Rispetto al contratto di apertura di credito, la possibilità di operare una modifica nel senso di introdurre una commissione, calcolata in misura fissa o in percentuale sul valore dell’affidamento e che prescinda del tutto dalla sua utilizzazione, in tanto possa dirsi sussistente solo se ed in quanto il contratto già prevedesse una qualche forma di remunerazione del semplice servizio di messa a disposizione della somma, e non si limitasse, invece, ad imporre al cliente di pagare il corrispettivo, nella forma poi dell’interesse ovvero in altra misura forfetariamente definita, unicamente in relazione all’ipotesi di utilizzazione della disponibilità. Infatti, il potere di modifica unilaterale del contratto riconosciuto all’intermediario dall’art. 118 TUB, in quanto eccezione alla regola generale della immodificabilità del contratto senza il consenso di entrambe le parti, deve intendersi limitato alla possibilità di modificare clausole e condizioni – sia di carattere economico che di natura normativa – già esistenti, e non può spingersi sino al punto di introdurre clausole e condizioni del tutto nuove, tali da incidere in maniera sostanziale sull’equilibrio contrattuale, modificandone addirittura parzialmente la natura.
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