Prospettive sul sistema bancario europeo ed italiano
L’evoluzione del sistema bancario italiano ed europeo
Le dinamiche macroeconomiche, il mutare del contesto sociale e le evoluzioni regolamentari e tecnologiche hanno determinato profondi cambiamenti strutturali nel settore bancario italiano, europeo e globale, amplificati poi dal diffondersi della pandemia da COVID-19. Nel dettaglio, la marcata persistenza dei bassi tassi di interesse, in parte indotta dalle ingenti iniezioni di liquidità delle banche centrali, ha avuto un impatto negativo sulla redditività dell’attività caratteristica delle banche commerciali, ovvero la attività di impiego, già fortemente compromessa da livelli di efficienza operativa non ottimali e dalle crisi economiche del 2007-2008, del 2011. Le iniezioni di liquidità della Banca Centrale Europea, volte a sostenere l’economia nel periodo COVID-19, hanno infatti ulteriormente ribassato tassi e spread, riducendoli ai minimi storici. In questo contesto, il settore bancario sta impegnandosi in una continua ristrutturazione del business mix, incrementando le fonti di ricavo commissionale, per fronteggiare la contrazione del margine d’interesse. Ovviamente le tensioni nate nel quarto trimestre 2021, di crescente inflazione, legata alla crescita dei prezzi delle materie prime e delle fonti energetiche poi amplificate dalla guerra Russo-Ucraina, con un conseguente impatto sui tassi di interesse, non hanno mutato tali scenari.
Negli anni le banche italiane ed europee stanno implementando strategie di distribuzione di prodotti assicurativi tramite le reti di filiali. Questa attività è ormai una prassi consolidata per le polizze vita ed i prodotti assicurativi di investimento, mentre presenta una tendenza crescente nel mondo delle polizze assicurative danni.
Peso della distribuzione bancaria Danni e Vita sul Totale mercato assicurativo
La componente bancassicurativa sui business Vita e Danni ed i relativi trend
Sui prodotti Vita, la distribuzione tramite canale bancassicurativo, che include sportelli bancari e sportelli postali, rappresenta l’indiscusso canale preferenziale, sostenendo il business assicurativo Vita che negli ultimi 20 anni complessivamente è cresciuto di oltre €60mld, incrementando la propria incidenza sul totale dei premi lordi contabilizzati passando da 54% nel 2000 a quote stabilmente attorno al 60% negli anni successivi.
Importanti le ulteriori possibilità di sviluppo nel lungo termine guidate dal progressivo invecchiamento della popolazione e dalla maggior accessibilità tecnologica dei “nuovi anziani”, come ad esempio:
- il potenziale sviluppo di polizze in bundle che consentano al cliente di coniugare esigenze di investimento con il fabbisogno di protezione;
- potenziale crescita dei prodotti Long Term Care ad oggi ancora poco diffusi tra le famiglie italiane;
- opportunità di crescita per le polizze Temporanea Caso Morte ad oggi ancora fortemente sotto penetrate;
- maggiore spinta sui prodotti previdenziali da coniugare con le esigenze di pianificazione finanziaria della clientela;
- sviluppo della cd. Private Insurance attraverso il coordinamento con le divisioni Private Banking e Wealth Management.
In tal senso, il 2020 rappresenta un’eccezione dettata dall’insorgere dell’emergenza pandemica, nonché dalle conseguenti restrizioni che hanno fatto registrare un generale calo delle vendite, colpendo in particolare i canali distributivi che operano attraverso sedi “fisiche”.
In particolare, per il canale bancassicurativo è atteso un generale aumento nel prossimo triennio, sostenuto in particolar modo dalla crescita dei prodotti di Ramo III, che ci si attende progressivamente vadano a sostituire i prodotti di Ramo I.
I prodotti di Ramo III, infatti, stanno affrontando un periodo di crescita generale in quanto prodotti capital light (e.g. multiramo e unit-linked), senza alcuna inclusione di rendimenti minimi garantiti.
Il business assicurativo Danni in Italia, allo stesso modo, prospetta opportunità di sviluppo nel lungo termine dettate principalmente dalla sempre crescente attenzione rivolta alla protezione della salute individuale e familiare.
Nel business Danni, il canale bancassicurativo rappresenta un “outsider”. In questo settore il canale agenziale, infatti è storicamente quello privilegiato dalla clientela, tuttavia, le evoluzioni tecnologiche, sociali e la riorganizzazione del network agenziale italiano avvenuta negli ultimi anni hanno dato spazio ad altri canali distributivi caratterizzati da un maggior appeal tecnologico e da un network con potenziali sinergie. |
A conferma di quanto sopra, secondo la relazione annuale IVASS, le agenzie assicurative sono diminuite di oltre 10mila unità dal 2011 al 2020, ovvero quasi il 30% del totale.
In questo contesto, il canale bancassicurativo sui rami Danni, è passato dal ricoprire un ruolo marginale nei primi anni 2000 a rivestire una sempre maggiore importanza e risulta in continua e solida crescita con elevate potenzialità future.
La componente bancassicurativa sui business Danni e Vita in Europa
Il confronto tra la penetrazione del canale bancassicurativo italiano e quello europeo mette in evidenza come anche a livello Europeo tale canale sia predominante nel Business Vita.
Il bancassurance rappresenta il canale principale sui rami Vita in tutti i principali Paesi europei ad esclusione di Germania e Belgio, dove il business è caratterizzato da un’incidenza significativa attribuibile al canale agenziale e broker. |
In termini assoluti, l’Italia rappresenta il secondo mercato bancassicurativo Vita in Europa, con un valore medio in termini di premi intermediati di circa €62 miliardi l’anno (media 2016-2020), dietro la Francia che registra circa €89 miliardi di premi. Più distaccati in termini assoluti: Spagna, con €20 miliardi e Germania, con €18 miliardi.
Contesto diverso, sebbene omogeneo, si registra sul canale bancassicurativo Danni dove in tutti i Paesi europei monitorati, tale canale non rappresenta il canale preferenziale ma un intermediario consolidato. Ciononostante, occorre segnalare che l’incidenza del bancassurance Danni registrata negli altri Paesi risulta maggiore rispetto a quella dell’Italia.
Questo ritardo dell’Italia rispetto al resto d’Europa è da ricondurre ad una sotto-penetrazione generale del business Danni. L’Italia è, infatti, insieme al Portogallo e al Belgio, il fanalino di coda tra i principali Paesi europei in termini di penetrazione dei premi lordi rispetto al PIL. Le Banche vedono sempre più in tali prodotti un volano commissionale importante, che non ‘cannibalizza’ prodotti bancari standard e che risulta rilevante e con importanti margini di crescita nei prossimi anni, facendo leva su: |
- una potenziale generale crescita del mercato assicurativo Danni, fino ad un allineamento agli altri Paesi europei in termini di penetrazione. Questa potenziale crescita sarà guidata da:
- uno sviluppo delle modalità di accesso digitali e istantanee ai prodotti assicurativi;
- l’offerta crescente di strumenti telematici da abbinare ai prodotti assicurativi;
- nuovi provvedimenti da parte del legislatore che prevedono l’obbligatorietà di talune coperture assicurative;
- Una crescente propensione assicurativa da parte delle famiglie;
- l’aumento della penetrazione sulla clientela retail e SME, dove il network bancario vanta un significativo presidio;
- la potenziale estensione ai prodotti assicurativi dello sviluppo degli strumenti digitali che il sistema bancario sta attuando;
- la potenziale ulteriore formazione del personale bancario su tematiche afferenti al business assicurativo Danni e non solo sui prodotti di investimento; tale formazione potrebbe essere favorita anche dal processo turnover del personale in corso presso le banche commerciali.
Overview dei modelli operativi delle principali banche in Italia e in Europa per la distribuzione bancassicurativa
Introduzione ai modelli operativi di Bancassurance
A livello nazionale sussiste un significativo livello di cooperazione tra banche e compagnie assicurative. In particolare, è possibile individuare i seguenti modelli operativi di bancassurance predominanti:
- detenzione da parte della banca, di una partecipazione azionaria rilevante nel capitale di una compagnia di assicurazioni in forma di:
- partecipazione azionaria di minoranza rilevante (di seguito definita come “Joint Venture”)
- partecipazione di maggioranza o totalitaria (di seguito definita come “Internalizzazione”)
- accordo commerciale di partnership tra la banca in qualità di intermediario e la compagnia assicurativa (di seguito definita come “Partnership commerciale”).
Come osservato da tempo sul mercato, e confermato dal “Quaderno 18: Le relazioni tra banche e assicurazioni in Italia” pubblicato da IVASS nel mese di settembre 2021, esiste una correlazione evidente tra il modello operativo di bancassurance e il grado di efficienza e redditività degli intermediari coinvolti. Una maggiore cooperazione, infatti, è associata in media ad una redditività più elevata per entrambi i soggetti.
Tipicamente, le banche con elevati gradi di cooperazione con le compagnie assicurative registrano un elevato grado di diversificazione delle fonti di ricavo, pertanto le controparti assicurative tendono a specializzarsi nelle tipologie di polizze che le banche riescono a collocare più diffusamente.
La detenzione da parte della banca di una partecipazione azionaria nel capitale della compagnia assicurativa comporta tipicamente una maggior marginalità ed efficienza per la banca a minori rischi per la compagnia assicurativa.
L’investimento da parte di un istituto di credito in tale soluzione determina un assorbimento di capitale regolamentare in accordo sia alle normative bancarie (Basilea) che assicurative (Solvency II).
In questo contesto, alla luce del progressivo consolidamento del mercato finanziario e con il costituirsi nell’Unione Europea di grandi conglomerati finanziari di matrice sia bancaria che assicurativa, le normative prudenziali hanno avviato un processo di modifica della convenienza relativa dei diversi modelli operativi, come dettagliato nei paragrafi successivi.
Secondo il “Quaderno 18” pubblicato da IVASS in collaborazione con Banca D’Italia, al 31 dicembre 2019 in Italia erano 29 le banche che detenevano partecipazioni azionarie in assicurazioni.
Sempre al 31 dicembre 2019, 35 compagini sociali su 101 vigilate dall’IVASS erano partecipate da banche, 8 delle quali con partecipazioni superiori al 50% e rappresentanti circa il 13% dei premi complessivi raccolti annualmente (sia Vita che Danni).
La situazione bancassicurativa delle principali banche italiane ed europee
Per completare il quadro descritto, occorre precisare che il modello operativo prevalente in Italia è quello della Joint Venture, dove la banca detiene una quota azionaria di minoranza del veicolo bancassicurativo, mentre la compagnia assicurativa controlla la maggioranza del capitale azionario riuscendo a consolidare così il veicolo bancassicurativo nel proprio bilancio.
Guardando con maggiore attenzione ai principali gruppi bancari italiani, si può notare che, questa tendenza è ancora più evidente, in particolare, per i gruppi quotati in borsa, per i quali la diversificazione delle fonti di ricavo verso i prodotti assicurativi è vista con favore dagli investitori.
In tema di multipli di mercato, è possibile notare che, nonostante il recente andamento, gli investitori riconoscono un maggior valore di mercato rispetto al patrimonio netto a Intesa Sanpaolo e Credito Emiliano (circa 0,6x il valore del Patrimonio Netto al 31/12/2021), ovvero quelle banche che, come vedrete nella tabella di sintesi seguente, applicano un modello operativo maggiormente integrato anche con il business assicurativo, mentre il resto del mercato bancario italiano si attesta tra 0,3x e 0,5x.
Di seguito, una breve sintesi dei principali gruppi bancari italiani e del relativo modello operativo applicato alla distribuzione assicurativa, con dettaglio dei veicoli assicurativi coinvolti e degli accordi in essere:
Note: (1) CredemAssicurazioni è una Joint Venture tra Credem e Reale Mutua Assicurazioni che detiene il 50% + 1 azione.
L’attuale contesto bancassicurativo risulta ad oggi in continua evoluzione, risultano infatti di recente rinnovo i seguenti accordi:
- Banco BPM nel giugno 2021 ha rinnovato i propri accordi di bancassurance, attraverso i quali il gruppo bancario si è garantito un’opzione di acquisto sulle quote delle compagnie assicuratrici detenute dai rispettivi partner (Cattolica Assicurazioni e Covéa Group), che consentiranno il raggiungimento di una partecipazione del 100% esercitabile entro il 31 dicembre 2023. Nel nuovo Piano Strategico 2021-2024, pubblicato il 5 novembre 2021, è stato annunciato l’obiettivo, da parte della banca, della piena internalizzazione del business assicurativo entro la fine del 2023.
- Il Gruppo ICCREA ha annunciato un possibile riassetto alla scadenza dell’attuale partnership con Cattolica Assicurazioni a fine 2022.
- Cassa Centrale Banca, unico tra i principali gruppi bancari senza alcuna partecipazione rilevante in compagnie assicurative, ha annunciato in data 10 marzo 2022 di aver avviato negoziazioni in esclusiva con il Gruppo Assimoco per un accordo di partnership bancassicurativa.
Tra le principali banche dei maggiori Paesi europei si registrano tendenze molto diverse a seconda del Paese di riferimento.
Rilevante l’esempio francese, dove i principali gruppi bancari possono essere considerati dei veri e propri conglomerati finanziari a livello europeo, in quanto hanno internalizzato compagnie assicurative di significative dimensioni ed erogano servizi bancari e assicurativi in tutti i principali paesi europei in cui operano.
In Spagna, il modello distributivo si basa principalmente sulle partecipazioni in compagnie assicurative e le Joint Venture rappresentano le strutture prevalenti. Infatti, Santander e BBVA, i due maggiori gruppi bancari con impronta internazionale, non detengono una propria compagnia assicurativa.
Risulta anomalo invece il caso del mercato tedesco, dove la frammentazione del mercato bancario e assicurativo genera una tendenza degli istituti di credito a comportarsi da distributori senza detenere partecipazioni azionarie in compagnie assicurative. Deutsche Bank rappresenta un’eccezione nel contesto tedesco, vantando una partnership con Zurich e Talanx.
Nei Paesi Bassi, ING, principale gruppo bancario del Paese, ha una storia assicurativa anomala derivante da una scissione con il principale gruppo assicurativo olandese NN Group avvenuta in seguito alle pressioni del governo olandese conseguentemente agli aiuti di stato ricevuti durante la crisi economica del 2008.
Infine, il principale gruppo bancario belga KBC adotta un modello di business che prevede l’internalizzazione della propria compagnia assicurativa operante nei business Danni e Vita.
Modalità ed ambito di applicazione del “Danish Compromise”
Se da un lato i modelli operativi che prevedono l’internalizzazione o la detenzione di quote azionarie significative in compagnie assicuratrici portano diversi benefici in termini di redditività per il gruppo bancario, dall’altro possono comportare un significativo impatto in termini di capitale regolamentare.
La disciplina europea in tema di capitale regolamentare è dettata dalla Capital Requirement Regulation No. 575/2013 (“CRR”). Tale normativa è un regolamento europeo volto a minimizzare il rischio di insolvenza delle banche e, con la Credit Institution Directive 2023, la CRR recepisce il framework stabilito in Basilea III.
Nel 2012, la normativa Europea ha introdotto un nuovo strumento finalizzato ad agevolare la formazione di conglomerati finanziari composti sia da istituti di credito che da compagnie assicurative, strumento che è andato ad incentivare il processo di consolidamento del mercato finanziario in corso, permettendo agli istituti di credito di estendere il consolidamento, non solo all’interno del mercato bancario, ma anche ad altri settori finanziari, come quello assicurativo.
Tale strumento, noto con la denominazione di «Danish compromise», è una previsione regolamentare disciplinata dall’Art. 49 del CRR, approvato dall’Unione Europea nel 2012 (quando la Danimarca era presidente di turno della Commissione Europea) che allevia l’assorbimento patrimoniale per le banche che detengono assicurazioni, evitando un double–counting a livello di assorbimento patrimoniale dell’istituzione finanziaria che ne usufruisce.
Antecedentemente all’introduzione del Danish Compromise e per le banche che non vi ricorrono, vige l’art.36, paragrafo 1 della CRR, il quale fornisce la lista degli elementi portati a deduzione del capitale regolamentare di Common Equity Tier 1 degli istituti di credito, tra cui, alle lettere h) e i), gli importi applicabili per le partecipazioni dirette e indirette della banca in strumenti di Capitale di base di classe 1 di entità del settore finanziario, in cui la banca ha un investimento.
Pertanto, in considerazione dell’art.36, l’istituto bancario con partecipazioni assicurative è tenuto a dedurre dal proprio CET1 il valore degli strumenti di fondi propri di Tier 1 delle partecipazioni, senza ulteriori impatti sugli attivi ponderati per il rischio. Tale approccio può risultare penalizzante qualora si detengano partecipazioni significative con un importante contributo, in termini assoluti, sul patrimonio netto complessivo del gruppo bancario.
Inoltre, l’art. 48 del CRR, sancisce che “Nell’effettuare le detrazioni previste dall’art. 36 CRR gli enti sono tenuti a dedurre i seguenti importi:
- Investimenti significativi in un soggetto del settore finanziario, detenuti direttamente, indirettamente e sinteticamente che superano il 10% degli elementi di CET1;
- DTA che dipendono dalla redditività futura e derivano da differenze temporanee e investimenti significativi inferiori al 10% degli elementi di CET1 che sommati eccedano la soglia del 17,65%;
Ulteriori importi non detratti subiscono un fattore di ponderazione del 250% tra i Risk Weighted Assets.
Tuttavia, la possibilità di aderire al Danish Compromise ha rappresentato un’opportunità per i conglomerati finanziari e la relativa applicazione è disciplinata dagli art. 49, 471 e 46 del CRR.
In particolare, l’art. 49 del CRR stabilisce che ai fini del calcolo dei fondi propri su base individuale, sub consolidata e consolidata, nel caso in cui le autorità competenti possono autorizzare gli enti a non dedurre gli strumenti di fondi propri detenuti di un soggetto del settore finanziario in cui la società capogruppo, la società di partecipazione finanziaria madre o la società o l’ente di partecipazione finanziaria mista madre abbiano investimenti significativi purché siano soddisfatte le condizioni di seguito riportate:
- il soggetto del settore finanziario è un’impresa di assicurazione, un’impresa di riassicurazione o una società di partecipazione assicurativa
- tale impresa di assicurazione, impresa di riassicurazione o società di partecipazione assicurativa è inclusa nella stessa vigilanza supplementare a norma della direttiva 2002 87 /CE in quanto ente impresa madre, società di partecipazione finanziaria madre o società o ente di partecipazione finanziaria mista madre che detiene la partecipazione
- l’ente ha ricevuto la preventiva autorizzazione delle autorità competenti
- prima dell’autorizzazione di cui alla lettera c), le autorità competenti riscontrano in maniera continuativa l’adeguatezza del livello di gestione integrata, di gestione dei rischi e di controllo interno dei soggetti che sarebbero incluse nel consolidamento
- le posizioni detenute nel soggetto appartengono a I) l’ente creditizio impresa madre, II) la società di partecipazione finanziaria madre, III) la società di partecipazione finanziaria mista madre, IV) l’ente, V) la filiazione di uno dei soggetti di cui ai punti da i) a iv) compresa nell’ambito di applicazione del consolidamento
Inoltre, l’art. 471 del CRR sancisce al paragrafo 1, in deroga all’articolo 49 , paragrafo 1 , nel periodo a decorrere da 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2022 (come previsto dalla proposta di modifica della CRR, attualmente in fase di approvazione, tali disposizioni transitorie saranno prorogate fino al 2024), che le autorità competenti possono autorizzare gli enti a non dedurre le partecipazioni di imprese di assicurazione, imprese di riassicurazione o società di partecipazione assicurativa se sono soddisfatte le condizioni seguenti:
- le condizioni di cui all’articolo 49, paragrafo 1, lettere a), c) ed e);
- le autorità competenti ritengono adeguato il livello dei controlli del rischio e delle procedure di analisi finanziaria specificamente adottate dall’ente ai fini della vigilanza degli investimenti nell’impresa o nella società di partecipazione;
- le partecipazioni dell’ente nell’impresa di assicurazione, impresa di riassicurazione o società di partecipazione assicurativa non superano il 15% degli strumenti di capitale primario di classe emessi da tale entità assicurativa al 31 dicembre 2012 e nel periodo dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2022;
- l’importo delle partecipazioni non dedotto non supera l’importo detenuto negli strumenti del capitale primario di classe 1 dell’impresa di assicurazione, impresa di riassicurazione o società di partecipazione assicurativa al 31 dicembre 2012.
Il medesimo articolo del CRR, al paragrafo 2, dispone che le partecipazioni non dedotte ai sensi del paragrafo 1 siano da considerare esposizioni e ricevano un fattore di ponderazione del rischio del 370%; si segnala, tuttavia, che è stato annunciato dalla Commissione Europea in data 27 ottobre 2021 un pacchetto bancario di modifiche alla CRR che include la riduzione di tale fattore di ponderazione del rischio a 250% da 370%.
Appare evidente dalla lettura dell’art. 49 della CRR, come l’applicazione dello stesso sia riservata agli enti che sono stati riconosciuti dalle autorità competenti come “conglomerato finanziario”.
Nello specifico, l’art. 46 del CRR stabilisce i requisiti per il riconoscimento di un conglomerato finanziario: in particolare si identifica un conglomerato finanziario nel caso in cui le attività svolte dai singoli settori finanziari siano “significative” sulla base dei seguenti parametri:
- Rapporto tra il totale dello stato patrimoniale di un settore finanziario (es. assicurativo) ed il totale dello stato patrimoniale delle imprese del settore finanziario appartenenti al gruppo (es. assicurativo e bancario) maggiore del 10%;
- Rapporto tra i requisiti di solvibilità di un settore finanziario (es. assicurativo) ed il totale dei requisiti di solvibilità delle imprese del settore finanziario appartenenti al gruppo (es. assicurativo e bancario) maggiore del 10%;
- Stato patrimoniale del settore finanziario di minori dimensioni (es. assicurativo) del gruppo maggiore di Euro 6 miliardi.
Occorre ulteriormente sottolineare come, secondo la normativa illustrata, il conglomerato finanziario deve dimostrare di avere un pieno controllo e una gestione integrata in ambito rischi, controlli interni per le società coinvolte e quindi fra banca e compagnia assicurativa. Nella pratica, il conglomerato finanziario nella propria istanza di autorizzazione da presentare alle autorità competenti deve dimostrare di:
- Detenere un management integrato tra la società capogruppo e le società del business assicurativo;
- Aver organizzato un sistema di controlli di Corporate governance integrato, tra gruppo bancario e assicurativo;
- Detenere un framework regolamentare di gruppo che viene applicato anche a livello di compagnia assicurativa;
- Avere un processo di pianificazione e controllo integrato a livello di gruppo;
- Possedere sistemi integrati di risk management e di controllo interno, che contempli un Risk Appetite Framework e un sistema di monitoraggio e reporting dei rischi a livello di gruppo bancario e assicurativo.
Quindi in termini pratici, un gruppo bancario che detiene una partecipazione in una compagnia assicurativa con i requisiti sopra descritti, può godere di un beneficio in termini di CET 1 legato al Danish Compromise, includendo nel proprio CET 1 Capital gli strumenti di partecipazione nelle compagnie assicurative e ponderando gli stessi al 370% tra i propri Risk Weighted Assets.
In tal senso, il sopracitato pacchetto bancario di modifiche alla CRR annunciato dalla Commissione Europea il 27 ottobre 2021 fornisce alle banche sia chiarezza normativa sul trattamento delle compagnie assicurative sia un incentivo economico ad investire e consolidare nel mercato assicurativo.
Il Danish Compromise, quindi, insieme alla possibile evoluzione della normativa, puo’ rappresentare un importante elemento positivo per i gruppi bancari con modelli di bancassurance più strutturati, andando a perpetuare i benefici in termini di redditività rispetto alle altre banche e compensando, per le banche con significativi investimenti in compagnie assicurative, alcuni degli aspetti negativi previsti dalla prossima introduzione del nuovo pacchetto regolamentare previsto da Basilea IV.