quinquies e 100-ter d.lgs. n. 58/1998 (TUF),[1] oltre che dal regolamento Consob n. 18592/2013,[2] sul quale il legislatore (e, di conseguenza, la Consob) è intervenuto più volte. Non va, peraltro, dimenticato che, parallelamente all’equity crowdfunding, si è sviluppato, quale frutto dell’erosione della riserva bancaria dovuta alla crisi che ha colpito il settore dell’erogazione del credito, il lending crowdfunding, oggetto del provvedimento di Banca d’Italia n. 584/2016 (sez. IX).[3]

Negli ultimi anni, alcuni operatori hanno così costituito piattaforme online dedicate ai progetti immobiliari, alcune per la raccolta di capitale di rischio, altre per la ricerca di prestiti. Al riguardo, vale la pena di osservare che gli operatori attivi nella gestione delle piattaforme di equity sono prevalentemente soggetti con apposita autorizzazione Consob, mentre non sembra di rilevare particolare interesse da parte degli intermediari tradizionali che pure potrebbero richiedere di essere iscritti nella sezione speciale dell’apposito registro.[4] La maggioranza degli operatori operanti nel settore dei prestiti sono, al contrario, agenti di istituti di pagamento (IP) già autorizzati dalla Banca d’Italia ex art. 114-septies legge n. 385/1993 (TUB) o, comunque, autorizzati ad operare in Italia, il che non stupisce, visto l’impegno organizzativo ed economico che richiederebbe a chi voglia iniziare un’attività in questo settore la costituzione di un proprio IP, il quale resta, comunque, la meno complessa entità alla quale tale gestione è consentita, le altre essendo, oltre agli istituti di credito, gli intermediari ex art. 106 TUB, gli istituti di moneta elettronica (IMEL) ex art. 114-quater TUB e simili soggetti stranieri che possono operare in Italia. È, altrettanto, comprensibile, poi, che, almeno allo stato, gli operatori che gestiscono piattaforme di equity non gestiscano siti di lending e viceversa. I due ambiti di attività impongono, infatti, non solo percorsi autorizzativi diversi, ma la presenza nell’organizzazione aziendale di strutture con capacità operative profondamente differenti, nel primo caso derivanti dal settore corporate e, ove il sottostante sia immobiliare, delreal estate, mentre nel secondo dall’ambito creditizio.

In concreto, negli ultimi anni tre anni tali portali hanno ospitato progressivamente un numero sempre maggiore di progetti immobiliari.[5] Si tratta di iniziative che non superano, di regola, il milione di Euro, attestandosi, anzi a livelli sensibilmente inferiori.[6] Ciò è dovuto, in realtà, sia al tipo di offerente (e, quindi, di progetto) veicolato tramite questi portali, sia al tipo di potenziale investitore.

Quanto al primo aspetto, si rivolgono ai gestori di piattaforme di solito PMI che intendono sviluppare un progetto residenziale (in misura minore, commerciale e logistico) di costruzione o ristrutturazione in Italia o all’estero. L’operatore che si rivolge al crowdfunding, considerato l’attuale ridotto costo dei prestiti bancari, è di regola un soggetto almeno parzialmente non bancabile o che non può coprire interamente per via bancaria i costi dell’iniziativa (costi connessi all’acquisto dell’asset, capex, costi professionali e commissione del gestore del portale). La scelta tra equity e lending dipenderà dai tempi dell’iniziativa, dalla propensione dello sponsor a far partecipare gli investitori al capitale di rischio, dal rendimento atteso e dalla possibilità di offrire un rendimento prefissato. Poiché, per quanto si è detto, il ricorso alla piattaforma costituisce un supporto al finanziamento bancario, è abbastanza improbabile che, per la medesima iniziativa, un operatore utilizzi tipi diversi di crowdfunding.[7]

Il destinatario-tipo dell’offerta è l’investitore retail, dato che gli investitori istituzionali, i quali, in astratto, potrebbero anch’essi acquistare tramite portale, non sono di regola interessati ad investimenti di valore complessivo così ridotto.[8] Le tutele offerte dal regolamento n. 18592/2013 sono, peraltro, diverse a seconda della dimestichezza dell’investitore con gli investimenti in strumenti finanziari.[9]

Volendo sintetizzare le evidenze della prassi, nel settore del real estate si offrono sulle piattaforme di equity crowdfunding quote di s.r.l. (più difficilmente azioni di s.p.a.) costituite di solito appositamente per la realizzazione di un progetto e partecipate direttamente dallo sponsor, a meno che questi non preferisca lasciare ai crowdfunders il 100% del relativo capitale.[10] L’operazione, i cui contenuti sono valutati dai gestori dei portali con gradi di approfondimento diversi, ha un orizzonte temporale di almeno 12-36 mesi, tenuto conto della necessità, per il rimborso del capitale, di liquidare la società di scopo. Il lending, invece, presuppone un minore periodo di rimborso del finanziamento (circa 6-18 mesi). Il ROI di un’operazione di questo tipo è compreso tra il 7 e il 15%, laddove i rendimenti più elevati sono di solito connessi al lending. Si tratta di rendimenti interessanti che, tuttavia, oltre al rischio insolvenza della SPV, nel caso dell’equity crowdfunding scontano anche l’illiquidità dell’investimento, problema che la Consob ha cercato di fronteggiare consentendo l’apertura sui portali di bacheche in cui gli investitori possono scambiarsi le partecipazioni, a condizione che non ci sia alcun intervento del gestore.[11]

In questo scenario, il legislatore della legge n. 145/2018 ha deciso di consentire alle piattaforme di equity di offrire – in una sezione separata del portale – anche le obbligazioni delle SPV, limitando la platea dei potenziali investitori ai soggetti già indicati nel codice civile e a quelli individuati dalla Consob.[12] Tale nuova opportunità potrà certamente contribuire a favorire, anche nel real estate, l’incremento del valore complessivo degli investimenti effettuati.

 


[1] Le norme citate sono state introdotte dall’art. 30 comma 2 d.l. 18 ottobre 2012 n. 179, in Gazz. Uff., n. 245 del 19 ottobre 2012, suppl. ord. n. 194, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012 n. 221, ivi, n. 294 del 18 dicembre 2012, suppl. ord. n. 208, e successivamente modificate, in particolare, dall’art. 4 comma 10 d.l. 24 gennaio 2015 n. 3, ivi, n. 19 del 24 gennaio 2015, convertito, con modificazioni, dalla l. 24 marzo 2015 n. 33, ivi, n. 70 del 25 marzo 2015, suppl. ord. n. 15, dall’art. 1 comma 70 l. 11 dicembre 2016 n. 232, ivi, n. 297 del 21 dicembre 2016, suppl. ord. n. 57, dall’art. 18 comma 8 d.lgs. 3 luglio 2017 n. 112, ivi, n. 167 del 19 luglio 2017, dall’art. 2 comma 43 d.lgs. 3 agosto 2017 n. 129, ivi, n. 198 del 25 agosto 2017, dall’art. 1 commi 236 e 238 l. 30 dicembre 2018 n. 145, ivi, n. 302 del 31 dicembre 2018, suppl. ord. n. 62, e dagli artt. 2 commi 9 e 10 e 4 comma 1 d.lgs. 25 novembre 2019 n. 165, ivi, n. 6 del 9 gennaio 2020.

[2] La versione aggiornata del regolamento è reperibile al sito www.consob.it/documents/46180/46181/reg_consob_2013_18592.pdf/54eae6e4-ca37-4c59-984c-cb5df90a8393. Sull’equity crowdfunding cfr. Boncristiano, Autorità private e mercati finanziari: il caso dei portali di equity crowdfunding, in Dir. banca merc. fin., 2019, p. 103 ss.; Minneci, Equity crowdfunding: gli strumenti a tutela dell’investitore, in Riv. dir. civ., 2019, p. 509 ss.; Mozzarelli, L’equity crowdfunding in Italia. Dati empirici, rischi e strategie, in Banca, borsa, titoli cr., 2019, p. 650 ss.; sul lending crowdfundingcfr. Macchiavello, La problematica regolazione del lending-based crowdfundingin Italia, in Banca, borsa, titoli cr., 2018, p. 63 ss.

[3] In Gazz. Uff., n. 271 del 19 novembre 2016.

[4] Si tratta di SIM, imprese di investimento UE, imprese di paesi terzi diverse dalle banche autorizzate in Italia, gestori di cui all’art. 1 comma 1 lett. q-bisTUF (Sgr, Sicav e Sicaf che gestiscono direttamente i propri patrimoni, società di gestione UE, GEFIA UE, GEFIA non UE, gestori di EuVECA, gestori di EuSEF e gestori di ELTIF, limitatamente all’offerta di quote o azioni di OICR che investono prevalentemente in PMI) e banche, autorizzati ai relativi servizi di investimento. Cfr. l’art. 4 comma 2 del regolamento n. 18592/2013. In materia di crowdfunding, si è, peraltro, in attesa di un intervento del legislatore europeo: cfr., sul punto, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai servizi di crowdfunding per le imprese resa nota dalla Commissione in data 8 marzo 2018 (COM(2018) 113) e reperibile al sito www.eur-lex.eu.

[5] Cfr. il quarto report del Politecnico di Milano sul crowdinvesting (luglio 2019),reperibile al sito www.osservatoriocrowdinvesting.it/portal/minibond/documenti;jsessionid=AC77CE8ACB995537278312C1EA44CFB0 (dati al 30 giugno 2019). Il report indica, rispettivamente, in 49 milioni (8,8 milioni nel real estate corrispondenti ad 8 progetti) e 207 milioni di Euro (6,8 milioni nel real estate corrispondenti a 30 progetti) gli importi raccolti tramite equity e lending crowdfunding nell’anno precedente.

[6] Ai sensi degli artt. 100 comma 1 lett. c e 100-ter comma 1 TUF e dell’art. 34-bis del regolamento emittenti di cui alla delibera Consob n. 11971 del 14 maggio 2019, il cui testo aggiornato è reperibile al sito www.consob.it/documents/46180/46181/reg_consob_1999_11971.pdf/bd8d1812-6866-473e-8234-c54c75c0363a, l’offerta non può avere un valore complessivo superiore ad Euro 8 milioni.

[7] Del resto, senza pretesa di esaustività, si può qui ricordare che, non essendo prevista una disciplina ad hoc, il trattamento fiscale del crowdfunding deve essere effettuato, a seconda della natura dello stesso nel caso di specie, alla luce delle ordinarie categorie reddituali. Sicché, da un punto di vista fiscale, l’equity crowdfunding rientra nella disciplina propria riservata all’investimento nel capitale di rischio (con l’applicazione delle disposizioni relative alla distribuzione di utili), mentre il trattamento fiscale del lending crowdfunding è quello disposto per i proventi (rectius: redditi di capitale) derivanti dall’impiego di risorse finanziarie a titolo di finanziamento.

[8] Il 5% dell’offerta per equity è, però, riservata a investitori professionali, business angels o incubatori di start-up innovative ex art. 24 comma 2 regolamento n. 18592/2013. Tale percentuale scende al 3%, ai sensi del successivo comma 2-ter, in caso di PMI in possesso della certificazione del bilancio e dell’eventuale bilancio consolidato, relativi agli ultimi due esercizi precedenti l’offerta, redatti da un revisore contabile o da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili.

[9] Così, ad esempio, il diritto di recesso dall’ordine di adesione entro i successivi 7 giorni, così come il diritto di recesso o co-vendita in caso di mutamento del controllo dell’emittente (art. 24 comma 1 regolamento n. 18592/2013), è riconosciuto ai soli investitori diversi dagli investitori professionali e da quelli di cui all’art. 24 comma 2 (art. 13 comma 5), mentre il diritto di revoca dell’offerta nel caso in cui, tra il momento dell’adesione e la sua chiusura, sopravvenga un fatto nuovo o sia rilevato un errore materiale concernenti le informazioni esposte sul portale, atti ad influire sulla decisione di investimento è riconosciuto a tutti gli investitori (art. 25 comma 2).

[10] Nella prassi italiana, gli sponsors preferiscono mantenere la maggioranza del capitale sociale e, sempre più spesso, offrire titoli/partecipazioni senza diritti di voto sotto una certa soglia di investimento.

[11] Cfr. art. 25-bis regolamento n. 18592/2013; per un ulteriore intervento del legislatore a favore della circolazione delle quote cfr. art. 100-ter comma 2-bis ss. TUF.

[12] Cfr. gli artt. 2412 e 2483 c.c. Oltre agli investitori professionali, per le offerte di azioni di s.p.a. si tratta dei soggetti di cui ai commi 2 e 2-quater dell’art. 24 regolamento n. 18592/2013 (art. 13 comma 5-quinquies di tale regolamento).

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