In caso di termini decadenziali stabili in contratti di cessione delle partecipazioni sociali per far valere diritti all’indennizzo, il momento di conoscenza del fatto giustificativo della richiesta indennitaria deve essere fissato anche in considerazione dei rapporti esistenti tra le società partecipanti all’operazione ed all’eventuale cumulo di incarichi da parte dei membri dei rispettivi organi amministrativi e dei loro sottoposti.
La fattispecie esaminata dal Tribunale di Milano, nel caso di specie, investe una richiesta di indennizzo, formulata, in base ad una specifica pattuizione negoziale contenuta in un contratto di cessione di un pacchetto azionario quasi totalitario, da parte della società cessionaria verso la cedente. Quest’ultima, all’esito di accertamenti e verifiche contabili effettuate per la chiusura del bilancio della società di cui aveva acquisito il controllo, lamenta sotto più profili vizi di correttezza, completezza e accuratezza relativamente ad alcune dichiarazioni rese e garanzie prestate da parte dell’alienante nel contratto di trasferimento delle partecipazioni sociali in questione.
In particolare viene contestato: la sopravvenienza passiva, dovuta al pagamento di penali per inadempienze contrattuali relative all’attività praticata dalla società; l’irregolarità di alcuni beni strumentali causata dal difetto di titolarità degli immobili su cui le attrezzature insistono; il mancato appostamento in bilancio di un fondo imposte passive in relazione a precedenti operazioni di conferimento d’azienda e, infine, il maggiore importo di un debito, rispetto a quanto dichiarato.
La cedente, convenuta in giudizio, si difende sollevando, tra le altre, la questione, valutata poi dal collegio giudicante determinante, relativa al momento dal quale dovesse decorrere il termine decadenziale di trenta giorni, utile alla parte cessionaria per far valere il proprio diritto all’indennizzo. Sul punto, il contratto di cessione si esprimeva nel senso di collegare il decorso del tempo alla conoscenza da parte della cessionaria del fatto giustificativo della richiesta indennitaria. Ebbene, in tutti i quattro casi, i Giudici accolgono la ricostruzione della convenuta e considerano trascorso siffatto termine, rigettando, quindi, la domanda attorea.
Nello specifico, per quanto attiene alle passività di bilancio connesse a penali contrattuali, il termine viene ritenuto decorrente dal momento del ricevimento di una missiva da parte della controllata, il cui contenuto doveva, a parere dell’organo giudicante, essere necessariamente noto alla controllante, posto che l’Amministratore Unico della prima, destinatario della comunicazione, rivestiva contemporaneamente il ruolo di dirigente della seconda.
Per quanto concerne l’irregolarità dei beni aziendali, si rileva come questa situazione doveva essere conosciuta dall’attrice a partire da un momento diverso da quello indicato nell’atto di citazione: ovvero dall’esecuzione della fusione per incorporazione della partecipata, le cui azioni erano state acquistate grazie al contratto discusso nella sentenza in esame, nella controllante. Infatti, gli accertamenti sulla situazione patrimoniale delle società partecipanti alla fusione avvengono, di regola, prima dell’approvazione del progetto, essendo inverosimile che si attenda fino all’effettiva realizzazione della divisata operazione straordinaria per il loro compimento.
In merito al discusso appostamento della riserva fondo imposte passive per antecedenti operazioni di conferimento d’azienda, si rileva come questa scelta contabile dovesse essere conosciuta dalla cessionaria fin dal momento di ricezione della proposta di approvazione del bilancio, non anche dal tempo della sua successiva approvazione, a maggior ragione se si osservano gli stretti collegamenti tra le due società, accentuati dalla menzionata compresenza nell’organico della controllante dell’Amministratore Unico della controllata. Il Collegio Giudicante, inoltre, rigetta sul punto l’eccezione secondo cui un termine di trenta giorni sia troppo breve per esaminare un bilancio di grande complessità, come quello della società controllata, rendendo eccessivamente gravoso l’esercizio del diritto di chiedere l’indennizzo da parte della cessionaria, con conseguente nullità della clausola, ai sensi dell’art. 2965 c.c. Diversamente, le dimensioni e la rilevanza economica della società attrice convincono i giudici dell’ampia possibilità, in quel lasso di tempo, per la stessa di esaminare le risultanze contabili in questione. Nel merito, il Tribunale di Milano evidenzia come la scelta di bilancio in oggetto non possa neanche valutarsi come completamente scorretta, posta la sua conformità alla prassi allora consentita.
Infine, per quanto riguarda l’esistenza della maggiore passività verso uno specifico creditore, i Giudici, in accordo, con la convenuta anticipano il momento di conoscenza da parte dell’attrice, considerando, ancora una volta, decorso il termine decadenziale in suo favore per richiedere l’indennizzo.