Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione, tornando su un tema già più volte analizzato dalla giurisprudenza, ha chiarito che: “Integrano il reato indicato [di bancarotta per distrazione] la sottrazione o la dissipazione del bene oggetto di contratto di leasing, in quanto comportano un pregiudizio per la massa fallimentare che viene privata del valore del medesimo bene e, allo stesso tempo, è gravata da un ulteriore onere economico scaturente dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione alla società locatrice.
Infatti, a fronte della disponibilità di fatto – la sola configurabile in capo all’utilizzatore – dovuta alla consegna del bene oggetto di contratto di leasing, la relativa appropriazione da parte sua integra distrazione, in quanto la sottrazione (o la dissipazione) del bene comporta un pregiudizio per la massa fallimentare che viene privata del valore che avrebbe potuto essere conseguito – mediante riscatto al termine del rapporto negoziale – e, al tempo stesso, gravata di ulteriore onere economico scaturente dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione”.
Allo stesso tempo, a fronte dello specifico motivo di ricorso presentato dall’imputato nel quale veniva censurata la sentenza di merito nella parte in cui non aveva riqualificato il delitto di bancarotta fraudolenta documentale in bancarotta semplice ex art. 217 l. fall., la Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire la differenza tra le due ipotesi di reato, facendo leva sulla diversità dell’elemento soggettivo: “mera negligenza o imperizia dell’imprenditore o amministratore” nel caso della bancarotta semplice, “dolo specifico” o “dolo generico” nel caso della bancarotta fraudolenta documentale, a seconda che sia relativa alla sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili o alla tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita.
In questo senso la sentenza si pone in linea di continuità con la giurisprudenza prevalente della Suprema Corte, secondo cui: “La bancarotta semplice e quella fraudolenta documentale si distinguono in relazione al diverso atteggiarsi dell’elemento soggettivo, che, ai fini dell’integrazione della bancarotta semplice r.d. n. 267 del 1942, ex art. 217, comma 2 , può essere indifferentemente costituito dal dolo o dalla colpa, ravvisabili quando l’agente ometta, con coscienza e volontà o per semplice negligenza, di tenere le scritture contabili, mentre per la bancarotta fraudolenta documentale, ex art. 216, comma 1, n. 2) r.d. cit. , l’elemento psicologico deve essere individuato esclusivamente nel dolo generico, costituito dalla coscienza e volontà dell’irregolare tenuta delle scritture, con la consapevolezza che ciò renda impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio dell’imprenditore”.