1. La legge di bilancio 2019 ha elevato il limite di ricavi per l’accesso al regime forfettario per autonomi e imprenditori, introdotto dalla legge di stabilità 2015, e ha eliminato gli altri requisiti, che ne circoscrivevano la portata ai soggetti con un’organizzazione ridotta o nulla. Il regime forfettario prevede un’imposta sostitutiva di Irpef e Irap, calcolata applicando un’aliquota del 15 per cento a un reddito che risulta dall’applicazione di predeterminati coefficienti, differenziati per settore economico, ai ricavi dichiarati. Con la legge di bilancio, il forfettario è divenuto il regime naturale per tutte le imprese – diverse dalle società – e gli autonomi con ricavi inferiori a 65 mila euro (a prescindere dal reddito effettivamente conseguito).
Ad autonomi e imprenditori con ricavi annui tra i 65.001 e i 100 mila euro è stata invece riservata una nuova imposta sostitutiva di Irpef e Irap, ad aliquota del 20 per cento, applicabile dal 1° gennaio 2020. Il reddito è qui determinato in via analitica, ossia per differenza tra ricavi e costi, e restano fermi gli ordinari obblighi documentali e di contabilità (inclusa la fatturazione elettronica dei corrispettivi).
Va subito chiarito che questi due regimi non rispecchiano nessuna delle proposte di flat tax ad oggi avanzate. In queste proposte, la flat tax è un’imposta sul reddito ad aliquota unica – da sostituire all’Irpef – che viene resa progressiva tramite una soglia di minimo esente, eventualmente combinata con deduzioni e detrazioni decrescenti[1]. Il forfettario e l’imposta sostitutiva sono invece due regimispeciali di tassazione, che si sostituiscono sì all’ordinario regime Irpef ad aliquote progressive, ma per i soli soggetti interessati. L’Irpef continua quindi ad applicarsi agli altri contribuenti e anche ad autonomi e imprenditori, una volta superate le soglie di 65 mila e – dal 2020 – di 100 mila euro di ricavi.
Le recenti modifiche generano effetti negativi per il nostro sistema tributario: riducono l’efficacia dei controlli e legittimano una – in parte, già esistente – area d’invisibilità fiscale; diminuiscono le entrate tributarie in modo non preventivabile; determinano una sperequata distribuzione dei carichi pubblici.
2. Il regime forfettario ricorda, per certi aspetti, quello introdotto quarant’anni fa dal d.p.r. 888/1977 per contribuenti con volume d’affari inferiore a 12 milioni di lire, che, a differenza di quello odierno, non prevedeva l’esonero totale dall’imposta sul valore aggiunto, che non era addebitata in fattura ma restava comunque detraibile in misura forfettizzata (i forfettari, invece, non addebitano né detraggono l’Iva e sono esonerati da quasi tutti i relativi obblighi documentali; sono trattati come privati, ai fini di quell’imposta).
Come allora, coloro che oggi aderiscono al regime forfettario sono esonerati, tra l’altro, dalla tenuta delle scritture contabili obbligatorie ai fini Iva, compreso il registro degli acquisti, che è fondamentale per la ricostruzione induttiva dei ricavi. La segnalazione dei compensi corrisposti a soggetti in regime forfettario, cui sono tenuti i loro fornitori (diversi dagli enti pubblici), non potrà consentire agli Uffici di ricostruire con altrettanta precisione i ricavi dei forfettari. Le segnalazioni dei corrispettivi possono infatti rivelarsi ben poco affidabili, avendo tanto il fornitore interesse a non certificare i propri ricavi, per dichiarare un reddito inferiore, quanto il compratore a non registrare gli acquisti, per vanificare appunto i controlli presuntivi.
Le semplificazioni previste dal nuovo regime forfettario rischiano quindi di ridurre la visibilità fiscale di contribuenti già poco visibili al fisco e, di conseguenza, l’efficacia dei controlli fiscali[2].
3. Si potrebbe pensare che la riforma adegui semplicemente la normativa a una realtà già esistente, caratterizzata da un elevato tasso di evasione tra i contribuenti minimi, tanto dell’Iva quanto dell’Irpef[3]; e che la relativa perdita di gettito sarà comunque ridotta. Le stime dell’Istat indicano che i minimi, per quanto numerosi, contribuiscono poco al valore aggiunto nazionale, mentre la relazione tecnica al ddl di bilanciomostra che le minori entrate tributarie, dovute ai nuovi regimi sostitutivi, sono poca cosa rispetto al totale delle entrate erariali(331, 1.925 e 2.500 milioni di euro nel triennio 2019-2021, considerando anche l’imposta sostitutiva fino a 100 mila euro, che necessita, però, della – oggi mancante – autorizzazione del Consiglio UE per l’esonero dall’Iva).
Tuttavia, queste previsioni non considerano le minori entrate derivanti dall’aumento delle operazioni non soggette a Iva (p. es., le forniture a favore degli enti pubblici, che potranno acquisire dai minimi prestazioni a un minor prezzo, che non include più l’Iva) né l’evasione indotta dal regime forfettario in coloro che già vi aderiscono o che si rapporteranno con i forfettari.
4. Soprattutto, le previsioni economiche non considerano gli effetti – oltremodo divisivi sul piano sociale – della sperequata distribuzione dell’imposizione tra i contribuenti, che i regimi sostitutivi generano.
In regime ordinario Irpef, un soggetto con organizzazione e costi ridotti dichiara un reddito e paga un’imposta maggiore rispetto a chi dichiara gli stessi ricavi, ma ha costi più alti. Con il regime forfettario, invece, entrambi dichiarano lo stesso reddito e pagano la stessa imposta.
Ciò che è peggio, i nuovi regimi sostitutivi riducono ulteriormente la base imponibile Irpef, escludendo quasi la metà delle partite Iva, ossia il 43 per cento dei redditi dichiarati[4]. A questo si aggiunge l’esclusione della maggior parte dei redditi finanziari e di fonte immobiliare, oggi tassati con imposte cedolari ad aliquote inferiori a quella media Irpef (26 e 20 per cento circa), e dei redditi soggetti a numerosi regimi sostitutivi, tra cui quelli introdotti dalla legge di bilancio 2019 (redditi da ripetizioni private e da raccolta di funghi).
Il risultato è che, a dispetto del nome, l’Irpef grava oggi praticamente sui soli redditi di lavoro dipendente e da pensione, che pagano il fatto di essere meno mobili e più facilmente individuabili di altri[5]. Questo determina, però, una distribuzione sperequata dei carichi pubblici, contraria ai princìpi di uguaglianza, capacità contributiva e di solidarietà economica e sociale, cui sono ispirate l’attività impositiva – che è funzione di equa distribuzione delle spese pubbliche indivisibili – e, soprattutto, la nostra Costituzione[6].
[1] La proposta forse più nota di flat tax è di R.E. Hall, A. Rabushka, L’imposta unica sul reddito, Roma, 1985, che però, di fatto, colpiva il solo reddito consumato, esentando il risparmio. Diverse sono invece le proposte di: Min. Finanze, La riforma fiscale. Libro Bianco, 1994, 113; N. Rossi (a cura di), Venticinque % per tutti. Un sistema fiscale più semplice, più efficiente, più equo,Milano, 2017 (http://www.brunoleoni.it). Per diverse valutazioni della flat tax, cfr., tra i tributaristi, D. Stevanato, Dalla crisi dell’Irpef alla flat tax. Prospettive per una riforma dell’imposta sul reddito, Bologna, 2016; A. Giovannini, La strada stretta della flat tax, 18 giugno 2018, http://www.dirittobancario.it/editoriali/alessandro-giovannini/la-strada-stretta-della-flat-tax, anche in Corr. trib., 2018, 2008; tra gli economisti, P. Liberati, Sulla progressività limitata della tassazione dei redditi in Italia, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2018, I, 30; M. Baldini, S. Giannini, Flat tax: riforma strategica o salto nel buio?, 11 luglio 2017, https://www.lavoce.info/archives/47788/flat-tax-riforma-strategica-salto-nel-buio/.
[2] Sul vecchio regime forfettario, R. Perrone Capano, Note critiche sul regime forfetario nell’IVA e nell’IRPEF, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1979, I, 505. Su quello attuale, R. Lupi, https://www.huffingtonpost.it/2019/01/13/raffaello-lupi-quella-dei-gialloverdi-non-e-una-flat-tax-e-fara-molti-danni-a-partire-da-una-riduzione-del-gettito-iva-e-irpef_a_23641389/?utm_hp_ref=it-homepage; A. Santoro, Non è la flat tax. Ma per certi versi è pure peggio, 8 gennaio 2019, https://valori.it/non-e-la-flat-tax-ma-per-certi-versi-e-pure-peggio/.
[3] Min. Economia e Finanze, Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. Anno 2018.
[4] Ufficio Parlamentare di Bilancio,Audizione del Presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare all’esame del disegno di legge recante bilancio di previsione per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, 12 novembre 2018, 27 e 83, http://www.upbilancio.it/categorie/audizioni-parlamentari/.
[5] V. F. Galgano, S. Cassese, G. Tremonti, T. Treu, Nazioni senza ricchezza, ricchezze senza nazione, Bologna, 1993, 55 e 74.
[6] Andrebbero riletti S. La Rosa, Uguaglianza tributaria ed esenzioni fiscali, Milano, 1968, spec. 37 s.; E. Allorio,Le nuove prospettive dell’ordinamento tributario, in Dir. prat. trib., 1964, I, 217.