Con la Risoluzione n. 27/E del 7 marzo 2017 (cfr. contenti correlati) l’Agenzia delle Entrate ha inteso chiarire il regime fiscale delle riserve in sospensione d’imposta nell’ambito di un’operazione straordinaria di fusione eterogenea.
Il documento di prassi in commento si dedica a rispondere ad un’istanza di interpello presentata da una fondazione che ha intenzione di incorporare, mediante fusione, una società a responsabilità limitata di cui detiene la totalità del capitale sociale, sul presupposto che la prima non eserciti alcuna attività commerciale per il raggiungimento dei propri scopi statutari.
In particolare, l’Amministrazione Finanziaria è stata interrogata sul trattamento tributario da applicare al saldo attivo risultante dalle rivalutazioni eseguite sui beni immobili ai sensi del DL n. 185/2008 ed iscritto in una speciale riserva di patrimonio netto della società di capitali incorporata. Oltre alla rilevanza civilistica, la rivalutazione ha ottenuto il riconoscimento dei maggiori valori attribuiti agli immobili anche in ambito fiscale mediante il pagamento dell’imposta sostitutiva; si è in presenza, quindi, di una riserva in sospensione d’imposta che concorre a formare il reddito imponibile sia della società che dei soci al verificarsi dell’evento cui l’ordinamento subordina il regime di favore.
La soluzione cui è giunta l’Agenzia delle entrate – di senso opposto rispetto a quella prospettata dall’istante – si articola trattando in via preliminare, per ragioni di carattere sistematico, la corretta qualificazione giuridica dell’operazione di fusione per incorporazione oggetto dell’istanza d’interpello in perfetta aderenza a quanto già affermato dalla stessa Amministrazione Finanziaria con le risoluzioni n. 152/E e n. 162/E del 2008 .
Anzitutto, viene ribadito che la disciplina delle operazioni straordinarie contenuta nel Tuir si fonda sul presupposto che le società o gli enti interessati da dette operazioni producano reddito d’impresa derivante dall’esercizio di imprese commerciali.
Di poi, si rileva che i beni della società incorporata che confluiscono nella sfera non commerciale del soggetto incorporante, in virtù della loro destinazione a finalità estranee all’esercizio d’impresa, si considerano realizzati al valore normale (in analogia a quanto disposto dall’ art. 171, comma 1, del Tuir in materia di trasformazione eterogenea) scontando, pertanto, la tassazione relativamente alle plusvalenze emergenti. Qualora, invece, detti beni confluiscano, dopo la fusione, in un’attività d’impresa, limitatamente a tali beni è ammesso il beneficio della neutralità fiscale ex art. 172 del Tuir, per effetto del richiamo operato dal legislatore nel successivo art. 174.
Da ciò discende che il principio di neutralità fiscale sancito per le fusioni non possa essere invocato in mancanza di un sistema di rilevazione dei valori che è tipico della tassazione dell’imponibile fiscale in base al bilancio e che è proprio delle società che svolgono attività commerciale.
Tanto precisato, l’operazione di fusione eterogenea implica una trasformazione del soggetto incorporato da una società di capitali ad un ente non commerciale (cfr. massima del Consiglio Notarile di Milano del 19 novembre 2004, n. 52), con la conseguenza che per la stessa si rendano applicabili anche le norme fiscali previste in materia di trasformazione eterogenea.
Pertanto, assunto che le norme previste in materia di fusione debbano coordinarsi con la disciplina fiscale propria delle operazioni di trasformazione, le riserve costituite prima della trasformazione (escluse quelle di capitale) devono essere assoggettate a tassazione nei confronti dei soci o associati:
a) nel periodo di imposta in cui vengono distribuite o utilizzate per scopi diversi dalla copertura di perdite d’esercizio, se dopo la trasformazione sono iscritte in bilancio con indicazione della loro origine;
b) nel periodo di imposta successivo alla trasformazione, se non sono iscritte senza la detta indicazione.
Ciò posto, secondo l’impostazione di legge, la tassazione delle riserve (tanto di utili quanto in sospensione d’imposta) avviene al momento della loro effettiva distribuzione o utilizzazione per scopi diversi dalla copertura delle perdite, a condizione che le stesse vengano inserite in un bilancio con indicazione della loro origine. In altre parole, nel rispetto di tale condizione, la trasformazione, in sé, non dovrebbe generare alcun presupposto impositivo in capo ai soci o alla società, in relazione alle riserve di utile (comprese quelle in sospensione d’imposta).
Tuttavia, differente è la lettura data dall’Agenzia delle entrate. Infatti, si presuppone che la possibilità di sospendere la tassazione delle riserve – prevista dal richiamato comma 1, lett. a) dell’ art. 171 del Tuir – sia ammessa esclusivamente quando l’ente incorporante svolga anche un’attività commerciale in quanto solo in tale ipotesi può verificarsi la copertura delle perdite d’esercizio mediante l’utilizzo di riserve. Nello specifico non è riconosciuta l’applicazione di un regime in sospensione d’imposta (sia sulla fondazione che sui soci) in quanto non suffragata da alcuna disposizione normativa.
Per la risoluzione in esame, dunque, la fusione di una società di capitali in un ente non commerciale che non eserciti alcuna attività in regime d’impresa determina la tassazione:
– in capo alla società incorporata, di eventuali riserve in sospensione d’imposta;
– in capo all’ente non commerciale, nell’esercizio successivo a quello di trasformazione, delle riserve di utili della società incorporata (incluse eventuali riserve in sospensione d’imposta) in quanto considerate distribuite all’ente non commerciale, ai sensi del comma 1, lett. b) dell’ art. 171 del Tuir.
In merito, parrebbe sorgere la chiara preoccupazione da parte dell’Agenzia delle entrate che il regime tributario di sospensione delle riserve possa divenire definitivo, in considerazione del fatto che gli enti non commerciali, di norma, non possono distribuire gli utili neanche durante la fase di liquidazione. La stessa assume, senza riserva, che un ente non commerciale che non eserciti anche attività in regime d’impresa non possa mai ritrovarsi in alcuna delle ipotesi previste dalla lett. a), comma 1, dell’ art. 171 del Tuir (i.e. distribuzione ai soci o utilizzo delle riserve per finalità diverse dalla copertura delle perdite di esercizio). Invero, l’ente non commerciale potrebbe conseguire perdite civilistiche derivanti dall’attività commerciale e, conseguentemente, risanarle ricorrendo alle riserve in sospensione d’imposta ereditate dalla società incorporata: le riserve, in tale fattispecie, non produrrebbero alcun effetto di natura fiscale.
In realtà, la risoluzione in commento ha proposto esplicite delucidazioni in merito alla sorte fiscale delle riserve detenute dalle società incorporate a seguito del “vulnus” interpretativo introdotto con la risoluzione n. 102/E del 9 aprile 2009. In tale sede, l’Amministrazione Finanziaria – rispondendo sempre ad un quesito in tema di fusione/trasformazione eterogenea – si è limitata ad affermare che, ove compatibile, assume rilievo anche la disciplina dettata dall’ art. 171 del Tuir in ordine alle riserve costituite prima dell’operazione straordinaria eterogenea, al fine di evitare usi distorsivi delle operazioni straordinarie in esame che potrebbero condurre a salti d’imposta disapprovati dal sistema. Ne è derivata, indubbiamente, tutta l’incertezza connessa alla locuzione “ove compatibile” nonché la difficoltà per l’interprete di applicare nel concreto la norma di cui art. 171 del Tuir in presenza di enti diversi dalle società.
Nel contempo, inoltre, si osserva che sembra corretto ritenere l’operatività delle indicazioni fornite nella risoluzione 27/E in ordine alle riserve in sospensione d’imposta anche per le operazioni di trasformazione (o di fusione/scissione) di società commerciali in società semplici (cfr. C.M. 15 maggio 1997, n. 137, §15.3).
Da un punto di vista fiscale, quindi, l’operazione di fusione eterogenea in argomento è trattata alla stregua dell’istituto della liquidazione, sebbene tale fenomeno estintivo risponda a obiettivi e criteri difformi se non addirittura antitetici.