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Approfondimenti

Recenti evoluzioni in tema di lista del CdA uscente

16 Settembre 2022

Marco Sagliocca, Partner, Legance

Emilio De Niro, Associate, Legance

Di cosa si parla in questo articolo

L’articolo analizza il tema della lista del CdA, ovvero la lista di candidati che il consiglio uscente presenta per il rinnovo dell’organo amministrativo, anche alla luce degli orientamenti formatisi in dottrina e delle recenti indicazioni fornite dalla Consob.


1. Introduzione – La lista del CdA

Le settimane di avvicinamento alla stagione assembleare appena trascorsa sono state scandite da un acceso dibattito intorno alla prassi, sempre più comune tra gli emittenti quotati, di attribuire al consiglio di amministrazione uscente, mediante l’introduzione di una apposita clausola statutaria, il potere di presentare una propria lista di candidati per il rinnovo dell’organo amministrativo[1].

Le ragioni che giustificano la diffusione di tale istituto, tipico delle public companies di matrice anglosassone, possono rinvenirsi nel mutamento degli assetti proprietari che ha interessato il mercato dei capitali italiano negli ultimi anni. All’entrata in vigore della Legge sul Risparmio (l. 262/2005), con cui il legislatore estese l’obbligatorietà del sistema del voto di lista – già previsto per la nomina del collegio sindacale – all’elezione del consiglio di amministrazione, gran parte degli emittenti presentava un azionariato particolarmente concentrato, con un socio o un gruppo di soci saldamente in grado di indirizzare la volontà assembleare. In tale prospettiva, il voto di lista fu dunque pensato per garantire alle minoranze azionarie una adeguata rappresentanza in seno all’organo amministrativo[2].

La progressiva apertura del mercato all’ingresso di investitori istituzionali e il sempre maggior rilievo della partecipazione di questi al capitale sociale degli emittenti, hanno gradualmente modificato tali equilibri, talché la attuale cornice sistematica del voto di lista appare talvolta eccessivamente rigida e non del tutto idonea a carpire le evoluzioni del mercato[3]. In particolare, sebbene il mercato mostri tutt’ora la prevalenza di società con assetti proprietari concentrati, buona parte degli emittenti presenta infatti una compagine azionaria maggiormente diluita, ove il primato degli azionisti di maggioranza relativa rischia di essere costantemente messo in discussione dall’attivismo delle minoranze nella partecipazione ai processi decisionali[4].

In tale contesto, anche le funzioni del board hanno subìto un progressivo mutamento. Nell’attuale realtà socio-economica, il consiglio di amministrazione diviene centro di composizione di una pluralità di interessi, che vede nel perseguimento del successo sostenibile dell’emittente la propria direttrice fondamentale. Ne deriva una marcata accentuazione della funzione collegiale dell’organo amministrativo, che si riflette anche sui processi di selezione dei candidati: basti pensare, ad esempio, a strumenti quali la periodica attività di autovalutazione del consiglio e l’emanazione di orientamenti sulla ottimale composizione dello stesso, previsti dal Codice di Corporate Governance al fine di garantire che la nomina del nuovo CdA avvenga secondo criteri di trasparenza e in modo funzionale a realizzarne la composizione ottimale.

La nomina del nuovo board, lungi dall’essere un mero “affare tra soci”, vede pertanto nell’organo amministrativo uno degli attori principali; e la circostanza che quest’ultimo presenti una propria lista di candidati rappresenta un naturale esito delle dinamiche che ne guidano l’agire.

Nel quadro appena delineato, i principali interrogativi si attestano, dunque, sul garantire che l’utilizzo della lista del consiglio avvenga in conformità con i princìpi del voto di lista, al riparo dal rischio che alcuni soci, o lo stesso consiglio, possano servirsene per influenzare illegittimamente il processo di nomina delle cariche sociali.

2. Questioni interpretative scaturenti dall’evolversi delle prassi di mercato

A una prima osservazione, la lista del consiglio può fungere da valido strumento per raccogliere i consensi di larga parte della compagine sociale; realizzando, in concreto, la funzione di centro unitario di composizione di interessi di cui il board è insignito dal Codice di Corporate Governance[5].

Nelle società la cui compagine azionaria risulta maggiormente frammentata, specialmente in presenza di investitori istituzionali, la lista del consiglio appare funzionale alla soluzione di numerosi problemi, oltre che ad un maggiore efficientamento dei c.d. agency costs. Da non trascurare, inoltre, è l’eventualità che accordi o forme di cooperazione tra azionisti finalizzate alla presentazione di una lista “lunga” di candidati per l’elezione del consiglio di amministrazione possano integrare una fattispecie di azione di concerto, rilevante ai fini dell’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto[6].

In tale prospettiva, la lista del consiglio, specialmente in società a controllo fluido, appare pertanto funzionale a rafforzare l’autonomia dell’organo amministrativo rispetto agli azionisti di maggior rilevanza; facilitando la separazione tra proprietà e gestione e riducendo così il rischio che ai primi possa essere imputato l’esercizio di una influenza dominante sull’emittente[7].

D’altro canto, in presenza di un azionariato particolarmente diffuso, il rischio è che gli incumbent directors si avvalgano della posizione di vantaggio derivante dalle risorse e dal patrimonio di informazioni acquisite in ragione della carica al fine di assicurarsi che la lista del consiglio risulti vittoriosa rispetto a qualunque altra lista di emanazione sociale, ostacolando, di fatto, la partecipazione degli azionisti al processo di nomina del management[8].

La lista del consiglio può assumere connotati altrettanto ambivalenti nel contesto di società caratterizzate dalla presenza di uno o più azionisti “forti”.

A tal proposito, si è rilevato come la presentazione di una lista del CdA, in quanto frutto di processi atti a garantirne la composizione ottimale, possa certamente mitigare il rischio che il socio di maggioranza presenti liste di candidati di suo gradimento, ma “non idonei” a farsi carico del management della società. Del pari, è stato sottolineato come la lista del consiglio possa agevolare una maggior inclusione nel processo di nomina del board da parte dei soci di minoranza (anche quando si tratti di investitori istituzionali), il cui consenso potrebbe confluire su quest’ultima, evitando l’instaurarsi di una dialettica competitiva con i gruppi di comando[9].

Posta la bontà di tali considerazioni, il più concreto ed evidente rischio connesso alla presentazione di una lista del consiglio in emittenti a proprietà concentrata è che quest’ultima sia strumentalizzata dagli azionisti “forti” al fine di indirizzare l’elezione dell’organo amministrativo e, di riflesso, le scelte gestionali della società.

In quest’ottica, la lista del consiglio diverrebbe un espediente al servizio dei soci più influenti; i quali, celandosi dietro «l’aura di indipendenza e di maggiore forza persuasiva»[10] dello strumento, potrebbero servirsene per offuscare la trasparenza dei processi di selezione dei candidati e di composizione della lista, alterandone la regolare competizione con le liste presentate dai soci. Allo stesso modo, la formale terzietà della lista del consiglio rispetto alle liste di emanazione sociale potrebbe fungere da scudo per occultare eventuali rapporti di collegamento tra quest’ultima e la lista presentata dal gruppo di comando, con potenziali risvolti anche sul piano della già accennata ipotesi dell’azione di concerto.

In conseguenza di quanto sopra, risulta pertanto essenziale che gli emittenti implementino adeguati presidi al fine di assicurare la trasparenza dei meccanismi di formazione e presentazione della lista del consiglio; e, più in generale, che sia garantita adeguata tutela dell’interesse degli azionisti di minoranza a non veder pregiudicato il proprio diritto di concorrere nei processi di nomina dei gestori della società.

3. Profili applicativi: la lista del consiglio “seconda classificata”

Nel sistema del voto di lista, la nomina di almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione è riservata alla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e che, a sua volta, non risulti collegata, neppure indirettamente, con i soci che hanno presentato o votato la lista più suffragata all’esito delle votazioni (art. 147-ter, comma 3, TUF).

Alla luce di quanto precede, ci si interroga su quale sia la sorte della lista del consiglio nell’ipotesi in cui questa risulti seconda classificata rispetto ad altra lista “lunga” presentata dai soci. In particolare, si discute se dalla lista degli amministratori uscenti possano comunque eleggersi i consiglieri “di minoranza” ovvero se i seggi vacanti debbano essere assegnati a candidati provenienti da una eventuale terza lista, maggiormente rappresentativa delle minoranze azionarie.

Il dibattito sul tema rimane sostanzialmente aperto. Da un lato si colloca chi, intravedendo nella lista del consiglio una connotazione di per sé “maggioritaria”, sostiene che da questa non possano in alcun caso essere tratti gli amministratori di minoranza. In tale prospettiva, la lista del consiglio sarebbe sostanzialmente equiparabile a quella presentata dai soci di riferimento e per ciò stesso dovrebbe essere sopravanzata dalla lista che, pur avendo raccolto un minor numero di preferenze, risulti più vicina ai soci di minoranza[11].

In senso opposto, si afferma che equiparare la lista del consiglio alla lista dei soci di controllo implicherebbe ammettere che l’organo amministrativo operi come longa manus di questi ultimi; con la conseguenza che tutti i presidi di corporate governance in materia di composizione e funzionamento del board risulterebbero privi di significato. Secondo questa linea di pensiero, a prevalere dovrebbe essere la volontà dei soci espressa in sede assembleare; talché, una volta introdotta in statuto la clausola che ne ammette la presentazione, non si vede perché dalla lista del consiglio non possano trarsi gli amministratori che la legge vuole espressione della minoranza[12].

Ciò detto, è opportuno sottolineare come diversi emittenti abbiano adottato apposite disposizioni statutarie al fine di “neutralizzare” il problema, introducendo meccanismi di elezione dei consiglieri tali da assicurare una rappresentanza nel board anche ad una eventuale terza lista presentata dai soci di minoranza[13].

4. (segue) Il collegamento con altre liste e l’interesse degli amministratori uscenti alla rielezione

In una prospettiva più ampia, il problema si sposta sull’individuazione delle ipotesi in cui la lista del consiglio possa dirsi “collegata” con altre liste presentate dai soci, in particolar modo quella facente capo agli azionisti di maggioranza.

Stando al tenore dell’ art. 144-quinquies del Regolamento Emittenti – che delinea un elenco non tassativo di fattispecie in presenza delle quali si presume la sussistenza di un collegamento «fra uno o più soci di riferimento e uno o più soci di minoranza»[14] – sembrerebbe infatti che la presenza di rapporti di collegamento debba essere valutata soltanto nei riguardi degli azionisti che hanno presentato le liste, a nulla rilevando, invece, eventuali legami tra la lista del consiglio e le liste dei soci.

Eppure, come già precisato, è innegabile che nell’assetto organizzativo degli emittenti quotati – specialmente in società con azionariato concentrato – possano instaurarsi solide relazioni di fiducia tra gli esponenti di spicco del management e l’azionista di maggioranza, che tendenzialmente ne propone la nomina e ne determina l’elezione.

Da qui la necessità di estendere il sindacato sull’esistenza di rapporti di collegamento alle circostanze in cui si possa desumere, anche in via presuntiva, che la lista del consiglio e quella del socio di controllo siano imputabili «a un’unica volontà, frutto di un verosimile agire coordinato»[15]. Tale scrutinio andrebbe dunque effettuato tenendo in considerazione le specificità di ciascun caso concreto, al fine di evitare, per l’appunto, che la lista del consiglio sconti una indebita influenza da parte dei gruppi di comando o sia espressione della volontà di questi ultimi.

D’altro canto, il citato approccio non consentirebbe di disporre di criteri univoci per la valutazione di eventuali rapporti di collegamento; con il rischio che la questione assuma contorni di litigiosità tali da sfociare in un contenzioso[16].

In assenza di una cornice normativa ben definita, l’attenzione deve dunque rivolgersi, ancora una volta, all’adozione di meccanismi statutari che consentano di escludere eventuali collegamenti tra la lista del consiglio e altre liste, o quantomeno di limitarne il rischio.

Alla luce del dibattito sull’argomento, la soluzione apparentemente più idonea al conseguimento di tale risultato è quella che ascrive particolare rilievo al coinvolgimento del comitato nomine nelle fasi di composizione e approvazione della lista del consiglio.

Tale comitato quest’ultimo – composto in prevalenza da amministratori indipendenti – dovrebbe essere infatti investito di un ampio potere di valutazione delle candidature, il cui esame dovrebbe tener conto delle risultanze dell’autovalutazione compiuta dal consiglio stesso e, più in generale, dei princìpi sanciti dall’autodisciplina per l’ottimale composizione dell’organo amministrativo[17]. In tale prospettiva, l’approvazione della lista del consiglio da parte del comitato nomine, a maggior ragione ove ottenuta con il parere favorevole della maggioranza dei membri indipendenti dello stesso, varrebbe come presidio di garanzia per scongiurare la presenza di collegamenti tra quest’ultima e la lista presentata dai soci di controllo[18].

Da una diversa ed ulteriore angolazione, un rapido cenno merita l’analogo problema di “trasparenza” che potrebbe configurarsi nell’ipotesi in cui alcuni amministratori uscenti siano stati riproposti come candidati nella lista del consiglio.

In tal caso, più che sul collegamento con eventuali liste di emanazione sociale, la questione si attesterebbe sull’eventuale interesse alla rielezione di questi ultimi, riconducibile alle fattispecie di cui all’art. 2391 c.c.; che potrebbe pertanto influenzarne la votazione in merito all’approvazione della lista.

In proposito, se appare certamente opportuno che gli amministratori portatori di un interesse all’adozione di tale delibera ne diano notizia al consiglio prima della votazione, vale segnalare come anche in tale circostanza un coinvolgimento del comitato nomine nella selezione dei candidati da sottoporre all’approvazione dell’organo amministrativo – specie ove i membri del comitato non rientrino tra i nominativi proposti – sia funzionale a garantire la maggiore indipendenza della lista del consiglio, oltre che a scongiurare i rischi di collegamento con altre liste menzionati in precedenza[19].

5. (segue) Il rischio di concerto

Le fasi di consultazione tra azionisti e membri del consiglio uscente propedeutiche alla presentazione di una lista del consiglio pongono rilevanti interrogativi circa la possibilità che tali forme di cooperazione configurino una fattispecie di concerto ai sensi dell’art. 101-bis TUF; determinando, al superamento delle soglie di partecipazione rilevanti di cui all’art. 106 TUF, il sorgere di un obbligo di OPA in capo ai potenziali concertisti[20].

A tenore dell’art. 44-quater del Regolamento Emittenti sono infatti esclusi dall’ambito di applicazione della disciplina dell’azione di concerto soltanto gli accordi e le forme di cooperazione tra azionisti il cui obiettivo sia presentare o far confluire voti su una lista di minoranza. Per converso, «continuano a correre in parallelo alla nozione di persone che agiscono di concerto»[21], le fattispecie in cui ad essere presentata sia una lista “lunga”, in grado di eleggere la maggioranza dei membri del nuovo consiglio di amministrazione.

Rivolgendo l’indagine alla lista del consiglio, si è rilevato come molte delle attività che, se poste in essere dai soci, potrebbero configurare una fattispecie di concerto, rientrino per la verità nelle normali attribuzioni del board quale organo deputato al perseguimento dell’interesse sociale. Il riferimento, in particolare, è ai momenti di dialogo tra amministratori e azionisti che contraddistinguono le fasi preliminari alla presentazione della lista, al fine di coagulare il più ampio consenso intorno alla medesima. Circostanze che, a ben vedere, trovano fisiologica collocazione nella cornice delle attività di engagement tra il consiglio di amministrazione e le varie componenti della compagine sociale[22].

In senso contrario, viene rilevato come la presentazione della lista del consiglio potrebbe, sulla base di elementi di fatto, costituire un momento nel quale tale dialogo finisce per incidere indirettamente anche sull’interesse dei soci. Il discorso si ricollega, ancora una volta, ai casi in cui la lista del consiglio sia strumentalizzata da parte di alcuni azionisti “forti”; i quali, sfruttando la vicinanza con i consiglieri di propria espressione, si servano di tale mezzo per esercitare la propria influenza sull’emittente, facendo in modo che la lista del consiglio sia espressione delle proprie preferenze.

Anche in questo caso, tuttavia, la configurabilità di un’azione di concerto in capo a tali soggetti non potrà prescindere da una analisi di natura fattuale, all’esito della quale venga riscontrato, ad esempio, che la lista del consiglio sia stata utilizzata per «sostituire liste che essi avrebbero altrimenti dovuto presentare direttamente»[23].

Alla luce di quanto sopra, il dibattito si rivolge alla potenziale “disparità di trattamento” che verrebbe a crearsi, nella prospettiva appena esposta, in un confronto tra la lista del consiglio e un’altra lista “lunga” presentata congiuntamente da più azionisti.

In particolare, gli ampi margini di manovra riservati al consiglio di amministrazione sotto l’egida delle proprie attribuzioni – per ciò stesso sollevati dall’incombenza di eventuali rischi di concerto – porrebbero gli azionisti su un piano di indebito svantaggio, dal momento che soltanto questi ultimi rischierebbero di vedersi esposti, in caso di superamento delle soglie rilevanti, all’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto. Pertanto, in assenza di un chiaro confine tra la cooperazione finalizzata alla presentazione di una lista di maggioranza e l’azione di concerto, non potrebbe escludersi il rischio che i soci di maggioranza facciano confluire il consenso verso una lista “camuffata” presentata dal consiglio di amministrazione[24].

In senso contrario, nell’interpretazione che si ritiene qui maggiormente condivisibile, è stato segnalato come il rischio di concerto sia strettamente connaturato alla stessa qualità di azionista. Di conseguenza, dovrebbe ritenersi del tutto coerente con la ratio della disciplina dell’azione di concerto – i.e., evitare che taluni azionisti, agendo in maniera coordinata, acquisiscano o rafforzino il controllo sulla società – che l’eventuale incombenza dell’obbligo di OPA gravi solo ed esclusivamente sui soci. E del resto non si vedrebbe su quali presupposti possa poggiare un obbligo di OPA rispetto ai gestori dell’emittente, i quali, «in quanto tali, non detengono e non possono detenere il controllo dell’emittente che amministrano»[25], anche laddove la lista da questi presentata sia in grado di raccogliere la maggioranza dei consensi in assemblea.

Al di là delle diverse interpretazioni del fenomeno, risulta evidente come la labilità dei confini che separano l’azione di concerto dalle diverse e meno intense forme di “agire coordinato” tra azionisti – o tra questi e gli amministratori uscenti – al fine di presentare una lista per l’elezione della maggioranza dei consiglieri, non consenta di determinare con certezza se e in quali circostanze una forma di concerto possa ritenersi sussistente. Qualsiasi valutazione non potrà pertanto dirsi conclusiva, dovendo necessariamente “fare i conti”, in ultima istanza, con le specificità di ciascun caso.

6. L’intervento della Consob e i possibili sviluppi normativi sulla lista del CdA

L’evolversi del dibattito intorno alla lista del consiglio, ulteriormente amplificato dal rilievo mediatico delle vicende degli ultimi mesi[26], ha fornito un decisivo impulso verso un primo pronunciamento dell’Autorità di Vigilanza, recentemente espressasi sull’argomento con un “richiamo di attenzione”, pubblicato lo scorso 21 gennaio all’esito di una consultazione con il mercato[27].

Il documento, di natura non regolamentare, formula una serie di osservazioni sulle diverse criticità connesse all’istituto in esame, invitando ciascun emittente a tenerne conto in sede di adozione di una lista del consiglio.

A giudizio dell’Autorità, risulta essenziale che il processo di composizione e presentazione della lista del CdA si svolga secondo criteri di trasparenza. A tal proposito, in linea con lo sviluppo della prassi, si suggerisce la preventiva adozione e pubblicazione di una procedura atta a regolare i meccanismi di composizione della lista del consiglio e disciplinare i compiti degli organi coinvolti, al fine di garantire la maggiore accountability dell’intero processo[28].

Dal punto di vista sostanziale, particolare rilievo viene attribuito al coinvolgimento degli amministratori indipendenti nella formazione e presentazione della lista, con particolare riferimento al supporto del comitato nomine nelle varie fasi di selezione dei candidati[29].

Quanto ai rapporti di collegamento tra la lista del consiglio e altre liste presentate dagli azionisti – in particolar modo nell’ipotesi in cui alcuni di essi siano al contempo amministratori dell’emittente – il richiamo di attenzione distingue a seconda che il coinvolgimento di tali soggetti sia circoscritto alle fasi propedeutiche alla presentazione della lista (i.e., autovalutazione del board e formulazione dell’orientamento sulla composizione quali-quantitativa ottimale dell’organo) ovvero si estenda anche alla concreta individuazione dei nominativi dei candidati da proporre[30].

Nella fattispecie, la partecipazione alla prima soltanto di tali fasi non solleverebbe particolari criticità, mentre risulterebbe maggiormente problematico il coinvolgimento dei predetti amministratori nella scelta dei propri successori. In tali ipotesi, infatti, sarebbe più agevole presumere che la terzietà della lista del consiglio sia “viziata” da rapporti di collegamento con il socio-amministratore; situazione, quest’ultima, che verrebbe a ripetersi in forma ancor più intensa nel caso in cui lo stesso socio-amministratore (o l’esponente aziendale del gruppo a questi facente capo) risulti incluso nella lista del consiglio.

Al riguardo, tuttavia, la posizione dell’Autorità non risulta del tutto convincente. Come detto in precedenza, alla luce delle carenze del quadro normativo e regolamentare in materia, il sindacato sulla sussistenza di rapporti di collegamento tra la lista del CdA e le liste presentate dai soci non potrà prescindere da una valutazione effettuata caso per caso, cui mal si attaglia la presunzione di un collegamento basata sull’elemento “formale” della partecipazione o meno alle diverse fasi del procedimento di composizione della lista e individuazione dei candidati[31].

Appare coerente con le opinioni della dottrina, invece, il richiamo alla disciplina dell’art. 2391 c.c. in merito al comportamento degli amministratori portatori di un interesse alla rielezione nel contesto della votazione, nel senso di imporre un obbligo di disclosure in capo a questi ultimi e un obbligo di motivazione rafforzata in capo all’intero consiglio circa l’approvazione della lista[32].

Diversamente, il richiamo di attenzione non fornisce significativi chiarimenti in merito al rapporto tra la presentazione di una lista del consiglio uscente e l’azione di concerto. L’Autorità si limita a sottolineare l’importanza di garantire la trasparenza e la appropriata documentazione delle attività di dialogo tra azionisti e amministratori; precisando come, al fine di garantire il rispetto delle norme in tema di OPA obbligatoria, risulterebbe opportuno che tale consultazione sia circoscritta soltanto all’individuazione dei criteri qualitativi e quantitativi per la composizione ottimale del board, senza estendersi sino alla scelta dei nominativi dei candidati.

In parallelo all’intervento della Consob, anche il mondo della politica ha mosso i primi passi verso una regolamentazione del fenomeno. Sul finire dello scorso anno è stato presentato alla Commissione Finanze del Senato un disegno di legge (S. 2433) avente ad oggetto l’introduzione nel TUF dell’articolo 147-ter.1, destinato a trovare applicazione nelle ipotesi di presentazione di una lista da parte del consiglio uscente[33].

Si tratta di una riforma in fase embrionale e con tempistiche di attuazione ancora da definire, che al momento non sembra riscuotere eccessivi entusiasmi in seno alla comunità scientifica[34]. In particolare, non pare del tutto convincente la scelta di escludere a priori la possibilità che dalla lista del consiglio “seconda classificata” siano tratti i nuovi amministratori di minoranza. Il disegno di legge sembrerebbe infatti dettare una presunzione di collegamento tra la lista del consiglio e la lista dei soci di maggioranza; sicché, in assenza di una eventuale terza lista, la nomina dell’intero board rimarrebbe esclusivamente nelle mani di questi ultimi[35].

Altrettanti dubbi vengono sollevati sul limite alla rieleggibilità imposto in capo ai potenziali candidati – i quali non potrebbero essere inclusi nella lista del consiglio qualora abbiano ricoperto l’incarico di amministratore dell’emittente per sei o più anni consecutivi – oltre che sul meccanismo di elezione degli stessi, che dovrebbe passare, successivamente al voto assembleare sulla lista, per una ulteriore fase di “conferma” basata sul voto individuale dei singoli candidati.

Da ultimo, risulta piuttosto rigida la scelta di considerare quali parti correlate ai sensi dell’art. 2391-bis, in ogni ipotesi di presentazione di una lista del CdA, tutti i soci che detengano una partecipazione pari o superiore allo 0,50% del capitale. Presunzione, quest’ultima, che sembrerebbe fungere da disincentivo all’utilizzo dello strumento in esame[36].

7. Considerazioni conclusive sulla lista del CdA

A conclusione del percorso ricostruttivo sin qui delineato, è possibile affermare come il dibattito intorno alla lista del consiglio uscente, pur superato ogni dubbio circa la sua ammissibilità nel nostro ordinamento[37], sembri ben lontano dall’essere giunto ad approdi sicuri.

Nell’analizzare i profili di criticità relativi all’istituto in esame, si è cercato di mettere in luce la difficoltà di individuare delle soluzioni univoche, tali da adattarsi a tutte le ipotesi di presentazione una lista del CdA. E ciò proprio in virtù della endemica diversità che contraddistingue le società quotate italiane; sicché, come di recente affermato in dottrina, «non solo lo stesso assetto non si adatta a tutte (one size doesn’t fit all), ma non si confà neanche alla maggior parte di esse (one size doesn’t fit most[38].

In un simile scenario, mal si collocano le prese di posizione e le eventuali scelte di carattere legislativo volte a imporre dei rigidi confini all’utilizzo di uno strumento che per sua stessa natura, nasce e si sviluppa negli spazi riservati all’autonomia statutaria.

D’altro canto, il progressivo mutamento degli assetti proprietari del mercato dei capitali e la crescente diffusione del fenomeno, rendono necessario individuare un punto di equilibrio tra le spinte evolutive della prassi e l’adozione di un sistema di regole – o quantomeno di princìpi cardine – che ne impediscano l’utilizzo per finalità distorsive. Una valida risorsa, a tal fine, è certamente rinvenibile nei presidi e nelle best practices già individuati dall’autodisciplina, che la stessa Consob ha più volte richiamato nel suo recente intervento quali validi criteri guida per gli emittenti nel processo di composizione e presentazione della lista del CdA.

Quel che è evidente, in ogni caso, è che la lista del consiglio sia ormai una realtà di non trascurabile rilievo nel panorama della corporate governance degli emittenti quotati. In attesa di ulteriori sviluppi, è certamente significativo che l’Autorità di Vigilanza e il legislatore abbiano intrapreso i primi passi per una regolamentazione del fenomeno e per la risoluzione delle numerose questioni ancora da decifrare.

 

[1] Tra i contributi più recenti sull’argomento, si segnalano G. MOLLO, La clausola statutaria che consente al c.d.a. di presentare una propria lista per il suo stesso rinnovo è legittima?, in Giur. comm., III, 2022, pp. 520 ss.; G. BALLERINI, La lista del consiglio di amministrazione, in Riv. dir. civ., IV, 2022, pp. 745 ss.; M. STELLA RICHTER Jr., Voto di lista e lista del consiglio: prospettive di riforma, in questa Rivista, giugno 2022; A. PERRONE – P. M. SANFILIPPO, La lista presentata dal consiglio di amministrazione nelle società a proprietà concentrata, in Riv. dir. banc., I, 2022; S. CACCHI PESSANI, Il voto di lista per la nomina degli amministratori nelle società a controllo “fluido”: prassi, problemi e prospettive, in Riv. soc., 2021, IV, pp. 705 ss.; M. VENTORUZZO, Note sulla lista del consiglio uscente per l’elezione degli amministratori nelle società quotate, in Riv. soc., V-VI, 2020, pp. 1398 ss.; E. PUCCI, Regole di composizione e presentazione della lista del consiglio di amministrazione uscente nelle società quotate, in Riv. dir. comm., 2018, I; N. CIOCCA, Il voto di lista nelle società per azioni, Milano, 2018.

[2] Per una ricognizione, cfr., ex multis, S. ALVARO – G. MOLLO – G. SICILIANO, Il voto di lista per la rappresentanza di azionisti di minoranza nell’organo di amministrazione delle società quotate, in Quaderni giuridici Consob, 1/2012 pp. 16 ss.

[3] Così, M. STELLA RICHTER Jr., Voto di lista e lista del consiglio: prospettive di riforma, cit., p.4, ove si sottolinea che l’attuale sistema del voto di lista appare “invecchiato”, essenzialmente, per le seguenti ragioni: (i) mutamento della tipologia di società quotata oggi presente sul mercato (con particolare riferimento alla composizione dell’azionariato e ai relativi assetti proprietari); (ii) mutamento della «tipologia di azionista di mercato» rispetto alla cui figura erano state concepite le c.d. liste di minoranza (data la sempre maggior presenza, nell’attuale contesto di mercato, di investitori professionali o istituzionali stranieri); (iii) riduzione degli spazi riservati all’autonomia statutaria.

[4] Va affermandosi, in altre parole, il modello delle c.d. quasi-public companies o società “a controllo fluido”. Così, S. CACCHI PESSANI, cit., pp. 705 ss.

[5] Sul punto, cfr. M. IRRERA, Luci e (molte) ombre sulla lista del CdA per la nomina degli amministratori nelle società quotate: brevi appunti, in ILCASO.it, n. 1167, 11 ottobre 2021.

[6] Sull’argomento ci si soffermerà più avanti. Al momento, basti precisare che le attuali lacune del sistema normativo in tema di azione di concerto e OPA obbligatoria espongono gli investitori istituzionali intenzionati a concorrere all’elezione della maggioranza del board al potenziale rischio di dover promuovere un’OPA che tendenzialmente esula dalle finalità dell’investimento di questi operatori. Sul punto, cfr. S. CACCHI PESSANI, cit., p. 718 e ss.; G. BALLERINI, La lista del consiglio di amministrazione, cit., pp. 751 ss.

[7] In questi termini, M. VENTORUZZO, Note, cit. Sul punto, cfr. anche M. IRRERA, cit., p. 2.

[8] Si pensi, ad esempio, allo scenario in cui il consiglio sia l’unico soggetto ad aver presentato una lista lunga. Sul punto, ex multis, G. BALLERINI, La lista del consiglio di amministrazione, cit., pp. 760 ss.; S. CACCHI PESSANI, cit., pp. 730 ss; A. PERRONE – P. M. SANFILIPPO, cit., pp. 17 ss.; N. CIOCCA, cit., pp. 101 ss.

[9] Per le considerazioni sin qui esposte, cfr. A. PERRONE – P. M. SANFILIPPO, cit., pp. 17 ss.

[10] Così, M. IRRERA, cit., p. 2.

[11] Così, M. IRRERA, cit., p. 3. In senso conforme N. CIOCCA, cit. p. 408.

[12] In questo senso, cfr. A. PERRONE – P. M. SANFILIPPO, cit., p. 14; M. VENTORUZZO, Note, cit., pp. 1411 ss.

[13] È il caso, ad esempio, dell’ultima versione dello statuto di Mediobanca nonché degli statuti di Prysmian e Generali. Sul punto, M. VENTORUZZO, Ivi.

[14] Si tratta, in particolare, delle seguenti ipotesi: (i) rapporti di parentela; (ii) appartenenza al medesimo gruppo; (iii) rapporti di controllo tra una società e coloro che la controllano congiuntamente; (iv) rapporti di collegamento ai sensi dell’articolo 2359, comma 3 del codice civile, anche con soggetti appartenenti al medesimo gruppo; (v) svolgimento, da parte di un socio, di funzioni gestorie o direttive, con assunzione di responsabilità strategiche, nell’ambito di un gruppo di appartenenza di un altro socio; (vi) adesione ad un medesimo patto parasociale previsto dall’articolo 122 TUF avente ad oggetto azioni dell’emittente, di un controllante di quest’ultimo o di una sua controllata. Sul punto, cfr. CETRA – PORTALE, Sul “collegamento” tra liste in caso di voto di lista per la nomina dei componenti del c.d.a. di una s.p.a. chiusa, in Vita not., 2018, pp. 1103 ss.

[15] M. VENTORUZZO, Note, cit., pp. 1413 ss. In senso conforme, A. PERRONE – P. M. SANFILIPPO, cit., pp. 11 ss.

[16] E ciò specialmente quando le circostanze dalle quali si desume la sussistenza del collegamento possano integrare una ipotesi di concerto. Sul punto, PERRONE – SANFILIPPO, cit., p. 12.

[17] Sulla centralità del comitato nomine nei processi di valutazione e composizione della lista, cfr. P. MARCHETTI et al., Uno sguardo alla governance delle società quotate, in Riv. soc., 2018, 265; E. PUCCI, cit. p. 16.

[18] Cfr. M. VENTORUZZO, Note, cit., p. 1416; A. PERRONE – P. M. SANFILIPPO, cit., p. 16. In senso parzialmente contrario, M. IRRERA, cit., p. 4.

[19] Sul punto, oltre che sulla riconducibilità dell’interesse alla “rielezione” dei consiglieri alla fattispecie di cui all’art. 2391 c.c., cfr. M. VENTORUZZO, Note, cit., pp. 1421 ss. Sul punto, cfr. anche A. PERRONE – P. M. SANFILIPPO, cit., pp. 16 ss.

[20] In generale, sul rapporto tra sistema del voto di lista e azione di concerto, cfr. C. MOSCA, Attivismo degli azionisti, voto di lista e «azione di concerto», in Riv. soc., 2013, I, pp. 118 e ss. Della medesima A., cfr. anche Azione di concerto e OPA obbligatoria, Milano, 2013.

[21] Così, C. MOSCA, Attivismo degli azionisti, cit., p. 144. In argomento, cfr. anche S. CACCHI PESSANI, cit., pp. 717 ss. e i recenti contributi di M. IRRERA, La dittatura della lista del CdA: ovvero il nuovo che avanza? Brevi note, in ILCASO.it, 4 aprile 2022 e M. VENTORUZZO, La libertà della lista dei soci: ovvero l’OPA che avanza? Brevissime note, in ILCASO.it, 6 aprile 2022.

[22] Cfr. S. CACCHI PESSANI, cit., p. 732; M. IRRERA, La dittatura della lista del CdA, cit., p 4.

[23] S. CACCHI PESSANI, cit., p. 733.

[24] Cfr. M. IRRERA, La dittatura della lista del CdA, cit., p 4; G. BALLERINI, La lista del consiglio di amministrazione, cit., pp. 762 ss.

[25] Così, M. VENTORUZZO, La libertà della lista dei soci, cit. pp. 2 ss.

[26] Il riferimento è alla nota vicenda del rinnovo del Consiglio di Amministrazione di Assicurazioni Generali S.p.A. – da cui peraltro trae origine il Richiamo di Attenzione di Consob – culminata lo scorso 29 aprile 2022 con la vittoria in assemblea della lista del CdA. Per una ricostruzione, cfr. G. MOLLO, La clausola statutaria, cit., pp. 520 ss.

[27] CONSOB, Richiamo di attenzione – La presentazione di una lista da parte del consiglio di amministrazione uscente per il rinnovo del medesimo consiglio, 21 gennaio 2022. Per i primi riscontri sul documento, cfr. COMI), Parere in merito al richiamo di attenzione concernente la presentazione di una lista da parte del consiglio di amministrazione per il rinnovo del medesimo consiglio, dicembre 2021; ASSONIME, Risposta alla consultazione Consob sul documento “la presentazione di una lista da parte del consiglio di amministrazione uscente per il rinnovo del medesimo consiglio – richiamo di attenzione”, in Interventi e Consultazioni, 16/2021.

[28] CONSOB, Richiamo di attenzione, cit., par. 2.3. lett. a).

[29] E ciò, in particolare, anche mediante l’espressione, da parte del comitato nomine, di specifiche raccomandazioni sui profili professionali necessari al conseguimento della ottimale composizione del consiglio e mediante una effettiva valutazione delle candidature proposte. Cfr., CONSOB, Richiamo di attenzione, cit., par. 2.3. lett. b).

[30] CONSOB, Richiamo di attenzione, cit., par. 2.3, lett. e).

[31] In senso conforme, ASSONIME, Risposta alla consultazione, cit., p. 6; e COMI, Parere, cit., p. 5.

[32] CONSOB, Richiamo di attenzione, cit., par. 2.3, lett. d).

[33] Per una analisi approfondita del testo e delle finalità della proposta di riforma, si rinvia al dossier del Servizio Studi del Senato, Presentazione di liste di candidati da parte dei consigli di amministrazione uscenti delle società quotate, n. 501, marzo 2022.

[34] Su tutti, M. STELLA RICHTER Jr., Tendenze e problemi attuali dell’autonomia statutaria, in Riv. not., V, 2021, pp. 901 ss. Sul punto, cfr. anche G. MOLLO, La clausola statutaria, cit., pp. 532 ss.

[35] Così. M. LIVA, La lista del Cda è una buona idea? in Lavoce, 11 febbraio 2022.

[36] Ibid.

[37] Per una ricostruzione del dibattito, cfr. gli Autori citati alla nota 1. In senso critico, cfr. G. BELLERINI, La lista del consiglio di amministrazione, pp. 745 ss, cit., per cui la lista del consiglio sarebbe ammissibile solo nel caso in cui «gli amministratori appurino, con ragionevole probabilità, che nessuno dei soci è nelle condizioni, perché non vuole o non può, di presentare una lista lunga per l’elezione dei componenti dell’organo gestorio». Ancora aperta è invece la discussione sulla legittimità di una lista del consiglio in assenza di apposita previsione statutaria. Cfr. N. CIOCCA, cit., p. 404 e ss.

[38] M. STELLA RICHTER Jr., Tendenze e problemi attuali dell’autonomia statutaria, cit., p. 911.

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