Con la recente circolare n. 16/E dell’11 maggio 2017 (cfr. contenuti correlati)), l’Agenzia delle Entrate ha commentato le modifiche normative in materia di sanzioni amministrative relative a violazioni concernenti il sistema dell’inversione contabile (il c.d. “reverse charge”)[1], istituto che negli ultimi anni ha assunto sempre maggiore importanza, anche come strumento per contrastare i fenomeni di frode ai fini IVA, sempre più diffusi in alcuni specifici settori di attività.
Il sistema sanzionatorio tributario è stato interamente riformato dal D.Lgs. n. 158/2015 che è intervenuto, inter alia, in modo rilevante sulla disciplina delle violazioni degli obblighi di assolvimento dell’IVA mediante il meccanismo dell’inversione contabile. Le modifiche introdotte, benché in vigore dal 1° gennaio 2016, sono applicabili, in virtù del principio del favor rei, anche alle violazioni commesse in precedenza, purché i relativi atti di contestazione non risultino essere stati già definiti a tale data.[2]
Il presente contributo si sofferma, in particolare, sui chiarimenti contenuti nella circolare con riferimento alle modifiche apportate al comma 9-bis dell’art. 6 del D.Lgs. 471/1997 e all’introduzione dei commi 9-bis.1, 9-bis.2 e 9-bis.3, tenendo a mente che, come chiarito dall’Amministrazione finanziaria, i commi di nuova introduzione si pongono come norme speciali rispetto alla norma generale dettata dal comma 9-bis, prevedendo un trattamento sanzionatorio più mite per specifiche ipotesi di violazione degli obblighi di assolvimento dell’imposta tramite reverse charge.
Per meglio illustrare le novità introdotte nel 2015, dunque, è necessario anzitutto partire dalla descrizione della disposizione generale (i.e. il comma 9-bis) e poi passare all’esame dei tre nuovi commi aventi carattere carattere di specialità.
Il novellato comma 9-bis
La norma sanzionatoria generale si occupa di comminare la sanzione in capo al cessionario/committente (di seguito, il “cessionario”) che, tenuto ad assolvere l’IVA mediante reverse charge, omette di porre in essere gli adempimenti connessi all’inversione contabile.
La nuova formulazione della norma prevede una sanzione in misura fissa (da € 500 e ad € 20.000), al posto della previgente e più onerosa sanzione proporzionale (dal 100% al 200%), purché l’omissione degli adempimenti connessi all’inversione contabile non “occulti” l’operazione, la quale risulti comunque dalla contabilità tenuta ai fini delle imposte sui redditi.[3] In caso contrario, qualora l’operazione non emerga dalla contabilità, la norma mantiene la previsione di una più grave sanzione proporzionale (dal 5% al 10% dell’imponibile non documentato).[4]
La norma fa in ogni caso salva l’applicazione delle ordinarie sanzioni per dichiarazione infedele[5] e per illegittima detrazione dell’IVA[6] nei casi in cui l’omissione degli adempimenti connessi all’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile comporti anche la compilazione di un’infedele dichiarazione IVA ovvero un’indebita detrazione IVA da parte del cessionario.[7]
Al fine di individuare il momento in cui si perfeziona la violazione e definire l’imponibile di riferimento a cui commisurare la sanzione proporzionale comminata, la Circolare mantiene valide le indicazioni già in precedenza fornite,[8] secondo le quali la violazione concernente l’irregolare assolvimento dell’IVA a causa dell’erronea applicazione del reverse charge si realizza al momento della liquidazione (mensile o trimestrale) dell’imposta, dato che è in tale sede che il cedente/prestatore (di seguito, il “cedente”) ed il cessionario procedono erroneamente alla determinazione dell’imposta da assolvere relativa alle operazioni attive. Pertanto, la sanzione andrà commisurata all’importo complessivo dell’imponibile relativo alle operazioni soggette all’inversione contabile riconducibili a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riguardo a ciascun fornitore e, come ulteriormente chiarito dall’Amministrazione, laddove l’irregolarità si realizzi in più liquidazioni, si configurano tante violazioni autonome per quante sono le liquidazioni interessate.
Per evitare l’applicazione delle sanzioni (sia quella in misura fissa che quella proporzionale), la stessa disposizione prevede un meccanismo di sanatoria dell’omesso adempimento degli obblighi derivanti dall’applicazione del reverse charge. Nello specifico, quando il cedente non ha adempiuto agli obblighi di fatturazione entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione o abbia inviato una fattura irregolare, il cessionario è tenuto ad informare l’Ufficio competente entro il trentesimo giorno successivo, provvedendo all’emissione della fattura o alla sua regolarizzazione, nonché all’assolvimento dell’imposta mediante inversione contabile.[9]
Le sanzioni previste dal comma 9-bis trovano applicazione anche nelle ipotesi di omessa regolarizzazione di operazioni intracomunitarie, tuttavia, la procedura di regolarizzazione appena descritta non sostituisce quella specificatamente prevista per le operazioni intracomunitarie[10].
I nuovi commi 9-bis.1 e9-bis.2
I commi 9-bis.1 e 9-bis.2 contemplano entrambi casi di irregolare assolvimento del tributo, in precedenza regolati dal comma 9-bis.[11] I nuovi commi declinano il concetto di “irregolare assolvimento” del tributo a seconda che, rispettivamente, (i) l’operazione doveva essere assoggettata al meccanismo dell’inversione contabile, ma l’imposta è stata assolta in via ordinaria, ovvero (ii) l’operazione doveva essere assoggettata ad IVA in via ordinaria, ma l’imposta è stata assolta in reverse charge.
Nel primo caso, sebbene l’imposta sia assolta in modo irregolare (i.e. con il sistema ordinario anziché in reverse charge), la stessa è comunque assolta dal cedente, in quanto esposta nella fattura regolarmente registrata e confluita poi nella liquidazione di competenza. Il comma 9-bis.1 prevede che, in tali circostanze, il cessionario (i) non sia tenuto a regolarizzare l’operazione, (ii) conservi il diritto alla detrazione, e (iii) sia punito con una sanzione in misura fissa (da € 250 ad € 10.000), del cui pagamento è responsabile, in via solidale, anche il cedente.
Nel secondo caso, la fattispecie disciplinata è esattamente inversa: il cessionario assolve irregolarmente l’imposta con il meccanismo dell’inversione contabile ove, invece, l’IVA avrebbe dovuto essere assolta in via ordinaria. Il comma 9-bis.2 prevede che (i) il cessionario conservi il diritto alla detrazione dell’imposta irregolarmente assolta, (ii) il cedente, seppur debitore dell’imposta, non sia obbligato all’assolvimento della stessa e (iii) sia punito con una sanzione in misura fissa (da € 250 ad € 10.000), del cui pagamento è responsabile, in via solidale, anche il cessionario. Qualora, invece, a fronte della mancata emissione della fattura da parte del cedente o dell’emissione di una fattura senza IVA, il cessionario non assolva l’imposta, seppur erroneamente, tramite l’inversione contabile, trova applicazione, per il cedente, la sanzione ordinaria per la violazione degli obblighi di documentazione e registrazione di operazioni imponibili (dal 90% al 180% dell’imposta)[12] e, per il cessionario, la sanzione prevista per la mancata regolarizzazione dell’operazione (100% dell’imposta)[13].
In base ai chiarimenti dell’Amministrazione, l’esatto ambito di applicazione del comma 9-bis.2 è da individuare con riguardo ai casi in cui l’imposta è stata erroneamente assolta con il meccanismo dell’inversione contabile, a fronte di operazioni riconducibili ad ipotesi astrattamente soggette a reverse charge per le quali, però, non ricorrono tutte le condizioni per l’applicazione dell’inversione contabile (e.g. soggetto residente che abbia assolto l’imposta con il sistema del l’inversione contabile relativamente a beni e servizi acquistati presso un soggetto dichiaratosi non residente e di cui, successivamente, sia accertata la stabile organizzazione in Italia).
Con riferimento al momento in cui si realizza la violazione, per entrambe le disposizionivale quanto chiarito dall’Amministrazione e sopra ricordato. La sanzione è dovuta, quindi, in base a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riferimento a ciascun committente.
La formulazione delle due disposizioni in commento è in linea con la giurisprudenza dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea,[14] ripresa anche dalla Cassazione,[15] che, in tema di reverse charge, ha escluso che la violazione degli obblighi formali possa di per sé stessa determinare la perdita del diritto alla detrazione. Difatti, come visto, è fatto salvo il diritto del soggetto che ha erroneamente assolto l’imposta di recuperare in detrazione l’IVA.
Si badi, infine, che, per entrambe le disposizioni, trova applicazione la più grave sanzione proporzionale (dal 90% e il 180%),[16] nei casi in cui l’applicazione dell’IVA in modo ordinario, anziché con l’inversione contabile, sia stata determinata da una finalità di evasione o frode di cui è provata la consapevolezza dell’altra parte nell’operazione.
Il nuovo comma 9-bis.3
L’ultimo dei commi aggiunti con la riforma del 2015 prevede una disciplina specifica, a carattere procedurale, per l’ipotesi di errata applicazione del meccanismo dell’inversione contabile ad operazioni esenti, non imponibili o non soggette ad imposta.[17]
La disposizione prevede che l’Amministrazione elida sia il debito erroneamente computato dal cessionario nelle liquidazioni periodiche sia la conseguente detrazione operata, mantenendo fermo, nel contempo, il diritto a recuperare l’imposta eventualmente non detratta (per indetraibilità soggettiva o oggettiva) mediante l’emissione di una nota di variazione[18] in diminuzione o mediante un’apposita richiesta di rimborso[19].
Del pari, la medesima disciplina è estesa alle operazioni inesistenti per le quali l’IVA è stata assolta con il meccanismo dell’inversione contabile. Solo con riferimento a tali operazioni, inoltre, la norma prevede anche l’irrogazione di una specifica sanzione proporzionale (dal 5% al 10% dell’imponibile, con un minimo di € 1.000).
[1] Il reverse charge è un particolare meccanismo di applicazione dell’IVA che pone sul cessionario/committente, se soggetto passivo IVA, gli obblighi formali e sostanziali di assolvimento dell’imposta in luogo del cedente/prestatore.
[2] Cfr. Circolare 4/E dell’Agenzia delle Entrate del 4 marzo 2016.
[3] Art. 6, comma 9-bis, primo periodo, del D.Lgs. n. 471/1997.
[4] Art. 6, comma 9-bis, secondo periodo, del D.Lgs. n. 471/1997.
[5] Art. 5, comma 4, del D.Lgs. n. 471/1997.
[6] Art. 6, comma 6, del D.Lgs. n. 471/1997.
[7] Art. 6, comma 9-bis, terzo periodo, del D.Lgs. n. 471/1997.
[8] Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 140/E del 29 dicembre 2010.
[9] Art. 6, comma 9-bis, quarto periodo, del D.Lgs. n. 471/1997.
[10]Art. 46, comma 5, del D.L. n. 331/1993.
[11]Il precedente comma 9-bis, terzo periodo, comminava una sanzione amministrativa pari al 3% dell’imposta irregolarmente assolta.
[12]Art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997.
[13]Art. 6, comma 8, del D.Lgs. n. 471/1997.
[14]Ecotrade, C-95/2007 e C-96/2007; Idexx, C-590/13; Equoland, C-272/2013.
[15]Cass. nn. 10819/2010, 20486/2013, 5072/2015, 7576/2015.
[16]Art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997.
[17]Si pensi, ad esempio, al caso del cessionario che riceve una prestazione di servizi o una cessione di beni da un soggetto non residente e che ritenga, per errore, l’operazione rilevante ai fini IVA in Italia, assolvendo l’imposta in reverse charge, pur se l’operazione non era soggetta ad IVA.
[18]Art. 26, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972.
[19]Art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992.