Laddove risulti che: l’incaricato della Banca abbia nel corso di una conversazione telematica fornito al cliente informazioni da ritenersi ragionevolmente idonee a indurre l’interlocutore a credere, erroneamente, che l’attivazione del conto avrebbe comportato – in assenza di movimentazioni – l’applicazione di un tasso del 4,25% netto; in ogni caso, l’alternativa prospettata al Cliente era tale da far apparire come certo il conseguimento di un interesse del 4,25%, dovendosi solo stabilire se questo, sulla base di successive disposizioni, sarebbe stato corrisposto al lordo o al netto delle imposte; a fronte di ciò, nelle condizioni di contratto inviate dall’intermediario al cliente in formato cartaceo, i diversi meccanismi che presiedevano alla determinazione degli interessi erano precisamente indicati, anche se in maniera non particolarmente agevole per una piena e immediata comprensione da parte dell’aderente; tali condizioni veniva accettate dal Cliente con la sottoscrizione del relativo modulo. In tale ipotesi, se, da un lato, appare incontestabile che la condotta dell’Intermediario rechi quei caratteri tipici che danno fondamento a una qualificazione in termini di responsabilità precontrattuale, dall’altro è altrettanto innegabile che il Cliente, pur senza dubbio indotto a rappresentarsi una realtà diversa da quella effettivamente riconducibile alle condizioni contrattuali praticate, non abbia prestato la cura e l’attenzione che ragionevolmente possono attendersi da chiunque intenda procedere alla sottoscrizione di un contratto, tanto più se, come nel caso di specie, l’aderente risultava essere persona di livello culturale superiore alla media.
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