Con ordinanza dello scorso 3 dicembre 2021, n. 38216, la III sezione della Cassazione ha ribadito alcuni fondamentali principi in punto di determinazione della durata del contratto di assicurazione e sul tema, collaterale, delle conseguenze riconducibili all’accettazione del pagamento tardivo del premio.
La fattispecie oggetto del giudizio pervenuto all’attenzione della Suprema Corte è la seguente:
Tizia, in data 29 novembre 2002, stipula un contratto di assicurazione contro il rischio di incendio di un immobile di sua proprietà, avente durata decennale, con frazionamento annuale del premio;
tra le condizioni di polizza, è previsto che “l’assicurazione ha effetto dalle ore 24 del giorno indicato in polizza se il premio o la prima rata di premio sono stati pagati; altrimenti ha effetto dalle ore 24 del giorno del pagamento del premio”;
la prima frazione di premio viene pagata dall’assicurata il 2 dicembre 2002;
l’immobile suddetto è colpito da un incendio il 17 dicembre 2007;
la Compagnia rifiuta il pagamento dell’indennizzo contrattualmente dovuto, eccependo l’inoperatività della polizza, per sospensione della relativa efficacia, ex art. 1901, co. 2, c.c., a causa del mancato pagamento nei termini del premio, corrisposto soltanto il 10 gennaio 2008, dunque ben oltre i quindici giorni di tolleranza, previsti dalla medesima disposizione, decorrenti dalla scadenza annuale, ovvero – nel caso di specie – dal 29 novembre 2007.
L’eccezione di inoperatività della garanzia, formulata dalla Compagnia, viene assecondata dal giudice di primo grado, la cui decisione trova conferma in sede di appello. La Suprema Corte, infine, conferma la correttezza della decisione impugnata e, per l’effetto, la reiezione della domanda di indennizzo.
Nel merito.
Come noto, una volta consegnata (o spedita) la proposta scritta dal potenziale contraente, le cui condizioni sono predeterminate, di regola, dalla Compagnia, decorre il termine pari a 15 giorni (ovvero 30, quando occorre un accertamento medico) previsto a favore dell’assicuratore, onde consentirgli di valutare la convenienza dell’affare, determinare la tariffa e addivenire alla conclusione del contratto (art. 1887 c.c.), determinata dalla convergenza delle manifestazioni di volontà delle parti, a prescindere – salvo diversa pattuizione – dalla consegna dei documenti (§ 1.4 della pronuncia).
Tuttavia, ai sensi dell’art. 1899 c.c. – disposizione non applicabile alle assicurazioni sulla vita – è previsto che il contratto inizi a produrre effetti a partire dalle ore 24 del giorno della sua conclusione. Ciò non significa, si badi, che dal momento in cui viene formalmente perfezionandosi il contratto, la copertura sia attiva, in quanto il “trasferimento” del rischio in capo all’assicuratore è espressamente ricollegato all’avvenuto pagamento del premio (art. 1901, comma 1, c.c.). Soccorre opportunamente, a tal riguardo, la distinzione tra durata “formale” e durata “materiale” del contratto di assicurazione: con la prima locuzione si intende il lasso di tempo intercorrente tra la data di conclusione del contratto e quella del suo scioglimento, mentre la seconda si riferisce al periodo di efficacia della garanzia che viene ricollegata – quale inveramento del meccanismo di inversione del ciclo produttivo – all’esatto adempimento dell’obbligo, posto in capo all’assicurato, di pagare il premio. L’espressione «l’assicurazione ha effetto», di cui al richiamato art. 1899 c.c., non significa, dunque, che la garanzia (: la copertura) sia operante, ma vale a significare la vigenza del contratto (sul tema, sia consentito un rinvio a M. Mazzola, Tacita proroga e inadempimento dell’assicurato: alcune osservazioni, in Resp. civ. prev., 2018, p. 959 ss., ove ulteriori riferimenti).
Preso atto, dunque, che “(…) il contratto di assicurazione esiste come negozio prima ancora che sia pagato il premio, ma solo il pagamento del premio fa sì che esso produca i suoi effetti” (§ 1.2), si desume logicamente che il termine per il pagamento dei premi (o delle rate) successivi, rispetto a cui deve computarsi il periodo pari ai 15 giorni di tolleranza, decorsi i quali la garanzia resta sospesa, viene a scadere in corrispondenza dell’esaurimento del periodo convenuto circa la durata “formale” del contratto, che principia della data di conclusione dello stesso e non da quello di attivazione della garanzia. Sicché, la Cassazione correttamente ha escluso che il momento il momento di conclusione del contratto, e non quello di produzione degli effetti, potesse coincidere con il pagamento della prima frazione di premio, effettuato il 2.12.2002. D’altronde, la stessa clausola che prevede che “l’assicurazione non ha effetto” in caso di mancato pagamento del premio, già dal punto di vista letterale riproduce sostanzialmente il dettato di cui all’art. 1901, co. 1, c.c., secondo cui, nella medesima ipotesi, “l’assicurazione (: la copertura, ndr) resta sospesa” (§ 1.3, lett. c)).
La materia non è sottratta all’autonomia privata. A diverse conclusioni si sarebbe potuti giungere, quindi, qualora le parti avessero inequivocabilmente convenuto di far risalire il perfezionamento del contratto a un momento diverso da quello della stipula, ovvero – tra gli altri – al momento del pagamento della prima rata di premio (cfr. Cass. civ., sez. III, 4 febbraio 2000, n. 1239, citata nella pronuncia in esame, che evidenzia come sia ben possibile che il pagamento “sia assunto non già, semplicemente, come condizione di efficacia di un contratto già validamente concluso e obbligatorio tra le parti (art. 1901, comma 1, c.c.), ma altresì come requisito essenziale, indispensabile allo stesso perfezionamento del “vinculum juris” tra le parti”. In questo senso, v. anche Cass. civ., sez. III, 31 gennaio 2008, n. 2390).
La Cassazione conferma, inoltre, che l’incasso del premio, tardivamente versato, non si traduce nella rinuncia tacita da parte dell’assicuratore ad avvalersi dell’eccezione di sospensione dell’efficacia della garanzia. Aderendo all’orientamento più recente maturato al riguardo in sede di legittimità (v. Cass. civ., sez. 3, 14 marzo 2014, n. 5944; Sez. VI, ord. 30 novembre 2012, n. 21571), la Corte in particolare rileva che:
non è ammesso alcun sindacato sullo stato soggettivo di buona fede dell’assicuratore, che eccepisca il mancato pagamento nei termini del premio e, per l’effetto, la sospensione della copertura, pur avendo tardivamente incassato la somma. Se è vero, infatti, che al pari dell’eccezione di inadempimento, di cui all’art. 1460, c.c., la sospensione dell’efficacia dell’assicurazione, nel caso di mancato pagamento del premio, è strumento che si traduce in una coazione indiretta al pagamento del premio, è altresì dirimente rilevare che tale disciplina mira a tutelare la comunione dei rischi, danneggiata dalla sottrazione dei premi insoluti, e di riflesso a garantire l’equilibrio e l’economia del rapporto contrattuale (v. Corte cost., 5 febbraio 1975, n. 18): è “dunque economicamente necessario che il contratto resti sospeso, per evitare – in violazione del principio di sana e prudente gestione – che l’assicuratore possa trovarsi a dover sopportare rischi per i quali non ha incassato i premi” (§ 2.2.2. Sul tema, rimane essenziale la lettura critica di tale impostazione proposta da A. Bracciodieta, Mancato pagamento del premio nell’assicurazione contro i danni, fine imprenditoriale di profitto e principio costituzionale di eguaglianza, in Riv. dir. civ., 1981, p. 212 ss.);
considerato che l’art. 1901 c.c. ha lo scopo di garantire l’equilibrio tecnico-economico tra premio (puro) e rischio, “l’assicuratore che rinunciasse a far valere la carenza di copertura terrebbe una condotta apertamente contraria al dovere di sana e prudente gestione di cui all’art. 3 cod. ass.” (§ 2.2.3);
colui il quale accetta il pagamento tardivo, senza nulla aggiungere, non tiene affatto una condotta inequivocabilmente dimostrativa della volontà di rinuncia alla sospensione degli effetti del contratto: infatti, “il solo silenzio che può produrre effetti giuridici è il silenzio circostanziato, cioè accompagnato dal compimento di atti o fatti che rendono inequivoco il significato del silenzio” (§ 2.2.4);
infine, se effettivamente si ritenesse che l’accettazione del pagamento tardivo del premio senza riserve, da parte dell’assicuratore, comporti sempre e comunque una tacita rinuncia a far valere l’inefficacia della polizza, l’art. 1901 c.c. non avrebbe alcun senso, poiché in ogni caso il contratto produrrebbe i suoi effetti. Paradossalmente sorgerebbe invece un onere di dichiarazione, in capo all’assicuratore, mediante cui dovrebbe essere precisato che i sinistri eventualmente occorsi, durante il periodo di sospensione della garanzia, non rientrano nel raggio di copertura della polizza (§ 2.2.5).
Una chiosa.
Rileva la Corte – come precisato al punto sub a) – che, nell’ambito del contratto di assicurazione, “l’equilibrio tecnico ed economico non si realizza nell’ambito di ogni singolo rapporto contrattuale, ma fra la totalità dei rischi assunti dall’assicuratore, e la totalità dei premi dovuti dagli assicurati (c.d. principio di comunione dei rischi)”: da questo punto di vista, l’effetto perturbativo dell’inadempimento dell’assicurato sull’economia complessiva dei rapporti assicurativi, relativi alla medesima classe di rischi assunti, impone un’applicazione rigorosa della disciplina di riferimento.
Gli è, tuttavia, che – come noto – la stessa Cassazione ha invece ammesso la possibilità di un sindacato, informato al principio di buona fede, sull’eccezione di sospensione discendente dall’applicazione della cd. clausola di ‘‘regolazione del premio’’, sovente introdotta nell’ambito delle garanzie di r.c. generale, per l’ipotesi in cui l’assicurato abbia omesso la comunicazione dei dati variabili (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 28 febbraio 2007, n. 4831; confermata, tra le altre, da Cass. civ., sez. III, 27 aprile 2015, n. 8486). Ebbene, nella divisata prospettiva di tutela dell’equilibrio dell’impresa assicurativa, in termini di solvibilità tecnica della medesima (cfr. in merito le limpide pagine di S. Graziadio, Equilibrio contrattuale ed equilibrio dell’impresa nelle assicurazioni private, in Dir. fisc. ass., 2012, p. 435 ss.), la concretizzazione della clausola generale deve necessariamente muovere da una valutazione circa l’entità della variazione e, pertanto, del conguaglio eventualmente dovuto: dunque, con specifico riguardo a quest’ultima particolare fattispecie, che presuppone che il premio sia stato regolarmente corrisposto al momento della conclusione del contratto – rimanendo pertanto estranea al raggio applicativo dell’art. 1901 c.c. – è da ritenersi che in tanto l’eccezione di sospensione della garanzia possa considerarsi legittimamente sollevata, in quanto nel caso concreto non ricorra un inadempimento “grave”, tale da pregiudicare con un certo grado di serietà l’esigenza di mantenere il fondo tecnicamente calcolato dall’impresa per assolvere i propri obblighi.