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Giurisprudenza

Amministrazione straordinaria: indennità supplementare ammessa in prededuzione

1 Aprile 2021

Francesca Gaveglio, dottoressa di ricerca in diritto d’impresa presso l’Università Bocconi e avvocato presso Fivelex Studio Legale

Cassazione Civile, Sez. I, 8 febbraio 2021, n. 2947 – Pres. Genovese, Rel. Dolmetta

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Nella sentenza in esame la Cassazione ha affrontato alcune questioni in merito all’ammissione al passivo di una società in Amministrazione Straordinaria dell’indennità supplementare al TFR prevista per i dirigenti di azienda dall’Accordo Interconfederale del 27 aprile 1995 (l’”Indennità Supplementare”) che riconosce un’indennità ai dirigenti nei casi specifici in cui il licenziamento sia dipeso da esigenze di ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione ovvero crisi aziendale.

Quanto ai requisiti per il riconoscimento ai dirigenti della predetta indennità, la Corte di Cassazione – dando continuità al proprio orientamento – ha affermato che la stessa «deve essere riconosciuta al dipendente nel caso in cui il licenziamento sia obiettivamente causato da ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione o crisi aziendale, non essendo necessario che a ciò consegua pure una censura effettiva del rapporto di lavoro e che il dirigente versi, di conseguenza, in stato di disoccupazione».

In relazione alla collocazione del credito da Indennità Supplementare, la Suprema Corte ha ribadito il consolidatissimo orientamento secondo cui l’indennità in questione «costituisce – a prescindere dalla sua natura retributiva o indennitaria – un credito da ammettere al passivo in prededuzione L. Fall., ex art. 111, per i dirigenti di imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria che siano cessati dal rapporto di lavoro solo successivamente al provvedimento di ammissione alla procedura».

Alla base di tale orientamento sta la constatazione di ordine generale che, per il caso di prosecuzione dell’attività lavorativa dopo l’apertura della procedura concorsuale, il sistema normativo è chiaramente orientato nel senso che i rapporti di lavoro continuano con l’azienda in quanto tale. Posto questo nesso, la Corte ha altresì rilevato che la continuazione (pur provvisoria) dell’attività di impresa sul piano funzionale esige, se non propriamente implica, anche la prosecuzione dei rapporti di lavoro già in essere in relazione a tale attività. Tali rapporti non possono, allora, essere considerati che nei termini in cui si svolgevano prima dell’apertura della procedura: quale fonte unica, cioè, delle varie voci di credito che ne derivano, secondo l’unitario regime economico e normativo ad esso applicabile.

 

 

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