Con risposta n. 177 del 6 aprile 2022, l’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in ordine alla portata applicativa delle disposizioni relative alla qualifica o meno di intermediario finanziario e all’individuazione degli elementi patrimoniali da includere nel test di prevalenza, ai sensi del comma 2 dell’articolo 162-bis del TUIR.
Nel merito, evidenzia l’Agenzia, la ratio della previsione normativa del comma 2 (destinata a individuare quando si è in presenza di un esercizio in via prevalente di attività di assunzione di partecipazioni in intermediari finanziari) – che include tra gli elementi patrimoniali utili ai fini del calcolo di prevalenza anche i finanziamenti – è da ricercare nella necessità di adottare una qualificazione del soggetto quanto più “aderente” alla natura del rapporto in essere con la partecipata. In tale ottica, la norma non richiede di operare alcun distinguo tra tipologie di finanziamento, a breve e lungo termine, nella considerazione che questi hanno (al pari dei conferimenti) un “peso” in termini di rapporto partecipativo e non in quanto espressivi di un’autonoma attività finanziaria. In buona sostanza, ciò che rileva ai fini della qualifica di una “holding” è la natura delle società partecipate, da valorizzare in funzione di tutti i rapporti di natura finanziaria in essere con le medesime.
Tenuto conto che la società controllata, in qualità di IMEL, rientra tra gli intermediari finanziari, conclude l’Agenzia, l’Istante deve conseguentemente considerarsi annoverabile tra gli intermediari finanziari, ai sensi del comma 1, lettera a), n. 4, dell’articolo 162-bis del TUIR. Ciò comporta che in relazione al reddito complessivamente conseguito per il periodo d’imposta di riferimento, la società è dunque tenuta ad applicare la disciplina IRES propria degli intermediari finanziari, ivi compresa l’applicazione dell’addizionale, di cui all’articolo 1, comma 65, della legge n. 208 del 2015