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Attualità

La compensazione delle perdite della SO con gli utili della casa madre nell’orientamento della CGUE

3 Settembre 2018

Chiara Francioso, dottoranda in diritto tributario, Università degli Studi di Milano-Bicocca

Di cosa si parla in questo articolo

Aderendo a quanto prospettato dall’Avv. Gen. Campos Sànchez-Bordona[1], la Corte di Giustizia con la sentenza 12 giugno 2018, C-650/16 ha ritenuto incompatibile con la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) un regime di trattamento delle perdite della SO sita in altro Stato membro che ne impedisca la compensazione con gli utili della casa madre, nel caso in cui la SO abbia cessato la propria attività e non vi siano residue possibilità di utilizzo.

La peculiarità del caso in esame – che lo rende di grande interesse per i potenziali riflessi sul nostro regime fiscale di utilizzo intersoggettivo delle perdite – risiede nella circostanza che le entità coinvolte non aderivano al consolidato internazionale previsto dalla normativa fiscale danese, che avrebbe consentito la compensazione transfrontaliera delle perdite con gli utili del gruppo. Ai sensi dell’articolo 8, par. 2, della legge relativa all’imposta sulle società, infatti, sono esclusi dal reddito imponibile delle società danesi gli utili e le perdite attribuibili ad una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, a meno che la società in questione non abbia optato per il regime del consolidato fiscale internazionale di cui all’articolo 31 A di tale legge. Il giudice a quo, pertanto, solleva la questione se sia compatibile con l'art. 49 TFUE un regime, quale quello danese, che non consente una compensazione transfrontaliera profitti/perdite – neppure laddove siano divenute definitive – a meno che le entità coinvolte non aderiscano al distinto regime del consolidato internazionale.

Seguendo il tradizionale schema di giudizio in materia di libertà fondamentali, la Corte dapprima valuta la natura discriminatoria o meno della normativa danese, verificando se dia luogo ad una differenza di trattamento fra situazioni oggettivamente comparabili. Richiamando la propria giurisprudenza sul punto, ricorda che, in linea di principio, con riferimento alle misure previste da uno Stato membro al fine di prevenire o di attenuare la doppia imposizione degli utili di una società residente, le società che hanno stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro non si trovano in una situazione comparabile a quella delle società che hanno stabili organizzazioni residenti[2]. Nel caso di specie, tuttavia, rileva la sussistenza di una disparità di trattamento poiché, a causa della cessazione di ogni attività nello Stato di residenza della SO, le perdite perdite da essa subite non sono state e non possono più essere dedotte dal suo reddito imponibile in quello Stato[3]. In tale ipotesi, infatti, situazioni simili vengono trattate diversamente, con un’evidente lesione del principio di capacità contributiva. Infatti, la capacità contributiva di una società con una SO non residente che abbia subito perdite definitive è «condizionata allo stesso modo di quella di una società la cui stabile organizzazione residente abbia subito perdite»[4].

Venendo all’individuazione di eventuali cause di giustificazione, la Corte ha rilevato che tale disparità di trattamento può essere giustificata da motivi imperativi d’interesse generale volti alla ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, alla coerenza del regime tributario danese, nonché alla necessità di prevenire i rischi di doppia deduzione delle perdite. E ciò in quanto consentire l'utilizzo in Danimarca di perdite subite in un diverso Stato membro, senza che sia stata esercitata l'opzione per il consolidato internazionale, consentirebbe di aumentare o diminuire arbitrariamente la base imponibile in detti Stati.

Sebbene giustificata, la normativa in esame eccede quanto è necessario per perseguire gli obiettivi di equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, coerenza del regime tributario danese e prevenzione dei rischi di doppia deduzione delle perdite[5]. La Corte, evitando di pronunciarsi in via generale sulla proporzionalità delle condizioni del regime danese di consolidato internazionale[6], ritiene che la normativa sottoposta la suo vaglio sia sproporzionata nell'ipotesi di perdite definitive. In tal caso, infatti, «l’adeguamento tra imposizione e capacità contributiva della società è maggiore se la società che ha una stabile organizzazione in un altro Stato membro è autorizzata […] a dedurre dal proprio reddito imponibile le perdite definitive attribuibili alla stabile organizzazione»[7].

Al fine di bilanciare tali esigenze contrapposte, la Corte subordina la deduzione delle perdite in Danimarca alla produzione della prova del carattere definitivo delle stesse, rinviando ai requisiti stabiliti nella sentenza Marks & Spencer, leading case in materia[8]. Anche in tale occasione, i giudici di Lussemburgo ribadiscono l'applicabilità in via analogica alle perdite delle stabili organizzazioni non residenti dei principi ivi stabiliti in tema di perdite delle controllate estere[9]. Giova ricordare, in particolare, che, affinché le perdite subite da una controllata o da una SO sita in altro Stato membro possano considerarsi definitive, occorre che detta entità abbia esaurito tutte le possibilità di deduzione in tale Stato e abbia cessato di percepire ricavi[10].

Il caso Bevola insegna, pertanto, che non è sufficiente che fra i regimi di trattamento intersoggettivo delle perdite degli Stati membri figuri il consolidato internazionale a renderli immuni da censure dei giudici eurounitari. Ciononostante, la concreta applicabilità dell'eccezione Marks & Spencer permane limitata dai rigidi requisiti introdotti dalle successive sentenze Lidl Belgium, Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt,X Holding, K, A Oy, e Marks & Spencer II[11]. In particolare, spetta ai giudici nazionali valutare caso per caso se la capogruppo abbia fornito la prova della definitività delle perdite della controllata o SO situata nel diverso Stato membro. La capogruppo deve provare che tale perdita potrebbe essere teoricamente utilizzata nello Stato della fonte (possibilità legale), ma che la compensabilità in detto Stato è di fatto impossibile poiché la controllata o la SO ivi stabilita non percepisce più ricavi nello stesso, a seguito della cessazione delle proprie attività commerciali attraverso la cessione o eliminazione di tutti i propri attivi produttivi di ricavi (impossibilità fattuale)[12].

 


[1] Conclusioni dell’Avv. gen. M. Campos Sánchez-Bordona, C-650/16, 17 gennaio 2018. Si veda http://www.dirittobancario.it/news/fiscalita-generale/utilizzo-transfrontaliero-delle-perdite-infragruppo-estensibilita-eccezione-marks-spencer.

[2] Corte Giust., 12 giugno 2018, C-650/16, A/S Bevola, Jens W. Trock ApS c. Skatteministeriet, par. 37.

[3] Ivi, par. 38.

[4] Ivi, par. 39.

[5] Ivi, par. 53.

[6] Ivi, par. 57.

[7] Ivi, par. 59.

[8] Ivi, par. 60.

[9] Ivi, par. 64.

[10] Ibid.

[11] Corte Giust., 15 maggio 2008, C-414/06, Lidl Belgium GmbH & Co. KG c. Finanzamt Heilbronnparagrafi; Corte Giust., 23 ottobre 2008, C-157/07, Finanzamt für Körperschaften III in Berlin c. Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt GmbH; Corte Giust., 25 febbraio 2010, c. 337/08, X Holding BV c. Staatssecretaris van Financién; Corte Giust., 7 novembre 2013, C-322/11, K; Corte Giust., 21 febbraio 2013, C-123/11, A Oy; Corte Giust., Grande Sezione, 15 febbraio 2015, C-172/13, Commissione europea c. Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (c.d. caso Marks & Spencer II). Per una compiuta disamina di tale filone giurisprudenziale si vedano, fra gli altri, E. Pinetz, K. Spies, ‘Final Losses’after the Decision in Commission v. UK (‘Marks & Spencer II’), in Ec-Tax Review, 2015, 6, 309 ss.; M. Lang, Has the case law of the ECJ on final losses reached the end of the line?, in European taxation, Amsterdam, 12, 2014, 530 ss.; G. Beltramelli, La circolazione transfrontaliera delle perdite di gruppo alla luce della (nuova definizione) delle final losses: il caso Marks & Spencer II, in Riv. dir. trib., 2015, 184 ss.; Y. Brauner, A. P. Dourado, E. Traversa, Ten Years Of Marks & Spencer, in Intertax, 2015, 43, 306 ss. Sul regime danese di utilizzo intersoggettivo delle perdite transfrontaliere, si veda anche la recente sentenza Corte Giust., 4 luglio 2018, C-28/17, NN A/S c. Skatteministeriet.

[12] Sia consentito rinviare a C. Francioso, L’utilizzo transfrontaliero delle perdite infragruppo: evoluzione dell’orientamento della Corte di giustizia dalla sentenza Marks & Spencer al chiarimento del concetto di final losses, in Diritto e pratica tributaria internazionale, n. 4/2016, 1530.

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