Con sentenza n. 45558 del 01 dicembre 2022 la terza sezione penale della Corte di Cassazione (Pres. Ramacci, Rel. Scarcella), ha affrontato il tema del sequestro preventivo dei crediti fiscali edilizi oggetto di cessione sulla base del regime dettato dall’art. 121 del Decreto rilancio.
In tema di sequestro preventivo ai fini di confisca, la Corte di Cassazione ricorda come vada qualificata persona estranea al reato – nei cui confronti non può essere disposta la misura di sicurezza – il soggetto che non abbia ricavato vantaggi ed utilità dal reato e che sia in buona fede, non potendo conoscere – con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta – l’utilizzo del bene per fini illeciti
Tuttavia, secondo la Cassazione, nella disciplina del Decreto rilancio, il cessionario dei crediti di imposta che provveda alla monetizzazione del credito al cedente, anzitutto consegue indubbiamente un vantaggio economico dalla cessione del credito di imposta.
Secondo tale disciplina, la cessione dei crediti fiscali viene perfezionata ad un valore minore rispetto al valore nominale, e ciò comporta un utile in capo al cessionario, stante che l’acquisto del credito di imposta viene monetizzato al cedente ad un valore decisamente inferiore rispetto a quello nominale del credito ceduto, concretizzando così un utile sui singoli crediti acquistati.
Alla luce di ciò, sottolinea la Cassazione, è evidente che la posizione del cessionario che lucra un vantaggio considerevole dall’operazione di cessione dei crediti fiscali sia quella di un soggetto difficilmente qualificabile – agli effetti del sequestro e della relativa confisca – come persona estranea al reato, proprio perché il cessionario del credito di imposta riceve vantaggio dall’altrui attività criminosa e, anzi, dovrà riconoscersi la sussistenza, in una tale evenienza, di un legame tra la posizione del terzo e la commissione del reato.
Sul punto non potrebbe assumere valore dirimente la circostanza secondo cui nessun profilo di negligenza avrebbe potuto essere attribuito al cessionario, non attribuendo originariamente le disposizioni del Decreto rilancio al cessionario l’onere di svolgere controlli sull’effettiva spettanza del beneficio fiscale al soggetto che, comunicando all’Agenzia delle Entrate la scelta di una delle opzioni concesse dall’art. 121, determina(va) la realizzazione di un corrispettivo credito di imposta oggetto di possibile cessione.
La Corte di Cassazione, infatti, sottolinea come la UIF avesse informato gli operatori del settore finanziario e creditizio nei confronti di possibili fenomeni fraudolenti legati alla cessione dei crediti fiscali derivanti dalla procedura prevista dal Decreto rilancio, fornendo puntuali istruzioni operative in materia, individuando le anomalie più ricorrenti e significative dal punto di vista del profilo soggettivo dei cedenti e/o cessionari dei crediti e da quello oggettivo dei comportamenti rilevati, anomalie in gran parte riscontrabili nella vicenda oggetto di esame nel presente procedimento.