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Attualità

L’equity crowdfunding in Italia come appare dall’analisi condotta dall’Università Cattolica di Milano

15 Marzo 2016

Linda Albarani

Di cosa si parla in questo articolo

Lo scorso 5 marzo 2016 sono entrate in vigore delle ulteriori modifiche apportate al Regolamento Consob sull’equity crowdfunding, dalla delibera Consob n. 19520 del 24 febbraio 2016. Le modifiche hanno sostanzialmente riguardato: (i) una semplificazione della procedura, (ii) una riduzione dei costi di transazione, (iii) un allargamento del novero degli investitori professionali che possono contribuire al finanziamento dei progetti d’impresa e a cui deve essere riservata una quota dell’offerta e (iv) la previsione di un conto indisponibile destinato all’offerente.

Per quanto concerne la semplificazione della procedura, le verifiche di appropriatezza dell’investimento rispetto alla esperienza del potenziale investitore, potranno essere ora effettuate da parte degli stessi gestori dei portali, a condizione che siano in possesso di una serie di requisiti[1]. Per quanto riguarda i costi, si registra una riduzione dei costi di transazione, degli oneri legati all’offerta nonché di quelli amministrativi. Per quanto riguarda gli investitori professionali cui deve essere riservato almeno una quota pari al 5% dell’offerta, vengono ammessi ad operare anche “gli investitori professionali su richiesta” classificati ai sensi della disciplina Mifid e gli “investitori a supporto dell’innovazione”. Infine, allo scopo di garantire un rafforzamento della separatezza fra il patrimonio dell’offerente e i fondi raccolti, la riforma prevede che la provvista necessaria al perfezionamento degli ordini di adesione alle offerte sia costituita nel conto indisponibile destinato all’offerente accesso presso le banche o le imprese di investimento a cui sono trasmessi gli ordini.

Ratio dell’intervento regolamentare è quella di incentivare le imprese ad avvalersi di tale forma di investimenti equity, pur preservando, in ogni caso, alti standard di sicurezza dell’investimento, a tutela dell’investitore. Come si legge infatti nella “Relazione illustrativa” della Consob del 25 febbraio 2016 sulle “conseguenze sull’attività delle imprese e degli operatori e sugli interessi degli investitori e dei risparmiatori, derivanti dalle modifiche al regolamento sulla raccolta di capitali di rischio tramite portali on-line”, tra i benefici attesi dalla riforma, si auspicano in particolare una maggiore possibilità di investimento e di finanziamento per le imprese innovative unitamente ad una maggiore qualità del servizio offerto da parte dei gestori autorizzati.

Sullo sviluppo del crowdfunding in Italia si è soffermata l’analisi condotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano “Il Crowdfunding in Italia – Report 2015” che ha delineato, per quanto qui interessa, anche la mappatura del fenomeno dell’equity crowdfunding. La raccolta dei dati è stata effettuata attraverso la somministrazione di un questionario on line agli amministratori delle piattaforme di crowdfunding nei mesi di settembre e ottobre 2015 ed all’indagine hanno risposto 51 piattaforme (il 62% del totale), delle quali 40 sono attive e 11 sono in fase di lancio.

Dall’analisi è emerso che il crowdfunding, nelle sue varie forme[2], sta prendendo pian piano piede anche in Italia: il valore complessivo dei progetti finanziati nel 2015 è pari a circa 56,8 milioni di Euro con un aumento dell’85% rispetto ai 30,6 milioni di euro rilevati a maggio 2014. I fondi in questione sono stati raccolti attraverso le 82 piattaforme di crowdfunding esistenti in Italia, alla data della elaborazione di tale Report, di cui 69 attive e 13 in fase di lancio. Per quanto riguarda in particolare l’equity crowdfunding, secondo questa ricerca, il totale complessivo raccolto nel corso del 2015 ammonta ad Euro 1.637.631,00.

I fondatori delle piattaforme di crowdfunding sono essenzialmente uomini laureati sotto i 40 anni, il 32% è donna, con età media di circa 38,5 anni. Tra le piattaforme intervistate il 78% è iscritto al Registro delle Imprese e la forma giuridica più diffusa è la società a responsabilità limitata. Le piattaforme di crowdfunding intervistate danno lavoro a circa 249 persone con una media di circa 5,7 lavoratori per piattaforma. Ovviamente, dall’indagine è emerso che le piattaforme di equity crowdfunding si rivolgono per la misura del 100% ad aziende e, rispettivamente, nella misura dell’80% a persone e 20% ad associazioni.

L’indagine rileva che, tra le piattaforme intervistate, nel corso del 2015, vi è stato un incremento dei progetti di iniziative ricevuti di oltre il 100% rispetto al 2014. In particolare, i fondatori delle piattaforme di equity intervistate hanno dichiarato di avere pubblicato per il 91% campagne superiori ad Euro 100.00,00 e di avere finanziato esclusivamente campagne oltre i 100.000,00 Euro.

Dal report, emerge tuttavia che le piattaforme equity crowdfunding e, di conseguenza l’interesse degli imprenditori italiani ad impiegare tale forma di finanziamento, continuano a giocare un ruolo ancora marginale. Dall’analisi, si evince infatti che il crowdfunding italiano, a differenza di quello di matrice inglese e americana, è prevalentemente a vocazione culturale e sociale.

Come rilevato dagli autori del Report, varie sono le ragioni atte a spiegare questo trend. In primis, probabilmente, a causa della specificità del nostro tessuto socio-economico ed, in secondo luogo, anche per una certa debolezza del sistema dell’innovazione imprenditoriale in Italia. Inoltre, un altro limite si rinviene nel fatto che il mercato di riferimento delle piattaforme di crowdfunding continua ad essere limitato prevalentemente a quello nazionale (73%) e locale (14%): solo il 12% oltrepassa i confini nazionali.

 


[1] Si tratta della possibilità per i gestori di esercitare il c.d. opt-in.

[2] Per ricompensa, per donazione, equity, debito, modelli ibridi, civico.

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