Il presente contributo analizza le novità apportate in materia di fiscalità immobiliare dalla Legge di Bilancio 2023 connesse al regime di tassazione delle plusvalenze realizzate mediante l’alienazione di partecipazioni in società o enti il cui valore deriva principalmente da immobili situati in Italia.
1. Le modifiche normative in materia di fiscalità immobiliare introdotte dalla Legge di Bilancio 2023
La L. 29 dicembre 2022, n. 197 (“Legge di Bilancio 2023”)[1] ha modificato il regime di tassazione delle plusvalenze realizzate mediante l’alienazione di partecipazioni in società o enti il cui valore deriva principalmente da immobili situati in Italia. La nuova norma, che nelle intenzioni del legislatore dovrebbe essere intesa ad ampliare i criteri di territorialità sanciti dall’art. 23 del T.U.I.R. al fine di renderli conformi all’art. 13, paragrafo 4 del Modello di Convenzione OCSE e all’art. 9 paragrafo 4 della Convenzione multilaterale OCSE (“MLI”), incide in maniera rilevante sulla fiscalità immobiliare rischiando di andare oltre le specifiche finalità dell’intervento normativo.
In particolare, il comma 96 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2023 è intervenuto sull’art. 23 del T.U.I.R. introducendo un nuovo comma 1-bis il quale dispone che “I redditi diversi realizzati mediante la cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società ed enti non residenti, il cui valore, per più della metà, deriva, in qualsiasi momento nel corso dei trecentosessantacinque giorni che precedono la loro cessione, direttamente o indirettamente, da beni immobili situati in Italia si considerano prodotti nel territorio dello Stato. La disposizione del primo periodo non si applica con riferimento alla cessione di titoli negoziati in mercati regolamentati”. La nuova disposizione amplia i presupposti di territorialità validi per attrarre a tassazione i redditi prodotti da soggetti non residenti prevedendo che siano assoggettati a tassazione in Italia i capital gain realizzati a seguito della cessione, a titolo oneroso, di partecipazioni in società o enti non residenti, a condizione che il valore di tali partecipazioni derivi per più del 50% da beni immobili situati in Italia[2]. Restano in ogni caso escluse dalla portata della modifica normativa le plusvalenze realizzate da soggetti non residenti derivanti dalla cessione di titoli negoziati in mercati regolamentati.
Come chiarito anche dalla Relazione di accompagnamento alla Legge di Bilancio 2023, la modifica normativa si pone in linea con il paragrafo 4 dell’art. 13 del Modello di Convenzione OCSE che – al fine di contrastare alcune pratiche abusive – ha parzialmente modificato i tradizionali criteri di ripartizione della potestà impositiva prevedendo che le plusvalenze relative a partecipazioni il cui patrimonio sia rappresentato in prevalenza da immobili siano assoggettate a tassazione anche nel Paese in cui tali immobili sono situati, al pari di quanto avverrebbe in caso di cessione diretta dell’immobile[3].
Sempre al fine di allineare la normativa interna al citato art. 13, paragrafo 4, il comma 97 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2023 è intervenuto sull’ambito applicativo dell’art. 5, comma 5 del D.Lgs. n. 461/1997[4] introducendo un nuovo comma 5-bis il quale stabilisce che il regime di esonero di cui al citato comma 5 non si applica alle plusvalenze relative a partecipazioni non qualificate in società non quotate, sia italiane che estere, il cui valore derivi principalmente da immobili situati in Italia[5].
Una disposizione analoga a quella di cui al citato paragrafo 4 dell’art. 13 del Modello di Convenzione OCSE è stata già recepita in alcune Convenzioni stipulate dall’Italia[6]. Tuttavia, stante la prevalenza della norma interna se più favorevole su quella Convenzionale[7], in mancanza di disposizioni interne – quali quelle introdotte dalla Legge di Bilancio 2023 – che ampliassero i presupposti di territorialità ovvero ridimensionassero i casi di esonero stabiliti a favore di taluni soggetti non residenti, la disposizione Convenzionale era destinata nella maggioranza dei casi a restare inoperante laddove la plusvalenza avesse avuto ad oggetto partecipazioni in società non residenti e non detenute in Italia[8] ovvero nel caso di partecipazioni non qualificate detenute da soggetti residenti in Stati White list o da investitori istituzionali ivi localizzati che beneficiano dell’esonero da imposizione ai sensi dell’art. 5, comma 5 del D.Lgs. n. 461/1997.
Allo stato, le nuove disposizioni in materia di fiscalità immobiliare sono destinate ad operare in concreto solo nell’ipotesi di plusvalenze realizzate da soggetti residenti in Stati che non hanno stipulato una Convenzione contro le doppie imposizioni con l’Italia ovvero che hanno stipulato una Convenzione che già contiene una disposizione in linea con l’art. 13, paragrafo 4 del Modello di Convenzione OCSE e che, quindi, alloca la potestà impositiva concorrente allo Stato in cui sono situati gli immobili oggetto (indirettamente) di cessione. Nulla cambia, invece, nell’immediato in tutti gli altri casi – che rappresentano la maggioranza – in cui con riferimento alle plusvalenze su partecipazioni la Convenzione attribuisce la potestà impositiva esclusiva allo Stato di residenza dell’alienante, senza distinguere a seconda che si tratti di partecipazioni in società ed enti “immobiliari” o meno[9].
Tale situazione è destinata a modificarsi a seguito dell’entrata in vigore della MLI[10] la quale, all’art. 9, paragrafo 4, contiene una disposizione che sostanzialmente riproduce il contenuto del più volte citato art. 13, paragrafo 4 del Modello di Convenzione OCSE. Anche dopo la ratifica da parte dell’Italia della MLI, l’applicazione di tale disposizione tuttavia non sarà automatica, essendo subordinata ad una specifica opzione che deve essere esercitata congiuntamente da entrambi gli Stati contraenti[11]. Pertanto, sebbene l’Italia ad oggi abbia notificato[12] la propria volontà di applicare l’art. 9, paragrafo 4 della MLI, stante la necessaria reciprocità dell’opzione, tale disposizione resterà inoperante nei rapporti con gli Stati che non hanno esercitato una opzione analoga. Da ciò discende che con riferimento a quegli Stati che non hanno optato per l’applicazione del paragrafo 4 dell’art. 9 della MLI e le cui Convenzioni con l’Italia non contengono una previsione analoga a quella dell’art. 13, paragrafo 4 del Modello di Convenzione OCSE (quali ad esempio l’Austria, il Lussemburgo e la Svizzera) le modifiche normative recate dalla Legge di Bilancio 2023 sono destinate a restare prive di effetti, anche dopo l’entrata in vigore della MLI.
2. Possibili implicazioni (rectius: distorsioni) sulla tassazione dei fondi immobiliari
Con riferimento all’ambito oggettivo di applicazione della nuova disposizione, si osserva che, poiché il nuovo comma 1-bis dell’art. 23 del T.U.I.R. pone riferimento alle partecipazioni in “società ed enti”, la nuova norma rischia di attrarre a tassazione in Italia non solo la cessione indiretta di immobili localizzati in Italia realizzata tramite la cessione di partecipazione societarie il cui patrimonio sia prevalentemente costituito dai suddetti immobili, ma anche le plusvalenze derivanti dalla cessione di entità non costituite in forma societaria, quali gli OICR immobiliari, non residenti che detengono prevalentemente immobili in Italia, a prescindere da dove siano detenute le relative quote[13].
Inoltre, a differenza dell’art. 23, comma 1-bis del T.U.I.R. che riguarda solo le società ed enti non residenti, il nuovo comma 5-bis dell’art. 5 del D.Lgs. n. 461/1997 che restringe l’ambito di applicazione dell’esenzione disposta dal comma 5 del medesimo articolo, colpisce anche le società e gli enti residenti in Italia. Ne consegue che, ove prevalesse un’interpretazione ampia del riferimento “enti” che ricomprenda, quindi, non solo i soggetti sostanzialmente assimilabili alle società, per effetto delle modifiche normative qui commentate, un investitore non residente White list potrebbe essere assoggettato a tassazione in Italia anche sulle plusvalenze derivanti dalla cessione di quote di OICR immobiliari residenti e non residenti, ovunque detenute, a condizione che il relativo valore derivi principalmente da beni immobili situati in Italia[14].
Tale circostanza (che probabilmente va al di là delle intenzioni immediate del legislatore) rischia di penalizzare in certi casi gli investitori istituzionali attivi nel mercato immobiliare italiano disincentivandoli dall’investire nel nostro Paese. Ove si seguisse tale interpretazione, la modifica normativa comporterebbe, peraltro, un trattamento fiscale differenziato a seconda che i proventi riferibili ai suddetti fondi immobiliari siano realizzati mediante la cessione delle relative quote ovvero sotto forma di distribuzioni dei proventi con conseguenze difficilmente giustificabili sotto un profilo sistematico.
Al riguardo, si osserva infatti che i proventi distribuiti da fondi immobiliari istituiti in Italia a soggetti non residenti sono, in linea di principio, assoggettati a ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 26% ai sensi dell’art. 7, comma 1 del D.L. n. 351/2001, fatte salve le specifiche ipotesi di esonero da ritenuta contemplate nell’art. 7, comma 3 del D.L. n. 351/2001 il quale dispone che “La ritenuta non si applica sui proventi percepiti da fondi pensione, da prodotti pensionistici individuali paneuropei (PEPP) di cui al regolamento (UE) 2019/1238 e organismi di investimento collettivo del risparmio esteri, sempreché istituiti in Stati o territori inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché su quelli percepiti da enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia e da banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato”. Tale regime impositivo non ha subito modifiche per effetto delle disposizioni in commento. Ed infatti, le modifiche recate dalla Legge di Bilancio 2023 intervengono solo sul trattamento fiscale dei redditi diversi realizzati da soggetti non residenti estendendo il regime di territorialità delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in società ed enti “immobiliari” non residenti ovvero circoscrivendo l’ambito di applicazione dell’esenzione di cui all’art. 5, comma 5 del D.Lgs. n. 461/1997 relativa alle plusvalenze realizzate da soggetti non residenti White list, senza incidere invece sul regime fiscale dei proventi distribuiti dagli OICR residenti.
È evidente che, ove fosse accolta un’interpretazione estensiva del riferimento agli “enti”, un OICR White list[15] che abbia investito in un fondo immobiliare italiano avrà convenienza ad incassare i redditi derivanti dal suddetto investimento mediante la distribuzione dei proventi conseguiti dal fondo piuttosto che tramite la cessione delle relative quote.
La stessa incoerenza si manifesterebbe in relazione ai proventi derivanti da fondi esteri il cui patrimonio sia investito prevalentemente in immobili situati in Italia. Infatti, anche in questo caso i relativi proventi ove percepiti da soggetti non residenti sotto forma di distribuzioni sarebbero esclusi da qualsiasi imposizione in Italia per carenza del requisito di territorialità, mentre le eventuali plusvalenze realizzate da un investitore non residente per effetto della cessione delle relative quote sarebbero attratte ad imposizione in Italia in virtù del nuovo comma 1-bis dell’art. 23 del T.U.I.R., senza poter beneficiare del regime di esonero disposto dall’art. 5, comma 5 del D.Lgs. n. 461/1997.
Al fine di dissipare il dubbio interpretativo prima evidenziato sarebbe auspicabile un intervento correttivo da parte del legislatore finalizzato ad escludere espressamente dall’ambito applicativo della nuova disposizione gli immobili detenuti per il tramite di fondi immobiliari. Tale impostazione non solo avrebbe il pregio di superare l’incoerenza tra il trattamento fiscale dei proventi derivanti da fondi immobiliari e quello delle relative plusvalenze, ma appare maggiormente in linea con la scelta effettuata dal legislatore di escludere dall’ambito applicativo della disposizione in commento i titoli negoziati su mercati regolamentati. Ed infatti, in entrambi i casi l’investimento è principalmente mosso da una logica finanziaria tipica dell’investimento in titoli ed appare più difficilmente assimilabile alla detenzione indiretta del bene immobile sottostante[16].
[1] Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2022.
[2] Nel corso dei lavori parlamentari è stata introdotta una specifica eccezione (comma 98 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2023) al fine di escludere dall’applicazione della disposizione in commento i beni immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività di impresa (c.d., immobili merce) nonché quelli utilizzati direttamente nell’esercizio dell’impresa (c.d., immobili strumentali).
[3] Prima delle modifiche introdotte nel 2003 al Modello di Convenzione OCSE, le plusvalenze realizzate sulla cessione diretta di immobili potevano essere assoggettate a tassazione nel Paese della fonte (ossia dove gli immobili sono situati), ai sensi dell’art. 13 paragrafo 1 del Modello di Convenzione OCSE. Viceversa, le plusvalenze relative alla cessione di partecipazioni erano tassabili solo nel Paese di residenza dell’alienante, senza alcuna distinzione tra partecipazioni in veicoli immobiliari o meno. In questo modo, la cessione indiretta di immobili tramite il trasferimento di partecipazioni in società immobiliari poteva sfuggire alla tassazione del Paese in cui tali immobili erano situati. Al fine di contrastare possibili manovre abusive, il Modello di Convenzione OCSE è stato modificato nel 2003 introducendo nell’art.13 il paragrafo 4 il quale, nella sua attuale formulazione (come risultante a seguito delle ulteriori modifiche recate nel 2017), dispone che “Gains derived by a resident of a Contracting State from the alienation of shares or comparable interests, such as interests in a partnership or trust, may be taxed in the other Contracting State if, at any time during the 365 days preceding the alienation, these shares or comparable interests derived more than 50 per cent of their value directly or indirectly from immovable property, as defined in Article 6, situated in that other State”. La finalità di tale modifica è chiaramente illustrata dal paragrafo 28.3 del Commentario all’art. 13 del Modello di Convenzione OCSE ove si osserva che “By providing that gains from the alienation of shares or comparable interests which, at any time during the 365 days preceding the alienation, derived more than 50 per cent of their value directly or indirectly from immovable property situated in a Contracting State may be taxed in that State, paragraph 4 provides that gains from the alienation of such shares or comparable interests and gains from the alienation of the underlying immovable property, which are covered by paragraph 1, are equally taxable in that State”.
[4] L’art. 5, comma 5 del D.Lgs. n. 461/1997 esonera da imposizione in Italia i redditi diversi di cui all’art. 67, comma 1, lettere da c-bis) a c-quinquies) del T.U.I.R. (con l’eccezione, quindi, delle plusvalenze relative a partecipazioni qualificate di cui alla lettera c) del citato art. 67) realizzati da:
- soggetti residenti in Stati White List;
- investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Paesi White list;
- banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato.
[5] Per completezza, si segnala che le nuove disposizioni contenute nei commi 96 e 97 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2023 non si applicano alle plusvalenze realizzate dagli OICR di diritto estero conformi alla Direttiva 2009/65/CE ovvero a quelli non conformi alla suddetta direttiva, ma il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza ai sensi della Direttiva 2011/61/UE, istituiti in Stati dell’Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni. Tale eccezione è stata opportunamente introdotta nel corso dei lavori parlamentari al fine di evitare che le modifiche normative recate dalla Legge di Bilancio 2023 producessero l’effetto di reintrodurre una discriminazione a danno dei fondi UE/SEE vigilati, vanificando il risultato conseguito tramite l’introduzione dell’art. 1, comma 633 della Legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di Bilancio 2021) che mirava appunto ad eliminare tale discriminazione – che configurava una ingiustificata limitazione alla libertà di circolazione dei capitali sancita dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea – equiparando il trattamento dei fondi UE/SEE vigilati a quello dei fondi italiani i quali sono esonerati da imposizione su qualsiasi plusvalenza, a prescindere che la stessa sia riferibile a società “immobiliari” o meno.
[6] Tra le principali Convezioni stipulate dall’Italia che già contengono una disposizione analoga all’art. 13, paragrafo 4 del Modello di Convenzione OCSE (nella versione anteriore alle modifiche recate nel 2017) si segnalano: Israele, Cina, Francia (cfr., paragrafo 8 del Protocollo) e Stati Uniti (cfr., paragrafo 12 del Protocollo).
[7] Cfr. art. 169 del T.U.I.R. il quale dispone che “Le disposizioni del presente testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione”.
[8] Prescindendo dalle modifiche normative in commento, le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni sono assoggettate ad imposizione in Italia, ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. f) del T.U.I.R., solo se riferite a partecipazioni in società residenti (ad eccezione delle partecipazioni non qualificate in società quotate) o se i relativi titoli sono depositati presso un intermediario italiano. In tal caso, infatti, si tratterebbe di plusvalenze derivanti da beni che si trovano nel territorio dello Stato e pertanto rilevanti territorialmente ai sensi dell’art. 23 comma 1, lett. f) del T.U.I.R. (cfr., Risoluzione n. 12/E del 18 febbraio 2021).
[9] La nuova disposizione sarà immediatamente operante anche nei confronti di quei soggetti che, pur essendo localizzati in Stati che hanno stipulato una Convenzione con l’Italia che non contiene una disposizione analoga all’art. 13, paragrafo 4 del Modello di Convenzione OCSE, non possono tuttavia avvalersi della suddetta Convenzione in quanto ad esempio privi dei necessari requisiti soggettivi.
[10] Si rammenta che all’adozione della Convenzione Multilaterale, prevista dall’art. 15 del progetto BEPS, aggiornerà in modo automatico le Convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dagli Stati firmatari (tra cui l’Italia) senza necessità di rinegoziazioni bilaterali. Tali modifiche, tuttavia, ad oggi non sono operanti non avendo l’Italia provveduto al deposito degli strumenti di ratifica.
[11] Si veda par. 133 dell’Explanatory Statement alla MLI ove si osserva che “Paragraph 4 is an optional provision, and, as provided in paragraph 8, will apply to a Covered Tax Agreement only where all Contracting Jurisdictions have chosen to apply it by making a notification under paragraph 8”.
[12] Si rammenta che le opzioni notificate dall’Italia al momento della firma della MLI dovranno essere confermate al momento del deposito degli strumenti di ratifica ai sensi dell’art. 29, paragrafo 3 della MLI.
[13] Sotto questo profilo, l’estensione dell’ambito oggettivo di applicazione della disposizione risulta in linea con le modifiche recate nel 2017 al Modello di Convenzione OCSE. Ed infatti, come illustrato al paragrafo 28.5 del Commentario all’art. 13 del Modello di Convenzione OCSE, prima del 2017 il paragrafo 4 del citato art. 13 menzionava solo l’alienazione di azioni (“alienation of shares”). Nel 2017, è stato aggiunto il riferimento ai “comparable interest” al fine di estendere l’ambito applicativo della disposizione in commento ricomprendendovi anche le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in altre entità, quali partnership o trust, laddove il valore di tali partecipazioni derivi principalmente da beni immobili.
[14] In dottrina, in senso contrario, si sono espressi C. Silvani e S. Tellarini, Plusvalenze immobiliari, esenti solo gli enti white list, in Il Sole 24 Ore del 10 dicembre 2022 i quali osservano che “Nonostante la nuova disposizione utilizzi l’ampia dizione di “partecipazioni in società ed enti” la sua applicazione dovrebbe essere limitata ai redditi diversi di cui alle lettere c) e c-bis) dell’articolo 67, comma 1, T.U.I.R., rimanendone invece esclusi i redditi rientranti nella successiva lettera c-ter), nel cui novero sono ad esempio ricomprese le plusvalenze derivanti dalla cessione di quote di Oicr immobiliari (diverse da quelle rappresentative di una partecipazione superiore al 5% del patrimonio dell’organismo detenute da investitori non “istituzionali” di cui all’articolo 32 del D.L. 78/2010)”.
[15] Il riferimento è da intendersi ad un organismo collettivo di investimento del risparmio non rientrante tra quelli di cui al comma 633 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2020 i quali – come evidenziato alla precedente nota 5 – sono sottratti all’applicazione delle disposizioni in commento e, quindi, possono continuare a beneficiare dell’esonero stabilito dall’art. 5, comma 5 del D.Lgs. n. 461/1997 con riferimento ai redditi diversi conseguiti per effetto della cessione di quote di fondi detenute in Italia.
[16] Il tema dell’inclusione o meno nell’ambito applicativo dell’art. 13, paragrafo 4 del Modello di Convenzione OCSE delle quote di fondi immobiliari è affrontato ai punti 28.10 -12 del relativo Commentario. In quella sede si evidenzia come l’esclusione dei fondi immobiliari potrebbe essere giustificata, quanto meno con riferimento alle quote detenute dai piccoli investitori, giacché tale investimento rappresenta un mero investimento finanziario in titoli ed è più difficilmente assimilabile alla detenzione indiretta del bene immobile sottostante. Nel Commentario si osserva, inoltre, che gli Stati i quali hanno scelto di ricomprendere nell’ambito applicativo del paragrafo 4 anche le società quotate potrebbero essere indotti a non prevedere un’eccezione con riferimento ai fondi immobiliari. Per contro, appare ragionevole ritenere che, laddove – come nel caso in esame – la normativa preveda una espressa esclusione a favore delle società quotate, analoga esclusione dovrebbe essere prevista anche a favore dei fondi giacché, trattandosi di entità la cui proprietà è diffusa tra una molteplicità di investitori, gli stessi si prestano più difficilmente ad essere utilizzati quali schemi elusivi al fine di detenere indirettamente la proprietà di beni immobili.