L’art. 3 della legge n. 126/2008 (D.L. 93/2008) – il quale contempla la possibilità di rinegoziare i mutui a tasso variabile per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell’abitazione principale – assicura la riduzione dell’importo delle rate soltanto “ad un ammontare pari a quello della rata che si ottiene applicando all’importo originario del mutuo il tasso di interesse come risultante dalla media aritmetica dei tassi applicati ai sensi del contratto nell’anno 2006”, ferma restando la possibilità per le banche e gli intermediari aderenti di offrire alla clientela interessata condizioni migliorative. E’ obiettivamente fuori di tale previsione la specifica pretesa di c.d. riscadenzamento dei mutui che occupano (con ipotizzata duplicazione dei termini temporali della restituzione e tendenzialmente inversa proporzione, dunque, nella modifica delle singole frazioni dell’importo restituendo), in ordine alla quale la libertà di rinegoziazione della banca appare intangibile e, dunque, non sindacabile nell’an, all’esito, il rifiuto che ha opposto ad accedervi.
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