Arrivati i primi chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate in merito alle novità introdotte in tema di reverse charge con il Decreto Legislativo 11 febbraio 2016, n. 24, entrato in vigore lo scorso 2 maggio (cfr. contenuti correlati).
Come noto, tra le novità di maggiore rilievo fornite dal Decreto Legislativo emerge l’estensione del meccanismo del reverse charge alle cessioni di console da gioco, tablet pc e laptop, nonché di dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, ceduti prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale[1].
In conformità all’art. 199-bis della Direttiva del Coniglio del 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE (c.d. “Direttiva Iva”), la novella legislativa ha previsto che il reverse charge si applica in tali ipotesi in via temporanea fino al 31 dicembre 2018. Infatti, nella suddetta Direttiva viene specificato che gli Stati membri, fino al 31 dicembre 2018 e per un periodo minimo di due anni, possono stabilire che il soggetto tenuto al pagamento dell’Iva sia il soggetto passivo nei cui confronti sono effettuate le operazioni di cui alla lettera h) della citata Direttiva, la quale, a sua volta, fa riferimento alle “cessioni di console di gioco, tablet PC e laptop”.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 21/E del 25 maggio 2016 (cfr. contenuti correlati), ritiene che il reverse charge alle suddette fattispecie “trovi applicazione per le sole cessioni dei beni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio”.
Pertanto, in virtù di tale chiarimento, le cessioni agli utilizzatori finali resteranno soggette alle regole ordinarie, anche nel caso in cui la cessione dovesse avvenire nei confronti di un soggetto titolare di partita Iva.
La ratio di tale chiarimento risponde ad esigenze di semplificazione, atteso che l’applicazione del reverse charge anche alle cessioni al dettaglio risulterebbe essere eccessivamente onerosa se raffrontata con la frequenza con cui avvengono le cessioni al dettaglio.
Tale interpretazione è coerente con quella già fornita in passato dalla stessa Agenzia delle Entrate con le circolari n. 59/E/2010 e n. 36/2011, relative alle cessioni di telefoni cellulari, in cui si affermava che “sono escluse dall’obbligo di reverse charge le cessioni dei beni in argomento effettuate da “commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, in spacci interni, mediante apparecchi di distribuzione, per corrispondenza, a domicilio o in forma ambulante” (…) in quanto in tali ipotesi, le cessioni dei beni in argomento sono, di regola, effettuate direttamente a cessionari – utilizzatori finali dei beni, ancorchè soggetti passivi IVA”.
Considerato che il novellato art. 17, sesto comma, lett. c) del DPR n. 633/1972 precisa che il meccanismo dell’inversione contabile si applica alle cessioni di “console da gioco, tablet pc e laptop”, si deduce che restano escluse le cessioni di personal computer non riconducibili a tali specifiche categorie, per le quali l’Iva dovrà essere assolta con regime ordinario. La Circolare specifica che per la corretta individuazione dei nuovi beni assoggettati ad inversione contabile si deve fare riferimento al codice di nomenclatura e, quindi: i) il codice 9504.50.00 per le console da gioco; ii) il codice 8471.30.00 per i tablet e i laptop. Secondo l’Agenzia, infatti, “non rileva la denominazione “commerciale”, bensì la circostanza che si tratti di beni della stessa qualità commerciale, aventi le stesse caratteristiche tecniche e lo stesso codice di nomenclatura combinata (NC)”.
Dunque, stando alle regole sopra specificate, nel caso di un commercialista che acquista un tablet da utilizzare nella propria attività, trattandosi di vendita al dettaglio, la cessione sconterà l’Iva ordinaria. Nel caso, invece, di cessione di un tablet nei confronti di un soggetto passivo destinato a rivenderlo (es. quando il commercialista fattura al rivenditore il tablet o il compute portatile usato) si applicherà il reverse charge.
Nessun chiarimento particolare per quanto concerne le modalità applicative del reverse charge, in merito alle quali l’Agenzia ricorda che il destinatario della cessione territorialmente rilevante, se soggetto passivo di imposta, è obbligato all’assolvimento dell’imposta in luogo del cedente, che dovrà, quindi, emettere fattura senza addebito dell’imposta e con l’indicazione della norma che prevede l’applicazione del reverse charge (art. 17, sesto comma, lett. c). Il cessionario, invece, provvederà ad integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e ad annotarla nel registro delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi, entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese. Con riferimento al cessionario l’Agenzia precisa inoltre che è obbligato all’assolvimento dell’imposta mediante reverse charge anche se non stabilito in Italia o privo di stabile organizzazione, dovendo in tal caso identificarsi ai fini Iva in Italia (cfr. Risoluzione n. 28/E del 2012).
Più interessanti, invece, i chiarimenti forniti dalla circolare in ordine alle sanzioni in relazione all’omessa o errata applicazione del reverse charge. Si ricordi che l’ipotesi di omessa applicazione del reverse charge è punita dall’art. 6 comma 9-bis del D.Lgs. n. 471/1997 con una sanzione amministrativa compresa tra euro 500 ed euro 20.000, laddove la differente ipotesi di errata applicazione del reverse charge, sia in presenza che in assenza dei requisiti prescritti per l’applicazione di tale meccanismo contabile, è punita rispettivamente dall’art. 6, comma 9-bis 1 e 9-bis 2 del D.Lgs. n. 471/1997 con una sanzione amministrativa compresa tra 250 euro e 10.000 euro.
In relazione a dette ipotesi, l’Agenzia precisa che, poiché la nuova disciplina in commento regola già operazioni effettuate dallo scorso 2 maggio 2016 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 24/2016), in considerazione dell’incertezza della materia e in ossequio a quanto previsto dallo Statuto del contribuente, le suddette sanzioni non dovranno essere applicate in relazione a violazioni commesse anteriormente all’emanazione del presente documento di prassi.
[1] Tra le ulteriori modifiche avvenute ad opera del D.Lgs. 24/2016 si segnala 1) la modifica della rubrica dell’art. 17 del DPR n. 633/1972, da “soggetto passivo” a “debitore d’imposta” nell’ottica di individuare più precisamente il soggetto passivo in capo al quale sorge il debito di imposta; 2) l’eliminazione dall’art. 17 comma 4 del DPR 633/1972 delle cessioni: i) dei componenti ed accessori dei telefoni cellulari (lett. b); ii) di personal computer e dei loro componenti ed accessori (lett. c); iii) dei materiali e prodotti lapidei direttamente provenienti da cave e miniere (lett. d); iv) dei beni effettuate nei confronti degli ipermercati, supermercati e discount alimentari (lett. d –quinquies), ipotesi, queste, che non avevano trovato applicazione per il mancato rilascio dell’autorizzazione comunitaria.