L’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 57 del 27 gennaio 2021 si è espressa su uno degli aspetti più controversi del nuovo regime di conferimento in “realizzo controllato” previsto dall’art. 177, comma 2-bis, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito, “TUIR”), relativo alla fattispecie di conferimento di società holding, da un lato chiarendo implicitamente che il requisito dell’esercizio di un’impresa commerciale ai sensi dell’art. 55 del TUIR disposto per le società indirettamente partecipate diverge da quello previsto ai fini dell’applicazione della participation exemption (di seguito, “pex”)[1], dall’altro lato pervenendo invece ad una soluzione del tutto inappagante quanto alla verifica delle soglie di partecipazione in capo alle medesime società sottostanti alla holding.
Come noto, la normativa introdotta nel 2019 prevede che possano beneficiare del regime di realizzo controllato i conferimenti che abbiano ad oggetto una partecipazione ai diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2-20% o una partecipazione al capitale/patrimonio superiore al 5-25% (a seconda che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o meno), effettuati in favore di una società conferitaria interamente partecipata dal conferente. Nessun’altra condizione è prevista laddove le partecipazioni scambiate siano relative ad una società diversa da una holding, mentre per i conferimenti di partecipazioni in società holding è previsto che le percentuali di partecipazione qualificata “si riferiscono a tutte le società indirettamente partecipate che esercitano un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’articolo 55, e si determinano, relativamente al conferente, tenendo conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa”.
Tale ultima previsione sembra volta ad evitare comportamenti elusivi diretti a conferire partecipazioni in imprese commerciali sotto le predette soglie mediante l’interposizione di una holding in cui siano state previamente “concentrate” le partecipazioni scambiate[2].
Tuttavia, imponendo di adottare un approccio “look-through” per la verifica delle soglie di partecipazione in relazione a “tutte” le società operative detenute al livello inferiore, la mera detenzione di una sola partecipazione sotto soglia preclude la fruizione del regime, ferma restando l’assenza di abuso in caso di preordinata uscita dal perimetro delle partecipazioni non qualificate (cfr. risposta ad interpello n. 429 del 2 ottobre 2020).
La natura antielusiva della disposizione dovrebbe quindi indurre a non applicare la demoltiplicazione alle società commerciali di secondo livello, in quanto detenute da società a loro volta esercenti un’impresa commerciale[3], mentre la risposta n. 57-2021 perviene ad una conclusione contraria, sulla base di una interpretazione strettamente letterale dell’art. 177, comma 2-bis.
Nel caso trattato, l’istante è una persona fisica che intende fruire del regime di realizzo controllato in relazione ad un conferimento avente ad oggetto il 50% della holding Alfa che detiene (tra l’altro) il 66,66% della società immobiliare Delta e il 66,66% della società commerciale Epsilon che, a sua volta, detiene due partecipazioni (di secondo livello) pari al 33,33% di Zeta ed al 20% di Eta, ritenendo che l’effetto demoltiplicativo per il raggiungimento delle soglie minime di partecipazione debba arrestarsi ad Epsilon (impresa commerciale di primo livello).
Secondo l’Agenzia, invece, per verificare le soglie di partecipazione rilevanti occorre prendere in considerazione tutte le partecipazioni indirettamente detenute da Alfa, ivi incluse le partecipate di Epsilon che, nella specie, risultano essere sotto soglia.
L’interpretazione restrittiva della risposta n. 57-2021, tuttavia, finisce per discriminare irragionevolmente i conferimenti di partecipazioni in società esercenti attività commerciale detenute tramite società holding rispetto alle ipotesi di conferimento diretto delle medesime partecipazioni. Infatti, laddove il conferimento avesse direttamente ad oggetto le partecipazioni di una società diversa da una holding non occorre adottare alcun approccio look-through con riguardo alle partecipazioni dalla stessa possedute, essendo sufficiente, per l’applicabilità dell’art. 177, comma 2-bis, che la sola quota conferita superi i limiti quantitativi ivi previsti.
Il solo caso in cui appare corretto effettuare la demoltiplicazione al piano di sotto della holding oggetto di conferimento è quello in cui la società da questa partecipata sia a propria volta una sub-holding, in base ai criteri di cui all’art. 162-bis del TUIR, atteso che il presupposto delle soglie minime di partecipazione potrebbe essere aggirato anche attraverso lo schermo della sub-holding.
La conclusione appare tanto più criticabile ove si consideri che nella stessa risposta non viene censurato il possesso da parte della holding di una partecipazione in una società immobiliare (Delta), facendo intendere che nell’ambito dell’art. 177, comma 2-bis l’esercizio di un’impresa commerciale ai sensi dell’art. 55 del TUIR non debba essere inteso in senso sostanziale, come avviene per la pex (ai sensi dell’art. 87, comma 1, lett. d) del TUIR)[4], ma semplicemente in antitesi rispetto all’esercizio dell’attività (esclusiva o prevalente) di assunzione di partecipazioni svolta dalla holding, in modo da preservare l’identità di trattamento tra il conferimento diretto della partecipazione e quello mediato tramite la holding[5].
[1] Uno dei requisiti per accedere al regime di participation exemption, in base all’art. 87, comma 1, lett. d) del TUIR, è l’”esercizio da parte della società partecipata di un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’articolo 55”. Per quanto qui rileva, la medesima disposizione stabilisce una presunzione assoluta di non commercialità in relazione alle società immobiliari cc.dd. “passive”, mentre al successivo comma 5 si prevede che il requisito della commercialità, in caso di cessione di holding, vada riferito alle società indirettamente partecipate e si ritiene integrato allorquando sussista “nei confronti delle partecipate che rappresentano la maggior parte del valore del patrimonio sociale della partecipante”.
[2] Cfr. sul punto, A. Prampolini – D. Canola, “Il nuovo conferimento a realizzo controllato di partecipazioni di minoranza qualificata”, in Bollettino Tributario, n. 20-2019, p. 1459 ss.
[3] Posizione che avevamo già sostenuto in due nostri precedenti interventi (cfr. R. Michelutti – F. Zecca, “Favoriti i conferimenti da parte dei non imprenditori”, in Il Sole 24 Ore, 23 luglio 2019, pag. 20 e “Conferimenti di partecipazioni qualificate ammessi al regime fiscale di realizzo controllato solo in caso di conferitaria unipersonale: questioni risolte e temi aperti”, Diritto Bancario, Settembre 2020).
[4] Secondo i chiarimenti resi dall’Agenzia delle Entrate in ambito pex “il criterio formale di qualifica del reddito di cui al citato articolo 55 del TUIR costituisce condizione necessaria ma non sufficiente ad individuare il requisito della “commercialità”, che va definito sulla base di un criterio sostanziale”, pertanto tale verifica non può essere basata esclusivamente sul contenuto dell’oggetto sociale (o sulla qualifica formale dell’attività esercitata) ma deve essere condotta in riferimento alle “attività, in concreto, poste in essere dal soggetto partecipato” (cfr., da ultimo, risposta a interpello n. 33 dell’11 gennaio 2021; in senso conforme cfr., inter alia, risposta a interpello n. 502 del 28 novembre 2019 e circolare n. 7/E del 29 marzo 2013).
[5] In tal senso, cfr. L. Rossi – A. Privitera, “I conferimenti di partecipazioni di minoranza nell’art. 177 del TUIR, Diritto Bancario”, Dicembre 2020.