Per il tramite di due risposte ad istanze di interpello – la n. 235/2019 e la n. 236/2019 entrambe pubblicate in data 15 luglio 2019 – l’Amministrazione finanziaria ha fornito importanti chiarimenti in relazione a taluni aspetti della fiscalità diretta rivenienti dall’attività di gestione collettiva del risparmio, offrendo agli operatori del settore soluzioni interpretative che, pur dovendo essere verificate in relazione ai singoli casi concreti, rappresentano, senz’altro, importanti linee guida per ciò che concerne i profili fiscali propri degli OICR e dei loro investitori.
La risposta n. 235/2019 in tema di regime fiscale delle SICAF
Nella risposta n. 235/2019 l’Agenzia delle Entrate ha risolto il dubbio interpretativo avanzato da una “società di investimento a capitale fisso” (SICAF) mobiliare in merito al corretto trattamento da applicare, ai fini dell’imposta personale sul reddito (IRES), ai proventi derivanti dallo svolgimento dell’attività di consulenza in materia finanziaria cui tale SICAF è stata autorizzata dalle competenti autorità di vigilanza e che si pone in rapporto di stretta strumentalità e connessione con l’attività principale di gestione collettiva del risparmio.
L’intervento dell’Amministrazione finanziaria consente di risolvere, sebbene limitatamente al caso specifico oggetto dell’istanza, talune criticità in merito al regime fiscale dei compensi derivanti dall’attività di consulenza finanziaria svolta dalle SICAF, attività che ordinariamente dovrebbe assumere rilevanza ai fini IRES, IRAP e IVA, ma nel caso di specie è svolta da soggetti che, quanto meno ai fini delle imposte sui redditi, beneficiano di un regime di esenzione.
La risposta in esame ha innanzitutto rappresentato per l’Amministrazione finanziaria l’occasione per ripercorrere nuovamente le disposizioni tributarie che regolano il regime fiscale proprio delle SICAF, che, come noto, sono organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) autorizzati a costituirsi in forma di società per azioni e aventi“per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta di proprie azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi” (cfr. artt. 1, comma 1, lett. i-bis), e 35-bis, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 58/1998 – T.U.F.). Tale tipologia di OICR avente forma societaria, si ricorda, è stato introdotto nell’ordinamento italiano dal D.Lgs. n. 44/2014, recante il recepimento della Direttiva AIFM (n. 2011/61/UE dell’8 giugno 2011).
Tutto ciò premesso, sulla scorta sia di quanto previsto dall’art. 9, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 44/2014 – che ha esteso alle SICAF non immobiliari talune disposizioni fiscali proprie delle SICAV (i.e. l’altra tipologia di OICR societario presente nel nostro ordinamento)[1] – sia di quanto già evidenziato in precedenti documenti di prassi[2], l’Agenzia delle Entrate ha precisato che:
- ai fini IRAP, le SICAF applicano gli artt. 3 e 6 del D.Lgs. n. 446/1997; più in particolare, le SICAF si qualificano come soggetti passivi del tributo regionale e la base imponibile è determinata in misura pari alla differenza tra le commissioni attive di sottoscrizione e le commissioni passive dovute ai soggetti collocatori, al netto della deduzione di un ammontare pari al 90% delle spese amministrative e degli ammortamenti dei beni materiali e immateriali ad uso funzionale (cfr. art. 6, commi 4 e 5, del D.Lgs. n. 446/1997); diversamente
- ai fini IRES, le SICAF, in qualità di OICR istituiti in Italia sottoposti a forme di vigilanza prudenziale, pur essendo soggetti passivi, sono esenti dall’applicazione dell’imposta personale, ai sensi dell’art. 73, comma 5-quinquies, del D.P.R. n. 917/1986 (T.U.I.R.), fatta eccezione per l’applicazione di talune ritenute alla fonte – applicabili in ragione del 26% – su particolari tipologie di proventi, che – si ricorda – sono rappresentati da:
– gli interessi ed altri proventi delle obbligazioni, dei titoli similari alle obbligazioni e delle cambiali finanziarie per i quali non si applica il regime previsto dal D.Lgs. n. 239/1996 (vale a dire, titoli obbligazionari: (i) emessi da società ed enti residenti in Italia diversi dai cosiddetti “grandi emittenti”; (ii) non negoziati nei medesimi mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione di Stati membri dell’Unione Europea o aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo; e (iii) non offerti in sottoscrizione solo ad investitori qualificati ai sensi dell’art. 100 del T.U.F. (cfr. art. 26, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973));
– i proventi delle accettazioni bancarie (cfr. art. 1 del D.L. n. 546/1981); e
– i proventi dei titoli atipici emessi da soggetti residenti (cfr. art. 5 del D.L. n. 512/1983) e da soggetti non residenti collocati in Italia (cfr. art. 8 del D.L. n. 512/1983)[3]; - in altri termini, la tassazione dei proventi conseguiti dalle SICAF grava, in linea di principio, unicamente in capo agli investitori, che – in funzione del regime applicabile in relazione allo status fiscale di pertinenza di questi ultimi – potranno conseguire sia redditi di capitale sia redditi diversi di natura finanziaria, nonché redditi di impresa nell’ipotesi in cui agiscano nell’esercizio di un’impresa commerciale, potendo, ove ne ricorrano i presupposti, essere soggetti alla ritenuta (a titolo d’acconto o di imposta) prevista dall’art. 26-quinquies del D.P.R. n. 600/1973.
Stante quanto sopra, l’Amministrazione finanziaria, avendo constatato, sulla base dei chiarimenti offerti dall’istante, che le attività di consulenza e di gestione del risparmio sono strettamente connesse, in quanto l’attività di consulenza ha natura strumentale a quella principale di investimento, non potendo quest’ultima essere svolta in assenza di quella di consulenza, ha ritenuto che anche i proventi derivanti dall’attività di consulenza rientrino nel regime di esenzione IRES previsto per gli OICR soggetti a forme di vigilanza prudenziale dall’art. 73, comma 5-quinquies, del T.U.I.R. e che tali proventi dovranno essere tassati in capo agli investitori al momento della loro percezione.
La risposta n. 236/2019 in tema di obblighi di sostituzione di imposta in relazione ai proventi di FIA comunitari
Nella risposta n. 236/2019 l’Amministrazione finanziaria ha risolto, invece, il dubbio interpretativo avanzato da una società fiduciaria che, dovendo assolvere agli obblighi di sostituzione di imposta in relazione agli strumenti finanziari per i quali ha ricevuto l’incarico di custodia ed amministrazione, ha chiesto all’Agenzia delle Entrate opportuni chiarimenti in merito al corretto trattamento tributario applicabile ai proventi derivanti dalla partecipazione ad un FIA di diritto inglese gestito da un gestore autorizzato dalla locale autorità di vigilanza (Financial Conduct Authoruty – FCA) ma non soggetto a vigilanza ai sensi della Direttiva AIFM.
Come si apprende dalla medesima risposta n. 236/2019, il gestore del fondo inglese in questione, pur essendo debitamente autorizzato dalla FCA, non soggiace alla specifica vigilanza prevista a livello comunitario dalla Direttiva AIFM per effetto della facoltà del gestore estero in parola di beneficiare della clausola di salvaguardia (c.d. grand-fathering clause) contenuta nell’ art 61, paragrafo 3, della stessa Direttiva AIFM, in base alla quale i gestori di FIA, che prima del 22 luglio 2013 gestivano FIA di tipo chiuso che non hanno effettuato investimenti supplementari dopo il 22 luglio 2013, possono comunque continuare a gestire tali FIA senza essere tenuti a dover richiedere una nuova autorizzazione ai sensi della medesima Direttiva AIFM.
Con riferimento al regime tributario applicabile ai proventi derivanti dalla partecipazione a FIA comunitari, ossia ad OICR di diritto europeo, vale la pena di ricordare che, ai sensi dell’art. 10-ter, comma 2, della Legge 23 marzo 1983, n. 77, questi ultimi, ove riferibili a quote o azioni collocate in Italia e percepiti da persone fisiche che non agiscono in regime di impresa, sono soggetti ad una ritenuta a titolo di imposta in ragione del 26% – applicata dal sostituto di imposta di volta in volta individuato dal Legislatore ovvero dalla prassi dell’Amministrazione finanziaria – a condizione che il soggetto incaricato della loro gestione sia soggetto a forme di vigilanza ai sensi della Direttiva AIFM[4]. Diversamente, i proventi derivanti dalla partecipazione a FIA esteri diversi da quelli menzionati dal comma 2 del predetto art. 10-ter della Legge n. 77/1983 – nel cui novero rientrano anche i FIA istituiti in Stati comunitari i cui gestori non sono soggetti a forme di vigilanza (cfr. Circolare n. 3/E del 26 febbraio 2018, par. 2 e par. 7.1) – concorrono integralmente a formare il reddito imponibile dei partecipanti e scontano una ritenuta a titolo d’acconto in ragione del 26% a cura del soggetto che interviene nella loro riscossione, ai sensi dell’art. 10-ter, commi 6 e 7, della medesima Legge n. 77/1983.
Con riferimento alla verifica del requisito della soggezione a forme di vigilanza conformi ai dettami della Direttiva AIFM da parte del gestore del fondo inglese in parola l’Amministrazione finanziaria dà atto di aver richiesto al contribuente la presentazione di apposita documentazione integrativa e di aver acquisito un parere da parte del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze che – con nota del 25 gennaio 2019 – ha chiarito che la Direttiva AIFM è stata trasposta nell’ordinamento inglese per il tramite di un provvedimento denominato “The Alternative Investment Fund Managers Regulations 2013” (nel seguito anche solo le “Regulations 2013”), che ha altresì recepito la predetta clausola di salvaguardia contenuta nell’art 61, paragrafo 3, della medesima Direttiva AIFM. Il recepimento di tale ultima disposizione comporta, pertanto, che le Regulations 2013 si applicano anche ai gestori di FIA chiusi che non effettuano investimenti ulteriori dopo il 22 luglio 2013, essendo questi ultimi unicamente esonerati dall’obbligo di richiedere una nuova autorizzazione ai sensi della Direttiva AIFM, ma pienamente tenuti ad ottemperare a tutte le altre prescrizioni regolamentari contenute nelle Regulations 2013.
Stante quanto sopra, sulla base delle precisazioni contenute nella sopra menzionata nota del Dipartimento delle Finanze, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che i proventi derivanti dalla partecipazione al FIA inglese oggetto dell’istanza d’interpello debbano scontare la ritenuta a titolo di imposta del 26% prevista dall’art. 10-ter, comma 2, della Legge n. 77/1983. In altri termini, la soluzione adottata dall’Amministrazione finanziaria – da accogliere senz’altro con favore – ha escluso che i proventi derivanti dal FIA inglese in esame potessero ricadere nell’ambito applicativo dell’art. 10-ter, commi 6 e 7, della Legge n. 77/1983 e pertanto concorrere integralmente alla formazione del reddito imponibile dell’investitore, soluzione che, comportando una possibile discriminazione tra FIA nazionali e FIA esteri, avrebbe, invece, probabilmente prestato il fianco a possibili censure in ambito comunitario, in quanto foriera di una restrizione alla libera circolazione di capitali garantita dall’art. 63 e seguenti del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
[1] Cfr. l’art. 14, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 84/1992.
[2] Cfr. Circolare n. 33/E del 15 luglio 2011 e Circolare n. 21/E del 10 luglio 2014.
[3] Cfr., in tal senso, Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 43/E del 2 luglio 2013.
[4] Un trattamento tributario sostanzialmente analogo è previsto dal comma 5 del più volte citato art. 10-ter della Legge n. 77/1983 nell’ipotesi in cui le quote o azioni di tali FIA comunitari non siano collocate in Italia o comunque i proventi siano conseguiti all'estero.