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Dossier

Le segnalazioni dei prefetti all’Abf e l’obbligo di far credito

8 Gennaio 2014

Valentina Vitali

1.- L’articolo 27-bis, comma 1-quinquies, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, come modificato dal decreto legge 24 marzo 2012, n. 29, convertito con modificazioni dalla legge 18 maggio 2012, n. 62, ha introdotto la seguente previsione: «Ove lo ritenga necessario e motivato il prefetto segnala all’Arbitro Bancario Finanziario, istituito ai sensi dell’art. 128- bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385 specifiche problematiche relative ad operazioni e servizi bancari e finanziari. La segnalazione avviene a seguito di istanza del cliente in forma riservata e dopo che il prefetto ha invitato la banca in questione, previa informativa sul merito dell’istanza, a fornire una risposta argomentata sulla meritevolezza del credito. L’arbitro si pronuncia non oltre 30 giorni dalla segnalazione».

La disposizione appena riferita introduce una speciale forma d’accesso all’Arbitro bancario e finanziario, che si differenza dalla procedura ordinaria sotto tre versanti. Il primo, e più importante, tratto disciplinare è costituito dalla legittimazione del prefetto alla «segnalazione» di quelle operazioni dalle quali emergano «specifiche problematiche relative ad operazioni e servizi bancari e finanziari». Il genere di «problematiche» per le quali il prefetto può attivarsi è limitato – è questa la seconda particolarità – alle controversie tra banca e cliente in cui venga in rilievo la valutazione del merito creditizio di quest’ultimo: volendo utilizzare le parole della Banca d’Italia, ai «casi in cui la contestazione alla banca tragga origine dalla mancata erogazione, dal mancato incremento o dalla revoca di un finanziamento, dall’inasprimento delle condizioni applicate a un rapporto di finanziamento o da altri comportamenti della banca conseguenti alla valutazione del merito di credito del cliente» [1]. Infine, il ricorso è proponibile soltanto avverso le banche, con esclusione pertanto delle società finanziarie dell’art. 106 t.u.b.

In seguito all’istanza del cliente, il prefetto – ritenendolo «necessario» – indirizza alla banca un invito a fornire una risposta argomentata sul merito creditizio dell’istante. Può, inoltre, muovere specifici rilievi alla banca medesimo, e altresì comunicare alla stessa i rilievi mossi dal clienti; in ordine a essi, la banca è tenuta a formulare le sue osservazioni (così si evince dalle stesse disposizioni della Banca d’Italia). A seguito di quest’adempimento preliminare, il prefetto può – è da ritenersi che ciò avvenga con discrezionalità piena – presentare all’Arbitro bancario e finanziario una relazione motivata con cui espone le ragioni per cui ritiene di dover sottoporre la questione all’organismo, insieme all’oggetto del ricorso. Si attiva così, a seguito della segnalazione, un procedimento le cui parti sono il cliente istante da un lato, e la banca, dall’altro, e che si svolge – fatta eccezione per la fissazione di un termine «acceleratorio», per così dire – come un regolare procedimento presso l’Abf.

2.- L’istituzione di una simile forma di controllo pubblico (altresì dotata di un potere d’azione) sui comportamenti tenuti dalle banche in sede di concessione del credito s’inserisce nel dibattito – offrendo ad esso un quid novi –, tradizionale per il diritto bancario italiano, circa l’esistenza ovvero (secondo l’opinione storicamente di gran lunga prevalente) l’inesistenza, per le banche, di un obbligo di fare credito.

Venuto in rilievo in un contesto normativo profondamente diverso dall’attuale, il tema in esame non può più, nell’oggi, essere utilmente impostato – ciò che invece è tradizionalmente accaduto – in termini astratti; ponendosi, cioè, sul piano di un vaglio circa l’esistenza a livello generale di un obbligo di far credito. Al contrario, il discorso deve ora muoversi su di un livello concreto. L’interrogativo, così, dovrà articolarsi con riferimento alla varietà di situazioni-tipo che, nella relazione tra banca e cliente, possono darsi: anche oltre la categorizzazione di massima che svolge la Banca d’Italia quando, in relazione all’ambito d’intervento ratione materiae del prefetto, si riferisce alla mancata erogazione del credito (per così, dire, a un obbligo di fare credito «in senso stretto»), al mancato incremento del finanziamento (sempre per usare un’espressione di sintesi, obbligo di fare più credito), alla revoca dello stesso (obbligo di continuare a fare credito), all’inasprimento delle condizioni applicate (obbligo di continuare a fare credito alle stesse condizioni).

Così impostata la questione, la valutazione di ogni situazione potrà portare a esiti diversi a seconda delle situazioni-tipo che concretamente verranno in rilievo. Inoltre, potrà emergere in maniera immediata la circostanza che esiste almeno un caso, nell’ordinamento, in cui è contemplato un obbligo di far credito: si fa riferimento, in particolare, all’art. 1845, comma 3°, c.c., alla stregua del quale «se l’apertura di credito è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto, mediante preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni» [2].

3.- In quest’ottica di riscontro concreto delle figure in cui può prendere corpo un obbligo di far credito va, dunque, inserito il discorso intorno all’impatto che sul tema riveste l’introduzione del potere di segnalazione del prefetto. Vi è innanzitutto da considerare – la notazione è, in verità, piuttosto ovvia – che l’introduzione di tale meccanismo non possiede alcun impatto precettivo sostanziale in ordine alla materia che qui interessa. Non aggiunge, cioè, nuove situazioni-tipo in cui la banca può dirsi obbligata al finanziamento. Né, com’è evidente, permette al prefetto o all’Abf di sostituirsi al banchiere nell’attività d’impresa propria di quest’ultimo.

E tuttavia, sarebbe errato sottovalutare il rilievo che la modifica di legge riveste. In primo luogo, la circostanza che il prefetto possa invitare la banca «a fornire una risposta argomentata sulla meritevolezza del credito» (così lo stesso art. 27-bis) e che in tale risposta questa sia «tenuta a formulare osservazioni anche sugli eventuali rilievi sollevati dal cliente o dal prefetto» (il corsivo è aggiunto), come richiesto dalle disposizioni della Banca d’Italia, sembra poter condurre ad affermare un obbligo di motivazione specifica [3], se non altro nei confronti del prefetto, del rifiuto del credito; quasi una riedizione, più sfumata, dell’abrogato art. 116-bis t.u.b. [4].

L’elemento di maggior importanza dell’innovazione legislativa si manifesta, però, sotto un altro profilo. L’istituzione di un simile meccanismo, e la conseguente attribuzione di un compito di controllo e monitoraggio a un ufficio pubblico – e peculiarmente politico –, qual è la prefettura, sancisce formalmente, istituzionalizzandola, la specifica e immediata rilevanza pubblica dell’atto (e non più della sola attività) di concessione del credito. È vero – così d’altro canto si potrebbe obiettare – che lo strumento è un’arma un po’ spuntata, per varie e diverse ragioni (se non altro, per la lettura che di essa l’Abf è venuto a dare nel concreto). È altresì vero, come si è già ricordato, che la disciplina non muta l’assetto normativo «sostanziale», non comportando, per sé sola, una compressione dell’autonomia imprenditoriale della banca [5]. Al tempo stesso, non si può tuttavia negare che il presidio qui approntato costituisca un unicum nell’ordinamento. Di più, è la stessa delimitazione ratione materiae della possibilità d’intervento del prefetto a evidenziare la speciale importanza che, (non solo, ma in maniera maggiormente acuta) nell’attuale contesto sociale ed economico, riveste l’esigenza sociale di soddisfare il «bisogno» di credito.

Può aggiungersi, infine, che l’indicato comma 1-quinquies non cade, per così dire, nel vuoto, bensì nasce a margine dell’istituzione, ad opera dei commi 1-bis, 1-ter, 1-quater del medesimo art. 27-bis, dell’«Osservatorio sull’erogazione del credito e sulle relative condizioni da parte delle banche alla clientela»; circostanza che contribuisce a sottolineare come l’intervento si ponga su una linea di particolare valorizzazione, a livello di controllo pubblico non «endobancario» (il riferimento va qui, chiaramente, alla Banca d’Italia), della qualità e quantità dell’offerta di credito [6].

Così impostato l’inquadramento dell’istituto in esame, si possono comprendere le severe critiche [7] che nel ceto bancario la sua introduzione ha sollevato. Si tratta, in effetti, di una forma di «pressione istituzionale» in ordine alla correttezza (sia intesa quest’espressione in senso ampio) dell’operato delle banche.

 

ABF Milano, 7 giugno 2013, n. 3108 – Pres. est. Gambaro
Segnalazione del prefetto – Relativa al mancato rilascio di carta di credito – Legittimazione passiva dell’intermediario collocatore – Esclusione – Improcedibilità del ricorso
In una controversia relativa al mancato rilascio di una carta di credito, è improcedibile il ricorso presentato dietro segnalazione del prefetto, ai sensi dell’art. 27-bis, comma 1-quinques, del decreto legge 24 gennaio 2012 n. 1, quando è indirizzato nei confronti della società collocatrice della carta. La disposizione, infatti, limita alle sole banche la speciale procedura di segnalazione del prefetto.

 

ABF Milano, 9 gennaio 2013, n. 119 – Pres. est. Gambaro
Segnalazione del prefetto – Giudizio d’equità – Esclusione – Giudizio secondo diritto nel rispetto della normativa vigente – Affermazione
Nel caso di procedimenti avviati su segnalazione del prefetto, la decisione dei Collegi si fonda sull’applicazione della normativa positivamente vigente ed è quindi una decisione strettamente vincolata a criteri di legalità, o, come si usa dire, è una decisione di diritto e non di equità. Com’è evidente, rientra nel giudizio secondo diritto l’applicazione delle regole di correttezza e buona fede oggettiva.

 

ABF Milano, 21 febbraio 2013, n. 996 – Pres. est. Gambaro
Segnalazione del prefetto – Inesistenza di un diritto soggettivo al credito – Valutazioni «meramente imprenditoriali» inesatte – Sottrazione al vaglio dell’Abf
L’esattezza della valutazione inerente al merito creditizio non fa parte degli obblighi legalmente gravanti su un intermediario nei confronti della potenziale clientela. Errori di valutazione che conducano a rifiutare affari oggettivamente profittevoli trovano la loro sanzione nella perdita di quote di mercato oppure, ma ciò in relazione a casi ripetuti e gravi, configurare un contrasto con i doveri di sana e prudente gestione, ma non viziano la manifestazione di volontà della banca che ritenga di non aderire ad una proposta contrattuale e quindi rimangono estranei alle valutazioni che l’ABF può esprimere.

 

ABF Napoli, 11 aprile 2013 n. 1925 – Pres. Quadri – Est. Carriero
Segnalazione del prefetto – Generale diritto all’erogazione del credito – Inesistenza – Diritto alla «portabilità del mutuo» – Inesistenza
L’esclusione di un diritto soggettivo del cliente all’erogazione del credito persiste anche alla luce della nuova disciplina della c.d. portabilità del mutuo.  Come il cliente non può vantare alcun diritto alla conclusione positiva della sua proposta relativa ad un contratto di credito, così non può vantare alcun diritto alla conclusione positiva di una trattativa volta a realizzare la surroga di un finanziamento. L’applicazione della disciplina della c.d. portabilità del mutuo è, infatti, subordinata all’assenso dell’intermediario alla surroga.

 

ABF Milano, 12 luglio 2013 n. 3774 – Pres. est. Gambaro
Segnalazione del prefetto – Rinegoziazione di finanziamento in essere – Equivalenza a nuova concessione di credito – Valutazione circa la meritevolezza di credito del debitore rimessa alla banca
L’iniziativa di intraprendere trattative volte al riscadenziamento delle rate connesse al mutuo fondiario equivale alla richiesta di ulteriore credito. Tale iniziativa è quindi soggetta alla valutazione dell’intermediario intorno alla meritevolezza di credito del debitore.

 


[1] Così, le «Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari» della Banca d’Italia, p. 22.

[2] Per una migliore e più specifica disamina sul punto, si rinvia a Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Bologna, 2013, spec. p. 94, nota 30.

[3] Peraltro, Abf Milano, 1095/2012 ha affermato – sulla scorta del Bollettino della Banca d’Italia, 22 ottobre 2007 – l’esistenza un obbligo di motivazione dei criteri generali sui quali la banca fonda le proprie decisioni relative alla concessione di credito.

[4] Rimane con tutt’evidenza distinta la questione relativa alla struttura rimediale.

[5] Sul rifiuto dell’Abf di vagliare la correttezza della valutazione del merito creditizio del cliente, operata dalla banca, v. Abf Milano, 996/2013.

[6] Art. 27-bis, comma 1-bis, d. l. 1/2012: «È costituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, senza oneri per la finanza pubblica e avvalendosi delle strutture del predetto Ministero, un Osservatorio sull’erogazione del credito e sulle relative condizioni da parte delle banche alla clientela, con particolare riferimento alle imprese micro, piccole, medie e a quelle giovanili e femminili, nonché sull’attuazione degli accordi o protocolli volti a sostenere l’accesso al credito dei medesimi soggetti. Nell’ambito di tali attività l’Osservatorio analizza anche tassi, commissioni e altre condizioni accessorie, articolando l’informazione a livello settoriale, geografico e dimensionale. All’Osservatorio partecipano due rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, di cui uno con funzioni di presidente, uno del Ministero dello sviluppo economico e uno della Banca d’Italia. Alle riunioni dell’Osservatorio partecipano altresì un rappresentante delle associazioni dei consumatori indicato dal Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, un rappresentante dell’Associazione bancaria italiana, tre rappresentanti indicati dalle associazioni delle imprese maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante degli organismi di società finanziarie regionali. La partecipazione alle attività dell’Osservatorio non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese».

[7] Così, la circolare n. 29, del 30 novembre 2012: «Alla luce di quanto sopra illustrato, non si possono tacere alcune perplessità circa il ruolo disegnato per i Prefetti dalla disciplina primaria e secondaria in commento: essa infatti presuppone nelle Prefetture la presenza di specifiche competenze e di personale dedicato, in grado di gestire una materia connotata da elevato tecnicismo. Tale circostanza, unità a quanto previsto da altre disposizioni del richiamato articolo 27-bis del decreto legge n. 1 del 2012, che hanno istituito presso il Ministero dell’ Economia e delle Finanze un Osservatorio per l’analisi ed il monitoraggio dell’andamento dei finanziamenti erogati dal settore bancario e delle relative condizioni e per la promozione delle migliori prassi di finanziamento, in relazione alle specifiche situazioni locali, sono sintomatiche del riaffacciarsi di una tendenza alla amministrativizzazione del credito che si pone in profonda distonia con la natura imprenditoriale dell’ attività bancaria e con i principi del libero mercato e della concorrenza» (corsivo aggiunto).


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