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Giurisprudenza

Solidarietà tributaria: giudicato favorevole alla controllata estensibile alla controllante

28 Dicembre 2021

Luca Cicozzetti, Avvocato

Cassazione Civile, Sez. V, 12 gennaio 2021, n. 235 – Pres. Cirillo, Rel. Napolitano

Di cosa si parla in questo articolo

In tema di solidarietà tributaria, una società controllante può invocare, in qualità di coobbligato d’imposta, gli effetti favorevoli del giudicato intervenuto nei confronti della propria controllata, dinanzi al primo atto notificato a seguito del passaggio in giudicato della sentenza, e prima che si sia a sua volta formato un giudicato difforme tra coobbligati, giudicato che non si integra con la definitività della cartella di pagamento.

Questo l’articolato principio rinvenibile dall’ordinanza in analisi.

Nella fattispecie in oggetto, due società per azioni, una in qualità di controllante e l’altra quale controllata, nell’ambito del regime di liquidazione IVA di gruppo di cui all’articolo 73, terzo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 (nella versione vigente ratione temporis), al fine di rettificare un errore nella Dichiarazione IVA per l’anno 2005, presentavano istanza di rimborso per una somma pari ad euro 18.225,00, corrispondente al credito IVA utilizzato in compensazione per l’anno successivo, e la relativa dichiarazione di rettifica.

L’Ufficio competente rigettava l’istanza di rettifica della controllata.

Pertanto, si instaurava un contenzioso tra la controllata e l’Agenzia delle Entrate, poi definito con sentenza di primo grado passata in giudicato, con esito favorevole alla contribuente, cui l’Ufficio ottemperava, eseguendo il rimborso del citato credito IVA in favore della controllata stessa.

Parallelamente, la controllante riceveva invece, comunicazione dell’esistenza di difformità del credito riportato per l’anno precedente.

Successivamente, infruttuosamente presentata istanza di autotutela dalla contribuente, veniva notificata a quest’ultima la cartella di pagamento, a seguito della riliquidazione della dichiarazione in conseguenza del credito d’imposta non ritenuto spettante, poiché non indicato nella dichiarazione dell’anno precedente.

In relazione alla cartella la società presentava istanza di sgravio, rigettata dall’Ufficio oltre i termini di impugnazione della menzionata cartella.

La controllante dunque, impugnava la successiva intimazione di pagamento relativa al mancato pagamento del debito iscritto a ruolo.

In primo grado, la Commissione provinciale rigettava il ricorso della contribuente, osservando che non potevano farsi valere, in sede d’impugnazione dell’intimazione di pagamento, vizi propri della cartella, regolarmente notificata e non impugnata.

Successivamente, la contribuente ricorreva con successo in appello, dove la Commissione tributaria provinciale riteneva legittima l’invocazione, in sede di impugnazione dell’intimazione al pagamento, del giudicato esterno ottenuto dalla controllata, atteso che la definitività della sentenza era intervenuta successivamente al cristallizzarsi della cartella notificata.

Pertanto, l’Ufficio decideva di proporre ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo anzitutto che, in violazione dell’articolo 57 del d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, il giudicato esterno ottenuto dalla controllata, invocato dalla contribuente a suo favore, fosse stato eccepito solo con il ricorso in appello.

Inoltre, l’Amministrazione Finanziaria lamentava la violazione e falsa applicazione dell’articolo 19 del menzionato d.lgs. 546/1992, nel non avere la CTR rilevato come l’intimazione di pagamento non fosse autonomamente impugnabile, in quanto preceduta da cartella ritualmente notificata e non impugnata.

Tali doglianze non venivano condivise dal Collegio di Legittimità adito che, con la pronuncia in questione, rigettava il ricorso presentato dall’Amministrazione finanziaria.

Nello specifico, secondo il parere della Corte di Cassazione, in virtù di un consolidato indirizzo giurisprudenziale, il giudicato esterno che risulta dagli atti è rilevabile d’ufficio dal giudice.

Pertanto, non vi è alcuna violazione dell’art. 57, co. 2, del D. Lgs. 546/1992, secondo cui, nel giudizio tributario di appello, non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili d’ufficio (Cass. SU n. 226/2001; Cass. n. 12158/2011; Cass. n. 15627/2016; Cass. n. 8607/2017).

Veniva inoltre sottolineato come la formazione del giudicato, invocato dalla controllante nell’atto di appello avverso la sentenza di primo grado ad essa sfavorevole, fosse intervenuta solo successivamente alla definitività della cartella: di conseguenza, la controllante aveva legittimamente invocato la sopravvenuta formazione del giudicato relativo alla propria controllata con l’impugnazione dell’intimazione.

Infatti, nonostante la cartella di pagamento, notificata alla controllante e da questa non impugnata, fosse divenuta definitiva per mancata impugnazione nei termini, era solamente con l’avviso di intimazione impugnato, primo atto della procedura di riscossione ad essa successiva, che la controllante stessa poteva opporre la formazione degli effetti riflessi del giudicato sopravvenuto riguardante la propria controllata.

Ciò premesso, la ricorrente poteva legittimamente giovarsi della facoltà di cui all’art. 1306, co. 2, cod. civ., che consente al condebitore solidale di avvalersi della sentenza resa nei rapporti tra il creditore e uno dei condebitori in solido, salvo che sia fondata su ragioni personali al condebitore.

Solidarietà che, nel caso di specie, si era pacificamente integrata, atteso il disposto dell’articolo 6, comma secondo del decreto del Ministero delle Finanze del 13 dicembre 1979 in materia di liquidazione IVA di gruppo, che individua le società controllate come obbligate in solido con la controllante per le imposte risultanti dalle proprie dichiarazioni periodiche e non versate da quest’ultima.

A tal proposito, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, in tema di solidarietà tributaria, la facoltà per il coobbligato d’imposta di avvalersi del giudicato favorevole emesso in un giudizio promosso da un altro coobbligato opera come riflesso dell’unicità dell’accertamento e della estensibilità del giudicato, sempre che non si sia già formato un giudicato contrario sul medesimo punto (Cass. nn. 14814/2011, 276/2013).

Nella fattispecie in esame ricorrevano le condizioni affinché la controllante potesse beneficiare degli effetti favorevoli del giudicato intervenuto nei confronti della propria controllata, non essendo in alcun modo equiparabile la definitività dell’atto di riscossione per omessa impugnazione al giudicato (Cass. SU n. 23397/2016).

In virtù delle ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso dell’Ufficio.

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