Muovendo da una recente decisione del tribunale di Milano, il contributo si confronta con il prodotto di mutuo «a risparmio edilizio» commercializzato in Italia, per raffrontarne le differenze con i suoi archetipi nati nel sistema tedesco, nonché le intrinseche criticità. Il contratto viene ritenuto dal tribunale immeritevole di tutela e perciò nullo. Detta nullità deriva dalla particolare conformazione del prodotto, la cui articolazione si snoda in due momenti: una prima provvisoria erogazione di denaro, che resta vincolata presso la banca fino a quando non viene raggiunta una (soglia di “fondi sufficienti” che attribuisce al cliente il diritto all’assegnazione del contratto di mutuo-risparmio, il quale, come secondo frammento dell’unica operazione economica, viene utilizzato per estinguere la precedente tranche, colla conseguenza che il cliente ottiene finalmente la disponibilità del danaro. La causa di nullità rimonta in particolare alla circostanza che, a seguito della prima erogazione, il cliente si impegna a corrispondere delle somme, qualificate formalmente come atti di risparmio ma in realtà caratterizzate dalla natura sostanziale di rate di ammortamento: nella sostanza delle cose, per la prima frazione temporale, il cliente adempie ad obblighi di restituzione comprensivi di interessi parametrati sempre sull’intero capitale, senza che però la banca effettui mai alcun ammortamento.
Moving from a recent decision of the Milan Court, the essay deals with the “building-savings” mortgage product marketed in Italy, to compare its differences with its archetypes born in the German law system. The Court states that the contract is void. The cause of nullity derives from the product’s particular conformation: a first provisional loan disbursement, which remains tied up with the bank until a threshold of “sufficient funds” is reached, giving the customer the right to the assignment of the loan-savings contract, which, as the second fragment of the single economic transaction, is used to pay off the previous tranche, with the consequence that the customer finally obtains the availability of the money. The cause of nullity arises in particular from the circumstance that, for the first fraction of time, the customer fulfills repayment obligations including interest always parameterized on the entire capital, but without the bank ever making any amortization.
Sommario: 1. Il c.d. contratto di risparmio edilizio e il nuovo approccio del Tribunale di Milano; 2. Struttura e funzione del Bausparvertrag; 3. Le varianti italiane: il contratto di risparmio edilizio c.d. puro; 4. (Segue) Il contratto di risparmio c.d. spurio.
1. Il c.d. contratto di risparmio edilizio e il nuovo approccio del Tribunale di Milano
E’ noto che, negli ultimi anni, l’offerta dei prestiti per la casa ha visto la comparsa di due varianti di un tipo di prodotto, il c.d. contratto di risparmio edilizio, presentato alla clientela come il replicante di uno schema di finanziamento originario della Germania e denominato Bausparvertrag[1].
E’ altrettanto risaputo che entrambe le versioni, rispettivamente la «pura» e la «spuria»[2], hanno già formato oggetto di attenzione da parte della nostra giurisprudenza (sia pure solo di merito), nonché di vari Collegi ABF[3] .
La pronuncia qui in commento[4] merita tuttavia un proprio spazio per il fatto di fissare per la prima volta il focus non su profili – per quanto importanti, pur sempre – specifici dell’affare, ma sulla struttura in sé della operazione (nel caso di specie, quella c.d. spuria), ovvero sulla sua articolazione complessiva come risultante in concreto dalla modulistica adoperata per l’immissione sul mercato italiano del prodotto in questione.
In effetti, preme segnalare fin da subito che, anche sulla base di quanto è dato evincere dalla sentenza in esame, un conto è misurarsi con la figura madre, come delineata dal legislatore tedesco con un intervento ad hoc, altro con le fattispecie «derivate» che sono state collocate nel nostro Paese[5].
2. Struttura e funzione del Bausparvertrag
Come già accennato, il c.d. contratto di risparmio edilizio trova in Germania non solo il modello primigenio, ma pure un principio di tipizzazione normativa. A quest’ultimo riguardo, viene in rilievo la legge sulle Casse di Risparmio edilizio – come novellata nel 1991 – e, in particolare, il par. 1 della stessa, che definisce il Bausparvertrag come il contratto mediante il quale il cliente, dopo aver effettuato depositi di risparmio edilizio, acquisisce il diritto ad ottenere un determinato finanziamento per l’acquisto di una abitazione[6].
A ben vedere, la peculiarità della figura appare ravvisabile nella adozione di un meccanismo volto a subordinare la concessione del mutuo per l’acquisto e/o ristrutturazione di un immobile ad uso abitativo al previo accumulo, da parte dello stesso soggetto aspirante al prestito, di una provvista suscettibile di coprire una parte (più o meno significativa) dell’importo richiesto.
Più precisamente, lo schema di tale prodotto si caratterizza per il fatto di prevedere che il cliente non consegua fin da subito il relativo numerario, ma, almeno per una prima fase del rapporto, sia tenuto a dare in favore della banca, corrispondendo una pluralità di versamenti, destinati a formare (unitamente agli interessi medio tempore riconosciute sulle somme consegnate) un deposito tendenzialmente vincolato all’ottenimento di un prestito per l’acquisto di un immobile residenziale. Il passaggio al secondo step della operazione si ha con la concessione di un finanziamento il cui ammontare viene determinato sulla base di una formula matematica (contrattualmente indicata) che tiene conto della entità delle somme depositate (maggiorate degli interessi medio tempore maturati) e della durata del periodo di accumulo, mentre gli altri elementi essenziali (durata e tasso di interessi) trovano definizione nella documentazione contrattuale originariamente sottoscritta. Naturalmente, la logica dell’affare implica che il montante dei risparmi accumulati (al lordo degli interessi) andrà scomputato dall’importo da restituire.
In definitiva, dal disposto normativo (soprattutto nella misura in cui viene riconosciuto in capo al cliente un diritto al prestito) esce delineata una figura complessa, che unifica due schemi contrattuali eterogenei (quella del deposito[7] di denaro e quella del mutuo) attraverso la previsione dell’obbligo in capo alla banca di fare credito, allorquando il completamento della fase di accumulo dei risparmi permette di procedere alla concessione del finanziamento. In altre termini, si profila un paradigma negoziale, che, lungi dal limitarsi a prefigurare l’eventualità di una consecuzione temporale tra i tipi contrattuali in cui si sostanziano le due tranches della operazione, aggiunge il quid pluris, costituito dall’obbligo ex contractu di fare credito: così configurandosi una realtà contrattuale nova dotata di una identità autonoma e distinta, rispetto ai singoli pezzi che la compongono[8].
Trattandosi di un prodotto presentato come diretto alla concessione di un prestito per l’acquisto o ristrutturazione di un immobile, il Bausparvertrag si presta senz’altro a rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva n. 2014/17 UE in materia di mutui residenziali. Non a caso, se è vero che la traditio della provvista in favore del cliente non è immediata ma forma oggetto di un obbligo succedaneo al regolare rispetto da parte di quest’ultimo del piano di accumulo originariamente congegnato, è altrettanto vero che lo stesso art. 4 della Direttiva appena richiamata raduna sotto la medesima egida “contratti di credito” i contratti attraverso cui il creditore rispettivamente concede o si impegna a concedere un prestito residenziale.
D’altro canto, la necessità del previo accumulo non appare incompatibile con l’asserita funzione creditizia della operazione; semmai, rendendo più probabile la capacità di rimborso del sovvenuto, finisce addirittura per agevolare l’obiettivo della erogazione di un credito sostenibile e l’assunzione di un debito responsabile.
A ciò potendosi aggiungere che, dal punto di vista del cliente, al perfezionamento della prima fase si lega la prospettiva di ottenere un mutuo a condizioni migliori rispetto a quelle di mercato. In effetti, se si abbandona l’ottica del singolo rapporto per abbracciare quella della massa delle operazioni dello stesso tipo, non può invero passare inosservato come la fase dell’accumulo offra al soggetto erogatore del credito un canale estremamente economico di approvvigionamento (di almeno una parte) della provvista necessaria per la concessione dei relativi finanziamenti: il tasso di interesse riconosciuto al sottoscrittore del prodotto sugli importi medio tempre versati essendo più contenuto rispetto al costo del denaro spuntabile sul mercato dei capitali. E’ pertanto verosimile ritenere che la fruizione di un simile vantaggio consenta alla banca di diminuire correlativamente la misura degli interessi compensativi a carico del prenditore del prestito, per accontentarsi di un tasso minore di quello generalmente praticato nel settore.
3. Le varianti italiane: il contratto di risparmio edilizio c.d. puro
Già si è rilevato come, anche nel nostro Paese, da qualche anno a questa parte, l’offerta di prestiti per la casa includa prodotti che si rifanno al modello del Bausparvertrag. Tuttavia, sussistono forti dubbi sulla effettiva corrispondenza delle strutture negoziali immesse sul mercato italiano alla nozione di affare indicata dal legislatore tedesco.
A venire in rilievo è anzitutto la c.d. variante pura, che deve il proprio nomen alla circostanza di essere presentata come schema a ricalco della figura madre.
In realtà, le cose sembrano atteggiarsi diversamente. Più precisamente, i moduli contrattuali destinati alla clientela italiana parrebbero disegnare il passaggio dall’una all’altra fase del rapporto come meramente eventuale; sicché verrebbero a mancare i presupposti per ravvisare in capo al sottoscrittore del prodotto – una volta completato regolarmente il piano di accumulo – proprio quel diritto alla erogazione del mutuo che costituisce, nella prospettiva della legge tedesca, l’elemento caratteristico dell’intera operazione.
A ben guardare, l’affievolimento della dimensione unitaria dell’affare (con correlativo smarrimento di una propria identità) risulta certificato anche da quella stessa giurisprudenza dei collegi ABF che riconosce, nel momento del transito dall’accumulo alla erogazione, la possibilità per la banca di compiere una normale istruttoria sulla capacità di rimborso del cliente, come tale insindacabile in caso di esito negativo[9]; laddove, nell’ipotesi di riconosciuta esistenza in capo alla banca di un pregresso obbligo di fare credito, la desistenza dal concedere il finanziamento sarebbe stata da considerare ammissibile esclusivamente in presenza di una giusta causa, ovvero – argomentando alla luce dell’art. 1822 c.c. – allorquando «le condizioni patrimoniali dell’altro contraente siano divenute tali da rendere notevolmente difficile la restituzione» e quindi, in buona sostanza, solo a condizione di fornire adeguata e circostanziata evidenza di un sopravvenuto grave deterioramento del merito creditizio del cliente rispetto al tempo di sottoscrizione del prodotto[10].
Va da sé che l’assenza del collante tra la fase dell’accumulo e quella della erogazione del finanziamento si rivela in grado di comportare non solo la derubricazione della seconda tranche a mera appendice ipotetica rimessa alla valutazione discrezionale della banca, ma pure l’impossibilità di riscontrare nel concreto quella figura complessa dotata di una propria autonomia concettuale rispetto ai singoli elementi che lo compongono e quindi meritevole di un nomen specifico.
Il vero è che, senza il medio costituito dall’impegno a concedere credito, il contratto di risparmio edilizio c.d. puro appare destinato a perdere la supposta funzione creditizia per risolversi nell’aliud costituito da una forma di deposito vincolato (se del caso) arricchita da qualche incentivo promozionale in ordine a un successivo prestito che, a proprio insindacabile giudizio, la banca dovesse venire a concedere in un tempo successivo.
Ora, non può tacersi che se fosse effettivamente questo il reale assetto dell’operazione, non pochi dubbi verrebbero a contornare la vicenda della sua immissione sul mercato, almeno per come è stata realizzata fino ad oggi.
Naturalmente, il fatto di proporre un semplice prodotto di raccolta del risparmio anziché contraddistinto da una valenza anche creditizia non avrebbe di per sé nulla di illecito[11]. Solo che la sua offerta, nel rivolgersi a soggetti qualificabili come consumatori, dovrebbe avvenire nel rispetto del principio della «informazione chiara e comprensibile» (cfr. art. 5, comma 3 Cod. cons.) che impone anzitutto di evitare fraintendimenti da parte della clientela in ordine alle finalità delle soluzioni sottoposte alla sua attenzione[12].
In caso contrario, è da ritenersi difficilmente contrastabile l’addebito di realizzare una tipologia di condotta altamente decettiva, suscettibile non soltanto di integrare una pratica commerciale scorretta (cfr. artt. 21 ss. Cod. cons.), ma anche di distorcere a tal punto il significato della operazione da far seriamente dubitare della possibilità di ravvisare il capo al sottoscrittore quel consenso consapevole recentemente assunto dalle Sezioni Unite a requisito di validità del contratto[13].
4. (Segue) Il contratto di risparmio edilizio c.d. spurio
Ancor più distante dall’archetipo tedesco si rivela l’ulteriore variante che ha preso piede in Italia. Il riferimento è alla figura del c.d. contratto di risparmio edilizio spurio, che si caratterizza per il fatto di consentire al cliente di richiedere, già al momento della sottoscrizione del prodotto, un finanziamento personale (il c.d. mutuo immediato), al fine di conseguire fin da subito la disponibilità della somma necessaria per l’acquisto o la ristrutturazione degli immobili, senza dover attendere il raggiungimento degli obiettivi di accumulo di capitale pattuiti.
Più nel dettaglio, tenuto conto di quanto asserito dal Tribunale di Milano nella pronuncia qui in commento, l’operazione appare descrivibile come la combinazione dei seguenti segmenti: erogazione di un mutuo (c.d. mutuo immediato) assistito da ipoteca[14]; pagamento alla banca di una somma mensile per interessi e di una somma mensile qualificata come risparmio edilizio; successiva erogazione di un ulteriore mutuo (c.d. mutuo definitivo o di assegnazione) ad estinzione del mutuo immediato e con imputazione della somma risparmiata a parziale ammortamento del prestito più recente; inizio dell’ammortamento, con pagamento di una rata mensile di importo uguale alla somma dei due precedenti pagamenti mensili, ma con applicazione di un tasso di interesse inferiore rispetto a quello del mutuo immediato e calcolato sul capitale a scalare.
Raccogliendo gli ulteriori frutti del lavoro ricostruttivo compiuto dal medesimo Giudice deve altresì aggiungersi che: i) con il mutuo c.d. definitivo non si ha alcuna erogazione di somme, ma solo un mutamento (in melius) del tasso di interesse e l’inizio dell’ammortamento; ii) il momento di assegnazione del mutuo c.d. definitivo si rivela contornato da vaghezza, risultando legato a una circostanza (la sufficienza di fondi ricevuti dalla comunità globale di coloro che hanno sottoscritto un contratto di risparmio edilizio con la banca collocatrice del prodotto) che prescinde dal regolare completamento del piano di accumulo concordato con il singolo cliente; iii) rilevato che il c.d. mutuo definitivo risulta destinato non all’acquisto o alla ristrutturazione di un immobile, bensì al rimborso di un prestito precedente (il c.d. mutuo immediato), le somme versate a risparmio –pur formalmente da imputarsi a parziale ammortamento del prestito più recente – sarebbero in realtà da considerare come quote di ammortamento del mutuo immediato; v) dall’inquadramento delle somme in accumulo come atti di risparmio discenderebbe l’effetto distorsivo che, rispetto al prestito immediato, l’ammortamento non avvenga tempo per tempo, ma solo a partire dalla assegnazione del mutuo definitivo, con la conseguenza che, per un periodo anche considerevole, il cliente si troverà a pagare interessi sull’intera somma originariamente erogata.
Ciò posto, se la variante c.d. pura suscita dubbi non in sé ma relativamente al modo con il quale viene proposta sul mercato, quella spuria si rivela discutibile già a livello di impianto strutturale[15].
A ben vedere, l’impressione che si trae dalla ricostruzione del prodotto appena riferita è che, una volta erogato il primo prestito, la sottoscrizione di un piano di accumulo perda il significato che riveste nell’ambito del Bausparvertrag, riducendosi a mero espediente per giustificare – attraverso l’imputazione dei versamenti eseguiti dal cliente a risparmio anziché a rimborso del capitale – il rinvio dell’ammortamento del mutuo immediato al tempo di assegnazione di quello definitivo.
In altre parole, nel prevedere una fase di accumulo malgrado l’intervenuta concessione del credito, la descrittiva dell’affare come evincibile dalla modulistica contrattuale verrebbe ad originare una sorta di scenario virtuale o «metaverso» avente come solo scopo quello di consentire alla banca di non ammortizzare il mutuo immediato malgrado l’incameramento delle quote di rimborso (fittiziamente rubricate come somme a risparmio) e quindi di continuare ad incassare per anni interessi sull’intera somma a suo tempo erogata.
Di fronte alla constatazione di un simile esito, appare inevitabile parlare, in uno con il Tribunale di Milano, di risultato abnorme, stante l’irragionevolezza (rectius l’assenza di idonea giustificazione causale) dell’idea che gli interessi rimangano inalterati sebbene si riduca l’ammontare cui essi fanno riferimento, trattandosi per l’appunto non di un dato autonomo, ma di una grandezza relativa al capitale, che si calcola moltiplicando l’importo di quest’ultimo per il relativo saggio.
Va pertanto condivisa la conclusione del medesimo Giudice di valutare in termini di non meritevolezza la clausola che prevede l’imputazione delle somme mensilmente dovute non ad ammortamento bensì a risparmio e conseguentemente, di dichiarare, ai sensi dell’art. 1419, comma 1 c.c., la nullità del prodotto nel suo intero complesso[16].
Del resto, non può passare inosservato come la c.d. la variante spuria conservi poco o niente della figura madre. In effetti, l’erogazione fin da subito del credito toglie spazio alla possibilità di considerarla un prodotto in grado di orientare pedagogicamente verso una propensione al risparmio e l’assunzione di un debito responsabile; mentre, con la previsione di un mutuo pluriennale non ammortizzabile, vengono pure meno le condizioni per parlare di soluzione vantaggiosa per il cliente.
[1] Il primo lavoro dedicato al contratto di risparmio edilizio si deve a M. Condemi, Il contratto di risparmio edilizio: un modello di di finanziamento di matrice tedesca abbisognevole di un più puntuale inquadramento giuridico, s.d., reperibile sul sito www.amministrazioneincammino.it. Successivamente, v. U, Minneci, Una forma di prestito per la casa di origine tedesca: il mutuo a risparmio, in Studi De Nova, III, Milano, 2015, 2077 ss.; M. Pistilli, La commissione di stipula del mutuo tra ABF e Bausparvertrag, in Persona merc., 2018, 48 ss.; M. Domenegotti, Il contratto di risparmio edilizio: struttura e aspetti giuridici connessi a un modello atipico di finanziamento, luglio 2019 in www.dirittobancario.it, B. Inzitari, Irripetibilità del diritto di stipula in caso di recesso od estinzione anticipata di contratti di risparmio edilizio, in Banca borsa tit. cred., 2021, II, 258 ss.; F. Onnis Cugia, Un controverso caso di legal transplant: il contratto di risparmio edilizio o bausparvertrag, in Giust. civ.com, 2021; F. Carbonetti, Contratto di risparmio edilizio e tutela del consumatore, in Dir. banca e merc. fin., 2021, I, 149 ss.
[2] Giova segnalare che il collocamento sul mercato italiano dei contratti di risparmio edilizio rimonta all’iniziativa di un unico operatore appartenente a un gruppo bancario tedesco; a venire in considerazione sono pertanto esclusivamente i prodotti congegnati dalle condizioni generali predisposte da tale soggetto.
[3] Per quanto concerne la giurisprudenza ordinaria, v. Trib. Ravenna, 1 agosto 2018, in www.ilcaso.it; Trib, Verona, 11 maggio 2020, in Banca borsa tit. cred., 2021, II, 250 ss. Con riguardo alle pronunce dei Collegi ABF, cfr. da ultimo Collegio Bari, dec. n. 7702/2021; nonché ex multis Coll. Coord., dec. n. 6173/2016 e dec. n. 15223/2019.
[4] Trib. Milano, 22 gennaio 2022, in www.dirittobancario.it.
[5] I moduli contrattuali offerti in sottoscrizione alla clientela italiana riproducono la clausola che identifica come lex contractus quella tedesca. A ridimensionare la portata del rinvio interviene peraltro il disposto dell’art. 3 della Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 (ratificata dall’Italia con l. 975/1984), il quale – statuendo che, nei casi in cui il contratto sia sottoposto, per scelta delle parti, a una legge straniera, tale circostanza non debba recare pregiudizio alle norme interne non derogabili dell’autonomia privata – appare idoneo a salvaguardare i presidi di tutela del nostro ordinamento, classificabili come imperativi: e, tra questi, in particolare gli strumenti di protezione di matrice consumeristica (cfr. art. 5 della Convenzione medesima), nonché le disposizioni in tema di trasparenza bancaria, sempre che si acceda – come appare corretto – alla tesi del carattere inderogabile dello stesse (cfr. ABF Napoli, 15 novembre 2013, n. 5806).
[6] Scendendo più nel dettaglio, il par. 1 della legge citata nel testo definisce le Casse di risparmio come «istituti di credito, la cui attività commerciale è orientata a ricevere depositi da risparmiatori edilizi (depositi di risparmio edilizio) e concedere ai risparmiatori edilizi, dagli importi accumulati, mutui finanziari (mutui di risparmio edilizio) per misure economiche abitative (operazioni di risparmio edilizio)». Precisato che «le operazioni di risparmio edilizio possono essere svolte esclusivamente dalle casse di risparmio edilizio», la norma prosegue aggiungendo che il contratto di risparmio edilizio è quello mediante il quale il cliente «dopo avere effettuato depositi di risparmio edilizio, acquisisce il diritto di ottenere un mutuo di risparmio edilizio».
[7] Ad avviso di F. Onnis Cugia, Un controverso caso di legal transplant, cit., 6 per la prima fase sarebbe preferibile l’accostamento al contratto di capitalizzazione di cui all’art. 179 cod. ass.
[8] In termini simili, F. Carbonetti, Contratto di risparmio edilizio, cit., 160, secondo cui il contratto di risparmio edilizio sarebbe un contratto misto che combina un contratto di deposito con un contratto preliminare unilaterale di mutuo. A sua volta B. Inzitari, Irripetibilità del diritto di stipula, cit., 261 rileva che «attraverso il contratto di risparmio edilizio il cliente – raggiunto l’ammontare previsto del risparmio accumulato – acquista il diritto, riconducibile all’opzione, di ottenere dalla banca la concessione di un mutuo per l’acquisto di un immobile ad uso abitativo, a condizioni predeterminate, consentendo pertanto al sovvenuto di costruire il piano di risparmio destinato all’investimento immobiliare in condizioni di certezza e di affidabilità, anche per contrastare eventuali condizioni avverse che si fossero create nel mercato».
[9] Così ABF Roma, decisione n. 276/2014, n. 276. Costituisce invero un principio tradizionale quello secondo cui, in difetto di un previo obbligo di fare credito, il rifiuto della concessione del finanziamento sarebbe coperto dall’autonomia di impresa e quindi, come tale, non sarebbe sindacabile, se non nei limiti della sua conformità a correttezza e buona fede.
[10] Più precisamente, può ben concedersi che, prima della erogazione del mutuo, l’intermediario creditizio esegua una valutazione aggiornata del merito creditizio del cliente; anzi a dire la verità sarebbe tenuto a farlo se non altro in ragione del principio di sana e prudente gestione. Solo che, per effetto della esistenza di un obbligo di fare credito, tale verifica potrà condurre a un diniego del prestito solo in presenza di una giusta causa, ovvero (in conformità al disposto dell’art. 1822 c.c.) fornendo evidenza di un fatto sopravvenuto (oggettivamente verificabile), in grado di aggravare realmente la misura del rischio di rientro come ravvisabile al tempo della sottoscrizione del contratto. In altri termini, è da ritenersi fondamentale la valutazione comparativa tra il momento della sottoscrizione del prodotto e quello in cui l’erogazione del prestito dovrebbe avere luogo. Di avviso contrario F. Carbonetti, Contratto di risparmio edilizio, cit., 161 sul presupposto che, nel contratto di risparmio edilizio, la distanza temporale tra i due atti sarebbe così lunga che la valutazione di solvibilità del cliente non potrebbe che essere fatta solo al momento della richiesta di erogazione del mutuo. E’ pero evidente che se quanto appena riferito fosse vero, non avrebbe alcun senso parlare di obbligo di fare credito e quindi non resterebbe che prendere atto di trovarsi di fronte a una descrittiva fuorviante dell’oggetto del contratto.
[11] Naturalmente, la struttura della operazione ravvisabile nel concreto è destinata ad incidere sulla soluzione dei problemi specifici. Così è da dire ad esempio per la dibattuta questione della legittimità della clausola che autorizza l’intermediario creditizio a scomputare e a trattenere una determinata somma, a titolo di “diritto di stipula”, rispetto al montante da restituire al cliente, in esito alla manifestazione da parte di quest’ultimo della volontà di recedere dal rapporto con la fase di accumulo ancora in corso. Appare invero di intuitiva evidenza come una voce siffatta possa avere un senso nell’ipotesi in cui si abbia un genuino Bausparvertrag (prestandosi ad essere considerata come il corrispettivo per l’istruttoria svolta prima della sottoscrizione del contratto o, alternativamente, del diritto alla concessione del finanziamento al termine della prima fase del rapporto); mentre si rivela priva di giustificazione, allorquando l’erogazione del successivo prestito risulti soltanto eventuale (lo svolgimento dell’attività istruttoria essendo rinviata al momento dell’ipotetico passaggio oppure mancando una opzione da remunerare). Per il condivisibile suggerimento di affrontare le singoli questioni muovendo da una ricostruzione complessiva della figura del contratto di risparmio edilizio anziché adottando un approccio istologico diretto a spacchettare e disassemblare la fattispecie, cfr. M. Pistilli, La commissione di stipula, cit., 50.
[12] Cfr. G. Mucciarone, La trasparenza bancaria, in Trattato dei contratti diretto da V. Roppo, V, Milano, 2014, 703.
[13] Il riferimento è naturalmente alla pronuncia n. 8770 del 12 maggio 2020 reperibile sul sito www.dirittobancario.it., con le quali le Sezioni Unite hanno elevato l’indicazione nel regolamento contrattuale del mark to market e degli scenari probabilistici a requisito di validità del contratto di interest rate swap, in quanto elementi necessari per consentire al cliente di assumere una scelta consapevole in ordine alla sottoscrizione del derivato. La decisione ha immediatamente suscitato l’interesse della dottrina: per alcuni primi commenti, v. S. Pagliantini, Dopo le S.U. 8770/2020: i derivati (della P.A.?) e il paradosso di San Pietroburgo, in Riv. dir. banc., 2020, 123 ss.; M. Anolli – A. Perrone, La giurisprudenza italiana sui contratti derivati. Un’analisi interdisciplinare, in Riv. dir. banc. 2020, p. 205 ss; A. Sciarrone Alibrandi, Causa variabile e causa meritevole dei derivati, giugno 2020, in www.dirittobancario.it .
[14] Ad avviso di M. Domenegotti, Il contratto di risparmio edilizio, cit., 19, l’atto di concessione di ipoteca – recando anche la dichiarazione con il quale il cliente riconosce di essere debitore delle somme ricevute – potrebbe essere ritenuto idoneo a fungere da titolo esecutivo per il recupero degli importi erogati con il mutuo immediato, malgrado quest’ultimo venga normalmente concluso sulla base di una semplice scrittura privata.
[15] Il che non esclude che la variante in esame presenti delle criticità anche in punto di reale consapevolezza del cliente rispetto al tipo di operazione realizzata. Basti pensare che un prodotto proposto come creditizio finisce in realtà per atteggiarsi come aleatorio, se non addirittura speculativo, nel momento in cui la concessione del mutuo definitivo viene ad essere subordinata alla circostanza estrinseca costituita dalla sufficienza dei fondi ricevuti dalla comunità globale dei sottoscrittori di tale contratto. Nel decidere una vicenda analoga, il Tribunale di Ravenna, cit., rimprovera alla banca di avere agito in modo scorretto, senza rendere edotto il cliente del contenuto dell’’accordo concluso, perché altrimenti «autolesionismo a parte» nessuno avrebbe optato «per un versamento con una resa del 2% annuo da una parte e con un finanziamento dall’altra nettamente più oneroso».
[16] Sulla propagazione della nullità di una parte al tutto e in particolare sulle modalità particolari del giudizio di essenzialità richiesto dall’art. 1419 c.c. quando si tratti di un contratto di impresa, vd. proprio di recente A.A. Dolmetta, Fideiussioni bancarie e normativa antitrust: l’urgenza della tutela reale; la qualità della tutela reale, in Riv. dir. banc., 2022, 1 ss. In effetti, scontata appare la valenza condizionante della clausola censurata dal punto di vista della banca, dal momento che è stata proprio quest’ultima a confezionare il prodotto in esame. Quanto al versante opposto, occorre rilevare che, trattandosi di condizioni generali di contratto, il cliente «si limita ad aderire al modello che gli viene proposto dalla banca, senza venire a discutere le singole clausole che lo compongono e a farle oggetto di trattativa individuale» (così l’Autore appena richiamato, cit., 20). A ciò potendosi aggiungere l’assenza di reali alternative sul mercato, stante la situazione di monopolio che, nei fatti, ha contraddistinto l’offerta del prodotto del contratto di risparmio edilizio.