Con la sentenza de qua la Corte di Cassazione conferma il proprio orientamento che nega la legittimazione del socio di società a responsabilità limitata ad impugnare i provvedimenti relativi al sequestro preventivo dei beni aziendali di titolarità della società.
La Corte evidenzia infatti che l’art. 322, comma 1°, cod. proc. pen. attribuisce la legittimazione ad impugnare il decreto di sequestro all’imputato, al suo difensore, alla persona le cui cose sono state sequestrate e a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, mentre l’art. 568, comma 4°, cod. proc. pen. richiede in via generale un interesse per la proposizione delle impugnazioni. In capo al singolo socio, chiarisce la S.C., non è tuttavia possibile individuare alcun «interesse concreto ed attuale, non vantando egli un diritto alla restituzione della cosa o di parte della somma equivalente al valore delle quote di sua proprietà, quale effetto immediato e diretto del dissequestro» (Cass. 4 aprile 2019, n. 29663).
La società costituisce infatti un soggetto dotato di un’autonomia giuridica distinta delle persone dei soci e, pertanto, «[l]a legittimazione ad impugnare il provvedimento ablatorio spetta unicamente al legale rappresentante dell’ente e non anche ai soci, i quali non hanno una titolarità giuridica qualificata potendo al più vantare una mera disponibilità indiretta e di fatto sui beni societari» (Cass. 19 marzo 2019, n. 16860).