Nella Gazzetta Ufficiale del 22 settembre 2015 è stato pubblicato il D.Lgs. 147/2015, contenente “Disposizioni sulle misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese”, cui il Governo aveva dato il via libera definitivo nel Consiglio dei ministri dello scorso 6 agosto (cfr. contenuti correlati).
Come noto, la Legge 11 marzo 2014, n. 23, delegava il Governo all’adozione di più decreti legislativi per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita. Uno dei temi centrali della delega era rappresentato dalla revisione della disciplina impositiva relativa alle operazioni transfrontaliere con l’obiettivo di rendere il nostro Paese maggiormente attrattivo e competitivo per le imprese che intendono operare in Italia.
Il provvedimento, che entrerà in vigore il prossimo 7 ottobre, ha dunque lo scopo di favorire l’internazionalizzazione dei soggetti economici operanti in Italia, in applicazione delle raccomandazioni degli organismi internazionali e dell’Unione europea, tenendo altresì conto dei più recenti orientamenti emersi in sede OCSE e degli sviluppi della discussione a livello europeo sull’adozione di una base imponibile comune consolidata.
Il decreto introduce numerose modifiche alla vigente disciplina delle imposte sui redditi e dell’Irap e, ove necessario, anche alla disciplina in materia di accertamento, risultando di interesse non solo per le imprese estere che effettuano investimenti o esercitano attività in Italia, ma anche per le imprese italiane con attività transazionale, nonché per le imprese italiane con attività interna.
Ciò premesso, di seguito si illustreranno sinteticamente i sedici articoli di cui si compone il provvedimento legislativo.
Articolo 1 – Accordi preventivi per le imprese con attività internazionale
L’articolo 1 modifica la disciplina degli accordi preventivi tra imprese con attività internazionale e Amministrazione finanziaria, attualmente contenuta nell’articolo 8 del D.L. 269/2003 (ruling internazionale). In particolare, la norma abroga il citato articolo 8 e introduce il nuovo articolo 31-ter del D.P.R. 600/1973, riconducendo le disposizioni in materia di accordi preventivi nell’alveo della disciplina generale dell’attività di accertamento.
Tra le principali novità introdotte dall’art. 31-ter citato vi è l’estensione dell’ambito oggettivo della procedura di accordo preventivo. Alla nuova procedura, infatti, si può accedere anche per la definizione dei valori di ingresso e di uscita in caso di trasferimento della residenza, nonché per l’attribuzione di utili e perdite alla stabile organizzazione in un altro Stato di un’impresa o un ente residente ovvero alla stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente.
Inoltre, è previsto che le imprese che aderiscono al nuovo regime dell’adempimento collaborativo hanno accesso alla nuova procedura anche ai fini della preventiva definizione in contraddittorio dei metodi di calcolo del valore normale delle operazioni con soggetti localizzati in Paesi black list.
Articolo 2 – Interpello sui nuovi investimenti
Al fine di dare certezza alle imprese, italiane ed estere, che intendono effettuare rilevanti investimenti in Italia, l’articolo 2 introduce una nuova tipologia di interpello, alla quale le imprese possono accedere per sollecitare un’attività di consulenza da parte dell’Agenzia delle Entrate in merito al trattamento fiscale del loro piano di investimento e delle eventuali operazioni straordinarie che si ipotizzano necessarie per la sua realizzazione.
L’istanza di interpello può essere presentata dalle imprese che intendono effettuare investimenti in Italia di ammontare non inferiore a 30 milioni di euro e, quindi, in grado di avere significative ricadute occupazionali in relazione all’attività in cui avviene l’investimento. A tal fine, le imprese devono presentare un dettagliato business plan e ogni altro elemento informativo utile.
L’Agenzia delle Entrate risponde entro 120 giorni, con applicazione, in mancanza di risposta nei termini, del meccanismo del silenzio-assenso.
Articolo 3 – Dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori a regime fiscale privilegiato
L’articolo 3 introduce una serie di rilevanti modifiche alla disciplina del regime fiscale relativo alla percezione da parte di soci residenti in Italia di dividendi provenienti da società residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata.
In base alla normativa vigente, come noto, i dividendi provenienti, anche indirettamente, da Paesi black list sono assoggettati a tassazione, in via generale, in capo al socio residente (persona fisica o giuridica) per l’intero importo.
In base alle nuove disposizioni, il meccanismo della integrale imponibilità viene invece limitato ai soli casi di partecipazione diretta in una società black listed o, nei casi di partecipazione indiretta, all’ipotesi in cui il socio residente detenga una partecipazione di controllo in una società intermedia non black list (italiana o estera), che consegue a sua volta utili da partecipate, anche non di controllo, in Stati black list.
Inoltre, al fine di ovviare a possibili fenomeni distorsivi, la nuova disciplina riconosce al socio di controllo residente (ovvero alle sue controllate residenti) un credito per le imposte assolte dal soggetto partecipato estero nello Stato o territorio di localizzazione. Il riconoscimento del credito d’imposta è tuttavia subordinato alla dimostrazione che la società non residente, da cui provengono i dividendi, svolga un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello Stato di residenza. Il credito spetta al socio pro-quota, ossia in proporzione alla sua quota di partecipazione e al periodo di detenzione.
La disposizione prevede che, per poter disapplicare la norma che prevede l’imposizione integrale, il soggetto residente deve comunque dimostrare, anche mediante la presentazione di apposito interpello, che dal possesso delle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare redditi in Stati o territori a fiscalità privilegiata.
Viene prevista, infine, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria per la mancata esposizione nella dichiarazione dei redditi di proventi relativi a partecipazioni black listed.
Articolo 4 – Interessi passivi
L’articolo 4 interviene sul regime di deducibilità degli interessi passivi. Innanzitutto, ai fini della deduzione, è prevista l’inclusione nel calcolo del ROL (risultato operativo lordo) anche dei dividendi incassati provenienti dalle società controllate estere.
Viene abrogata la norma che consente di calcolare il limite di deduzione degli interessi passivi includendo virtualmente nel consolidato nazionale anche le società controllate estere, in modo da poter tener conto anche del ROL di tali società.
Viene modificata, altresì, la disciplina della deducibilità degli interessi passivi per i finanziamenti assistiti da ipoteca in favore delle società che svolgono attività immobiliare, specificando che tale normativa si applica alle società che svolgono effettivamente e prevalentemente attività immobiliare ovvero il cui valore dell’attivo patrimoniale è costituito per la maggior parte dal valore normale degli immobili destinati alla locazione e i cui ricavi sono rappresentanti per almeno i due terzi da canoni di locazione o affitto di aziende, il cui valore corrispettivo sia prevalentemente costituito dal valore normale di fabbricati.
Infine, viene abrogata la norma che limita la deducibilità degli interessi passivi su titoli obbligazionari negoziati in Paesi non white list.
Articolo 5 – Disposizioni in materia di costi black list e di valore normale
L’articolo 5 modifica la vigente disciplina dei costi black list, contenuta prevalentemente nell’articolo 110 del TUIR. In particolare, viene introdotta la deducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese localizzate in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati, individuati in ragione della mancanza di un adeguato scambio di informazioni, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
La deduzione è consentita entro il limite del valore normale, di cui all’art. 9 del TUIR, dei beni e dei servizi acquistati in base a operazioni che hanno avuto concreta esecuzione.
Viene inoltre eliminata la condizione che subordinava la deducibilità di tali costi alla circostanza che l’impresa estera svolgesse prevalentemente un’attività commerciale effettiva.
Infine, viene introdotta una norma di interpretazione autentica, allo scopo di precisare che la disciplina contenuta nell’articolo 110, comma 7, del TUIR non ha valenza per le operazioni che intercorrono tra soggetti residenti o localizzati nel territorio dello Stato. Ciò vuol dire che le disposizioni previste per le ipotesi di transfer pricing estero non possono essere estese alle transazioni intercorse tra soggetti residenti facenti parte dello stesso gruppo.
Articolo 6 – Consolidato nazionale
Al fine di adeguare la normativa interna alla sentenza della Corte di giustizia 12 giugno 2014 n. C-39/13, C-40/13 e C-41/13, l’articolo 6 modifica la disciplina del consolidato nazionale, di cui agli artt. 117 e ss. del TUIR.
Vengono introdotte, pertanto, una serie di novità finalizzate a estendere l’ambito di applicazione del consolidato nazionale, con particolare riferimento alle società non residenti.
In base alla disciplina previgente, l’opzione per tale regime di tassazione era consentita, oltre che alle società residenti, alle società non residenti solo in qualità di controllanti e a condizione che fossero residenti in Paesi con i quali fosse in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e che esercitassero attività d’impresa in Italia mediante una stabile organizzazione, il cui patrimonio comprendesse la partecipazione in ciascuna società controllata.
La nuova disciplina elimina il predetto vincolo, consentendo alle società “sorelle”, sia residenti in Italia sia stabili organizzazioni in Italia di società residenti in Stati appartenenti all’UE ovvero in Stati SEE con cui l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, di consolidare le proprie basi imponibili, previa indicazione, da parte del soggetto non residente, della controllata designata ad esercitare l’opzione, che assume il ruolo di consolidante.
Articolo 7 – Stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti
L’articolo 7 introduce alcune nuove regole per la determinazione del reddito derivante da attività esercitate in Italia mediante stabile organizzazione, in linea con le indicazioni e gli orientamenti elaborati dall’OCSE.
In particolare, il nuovo art. 151 del TUIR, per le società e gli enti commerciali non residenti, prevede, ai fini IRES, la tassazione su base isolata, senza compensazioni e secondo le disposizioni del Titolo I del TUIR, dei redditi che si considerano prodotti nel territorio dello Stato, con la sola eccezione dei redditi di impresa da stabile organizzazione per i quali trova applicazione la disciplina di cui all’art. 152 del TUIR.
La nuova disciplina semplifica gli adempimenti a carico delle società e degli enti non residenti che, a regime, saranno tenuti a presentare un’unica dichiarazione dei redditi, nella quale indicare, per ciascuna categoria, tutti i redditi prodotti nel territorio dello Stato. In base al nuovo art. 152 citato, il reddito della stabile organizzazione di società ed enti non residenti è determinato sulla base degli utili e delle perdite riferibili alla stabile e secondo le disposizioni previste per i soggetti IRES.
Articolo 8 – Disciplina delle controllate e delle collegate estere
L’articolo 8 modifica la disciplina vigente in materia di società collegate estere, di cui agli artt. 167 e 168 del TUIR.
In particolare, viene eliminato l’obbligo di interpello ai fini della disapplicazione della disciplina CFC in caso di partecipazioni in imprese estere controllate. Tale obbligo è sostituito dalla facoltà per il socio di controllo residente di presentare interpello per ottenere il preventivo parere dell’Amministrazione finanziaria in merito alla disapplicazione della disciplina CFC.
Il socio residente controllante, fatti salvi i casi di applicazione della disciplina CFC o della sua disapplicazione a seguito di interpello favorevole, deve comunque segnalare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni estere.
L’omessa segnalazione in dichiarazione del possesso di partecipazioni di controllo rientranti nell’ambito applicativo della disciplina CFC non preclude al contribuente la possibilità di dimostrare la sussistenza delle esimenti; tuttavia, tale omissione comporta l’irrogazione della sanzione prevista nel nuovo comma 3-quater dell’articolo 8 del D.Lgs. n. 471/1997.
Viene abolito il regime di tassazione per trasparenza delle società collegate di black list, di cui all’art. 168 del TUIR.
Articolo 9 – Spese di rappresentanza
L’articolo 9 modifica la disciplina in materia di spese di rappresentanza di cui all’art. 108 del TUIR. In base alle nuove disposizioni, le spese di rappresentanza saranno deducibili nel periodo d’imposta in cui sono state sostenute, se rispondenti ai requisiti di inerenza stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, secondo percentuali differenti in ragione degli scaglioni – definiti dal comma 1 dell’art. 108 citato – di ricavi e proventi della gestione caratteristica dell’impresa, come risultanti dalla dichiarazione dei redditi.
Le percentuali di deduzione vengono modificate al rialzo rispetto alle previgenti aliquote e saranno pari all’1,5% dei ricavi e altri proventi fino a 10 milioni di euro; allo 0,6% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente i 10 milioni di euro e fino a 50 milioni di euro; allo 0,4% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente i 50 milioni di euro.
La misura della deducibilità delle spese di rappresentanza può essere stabilita con il citato D.M. Con il medesimo decreto potrà essere elevato il limite di valore dei beni distribuiti gratuitamente, le cui spese possono essere dedotte dall’imponibile.
Articolo 10 – Liste dei Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni e coordinamento black list
L’articolo 10 introduce alcune modifiche all’attuale disciplina in materia di individuazione dei “paradisi fiscali”.
Viene abrogato l’art. 168-bis del TUIR, che dispone l’emanazione di due white list: la prima che individua i Paesi e i territori che consentono un adeguato scambio di informazioni; la seconda che tiene conto, oltre che del livello dello scambio informativo, anche dell’effettiva tassazione estera.
In base alla nuova disciplina, viene conferito al Ministro dell’economia e delle finanze il compito di individuare, con uno o più decreti, l’elenco degli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni.
Le disposizioni di coordinamento introdotte sono tese a chiarire che il riferimento ai “regimi fiscali privilegiati”, contenuto in norme vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, è da intendersi effettuato a Stati o territori individuati in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, della mancanza di un adeguato scambio di informazioni ovvero di altri criteri equivalenti, ai sensi dell’art. 167, comma 4, del TUIR.
Articolo 11 – Sospensione della riscossione della tassazione in caso di trasferimento all’estero
L’articolo 11 modifica il vigente regime fiscale del trasferimento intracomunitario di sede all’estero, modificando gli artt. 166 e 179 del TUIR.
In particolare, viene previsto che il regime opzionale della sospensione della “exit tax” possa operare anche in caso di trasferimento, effettuato da un’impresa non residente nel territorio dello Stato, di una parte o della totalità degli attivi collegati a una stabile organizzazione, aventi a oggetto un’azienda o un ramo d’azienda, verso altro Stato appartenente all’Unione europea ovvero aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo.
Inoltre, il regime della sospensione viene esteso anche ai trasferimenti che conseguono indirettamente ad altre operazioni straordinarie (fusioni, scissioni e conferimenti).
Articolo 12 – Trasferimento della residenza nel territorio dello Stato
L’articolo 12 introduce nel TUIR il nuovo art. 166-bis, che disciplina il regime delle attività e passività di imprese commerciali che trasferiscono la loro residenza fiscale in Italia, diversificandone la disciplina in base al territorio di provenienza.
Per le imprese provenienti da Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, si assume quale valore fiscale il valore normale delle attività e passività (anche in assenza dell’applicazione di una exit tax da parte dello Stato di provenienza).
Per le imprese provenienti, invece, da Stati o territori diversi da quelli sopra indicati, per i quali non sussiste un adeguato scambio informativo, il valore delle attività e delle passività è assunto in misura pari al valore normale, così come determinato in esito a un accordo preventivo concluso ai sensi del nuovo articolo 31-ter del D.P.R. 600/1973 (“Accordi preventivi per le imprese con attività internazionale”).
In mancanza di accordo, il valore fiscale delle attività e passività trasferite è assunto, per le attività, in misura pari al minore tra il costo di acquisto, il valore di bilancio e il valore normale, mentre per le passività, in misura pari al maggiore tra questi. Per la determinazione del valore normale si applica l’art. 9 del TUIR.
Articolo 13 – Perdite su crediti
L’articolo 13 modifica il regime fiscale della deducibilità delle perdite su crediti, modificando gli artt. 88, 94 e 101 del TUIR, al fine di prendere in considerazione anche gli accordi, previsti da legislazioni di Stati esteri, che siano analoghi a quelli disciplinati dalla normativa interna (segnatamente, dalla legge fallimentare) in materia di sovraindebitamento e risanamento dei debiti aziendali.
In primo luogo, si definiscono nuovi criteri di individuazione delle sopravvenienze attive tassabili, prevedendo che la rinuncia dei soci ai crediti è considerata sopravvenienza attiva per la sola parte che eccede il relativo valore fiscale. Inoltre, fermo restando che non sono sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell’impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo, vengono equiparate a tali ipotesi anche le riduzioni effettuate in sede di procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni, o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell’associato in partecipazione.
In secondo luogo, la nuova disciplina introduce ulteriori ipotesi di deducibilità delle perdite su crediti. In particolare, si rendono deducibili le perdite su crediti risultanti da un piano di rientro dai debiti ovvero quelle rilevanti ove il debitore sia assoggettato a procedure estere equivalenti a quelle italiane, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni.
Si introduce altresì una specifica disciplina per i crediti di modesta entità e per quelli vantati nei confronti di debitori che siano assoggettati a procedure concorsuali o a procedure estere equivalenti ovvero abbiano concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano attestato dì risanamento.
Infine, si stabilisce che la rinuncia dei soci ai crediti non è ammessa in deduzione nei limiti del valore fiscale del credito oggetto di rinuncia.
Articolo 14 – Esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti
L’articolo 14 introduce nel nostro ordinamento la c.d. “branch exemption”, ovvero la possibilità che in capo a un’impresa residente nel territorio dello Stato non assumano rilevanza fiscale gli utili e le perdite realizzati dalle sue stabili organizzazioni all’estero, da determinarsi in ogni caso in base ai criteri di cui all’art. 152 del TUIR.
A tal proposito, viene inserito nel TUIR il nuovo art. 168-ter, in base al quale si consente a un’impresa residente in Italia di esercitare l’opzione per esentare utili e perdite attribuibili a tutte le proprie stabili organizzazioni all’estero. L’opzione è irrevocabile ed è esercitata nel momento di costituzione della stabile organizzazione, con effetto dal medesimo periodo d’imposta.
Qualora la stabile organizzazione sia localizzata in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, l’opzione per la branch exemption si esercita, relativamente alle stabili organizzazioni localizzate in detti territori, purché ricorrano le esimenti previste dalla legge.
Si riconosce, infine, al contribuente la possibilità di interpellare l’Agenzia delle Entrate in merito all’esistenza di una sua stabile organizzazione estera.
Articolo 15 – Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero
L’articolo 15 modifica il regime del credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero, di cui all’art. 165 del TUIR, al fine di estendere a tutti i contribuenti le disposizioni attualmente riservate ai redditi d’impresa prodotti all’estero tramite una stabile organizzazione.
Innanzitutto, viene esteso a tutti i contribuenti il regime di detraibilità per competenza, consentendo la detraibilità delle imposte estere nel periodo in cui il reddito estero concorre al reddito complessivo in Italia, purché le medesime imposte estere siano state pagate a titolo definitivo entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d’imposta successivo.
Viene altresì esteso a tutti i contribuenti il regime di riporto avanti e indietro delle eccedenze dei crediti di imposta.
Infine, viene introdotta una disposizione interpretativa in forza della quale si stabilisce che l’art. 165 trova applicazione tanto alle imposte coperte da convenzione quanto a ogni altra imposta o tributo estero sul reddito. In caso di incertezza in merito alla natura del tributo non coperto da una convenzione, di cui si intende chiedere la detrazione, il contribuente può presentare istanza di interpello all’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 11 della Legge 212/2000.
Articolo 16 – Regime speciale per lavoratori rimpatriati
L’articolo 16 introduce una norma fiscale di favore avente carattere temporaneo, in base alla quale il reddito prodotto in Italia da lavoratori dipendenti, che trasferiscono la residenza fiscale nel territorio dello Stato, concorre a formare il reddito complessivo soltanto per il 70% del suo ammontare. L’obiettivo è quello di favorire e incentivare l’attrazione in Italia di capitale umano altamente qualificato.
A tal fine, è richiesto il ricorrere delle seguenti condizioni:
– i lavoratori non devono essere stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il trasferimento;
– l’attività lavorativa deve essere svolta presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;
– l’attività lavorativa deve essere prestata prevalentemente nel territorio italiano;
– i lavoratori devono rivestire una qualifica per la quale sia richiesta alta qualificazione o specializzazione e devono essere in possesso del titolo di laurea.