1.- Nella fattispecie esaminata dalla decisione in commento vengono in questione tre distinte polizze di assicurazioni. Una imperniata sul credito, come segnatamente intesa a coprire dai rischi di «malattia, morte e invalidità totale e permanente» del cliente finanziato. Le altre due concernenti invece il bene verso il cui acquisto è stato espressamente indirizzato il finanziamento: «Gap Più» e «Valore Sereno», per l’esattezza, nel concreto poste a copertura di «furto, incendio, distruzione per danno totale, eventi naturali e socio-politici, assistenza, tutela giudiziaria, rottura cristalli e Kasko» della vettura che, per l’appunto, è così comperata.
Dal canto suo, la discussione verte sull’eventuale usurarietà dell’operazione: contando anche le somme di cui al secondo gruppo di assicurazioni, in effetti, il carico economico gravante sul cliente finisce per andare a superare il limite massimo stabilito da legge e regolamenti. A difesa del proprio operato, l’intermediario afferma in specie che, «in ottemperanza alle disposizioni legislative vigenti», non ha ricompreso nel conto le voci relative alle due polizze sul bene, in quanto «coperture assicurative facoltative».
Adottando l’opposta soluzione (: dichiarata la natura usuraria l’operazione, la decisione accerta la nullità ex art. 1815 comma 2 c.c. delle «clausole che stabiliscono gli interessi applicati al contratto di finanziamento di cui trattasi»), l’Arbitro ritiene «non condivisibile» il rilievo svolto dall’intermediario; questo sulla base del ragionamento qui di seguito riferito.
La circostanza, che le due polizze relative al bene acquisito a mezzo del finanziamento risultino espressamente annoverate nello «schema contrattuale predisposto [dall’intermediario] tra quelle che compongono le “condizioni economiche” del credito finalizzato», viene stimata dal Collegio indice «evidente» della sussistenza di un «collegamento negoziale fra il contratto di finanziamento e le polizze». Risulta poi «pacificamente ammessa» – rileva altresì il detto Collegio – la circostanza della «contestualità della conclusione dei contratti aventi a oggetto i servizi assicurativi rispetto alla concessione del finanziamento: che tale è il «requisito indicato dalle … Istruzioni della Banca d’Italia» in proposito. Del resto, annota ancora il Collegio1, la prescrizione dell’art. 644, comma 4, c.p. si manifesta «prescrizione» particolarmente «rigorosa» (stabilendo la rilevanza di tutte le spese «collegate all’erogazione del credito», eccettuate solo quelle «per imposte e tasse»).
2.- La decisione appena riassunta si manifesta, per la verità, di importanza sicura. Per due distinte ragioni. La prima si sostanzia nel suo proporre un approccio non frequente, a livello di decisioni dell’Arbitro, al tema dell’inclusione delle polizze assicurative nel conto dell’eventuale usurarietà dell’operazione. La seconda sta nel modo (aperto, per così dire) in cui essa viene a leggere e interpretare uno degli aspetti contenutistici delle Istruzioni che la Banca d’Italia ha emanato in materia (v. il n. 3).
Per quanto riguarda il primo punto – che attiene alla contestualità della polizza all’accensione del mutuo2 -, è opportuno ricordare la decisione di Collegio Roma n. 1419/2012 per cui, «secondo l’interpretazione più accreditata della norma, le spese assicurative rappresentano una componente del costo del finanziamento e devono essere incluse nel conteggio del Tasso annuo effettivo globale, quando sono considerate obbligatorie dal creditore. Ove invece queste siano meramente facoltative, non concorrono al suddetto calcolo». Si veda, inoltre, l’altra decisione del Collegio Roma, n. 2981/2012, per quanto questa risulti orientata su una linea prospettica già meno rigida e lignea della precedente: «le circostanze che (i) la dichiarazione contrattuale sottoscritta dal cliente sia contenuta in condizioni generali di contratto predisposte dall’intermediario; (ii) le tre polizze assicurative siano stipulate per il tramite e nell’interesse sostanziale del finanziatore (che figura, non a caso, come “beneficiario” della polizza stipulata per il caso di decesso dell’assicurato); e che (iii) almeno una delle compagnie assicuratrici faccia parte del medesimo gruppo a cui appartiene l’intermediario, [tutte queste cose nel loro insieme] lasciano presumere che non vi sia stata alcuna iniziativa autonoma e spontanea da parte del cliente, il quale probabilmente si era indotto a sottoscrivere le polizze perché gli si era lasciato intendere che, in difetto di sottoscrizione, il finanziamento non sarebbe stato erogato»3.
Compulsando queste decisioni, emerge dunque come il requisito della contestualità alla stipulazione del contratto di finanziamento spesso non sia preso in considerazione ai fini del calcolo del TEG, valutandosi piuttosto la presenza, o meno, del requisito della c.d. obbligatorietà della polizza medesima. Pur se poi risulta variamente intesa questa nozione di «obbligatorietà»: tra la condizione formalmente imposta dalla banca e la semplice induzione di fatto (v. appena sopra).
E’ da notare, peraltro, come il riferimento alla contestualità di cui appunto alla decisione in esame, per certi versi almeno si ponga – più che come salto di criterio discretivo – come sorta di passaggio evolutivo rispetto alla soluzione dell’obbligatorietà intesa quale mero fatto induttivo. Nel senso che la contestualità di manifesta, in buona sostanza, come una semplice decolorazione di quest’ultima: l’induzione venendo a essere rappresentata, infine, dalla stessa concomitanza in atti tra stipula dell’assicurazione stipula del mutuo: concomitanza, si può forse aggiungere, che non è solo temporale, ma pure di contesto e di soggetti (: la banca proponendo entrambi i prodotti). Una concomitanza, si potrebbe anche definire, di tipo «circostanziale».
3.- Se per il profilo appena considerato la decisione non si distacca dalle vigenti Istruzioni della Banca d’Italia (che infatti apprezza la contestualità nei termini di vicenda equivalente a quella dell’obbligatorietà)4, lo stesso non può dirsi ove essa sia assunta invece da un diverso angolo prospettico. Che emerge netto non appena alla constatazione che – delle tre polizze prese in considerazione – due riguardavano il bene acquistato dalla cliente a mezzo del finanziamento si aggiunga quella per cui su tale bene (: un’autovettura) non venivano a gravare particolari diritti di garanzia a favore della banca (per quanto noto, almeno).
Nel campo delle spese assicurative, che riguardano (non la persona del debitore, ma) un bene specifico e che vanno calcolate nel conto dell’usura, le Istruzioni giungono ad includere quelle intese a «tutelare i diritti del creditore», in quanto relative «ad esempio» a «polizze per furto e incendio sui beni concessi in leasing o in ipoteca». Insomma, il riferimento delle Istruzioni è polarizzato sulla protezione assicurativa dei beni che risultano gravati da specifiche garanzie reali (dominicali o di prelazione, che le stesse siano).
Pur nell’assenza di un diritto reale della banca sul bene, su cui gravitino le coperture assicurative e al cui acquisto il finanziamento è diretto, la presente decisione dell’Arbitro ritiene le polizze inerenti all’operazione di credito e al complessivo carico economico che dalla concreta stipulazione della medesima viene a conseguire per il cliente.
Nel dichiarare la usurarietà e «nullità delle clausole che stabiliscono gli interessi applicati al contratto di finanziamento», l’ABF adotta un’interpretazione sistematica, orientata alla protezione della cliente (al favor clientis), delle condizioni economiche dello schema contrattuale, nelle quali le spese assicurative relative al bene sono collocate, che consente di inserire quest’ultime nel costo complessivo dell’operazione. Questa prospettiva ermeneutica ha come base normativa – si può osservare – la disposizione dell’art. 127, comma 2, T.U.B., nella quale è rinvenibile la base di un canone interpretativo improntato proprio al principio di protezione del cliente5, derivante dall’immanenza (necessaria, per così dire) nel settore bancario della clausola di buona fede. Bisogna quindi rammentare che anche la nullità prevista dall’art. 1815, comma 2, c.c. è «provvista» della natura di nullità di protezione.
Questa interpretazione permetterebbe di colpire le condotte che mirano ad aumentare in modo esoso il peso remunerativo che spetta alla banca, in apparenza parzialmente coperto dal velo di un servizio (qual è la copertura assicurativa di «furto, incendio, distruzione per danno totale, eventi naturali e socio-politici, assistenza, tutela giudiziaria, rottura cristalli e kasco») che questa fornisce al cliente. Un servizio che non ha nulla a che vedere con il credito finalizzato all’acquisto di un’automobile. La banca, nel caso di specie, aveva proposto alla cliente un prodotto che, per le sue intrinseche caratteristiche, sta propriamente fuori dall’alveo del prodotto bancario. A ben vedere, le due polizze, che concernono il bene (non gravato, però, da garanzia reale), sono state proposte dall’intermediario in una sede – in un contesto, meglio – che non può ritenersi idoneo alla loro stipulazione: nella proposta delle coperture assicurative medesime, è possibile cogliere, cioè, una sorta di «approfittamento dell’occasione» da parte della banca: per l’appunto intesa a sfruttare quell’impropria concomitanza di contesto di cui si èappena fatto cenno.
Riccardo Scagliotti
1
Che pure annota: «si tratta, inoltre, di contratti rientranti nell’usuale schema delle polizze collettive, basate su convenzioni dirette fra ente finanziatore e società di assicurazione, cui il cliente è chiamato a prestare adesione e i cui costi sono inclusi nel capitale anticipato».
2
E’ peraltro da segnalare – quale altro precedente nel senso della rilevanza della contestualità – la decisione a del Collegio Roma n. 1834/2011, secondo la quale: «nella specie, l’assicurazione stipulata dal ricorrente, pur non risultando obbligatoria, presenta tuttavia il suddetto carattere di contestualità (essendo stata stipulata contestualmente alla sottoscrizione del contratto di finanziamento): ciò comporta dunque la necessità di includerne il costo nel calcolo del tasso annuo effettivo globale.». Dal contesto di tale decisione non si desume (come invece è possibile per quella qui annotata) quale sia stato, in fattispecie, l’oggetto della contratta assicurazione.
3
Per la giurisprudenza, è da richiamare specialmente la recente sentenza Corte d’Appello di Milano n. 3283, per cui «la determinazione del tasso ai fini della indagine sull’usura deve essere condotta tenendo conto di commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse solo quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. Ritiene la Corte che, in tale prospettiva, debba essere ricompresa, nel calcolo del tasso praticato, anche la polizza assicurativa finalizzata alla garanzia del rimborso del mutuo, atteso che essa è condizione necessaria per l’erogazione del credito ed attesa, altresì, la sua natura remunerativa, sia pure in via indiretta, per il mutuante».
4
Le Istruzioni della Banca d’Italia dell’agosto del 2009 specificano che al fine del calcolo dei TEG bisogna considerare, in particolare, oltre alla commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito, anche «le spese per assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito ovvero a tutelare altrimenti i diritti del creditore (ad es. polizze per furto e incendio sui beni concessi in leasing o in ipoteca), se la conclusione del contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo è contestuale alla concessione del finanziamento ovvero obbligatoria per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte, indipendentemente dal fatto che la polizza venga stipulata per il tramite del finanziatore o direttamente dal cliente».
5
Il presupposto di questa lettura è dato dalla fondamentale e concreta disparità tra la posizione del cliente e quella della banca, le cui condizioni non possono essere trattate in modo equivalente.