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Criptovalute e tax compliance: stato dell’arte della Directive on Administrative Co-operation (DAC)

9 Maggio 2022

Lorenzo Banfi, Partner – Tax Banking & Finance practice , Pirola Pennuto Zei e Associati

Luca Ghiselli, Associate – Tax Banking & Finance practice , Pirola Pennuto Zei e Associati

Di cosa si parla in questo articolo

Con riferimento alla recente iniziativa dell’OCSE sottoposta a consultazione pubblica relativa a “Crypto-Asset Reporting Framework and Amendments to the Common Reporting Standard[1], risulta opportuno esporre alcune considerazioni in merito allo stato dell’arte della più volte modificata direttiva 2011/16/UE (di seguito, anche “DAC 1”, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale), avendo come focus principale le valute virtuali.

L’aumento dello scambio automatico di informazioni tra amministrazioni finanziarie è una risposta alla crescente mobilità dei contribuenti e dei capitali e all’internazionalizzazione degli strumenti finanziari, soprattutto in sede europea, all’interno del mercato unico. È così che nel 2022 ci si aspetta l’emanazione della c.d. “DAC 8”, volta a introdurre una limitazione al fenomeno della possibile evasione fiscale mediante l’utilizzo delle valute virtuali: in un sistema in cui lo pseudo-anonimato è la regola, gli operatori sono difficili da identificare e, a meno che non si ottengano informazioni che colleghino l’identità virtuale e quella reale degli stessi, anche le disposizioni fiscali meglio ponderate hanno una portata limitata.

In uno studio condotto per il Parlamento europeo[2], è stato riscontrato che gli attuali strumenti di trasparenza fiscale sono insufficienti per contrastare l’evasione fiscale mediante l’utilizzo di criptovalute. Tuttavia, tassare il reddito prodotto dalle valute virtuali è efficace solo se il valore delle stesse, comunicato alle autorità fiscali, è accurato. Ciò è stato sottolineato anche dall’OCSE, la quale ha riconosciuto che la valutazione è una delle principali sfide di politica fiscale ai fini della compliance tributaria legata agli utilizzi delle valute virtuali[3].

È da queste posizioni iniziali che la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica nel marzo 2021 sul tema: “Frode ed evasione fiscali – rafforzamento delle norme in materia di cooperazione amministrativa e ampliamento dello scambio di informazioni”. Raccolti i dati e le prove per assistere nella progettazione della DAC 8, coinvolgendo le parti interessate si mira a definire obblighi di comunicazione che assicurino una tassazione equa, evitando oneri amministrativi eccessivi e al tempo stesso a garantire una regolamentazione comune per i 27 Stati membri dell’Unione europea.

Questo articolo affronta l’evoluzione normativa della compliance fiscale in materia di valute virtuali, con particolare riguardo all’Unione europea. La questione che si intende esaminare è se la DAC 8 potrà contribuire a porre rimedio ai limiti che manifestano le attuali misure di individuare gli schemi di pianificazione fiscale aggressiva e rappresentare un deterrente ai fenomeni di evasione fiscale. Si precisa che, nel momento in cui scriviamo (aprile 2022), la proposta di DAC 8 è ancora nelle prime fasi di esame. Questo articolo, quindi, può essere considerato come un’iniziale esplorazione dei problemi che la DAC 8 tenterà di affrontare.

1. Le sfide di compliance fiscale sollevate dalle valute virtuali

L’interesse, l’uso, il commercio e il livello di capitalizzazione di mercato delle valute virtuali sono aumentati sempre più negli ultimi anni e le loro caratteristiche tecnologiche sono in rapida evoluzione. Rappresentano, conseguentemente, una sfida per le amministrazioni fiscali e i decisori politici.

Come sottolineato nel sopracitato rapporto dell’OCSE del 2020, alcuni Paesi hanno iniziato a rispondere a tali sfide fornendo linee guida sul trattamento delle valute virtuali[4]. Tuttavia, nella maggior parte dei Paesi, e nella letteratura accademica emergente, mancano spesso indicazioni complete e/o un quadro di riferimento per il trattamento di questi strumenti ai fini fiscali. Tra le principali questioni fiscali sollevate con riguardo alle criptovalute, che i governi sono tenuti a considerare, vi sono:

  • il trattamento delle operazioni su valute virtuali ai fini delle imposte dirette e indirette;
  • il trattamento ai fini IVA della creazione, acquisizione, detenzione e trasferimento di tali asset;
  • l’individuazione dei potenziali rischi di evasione fiscale[5] e di altri crimini finanziari connessi all’utilizzo di valute virtuali nonché dei quadri giuridici esistenti e degli strumenti che le amministrazioni finanziarie possono utilizzare;
  • le concrete modalità atte a migliorare la trasparenza fiscale, comprese le informazioni che le amministrazioni fiscali devono conoscere e scambiarsi sulle transazioni aventi ad oggetto le criptovalute.

Al fine di garantire il corretto assoggettamento a tassazione dei detentori di valute virtuali, le autorità fiscali devono reperire informazioni sulla proprietà delle stesse; ciò può avvenire collegando le identità reali e virtuali dei contribuenti in due fasi[6].

In una prima fase, a livello nazionale, le autorità fiscali domestiche devono accertare se i loro contribuenti detengano o meno criptovalute. A tal proposito, la domanda è chi sia il soggetto più appropriato dal quale reperire tali informazioni considerando che, contrariamente alla prassi adottata per gli assets finanziari, il Fisco non può a tali fini fare affidamento solamente sul sistema bancario o sugli intermediari finanziari tradizionali, a carico dei quali le autorità fiscali hanno disposto gli obblighi previsti nell’ambito del Common Reporting Standard[7].

Quindi, in una seconda fase, a livello europeo, una volta individuati i soggetti obbligati a segnalare e quando queste informazioni saranno rese note alle autorità fiscali nazionali, potrà aver luogo lo scambio automatico di informazioni tra i diversi Stati membri.

Ciò detto, la DAC 8 tenterà di proporre un insieme coordinato di regole applicabili in entrambe le sopracitate fasi: ciò modificherebbe, ancora una volta, l’attuale quadro di cooperazione amministrativa nel settore fiscale.

2. La cooperazione amministrativa nel settore fiscale

Attualmente, sono quattro le principali fonti istituzionali che mirano a garantire la trasparenza fiscale: la Convenzione Multilaterale OCSE per l’attuazione di alcune misure finalizzate a prevenire il c.d. Base Erosion and Profit Shifting, le Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, gli accordi finalizzati a migliorare la compliance fiscale internazionale e ad applicare la normativa FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act) e la già citata DAC 1, come più volte modificata negli anni.

A livello internazionale, pare opportuno menzionare anche il Financial Action Task Force (FATF)[8], che, prima nel 2015, poi nel 2019 e infine nel 2021, ha aggiornato la propria “Guidance for a Risk-Based Approach to Virtual Assets and Virtual Asset Service Providers”.

In sede OCSE, si sta attualmente sviluppando una proposta tecnica per ottenere un livello adeguato di reporting e scambio di informazioni anche nell’area delle criptovalute. Come anticipato, il 22 marzo u.s. l’OCSE ha posto in consultazione pubblica un documento per sviluppare un nuovo framework globale di trasparenza fiscale che prevede lo scambio automatico di informazioni fiscali sulle transazioni in cripto-attività, denominato “Crypto-Asset Reporting Framework” o “CARF”[9]. Inoltre, dopo sette anni dalla sua adozione, l’OCSE ha avviato anche la prima revisione globale del CRS[10], con l’obiettivo di migliorarne ulteriormente il funzionamento e includere nel campo di applicazione nuove attività finanziarie, prodotti e intermediari, evitando il rischio di duplicazioni della rendicontazione con quella prevista nel CARF.

La proposta dell’Unione europea di aggiornare l’attuale direttiva sulla cooperazione amministrativa mediante la DAC 8 si pone, dunque, in linea con i piani dell’OCSE[11].

2.1 La direttiva europea sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale

La DAC 1 è stata più volte modificata e integrata nel corso degli anni al fine di consentire nuove iniziative volte al conseguimento di un sistema di trasparenza fiscale per mezzo dello scambio automatico di informazioni. In relazione a tale tematica, si ritiene utile esporre di seguito un quadro sintetico delle misure progressivamente adottate in ambito europeo, evidenziando le seguenti direttive:

– la direttiva 2011/16/UE[12] (c.d. “DAC 1”) ha avviato lo scambio automatico sui redditi da lavoro, compensi per dirigenti, prodotti di assicurazione sulla vita, pensioni, proprietà e redditi immobiliari. La DAC 1 stabilisce le tre forme principali di scambio di informazioni nell’Unione europea:

    • lo scambio automatico di informazioni (Automatic exchange of information – Aeoi), che introduce lo scambio automatico di dati fiscali tra Stati membri Ue attraverso formulari e tempi prestabiliti;
    • lo scambio di informazioni su richiesta (Exchange of information on request – Eoir), che permette di inviare ad uno Stato membro Ue richieste di informazioni in merito a uno o più contribuenti;
    • lo scambio spontaneo di informazioni (Spontaneous exchange of information – Seoi), ossia il trasferimento spontaneo di informazioni che un Paese membro ritiene di interesse per un altro.

La comunicazione delle informazioni ha luogo almeno una volta l’anno, entro sei mesi dal termine dell’anno fiscale dello Stato membro durante il quale le informazioni sono state rese disponibili.

– la direttiva 2014/107/UE[13] (c.d. “DAC 2”) ha introdotto il CRS tra gli Stati membri. Lo scambio si allarga, inoltre, ad altre categorie di reddito: interessi, dividendi, plusvalenze finanziarie ed altri redditi da conti finanziari;

– la direttiva (UE) 2015/2376[14] (c.d. “DAC 3”) ha reso obbligatorio lo scambio automatico di informazioni sui ruling preventivi transfrontalieri (Advance Pricing Agreement o APA);

– la direttiva (UE) 2016/881[15] (c.d. “DAC 4”) ha introdotto l’obbligo di scambio automatico di informazioni in materia di rendicontazione Paese per Paese da parte delle imprese multinazionali (Country-by-Country Reporting o CbCR). Le società con un fatturato superiore a 750 milioni di euro devono comunicare le entrate, gli utili, le imposte versate, gli utili non distribuiti e il numero di dipendenti;

– la direttiva (UE) 2016/2258[16] (c.d. “DAC 5”), recante modifica della DAC 1 per quanto riguarda l’obbligo per gli Stati membri di fornire alle autorità fiscali l’accesso alle procedure di adeguata verifica della clientela applicate dalle istituzioni finanziarie ai sensi della d. “IV direttiva antiriciclaggio” (direttiva (UE) 2015/849, di seguito anche “4AMLD”), relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo[17];

– la direttiva (UE) 2018/822[18] (c.d. “DAC 6”) volta all’implementazione dello scambio automatico obbligatorio di informazioni relative a meccanismi transfrontalieri che presentano determinati rischi di elusione o evasione, introducendo nuovi obblighi di comunicazione (anche) per gli intermediari finanziari;

– la direttiva (UE) 2021/514 (c.d. “DAC 7”) estende lo scambio di informazioni sul reddito degli operatori economici che vendono prodotti o servizi attraverso le piattaforme digitali (a partire dal 2023).

Tenuto conto del quadro fornito, si propone di seguito una breve disamina delle principali modifiche alla DAC 1 con particolare focus sui temi accennati in premessa sulle valute virtuali.

2.1.1 DAC 1

Le Comunità europee avevano adottato la prima direttiva sulla cooperazione nel settore fiscale nel 1977. Nel 2011, è stata sostituita dalla DAC, accelerata anche grazie ai contributi dell’OCSE.

La prima versione della DAC 1 è entrata in vigore a partire dall’11 marzo 2011 e doveva essere recepita nell’ordinamento giuridico degli Stati membri entro il 1° gennaio 2013. Inizialmente, la DAC 1 si concentrava sullo scambio di informazioni su richiesta e sullo scambio spontaneo, mentre le successive modifiche si sono concentrate sullo scambio automatico di informazioni.

2.1.2 DAC 2

La seconda modifica alla DAC 1 si inserisce nel tentativo di contrastare l’evasione fiscale derivante dalla mancata segnalazione di attività detenute in conti esteri da parte dei contribuenti dell’Unione europea, implementando una politica fiscale simile a quella statunitense con la normativa FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act).

Il CRS, sviluppato dall’OCSE in risposta alla richiesta del G20 e approvato dal Consiglio dell’OCSE il 15 luglio 2014, ha invitato le giurisdizioni a ottenere informazioni dai propri istituti finanziari e a scambiare tali informazioni automaticamente e reciprocamente su base annuale. Stabilisce, quindi, le informazioni sui conti finanziari da scambiare, gli istituti finanziari tenuti a segnalarle, i diversi tipi di conti e contribuenti coinvolti, nonché le procedure comuni di due diligence che devono essere seguite dagli istituti finanziari.

L’articolo 8 della DAC 1, così modificato dalla DAC 2, include, come anticipato, anche i passive income. Per quanto riguarda le valute virtuali, l’attuale quadro DAC interesserebbe il sistema delle criptovalute solo nella misura in cui le informazioni scambiate riguardano regolamenti con valute fiat[19] e trasferite su conti bancari; infatti, i wallet che contengono valute virtuali sono, per il momento, al di fuori dell’ambito della DAC 2[20].

2.1.3 Interazione tra DAC 5 e le direttive antiriciclaggio

La DAC 5 consente alle autorità fiscali di avere accesso alle informazioni derivanti dagli obblighi previsti dalla direttiva antiriciclaggio dell’Unione europea (direttiva (UE) 2015/849, nota anche come IV direttiva antiriciclaggio).

Sulla stessa linea di DAC 5 e 4AMLD, DAC 8 e 5AMLD sono interconnesse tra loro nella misura in cui l’applicazione delle due DAC si basa sul framework normativo della direttiva AML. Occorrerebbe, tuttavia, soffermarsi sulla portata (che qui rileva) della 5AMLD nelle sue possibili interazioni con la futura DAC 8.

Innanzitutto, si sottolinea che non sono state emanate – per il momento – normative a livello europeo che forniscano una definizione di “cripto-attività” e che ne stabiliscano una disciplina uniforme[21]. In ogni caso, la 5AMLD estende gli obblighi della quarta direttiva antiriciclaggio alle valute virtuali. Posto che non vi è un riferimento agli asset virtuali, ma solamente alle valute virtuali, viene in tal modo adottato un approccio “minimale”, concentrando l’attenzione solamente su una categoria di cripto-attività[22].

A seguito della 5AMLD, due nuovi intermediari coinvolti nel settore delle valute virtuali sono diventati entità obbligate: i “prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra valute virtuali e valute aventi corso forzoso” (c.d. exchanger) e i “prestatori di servizi di portafoglio digitale” (c.d. wallet provider)[23]. Entrambi i soggetti sono tenuti ora a presentare una segnalazione in merito a qualsiasi attività sospetta oltre a svolgere attività di adeguata verifica della clientela[24].

Tuttavia, si nota che la quinta direttiva AML stabilisce un framework normativo non in grado di porre rimedio al problema dell’anonimato nella sua interezza: in effetti, anche se i fornitori di servizi di scambio di criptovalute sono ora entità obbligate, essi non sono canali esclusivi avuto riguardo al business delle valute virtuali.

Dal momento che la DAC 5, come detto, permette l’accesso delle autorità fiscali ai meccanismi, procedure, documenti e altre informazioni raccolte ai fini AML, le modalità con le quali, in concreto, il Legislatore stabilisce le regole in ambito AMLD, influenza anche le tipologie di informazioni a cui le autorità fiscali possono accedere.

2.1.4 DAC 6

Come esposto, la DAC 6, entrata in vigore il 25 giugno 2018, si pone l’obiettivo, attraverso l’acquisizione di informazioni da parte delle autorità fiscali degli Stati membri, di dissuadere i contribuenti e, in particolare, i c.d. “intermediari”, dall’attuazione e dall’elaborazione di “arrangements[25] di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva che interessano più giurisdizioni. È plausibile che «[l]a comunicazione di informazioni sui meccanismi transfrontalieri di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva può contribuire in modo efficace agli sforzi per la creazione di un ambiente di tassazione equa nel mercato interno. In tale prospettiva, l’istituzione dell’obbligo per gli intermediari di informare le autorità fiscali in merito ad alcuni meccanismi transfrontalieri potenzialmente utilizzabili a fini di pianificazione fiscale aggressiva costituirebbe un passo nella giusta direzione […]»[26]. È inoltre espressa l’intenzione di far fronte agli “arrangements” elaborati per eludere l’obbligo di notifica nell’ambito del CRS o volti a fornire ai titolari effettivi la protezione di strutture non trasparenti, nonché di rafforzare l’efficacia dello stesso scambio automatico di informazioni sui conti finanziari.

Rispetto ai precedenti interventi del Legislatore europeo in materia di scambio automatico di informazioni fiscali, la DAC 6 introduce quali elementi innovativi: i) il sistema di acquisizione preventiva delle informazioni, e ii) l’autovalutazione iniziale, effettuata dagli stessi soggetti passivi dell’obbligazione tributaria, circa l’astratta pericolosità fiscale della propria condotta.

Il D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 100 ha recepito nell’ordinamento giuridico italiano le norme e le procedure relative allo scambio automatico obbligatorio – con le altre autorità competenti degli Stati membri dell’Unione europea e con altre giurisdizioni estere in forza degli accordi stipulati – delle informazioni sui meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di comunicazione (c.d Reportable Cross Border Arrangements o RCBAs)[27] all’Agenzia delle Entrate da parte degli intermediari e dei contribuenti. Il Decreto Legislativo introduce nel sistema tributario italiano nuovi istituti, quali il “meccanismo transfrontaliero”, l’“elemento distintivo”, il “meccanismo commerciabile” e “su misura”, e le definizioni di “intermediario” e “contribuente” tenuto all’obbligo di comunicazione del meccanismo transfrontaliero. Le disposizioni previste nel citato Decreto Legislativo sono in vigore dal 26 agosto 2020 e, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, è stato successivamente emanato il D.M. 17 novembre 2020 al fine di stabilire «senza modificazioni di natura sostanziale» le regole tecniche per l’applicazione del Decreto Legislativo.

L’Allegato A al D.M. contiene maggiori dettagli ed esemplificazioni relativamente ad alcuni degli elementi distintivi. La Sezione I è dedicata a diversi esempi di meccanismi di aggiramento della normativa sullo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari (contenuti nell’hallmark D.1). Tra questi, ai fini della presente trattazione, è opportuno richiamare l’esempio E[28]:

L’uso di un prodotto finanziario non soggetto all’obbligo di comunicazione e che fornisce all’investitore le funzionalità di base di un conto finanziario oggetto di comunicazione. Si tratta, ad esempio, di determinati tipi di moneta elettronica quali sostituti di un conto di deposito o dell’emissione, da parte di istituzioni finanziarie, di taluni tipi di contratti derivati che replicano le attività finanziarie sottostanti e che non sono soggetti all’obbligo di comunicazione. L’elemento distintivo ricorre sia per l’uso di tali prodotti sia per il trasferimento di fondi in tali prodotti”.

Tale esempio è stato commentato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 2 del 10 febbraio 2021[29] come segue, proponendo, inoltre, un’ulteriore esemplificazione: “Si tratta di schemi, accordi o progetti che impiegano un prodotto finanziario non oggetto di monitoraggio per finalità diverse da quelle per le quali è stato originariamente realizzato.

Esempio 23: apertura di un conto di moneta elettronica con funzionalità analoga ad un conto di deposito

  • La persona fisica A (PF A) residente nella giurisdizione A intende aprire un conto deposito presso la Banca B residente nella giurisdizione B.
  • Le giurisdizioni coinvolte (A e B) partecipano allo scambio di informazioni automatico sui conti finanziari.
  • PF A decide di aprire un conto in moneta elettronica che però presenta funzionalità e servizi analoghi a quelli disponibili in un conto deposito, con l’effetto di mascherare la detenzione di un prodotto finanziario che sarebbe oggetto di monitoraggio

Come fatto notare da un partecipante alla consultazione pubblica sullo schema della circolare di recepimento della DAC 6, non è chiara l’individuazione di “determinati tipi di moneta elettronica”: non sembra ci si riferisca a conti espressi in criptovalute ma ad altre tipologie di rapporti che però non sono facilmente individuabili[30]. Inoltre, occorre puntualizzare – richiamando anche la precedente nota 22 – che le valute virtuali non devono essere confuse con la “moneta elettronica” poiché non rappresentano in forma digitale le comuni valute a corso legale[31].

Ciò detto, sebbene la Circolare, in sede di sua stesura definitiva, non abbia approfondito tale questione, si è del parere che, come sottolineato anche da altri in sede di consultazione pubblica sullo schema della circolare di recepimento della DAC 6, gli elementi che rendono il trasferimento di fondi un RCBA sono lo scopo e l’effetto di aggiramento degli obblighi previsti dal CRS, da valutarsi case-by-case. Pertanto, un meccanismo che comporta l’utilizzo di un conto finanziario le cui informazioni non sono oggetto di scambio nell’ambito del CRS – come, ad esempio, un wallet di criptovalute – non è automaticamente riportabile ai fini dell’hallmark di cui alla lettera D, punto 1, a), della DAC 6.

2.1.5 DAC 8

Il 15 luglio 2020 la Commissione europea ha adottato un nuovo pacchetto fiscale, l’ “Action Plan for Fair and Simple Taxation Supporting the Recovery Strategy”, per rafforzare la lotta contro gli abusi fiscali, aiutare le amministrazioni fiscali a tenere il passo con un’economia in continua evoluzione e alleggerire gli oneri amministrativi per cittadini e imprese. Per fare ciò, l’Action Plan ritiene doveroso l’aggiornamento della DAC per ampliarne la portata e rafforzare la cooperazione amministrativa nel settore fiscale.

Di conseguenza, ci si deve chiedere se, coerentemente con i lavori in corso a livello OCSE, l’iniziativa in atto riguardante la DAC 8 e la relativa consultazione pubblica lanciata dalla Commissione Ue nel marzo 2021, siano orientate a creare un approccio coerente volto a garantire un’adeguata e uniforme trasparenza fiscale e una corretta tassazione dei redditi generati da investimenti o pagamenti in valute virtuali, nonché, in prospettiva, dalle cripto-attività. L’attuazione di questo progetto punta anche a mantenere al minimo i costi di compliance, fornendo uno standard di reporting comune per tutti gli Stati membri.

La consultazione pubblica è stata divisa in due sezioni, alle quali si poteva rispondere anche parzialmente, a seconda degli interessi e delle competenze dei partecipanti:

i) la prima sezione si è concentrata sulle cripto-attività in termini generali al fine di raccogliere informazioni sui diversi aspetti del settore in modo da aiutare la Commissione europea a perimetrare meglio l’iniziativa legislativa europea in fieri. Questa prima parte può essere suddivisa in sottosezioni in base alla tipologia delle domande e delle informazioni che si intendeva raccogliere. In particolare, le domande riguardavano:

  • le tipologie di fornitori di servizi utilizzati e le attività da questi svolte;
  • dove i fornitori di tali servizi sono registrati o concessi in licenza e dove hanno la residenza fiscale;
  • le tipologie e le caratteristiche delle cripto-attività in cui il rispondente ha investito, unitamente all’importo dell’investimento;
  • se le cripto-attività in cui il rispondente ha investito sono garantite da un asset (es. stable coin);
  • se le cripto-attività hanno una struttura centralizzata o decentralizzata;
  • qual è l’importo in euro investito in media all’anno;
  • quali tipologie di informazioni sulla clientela e sulle operazioni sono – secondo gli intervistati – prontamente disponibili per le diverse tipologie di intermediari; e
  • quali informazioni sugli investimenti nel loro Stato membro di residenza o in un altro Stato membro sono a disposizione dei fornitori di cripto-attività.

ii) la seconda sezione, non indirizzata specificamente alle cripto-attività e alle valute virtuali, mirava a raccogliere le opinioni delle parti interessate sulla necessità di rafforzare il framework europeo in materia di cooperazione amministrativa e i relativi obblighi di reporting.

Pertanto, la Commissione europea ha chiesto alle parti interessate se ritenessero che i fornitori di servizi di cripto-attività dovessero essere assoggettati ad obblighi di reporting, se dovessero essere adottati gli stessi obblighi in tutta l’Unione europea, quali fossero le principali sfide da affrontare per i fornitori e se tutte le entità dovessero essere soggette allo stesso insieme di regole o se dovessero essere introdotte anche alcune esenzioni. In relazione a quest’ultima questione, infatti, l’obiettivo è limitare l’apertura di nuove possibilità per sfruttare potenziali scappatoie, evitando al tempo stesso danni all’innovazione imponendo alle imprese di nuova costituzione o di piccole dimensioni un onere troppo gravoso in termini di compliance[32]. Inoltre, la Commissione europea pone una domanda simile in relazione alle tipologie di transazioni con cripto-attività e valute virtuali che dovrebbero essere oggetto di reporting. Allo stesso modo, il rischio di esentare alcune operazioni potrebbe portare a potenziali scappatoie.

Il termine della consultazione si è concluso il 2 giugno 2021. In totale, sono pervenute 32 risposte e sono state consegnate 12 posizioni scritte da parte delle parti interessate.

Una prima pubblicazione delle nuove disposizioni per espandere l’ambito di applicazione della DAC alle valute virtuali era prevista per il terzo trimestre del 2021 ma non vi sono, tuttavia, per il momento, ancora notizie in merito. Si attendono a breve novità da parte della Commissione europea per il settore delle valute virtuali.

Considerazioni finali

Si riscontra in Italia un sempre maggiore interesse rivolto alle valute virtuali, in particolar modo da inizio 2022, stante il susseguirsi di diverse iniziative legislative[33] che si stanno sviluppando in parallelo al percorso intrapreso ai fini della regolamentazione anche in ambito comunitario e internazionale.

Sul piano comunitario, nel giugno 2021 la Commissione europea, decise di avviare una consultazione pubblica con l’obiettivo di raccogliere gli elementi che le consentissero di valutare la necessità di introdurre (i) nuove disposizioni sulla comunicazione e lo scambio di informazioni a fini fiscali in materia di valute virtuali e cripto-attività e di (ii) nuove norme sulle sanzioni e le misure di conformità per i vari obblighi di comunicazione previsti dal quadro DAC, nonché (iii) il potenziale ambito di applicazione di tali disposizioni.

A fronte della capacità delle cripto-attività di eludere le regole sulla trasparenza fiscale, incluso il CRS, il G20 ha dato indicazioni all’OCSE di includere tali attività nell’ambito dello scambio di informazioni. A tale fine, il 22 marzo 2022 è stato pubblicato in consultazione il documento “Crypto-Asset Reporting Framework and Amendments to the Common Reporting Standard” per mezzo del quale si vuole avviare la prima revisione globale del CRS, con l’obiettivo di migliorarne ulteriormente il funzionamento e includere nel campo di applicazione nuove attività finanziarie, prodotti e intermediari. Si propone, inoltre, l’adozione di un nuovo framework globale riguardante la trasparenza fiscale e la segnalazione e lo scambio di informazioni in relazione alle cripto-attività denominato CARF. In particolare, si segnala che gli obblighi di due diligence proposti ai fini CARF a cui saranno sottoposti gli intermediari coinvolti per individuare l’identità e la residenza fiscale degli utilizzatori di cripto-attività si fonderanno sull’attestazione di adeguata verifica predisposta ai fini AML, rilevandosi quindi conformi agli analoghi obblighi previsti ai fini CRS.

Dal quadro che si sta delineando, emerge, da un lato, l’intenzione espressa di proporre l’aggiornamento della normativa riguardante il CRS – incidendo quindi in una certa misura sull’operatività degli intermediari finanziari (in quanto soggetti direttamente interessati circa gli obblighi in ambito CRS) – e, dall’altro lato, di prevedere un sistema applicabile anche ad altri operatori del settore delle cripto-attività ai fini del nuovo framework CARF, enunciando l’intenzione di evitare il rischio di duplicazioni negli obblighi di reporting.

Sul piano nazionale, dovrà essere quindi aggiornata la normativa in materia di CRS (vedasi nota 7) anche alla luce delle modifiche alla DAC 2 che verranno stabilite a livello comunitario.

In attesa di conoscere il testo della DAC 8 che stabilirà gli obblighi riguardanti il rafforzamento delle norme in materia di cooperazione amministrativa e l’ampliamento dello scambio di informazioni anche alle cripto-attività oltre che alle valute virtuali, sarà di particolare interesse seguire il processo in base al quale verranno modificate le norme nazionali, in considerazione anche della più recente iniziativa dell’OCSE cui faranno ragionevolmente seguito, una volta pubblicato il testo definitivo al termine della consultazione pubblica, le regole comunitarie.

 

[1] Il 22 marzo 2022 l’OCSE ha pubblicato un documento relativo ad un nuovo framework globale riguardante la trasparenza fiscale e la segnalazione e lo scambio di informazioni in relazione alle cripto-attività, nonché proposte di modifica al Common Reporting Standard (di seguito anche “CRS”) per lo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari tra i Paesi. Lo scopo della consultazione è di informare i decisori politici sulla possibile adozione di tale quadro e delle relative componenti; gli interessati erano invitati a inviare i propri commenti entro e non oltre il 29 aprile 2022.

[2] Prof. R. Houben, A. Snyers, “Cryptocurrencies and Blockchain – Legal context and implications for financial crime, money laundering and tax evasion”, Parlamento europeo, 2018.

[3] OCSE, “Tassazione delle valute virtuali: una panoramica dei trattamenti fiscali e delle questioni emergenti di politica fiscale”, 2020.

[4] L’OCSE invita i Paesi a: i) dotarsi di linee guida e di una chiara cornice normativa sul trattamento fiscale delle valute virtuali; ii) esplicitare la ratio delle scelte effettuate; iii) assicurare coerenza fra la disciplina fiscale delle valute virtuali e quella di altri cespiti e, in generale, con l’ordinamento giuridico; iv) incoraggiare la compliance; v) prevedere semplificazioni per i piccoli operatori e gli operazioni occasionali; vi) allineare la disciplina fiscale con gli altri obiettivi di policy perseguiti nella regolamentazione delle valute virtuali. Sul punto si veda anche A. Sanelli e V. Tortorici, Il fenomeno crypto-asset:aspetti regolamentari, civilistici e fiscali, Strumenti finanziari e fiscalità, n. 2021/53.

[5] Nel 2021, l’Internal Revenue Service statunitense ha stimato una perdita di 1 trilione di dollari all’anno a causa dell’evasione fiscale delle valute virtuali. Secondo un sondaggio, nel gennaio 2018, il 36% dei detentori statunitensi di Bitcoin, su un campione di 564 intervistati, ha ammesso che stavano per non denunciare i guadagni e le perdite relativi alle criptovalute alle autorità fiscali statunitensi (cfr. M. Chatham, T. Duncan, Taxation as a barrier to blockchain innovation, Journal of Taxation of Investments 1, 28 luglio 2020).

[6] Cfr. M. Ahmed, Criptocurrency Tax Compliance in the European Union: Reality or Mirage?, European Taxation, 2021 (Volume 61), No. 11.

[7] Direttiva 2014/107/UE (c.d. “DAC 2”), recepita nell’ordinamento giuridico italiano con la L. 18 giugno 2015, n. 95 e il D.M. 28 dicembre 2015. Come si dirà più avanti, questo framework normativo non comprende ancora le valute virtuali.

[8] Il FATF è un organismo intergovernativo indipendente che sviluppa e promuove politiche a tutela del sistema finanziario globale contro                        il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo e il finanziamento della             proliferazione di armi di distruzione di massa. Le raccomandazioni del FATF sono riconosciute a livello globale come norme antiriciclaggio (AML) e di lotta al finanziamento del terrorismo (CFT).

[9] Il CARF è costituito da tre elementi costitutivi: (i) le regole e il commentario al CARF che possono essere trasposti nel diritto interno per raccogliere informazioni dagli intermediari di cripto-attività residenti; (ii) un framework di accordi bilaterali o multilaterali con le autorità competenti per lo scambio automatico di informazioni raccolte nell’ambito del CARF con le giurisdizioni di residenza degli users di cripto-attività; e (iii) le soluzioni tecniche per supportare lo scambio di informazioni. Il documento in consultazione pubblica contiene la bozza del primo elemento costitutivo; una volta completato il lavoro sulle regole e sul commentario, saranno ulteriormente sviluppati il secondo e il terzo elemento costitutivo.

[10] In estrema sintesi, il CRS è il modello di scambio automatico di informazioni sui conti finanziari detenuti da soggetti non residenti ai fini fiscali nella giurisdizione delle istituzioni finanziarie tenute agli obblighi di due diligence e reporting. Tale modello individua le istituzioni finanziarie coinvolte (Reporting Financial Institutions), i conti finanziari (Financial Accounts) e, tra questi, i conti oggetto di comunicazione (Reportable Accounts), le procedure di due diligence a carico delle istituzioni finanziarie e, infine, le procedure di reporting dei dati all’amministrazione finanziaria di riferimento, la quale provvederà al loro scambio con le amministrazioni delle giurisdizioni di residenza dei titolari dei conti.

[11] Un analogo intervento di adeguamento dovrebbe interessare la normativa statunitense FATCA.

[12] Recepita nell’ordinamento giuridico italiano con il D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 29.

[13] V. nota 7.

[14] Recepita nell’ordinamento giuridico italiano con il D.Lgs. 15 marzo 2017, n. 32.

[15] Recepita nell’ordinamento giuridico italiano con il D.M. 23 febbraio 2017.

[16] Recepita nell’ordinamento giuridico italiano con il D.Lgs. 18 maggio 2018, n. 60.

[17] La direttiva (UE) 2015/849, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga le direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE, è stata attuata in Italia con il D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 90. La direttiva (UE) 2015/849 è stata successivamente modificata dalla direttiva (UE) 2018/843 (c.d. “V direttiva antiriciclaggio”, di seguito anche “5AMLD”), attuata in Italia con il D.Lgs. 4 ottobre 2019, n. 125.

[18] Recepita nell’ordinamento giuridico italiano con il D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 100.

[19] Come indicato dalla Treccani per “fiat money” si intende “nel linguaggio economico, la moneta cartacea inconvertibile, generalmente accettata come mezzo di pagamento in quanto dichiarata a corso legale (detto anche forzoso) dallo Stato che la emette, indipendentemente dal suo valore intrinseco”. All’interno del documento dell’OCSE posto in consultazione pubblica, per “fiat currency” si intende “the official currency of a jurisdiction, issued by a jurisdiction or by a jurisdiction’s designated Central Bank or monetary authority, as represented by physical banknotes or coins or by money in different digital forms, including bank reserves, commercial bank money, electronic money products and Central Bank Digital Currencies” (cfr. OCSE, “Public consultation document – Crypto-Asset Reporting Framework and Amendments to the Common Reporting Standard”, 2022, pagg. 16-17 e 46).

[20] La consultazione pubblica in sede OCSE propone di estendere il campo di applicazione del CRS agli “e-money products” e alle “Central Bank Digital Currencies”. Alla luce dello sviluppo del CARF, le proposte includono anche modifiche per coprire gli investimenti indiretti in cripto-attività attraverso Investment Entities e derivati. Allo stesso tempo, la proposta contiene nuove disposizioni per garantire un’interazione efficiente tra il CRS e il CARF, in particolare per limitare i casi di segnalazione duplicata. Infine, il CRS così modificato punta a migliorare le procedure di due diligence e il reporting, al fine di aumentare l’usabilità delle informazioni provenienti dal CRS per le amministrazioni fiscali e limitare gli oneri per le Financial Institutions, ove possibile.

[21] Di fronte ai problemi interpretativi, per fornire un inquadramento più ampio e comprensivo delle cripto-attività non chiaramente riconducibili a servizi o prodotti già regolati, la Commissione europea, in data 24 settembre 2020, ha presentato una proposta legislativa (c.d. Markets in crypto-asset Regulation o MiCAR): la proposta rubricata COM(2020) 593 final del 24 settembre 2020, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica la Direttiva (UE) 2019/1937, definisce “cripto-attività” «una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga» (cfr. articolo 3, paragrafo 1, punto 2). Tale definizione potrebbe essere rilevante sia per una nuova versione dell’AMLD sia per la DAC 8: poiché sono previste riforme sia nell’ambito dell’antiriciclaggio che dello scambio di informazioni, si auspica che il Legislatore europeo si adoperi per un allineamento delle definizioni.

[22] La 5AMLD non si riferisce alla nozione di cripto-attività ma di “valuta virtuale”, intesa come «una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è necessariamente legata a una valuta legalmente istituita, non possiede lo status giuridico di valuta o moneta, ma è accettata da persone fisiche e giuridiche come mezzo di scambio e può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente» (cfr. articolo 1, paragrafo 2, punto 18). Inoltre, i Considerando nn. 10 e 11 della 5AMLD chiariscono che nel concetto di “valute virtuali” non rientrano i “fondi” come concepiti dalla direttiva (UE) 2015/2366, la “moneta elettronica” definita dall’art. 2, punto 2) della direttiva 2009/110/CE e il “valore monetario” cui fa specifico riferimento l’art. 3, lett. k) e l) della direttiva 2004/67/CE; inoltre non sono considerate valute virtuali le c.d. “valute locali” (o “valute complementari”, cioè quelle utilizzate in ambiti molto ristretti, quali una città o una regione, e tra un numero limitato di utenti.

[23] La 5AMLD ha definito “prestatore di servizi di portafoglio digitale” «un soggetto che fornisce servizi di salvaguardia di chiavi crittografiche private per conto dei propri clienti, al fine di detenere, memorizzare e trasferire valute virtuali» (cfr. articolo 1, paragrafo 2, punto 19).

[24] Si segnala che le disposizioni sono state trasposte a livello nazionale in modo più ampio rispetto a quanto previsto dal Legislatore europeo, estendendo la definizione di prestatore di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale ad ogni soggetto che presta servizi con oggetto valute virtuali e non limitandola solo agli exchangers o ai wallet providers.

[25] Il termine “arrangements”, di fonte europea e OCSE, è stato ufficialmente tradotto in italiano come “meccanismi”.

[26] Direttiva (UE) 2018/822, Considerando n. 6.

[27] L’art. 5, comma 1, del D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 100 prevede che «Il meccanismo transfrontaliero è soggetto all’obbligo di comunicazione se sussiste almeno uno degli elementi distintivi». Gli elementi distintivi (c.d. hallmarks) sono indici di potenziale rischio di elusione o evasione fiscale, contenuti nel meccanismo medesimo, raggruppati in cinque distinte categorie (A, B, C, D, E).

[28] In particolare, l’esempio E tratta l’hallmark contenuto nel richiamato Decreto Legislativo, Allegato 1, lettera D, punto 1, a), costituito dall’«uso di un conto, prodotto o investimento che non è un conto finanziario, o non appare come tale, ma ha caratteristiche sostanzialmente simili a quelle di un conto finanziario».

[29] La Circolare del 2021 ha fornito i primi chiarimenti in tema di meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di comunicazione. Al momento in cui si scrive, ad esclusione della Risoluzione n. 78/E del 31 dicembre 2021, l’Agenzia delle Entrate non ha pubblicato ulteriori chiarimenti ufficiali né ha fornito “Risposte alle domande più frequenti” nella pagina dedicata del proprio sito internet.

[30] Si veda pag. 39 del contributo fornito dal gruppo di lavoro formato dall’Associazione Italiana Dottori Commercialisti di Milano (AIDC Milano) e dall’Unione Giovani Dottori Commercialisti ed esperti contabili di Milano (UGDCEC Milano).

[31] Nella normativa comunitaria, la definizione di “moneta elettronica” è contenuta nell’art. 2, n. 2 della direttiva 2009/110/CE (c.d. 2° direttiva IMEL). Nell’ordinamento giuridico interno, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. h-ter, del D.Lgs. 285/1993 (TUB), per moneta elettronica si intende «il valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso per effettuare operazioni di pagamento […] e che sia accettato da persone fisiche e giuridiche diverse dall’emittente […]».

[32] A titolo esemplificativo, la European Payment Institutions Federation (EPIF) ha proposto che gli e-money issuers siano esentati dalla compliance alla DAC 8:

  • se i fondi sul conto dei clienti non superano la soglia specifica di 15.000 euro; o
  • se un cliente è abilitato a detenere fondi superiori a 15.000 euro per scopi operativi ma il saldo medio di fine giornata degli ultimi 30 giorni non supera 15.000 euro.

Inoltre, la Fédération Bancaire Française, richiamando la OECD WP10 (First Comprehensive Review of the Common Reporting Standard), ha suggerito che gli e-money issuers dovrebbero essere soggetti alla DAC 2 così da non ricadere nello scope della DAC 8.

[33] Sul piano nazionale è di recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (Cfr. Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 40 del 17 febbraio 2022) il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 13 gennaio 2022 (c.d. “decreto criptovalute”) recante «modalità e tempistica con cui i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e i prestatori di servizi di portafoglio digitale sono tenuti a comunicare la propria operatività sul territorio nazionale nonché forme di cooperazione tra il Ministero dell’economia e delle finanze e le forze di polizia». Inoltre, è stato presentato il 30 marzo u.s. in Senato della Repubblica il Disegno di Legge n. 2572 dal titolo “Disposizioni fiscali in materia di valute virtuali e disciplina degli obblighi antiriciclaggio”: si segnala che la Relazione accompagnatoria al DDL prevede all’art. 1, comma 1, “[…] il riconoscimento fiscale delle valute virtuali, attraverso l’adozione di definizioni non contraddittorie tra i diversi ambiti regolatori, sia tributari che contabili, di facile applicabilità, come già previsto dai principali Stati membri dell’Unione europea. A tale fine, risulta indispensabile fornire una definizione chiara di cosa si intenda con il termine di valute virtuali, superando l’attuale confusione determinata dall’uso di termini diversi, quali valute virtuali, criptovalute, cripto attività e token, individuando un genus unitario: l’unità matematica”.

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