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Attualità

Il creditore risponde ex art. 2043 c.c. per l’iscrizione di ipoteca giudiziale eccessiva?

28 Febbraio 2022

Angelo Chianale, Professore Ordinario di Diritto Civile all’Università di Torino, Notaio in Torino

Di cosa si parla in questo articolo

1. Il caso

La risposta di Cass., 13 dicembre 2021, n. 39441, è decisamente affermativa. L’ordinanza compie un passo importante verso l’affermazione di un principio generale di proporzionalità dell’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.

Nel caso deciso la banca creditrice aveva iscritto un’ipoteca giudiziale per tutelare un credito di circa euro 110.000 su immobili del fideiussore aventi valore complessivo di addirittura circa euro 30.000.000. Nel giudizio di merito il garante chiedeva (oltre alla riduzione delle iscrizioni) il risarcimento del danno per responsabilità aquiliana della banca, in quanto l’iscrizione aveva bloccato un finanziamento in corso di erogazione, aveva intaccato gravemente il merito creditizio del garante e aveva provocato ulteriori iscrizioni da parte di altre banche.

Nel giudizio di merito la richiesta di risarcimento dei danni viene rigettata, tra l’altro per mancata prova dell’esistenza del danno.

La Cassazione annulla la sentenza di appello e afferma la piena configurabilità della responsabilità ex art. 2043 c.c. in capo alla banca iscrivente ipoteca eccessiva.

2. I precedenti

L’ordinanza in esame supera consapevolmente la regola sinora applicata dalla giurisprudenza.

E’ noto che la descrizione tradizionale consente al creditore munito di condanna esecutiva (incluso un decreto ingiuntivo ottenuto inaudita altera parte) di iscrivere ipoteca su tutti i beni immobili di proprietà del debitore, presenti e futuri: parafrasando l’art. 2740 c.c., a seguito della condanna il debitore risponde con tutti i suoi immobili, con prelazione a favore del singolo creditore, determinata dal grado dell’iscrizione[1]. Inoltre l’ammontare dell’ipoteca, qualora la sentenza di condanna non sia per una somma già liquidata, viene liberamente fissato dal creditore (art. 2838 c.c.).

Sul piano pratico il debitore può vedere paralizzata la circolazione giuridica del proprio patrimonio immobiliare e la sua idoneità a garantire ulteriore credito, anche a fronte di condanne per debiti di scarso rilievo (proprio come avvenuto nel caso in esame). L’iscrizione di ipoteca può rivelarsi deleteria par il debitore che eserciti attività di impresa, provocando la decadenza dal termine per i finanziamenti in corso e la loro conseguente immediata revoca, con automatica apertura delle prospettive concorsuali. L’unico rimedio per alleviare il pregiudizio subìto dal debitore è dato dall’azione per la riduzione dell’ipoteca, che opera a posteriori mediante un procedimento contenzioso e di notevole durata.

Sinora la giurisprudenza ha sempre negato la responsabilità per illecito aquiliano ex art. 2043 c.c. in capo al creditore che ecceda nell’iscrizione dell’ipoteca giudiziale[2].

Soltanto nel 2016 la Cassazione ha richiamato l’abuso del diritto per limitare il potere del creditore di iscrivere ipoteca giudiziale: incorre in responsabilità ex art. 96, comma 2, c.p.c. qualora si accerti l’inesistenza del credito garantito, il creditore che «non ha usato la normale diligenza nell’iscrivere ipoteca sui beni per un valore proporzionato rispetto al credito garantito»[3]. Il parametro di proporzionalità si rinviene nelle norme sulla riduzione dell’ipoteca e consiste nel valore dei beni eccedente di un terzo il credito vantato. La Corte invoca il principio costituzionale del giusto processo, che impedisce l’utilizzazione di uno strumento processuale – al quale viene ricondotta anche l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale – oltre lo scopo previsto dalla legge, configurandosi in caso contrario appunto un abuso del diritto. Questa soluzione presuppone la soccombenza del creditore nell’azione di esercizio del credito.

3. La nuova regola

La situazione era pronta per un’evoluzione ulteriore: la responsabilità processuale del creditore è suscettibile di ulteriore espansione, con ricorso alla generale regola dell’art. 2043 c.c., una volta che si ritenga di imporre al creditore il rispetto di limiti quantitativi tra cautela ipotecaria e credito vantato.

Ora Cass. 39441/2021 giudica un caso paradigmatico e compie il passo necessario, unendo due linee evolutive alla fine convergenti:

– da un lato, per l’iscrizione di ipoteca giudiziale eccessiva, la Cassazione spezza il collegamento con la condotta processuale: essa segue l’insegnamento di Cass., Sez. Un., 23 marzo 2011, n. 6597 (caso di trascrizione illegittima), che abbandona la precedente giurisprudenza di legittimità e permette il concorso, in quanto compatibile, tra la speciale responsabilità processuale prevista dall’art. 96 c.p.c. e la disciplina generale dell’illecito civile di cui all’art. 2043 c.c.;

– d’altro lato, così recuperato il rimedio di carattere generale della responsabilità aquiliana dell’art. 2043 c.c., l’ordinanza qualifica l’iscrizione di ipoteca giudiziale eccessiva come «condotta imprudente o negligente o contraria a buona fede o correttezza o abusiva del creditore … sul piano dei sostanziali rapporti della vita comune di relazione»;

– d’altro lato ancora la Cassazione introduce nel sistema della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c. e nelle correlate prelazioni creditorie, destinate ad alterare la par condicio creditorum, la necessaria proporzionalità tra credito e garanzia reale «non potendo dirsi al creditore attribuito il potere di iscrivere ipoteca sui beni del debitore senza alcun limite di continenza o proporzionalità della cautela».

In senso contrario, secondo l’ordinanza in esame, non si può invocare l’art. 2828 c.c., che si limita a riconoscere la facoltà di iscrivere l’ipoteca giudiziale su qualunque bene del debitore senza nulla stabilire circa estensione e somma dell’iscrizione. Neppure si possono invocare le norme concernenti la riduzione delle ipoteche poiché esse si limitano unicamente a regolare la procedura di riduzione.

Resta da capire a quale parametro quantitativo il giudice possa rivolgersi. La Corte riprende Cass. 6533/2016 che ritiene presente l’abuso della garanzia patrimoniale in danno del debitore se si accerta un valore sproporzionato rispetto al credito garantito secondo i parametri previsti dagli artt. 2875 e 2876 c.c. Essa inoltre chiarisce i termini del raffronto: occorre «la necessaria correlazione tra credito, importo iscritto e valore dei beni, dovendo conseguentemente procedersi all’iscrizione di ipoteca sui beni immobili del debitore in ragione del rapporto del valore degli stessi con la cautela riconosciuta».

Quindi il creditore è libero di scegliere i beni da ipotecare, ma l’iscrizione non può colpire beni che superino di un terzo il credito garantito. Pertanto sul creditore, prima di iscrivere l’ipoteca giudiziale, grava l’onere di verificare il valore di mercato dei beni ipotecati.

4. Il profilo del danno

Il problema diventa allora l’accertamento e la quantificazione del danno derivante da iscrizione eccessiva.

La Cassazione indica un chiaro iter per le future sentenze di merito.

In primo luogo essa ricorda che il danno è risarcibile in quanto causalmente derivante dall’evento dannoso alla stregua del criterio non già dell’assoluta certezza del nesso causale, bensì del “più probabile che non” (v. Cass., 20 novembre 2018, n. 29829). Pertanto si esime il debitore dal provare analiticamente il nesso causa-effetto tra l’iscrizione eccessiva e le conseguenze negative subite.

In secondo luogo la corte ricorda il principio secondo cui la valutazione del danno da perdita di chance è necessariamente equitativa (v. Cass., 9 marzo 2018, n. 5641). Pertanto il debitore, che per l’iscrizione dell’ipoteca eccessiva abbia perso occasioni di vendita dei beni, neppure deve provare l’ammontare del danno subìto.

 

[1] Cfr. CHIANALE, L’ipoteca, 4° ed., Assago, 2021, 390 ss.

[2] Cfr. Cass. 29 settembre 1999, n. 10771, in Nuova giur. comm., 2000, I, 617 ss., con nota di Busani, Responsabilità del creditore per eccessiva iscrizione ipotecaria su beni del debitore; Cass. 4 aprile 2001, n. 4968, in Giur. it., 2002, 270, con nota di Foschini; Cass. 7 maggio 2007, n. 10299, e Cass. 24 luglio 2007, n. 16308; parimenti esclude l’illecito aquiliano App. Palermo, 15.2.2017.

[3] Cass. 5 aprile 2016, n. 6533, in Nuova giur. comm., 2016, 1183 ss., con nota di Bellomia, Nuove prospettive in tema di ipoteca giudiziale eccessiva e responsabilità aggravate del creditore, in Giur. it., 2016, 2103 ss., con nota di Amendolagine, Quando il creditore può incorrere nell’abuso della garanzia patrimoniale del debitore, in Rass. dir. civ., 2017, 287 ss., con nota di Giova, La responsabilità del creditore per l’iscrizione d’ipoteca giudiziale sproporzionata; in tema cfr. poi Achille, Eccesso di iscrizione ipotecaria e “principio” di proporzionalità delle garanzie rispetto al credito, in Riv. dir. civ., 2018, II, 460 ss. La soluzione segue le linee interpretative esposte da Giova, Principio di proporzionalità e garanzia ipotecaria, in Rass. dir. civ., 2012, 391 ss. Di recente il principio di proporzionalità viene esteso anche all’ipoteca volontaria: in tema v. Angelone, Interferenze tra ragionevolezza, proporzionalità e buona fede in tema di garanzie, in A.V., Ragionevolezza e proporzionalità nel diritto contemporaneo, a cura di G. Perlingieri e Fachechi, Napoli, 2017, 73 ss. Peraltro merita accogliere l’equilibrata valutazione del tema presentata da Pagliantini, Responsabilità patrimoniale e proporzionalità: vademecum minimo per l’uso, in Eur. e dir. priv., 2018, 891 ss., che a tutto concedere indica la censura di incostituzionalità dell’art. 2873 c.c. quale unica via per la prevalenza della proporzionalità rispetto all’ipoteca volontaria.

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