In caso di accertamento induttivo puro, sebbene l’amministrazione finanziaria possa ricorrere a presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, la stessa è sempre tenuta a determinare i costi relativi ai maggiori ricavi accertati, anche in percentuale rispetto a questi ultimi.
Ne consegue che, anche in caso di assenza delle scritture contabili della società accertata, il principio di capacità contributiva espresso all’art. 53 della Costituzione obbliga ad una definizione della base imponibile che non può prescindere dalla determinazione dei correlati costi, sia pure accertati induttivamente e in misura forfetaria.
Con tale principio di diritto la Corte di Cassazione torna ad occuparsi del tema del riconoscimento dei costi da parte dell’Amministrazione finanziaria in caso di utilizzo, in sede di accertamento, di presunzioni “super semplici”, rimarcando il medesimo orientamento espresso in precedenti occasioni (Cfr. Cass. 19191/2019; Cass. 13199/2020).
Inquadrando sinteticamente la vicenda processuale dalla quale è scaturita la pronuncia, la società contribuente, soccombente in primo e in secondo grado, ricorreva in Cassazione lamentando la violazione e falsa applicazione dell’articolo 32, 39, 41-bis del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e sostenendo l’errata qualificazione, da parte della Commissione Tributaria Regionale, dell’accertamento notificato dall’Agenzia delle entrate quale “analitico-induttivo” anziché induttivo “puro”.
Pertanto, la contribuente eccepiva l’erronea ricostruzione del reddito accertato per omesso esame dei costi e, conseguentemente, per violazione dell’art. 39 comma 2 del d.P.R. 600/1973.
Sull’argomento, appare opportuno specificare come l’accertamento induttivo puro trovi applicazione, tra le altre fattispecie individuate dal Legislatore, anche nel caso in cui la contabilità del contribuente sia gravemente inattendibile o inesistente.
Ciò premesso, a differenza del metodo analitico-induttivo in cui è onere del contribuente fornire la prova dell’esistenza dei costi afferenti ai maggiori ricavi accertati, l’accertamento fondato sul metodo induttivo puro individua in capo al Fisco un obbligo di ricostruzione induttiva/presuntiva delle componenti negative di reddito afferenti ai maggiori ricavi accertati.
Una volta definita l’applicazione del metodo induttivo puro in relazione alla fattispecie in esame, i giudici di legittimità hanno accolto il motivo di doglianza avanzato della società ricorrente, rilevando che la ricostruzione del reddito deve necessariamente tenere in considerazione non soltanto le componenti positive di reddito ma altresì le componenti negative, in modo tale da sottoporre a tassazione il solo profitto netto conseguito dalla società.
Ad ulteriore conferma della posizione assunta dalla corte di Cassazione, la stessa ha attuato un chiarificatore parallelismo tra l’articolo 53 della Costituzione e l’articolo 109 TUIR.
Nel dettaglio, l’art 109 comma 4 TUIR richiede, ai fini della deduzione dal reddito di impresa delle spese e delle componenti negative di reddito, la loro previa imputazione al conto economico relativo all’esercizio di competenza.
Tuttavia, prosegue la Suprema Corte, tale disposizione normativa non è applicabile nell’ipotesi di accertamento induttivo di maggiori ricavi non contabilizzati, che richiede invero una necessaria determinazione dei costi correlati ai ricavi accertati, pena la lesione del parametro costituzionale della capacità contributiva e la conseguente tassazione di un reddito lordo.
A tal proposito, aggiunge la Corte, la stessa Amministrazione finanziaria si era precedentemente espressa in senso conforme tramite indicazioni di prassi, sottolineando che a fronte di ricavi accertati è altresì necessario presumere una determinata percentuale di costi correlati (Cfr. Circ. AdE 32/E/2006).